Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-03-05, n. 201401055

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-03-05, n. 201401055
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401055
Data del deposito : 5 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01265/2013 REG.RIC.

N. 01055/2014REG.PROV.COLL.

N. 01265/2013 REG.RIC.

N. 01378/2013 REG.RIC.

N. 02072/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1265 del 2013, proposto da:
Comune di Castro, rappresentato e difeso dall'avv. S L, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 5;

contro

A S L e I L, rappresentati e difesi dall'avv. A D, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria N. 2;

nei confronti di

Speran Bar Sas di Valguarnera Lucio Antonio &
C.;
D S, G S e A S, rappresentati e difesi dagli avv. A D e A S personalmente, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 5;
M R F, rappresentata e difesa dall'avv. P N, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24;



sul ricorso numero di registro generale 1378 del 2013, proposto da:
F M R Titolare Ditta Individuale "Bar Delizia di F M R", rappresentata e difesa dall'avv. P N, con domicilio eletto presso l’avv. Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24;

contro

A S L e I L, rappresentati e difesi dall'avv. A D, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

nei confronti di

Speran Bar di Valguarnera Lucio Antonio &
C.;
Comune di Castro;
Comune di Castro - Responsabile e L.R. P.T. dell'UTC, Comune di Castro - Responsabile del Servizio del Commercio - Settore Polizia Locale;
Caffetteria La Chianca di V;
D S, G S e A S, rappresentati e difesi dagli avv. A D e A S personalmente, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 5;



sul ricorso numero di registro generale 2072 del 2013, proposto da:
A S L, I L, rappresentati e difesi dall'avv. A D, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 5;

contro

Comune di Castro;

nei confronti di

Speran Bar Sas di Valguarnera Lucio Antonio &
C., Caffetteria La Chianca di V in Persona del Titolare Sig. Antonio V, Doanto S, G S, A S;
Bar Delizia di F M R in Persona del Titolare Sig.Ra M R F, rappresentato e difeso dall'avv. P N, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1265 del 2013, al ricorso n. 1378 del 2013 e al ricorso n. 2072 del 2013:

della sentenza del T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione I, n. 01920/2012, resa tra le parti, concernente allocazione esercizi commerciali.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A S L, di I L, di D S, di G S, di A S, di M R F titolare del Bar Delizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2013 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati S L, P N, A D e A S;


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, Sez. I, con la sentenza 16 luglio 2012, n. 1920 ha accolto il ricorso proposto da A S L e I L e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati, emanati dal Comune appellante, nella parte in cui hanno assegnato il posteggio nei “Giardini” di Via Panoramica alla sig.ra Fedele, parimenti parte appellante.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che al momento della valutazione delle istanze per l’assegnazione dei posteggi commerciali negli spazi pubblici contigui a Piazza Dante, investite da un crollo che ha reso inagibili alcuni esercizi commerciali, e posti in prossimità ad un’area pubblica comunale denominata “giardini” di via Panoramica, e quindi al momento dell’individuazione dei posteggi da assegnare, le domande presentate si erano ridotte a due.

Per il TAR, l’Amministrazione ha omesso di effettuare un’adeguata comparazione degli interessi pubblici e privati, e di individuare una soluzione che, nel valutare tutti gli interessi coinvolti, comportasse il minor sacrificio.

Per il TAR, in particolare, l’Amministrazione, avendo a disposizione altri due posteggi (il n. 2 che è stato soppresso visto che “non è stata avanzata richiesta” e il n. 3, al quale il sig. V aveva rinunciato), oltre a quello effettivamente assegnato, ha omesso di valutare se la concessione di posteggio potesse compromettere l’uso del verde pubblico comune e l’uso, l’abitabilità e la vivibilità dell’unità immobiliare privata adiacente all’area oggetto di concessione.

Il Comune appellante e la parte controinteressata, F M R, parimenti appellante, hanno contestato la sentenza del TAR con separati atti d’appello, nei quali se ne deduceva l’erroneità in quanto riassuntivamente:

- si fonderebbe su una valutazione soltanto parziale della vicenda;

- si limiterebbe ad un sindacato meramente formalistico;

- non avrebbe esaminato le eccezioni di inammissibilità formulate nella memoria di primo grado 29.6.2009 e per aver deciso erroneamente circa l’ammissibilità del ricorso sulla base del criterio della vicinitas, non avendo considerato che le aree sono di esclusiva proprietà comunale, che gli atti impugnati riguardano l’esercizio di attività commerciali e che i ricorrenti in primo grado non subirebbero alcun pregiudizio.

- nel merito non avrebbe preso in considerazione che l’assegnazione contestata è conseguente ad altri atti amministrativi prodromici di individuazione e istituzione del posteggio;

- non potrebbe applicare nella specie il principio di proporzionalità;

- si baserebbe su una ricostruzione fattuale erronea.

Ha interposto appello anche la parte ricorrente in primo grado, A S L e I L, per riproporre le censure non esaminate dal TAR e per contestare il capo della sentenza del TAR che ha compensato le spese di lite.

Si sono costituiti i controinteressati sigg. S, chiedendo il rigetto degli appelli del Comune e della sig.ra Fedele.

All’udienza pubblica del 10 dicembre 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio, preliminarmente, di riunire gli appelli proposti contro la medesima sentenza, ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a.

Nel merito, con riferimento agli appelli interposti dal Comune e dalla parte controinteressata, F M R, si deve ritenere che gli stessi siano fondati, per l’assorbente ragione che il TAR, nella ricostruzione dei fatti che ha determinato il tenore della decisione appellata, non ha considerato che al momento della valutazione delle istanze per l’assegnazione dei posteggi commerciali negli spazi pubblici contigui a Piazza Dante, investite da un crollo che ha reso inagibili alcuni esercizi commerciali, e posti in prossimità ad un’area pubblica comunale denominata “giardini” di via Panoramica, e quindi al momento dell’individuazione dei posteggi da assegnare, le domande presentate non potevano ritenersi ridotte a due.

Infatti, con riferimento ai posteggi n. 2 e n. 3, la situazione fattuale che il TAR doveva considerare non poteva che essere quella esistente al momento dell’assegnazione del posteggio all’appellante Fedele, poiché è in relazione a tale assegnazione che i ricorrenti in primo rado hanno reagito.

Pertanto, le sopravvenienze di fatto, successivamente alla valutazione e alla conseguente assegnazione di tale posteggio commerciale sono irrilevanti per la valutazione di legittimità degli atti emanati dall’Amministrazione, il cui giudizio deve riferirsi necessariamente alla situazione giuridica e di fatto esistente al momento dell’assegnazione.

In specifico, per quanto riguarda la soppressione del posteggio n. 2, essa è stata decisa dal Comune in sede di conferenza di servizi del 19.5.2009, in data posteriore all’assegnazione del posteggio alla sig.ra Fedele.

Infatti, in favore della sig.ra Fedele era intervenuta l’assegnazione del posteggio di cui si verte in data 3.4.2009;
l’autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico in data 8.6.2009 ed il rilascio del permesso di costruire in data 10.6.2009

Tuttavia, tale posteggio era destinato alla collocazione di monopoli di stato e rivendita di riviste, con atto presupposto di individuazione (delibere di C.C. n. 6 del 18.3.2009 e n. 7 del 24.3.2009), non irrazionali nella scelta di una dislocazione equilibrata delle varie attività commerciali.

Quindi, tale posteggio è stato legittimamente soppresso (in data 19.5.2009), una volta che l’originario richiedente l’assegnazione aveva rinunciato e nessun’altra domanda per l’attività consentita era stata proposta.

Pertanto, la sig.ra Fedele non avrebbe comunque potuto ottenere tale posteggio, in quanto non destinato alla somministrazione di alimenti e bevande.

Quanto, invece, alla rinuncia del sig. V al posteggio n. 3, essa è intervenuta in data 14.7.2009 e non può avere alcuna incidenza, come è evidente su una fattispecie di assegnazione perfezionatasi in data 3.4.2009.

Né può dedursi una conoscenza ottenuta aliunde dal Comune, in data anteriore, circa la rinuncia del sig. V al posteggio n. 3, posto che, la volontà di questi di proseguire altrove la propria attività si è potuta concretizzare soltanto dopo che la Procura della Repubblica aveva autorizzato la riperimetrazione dell’area sottoposta a sequestro, autorizzata dalla Procura di Lecce con provvedimento del 19.6.2009, n. 594-09, che fissava per il giorno 22.6.2009 le relative operazioni.

Tale rinuncia, inoltre, per esser rilevante nel procedimento de qua deve risultare da quale che atto formale e non da mere dichiarazioni riscontrate nei verbali della predetta conferenza di servizi.

Pertanto, a prescindere da ogni altro motivo di doglianza in appello, comprese le censure di inammissibilità del ricorso di primo grado, i cui motivi devono quindi assorbirsi per economia di giudizio, poiché i posteggi presi in considerazione dal TAR che, secondo la sentenza, si sarebbero dovuti comparare ai fini dell’assegnazione, non erano in realtà più disponibili, la sentenza deve ritenersi non condivisibile e quindi deve essere riformata.

Quanto ai motivi del ricorso in primo grado assorbiti dal TAR e riproposti con separato appello dai ricorrenti in primo grado, ritiene il Collegio preliminarmente che gli stessi siano ammissibili.

L’eccezione di inammissibilità si basa sul fatto che l’appellante Fedele aveva già proposto appello avverso la medesima sentenza e che tale appello era già stato notificato agli appellanti L in data 30.1.2013 e depositato in data 26.2.2013;
quindi, previamente alla notifica dell’appello introduttivo dei sigg. L, notificato in data 1°.3.2013.

Come è noto, l’art. 101, comma 2, c.p.a. dispone che nell’instaurato giudizio d’appello le domande di primo grado assorbite siano riproposte con memoria nei termini di costituzione in giudizio.

Non è consentito, invece, ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.a., che richiama l’art. 333 c.p.c. riproporre tali censure assorbite con separato atto d’appello, poiché, ai sensi dell’art. 333 c.p.c., espressamente richiamato, “le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli articoli precedenti debbono proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso processo”.

Tuttavia, nel processo amministrativo esiste un principio generale, sancito dall’art. 32, comma 2, c.p.a., in base al quale il giudice deve qualificare l'azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali, dando prevalenza così alla sostanza rispetto alla forma processuale rivestita dagli atti.

Nel caso di specie, l’appello dei sigg. L, in quanto ripropositivo dei motivi del ricorso di primo grado assorbiti dal TAR, può convertirsi in memoria (notificata, quindi, con maggiori crismi di garanzia) ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a.

Tale ultima norma dispone espressamente che si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello o, per le parti diverse dall'appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio.

Nel giudizio revocando, l’attuale ricorrente, in quanto parte diversa dall'appellante, che era il Comune di Cagliari, ha riproposto le domande dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado con la memoria del 12 dicembre 2011.

Tale memoria doveva essere depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio;
e , tale termine, in sostanza è stato rispettato.

Infatti, in via generale, il termine per la costituzione in giudizio delle parti intimate, previsto dall'art. 46, comma 1, c.p.a., pur avendo natura ordinatoria e consentendo, quindi, che le parti possano costituirsi in giudizio anche nell'udienza di merito ma svolgendo solo difese orali senza possibilità di produrre scritti difensivi e documenti, impedisce alle parti medesime di formulare domande che soggiacciono a termini perentori, quali, ad esempio per il giudizio di appello, quelle di cui all'art. 101, comma 2, c.p.a. (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2013, n. 5).

Nel caso di specie, quindi, il termine per la costituzione in giudizio della parte L, in quanto parte intimata, ai sensi dell'art. 46, comma 1, c.p.a. è pari a sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso e scadeva ben oltre la data della notifica dell’appello incidentale da parte del medesimo L, come sopra già indicato.

La memoria notificata ex art. 101, comma 2, c.p.a., così come convertita ex art. 32, comma 2, c.p.a. è, dunque, tempestiva.

Nel merito le censure riproposte con tale memoria devono ritenersi infondate, in quanto:

- i ricorrenti non potevano ritenersi destinatari dei provvedimenti impugnati, cui necessariamente inviare la comunicazione ex art. 7 l. 241-90;
né la diffida da essi inviata al Comune in data 17.3.2009 può ritenersi atto di partecipazione procedimentale, trattandosi, in sostanza, di mero esposto di cittadini non aventi legittimazione procedimentale (ma, eventualmente, soltanto processuale, in ragione della valorizzazione del criterio della vicinitas, che non è, evidentemente, criterio adottabile in via generale nell’ambito del procedimento amministrativo);

- le aree interessate dall’assegnazione risultano di proprietà comunale e non afferenti al Demani marittimo;

- l’istruttoria risulta esaustivamente espletata, anche in relazione al fatto, come sopra esposto, che altri posteggi, come quelli presi in considerazione dal TAR che si sarebbero potuti comparare ai fini dell’assegnazione, non erano disponibili per rendere possibile la prosecuzione dell’attività dell’appellante Fedele;
la motivazione dei provvedimenti è, dunque, coerente con la fotografia di tale situazione di fatto;

- né appaiono condivisibili le censure in ordine alle barriere architettoniche, che in relazione alle esigenze emergenziali evidenziate, ed in riferimento all’interesse pubblico alla prosecuzione di attività commerciali già in essere, non potevano condizionare gli atti così come emanati, ma semmai imporre, eventualmente e successivamente, un’azione di adeguamento strutturale, da parte dell’Amministrazione;

- gli atti presupposti all’individuazione dei posteggi (delibere di C.C. n. 6 del 18.3.2009 e n. 7 del 24.3.2009) risultano legittimi, in quanto effettuano, in modo non irragionevole, come detto, una scelta di dislocazione equilibrata delle varie attività commerciali in loco, dopo il crollo della Piazza Dante;
peraltro, la tipologia e il numero degli stessi era già stata determinata prima dell’assegnazione.

Infatti, con la delibera n. 6 del 18.3.2009, sono stati istituiti, “in deroga e limitatamente alla gestione della fase di emergenza”, n. 3 posteggi in Piazza Dante “nello spazio che residua la delimitazione giudiziaria dell’area coinvolta dal crollo” di cui due (posteggio n. 1 e posteggio n. 3) autorizzati per la somministrazione di alimenti e bevande, uno (posteggio n. 2) autorizzato per la collocazione di monopoli di stato e rivendita di riviste ed altri articoli non alimentari. Con la delibera n. 7 del 24.3.2009, sono stati istituiti, sempre “in deroga e limitatamente alla gestione della fase di emergenza”, altri due posteggi di cui uno sulla via Litoranea per Tricase autorizzato per la vendita di prodotti non alimentari ed uno sui Giardini di Via Panoramica, di proprietà comunale, autorizzato per la somministrazione di alimenti e bevande.

E’ evidente, dunque, la completezza dell’individuazione dei posteggi e della relativa destinazione.

Infine, rileva il Collegio che lo stesso giudizio di inammissibilità delle censure dell’appello della parte L, che ha riproposto i motivi di ricorso di primo grado assorbiti, può estendersi, in virtù del combinato disposto degli artt. 333 e 334 c.p.c. e 96, commi 2, 3 e 4, anche all’appello con cui si è impugnato un capo autonomo della sentenza di primo grado, relativamente alle spese di lite.

Peraltro, tale motivo d’appello è anche manifestamente infondato, poiché nel processo amministrativo la statuizione di compensazione delle spese di giudizio è espressione di un apprezzamento latamente discrezionale del giudice e può essere censurata in appello solo se risultino palesemente illogiche o erronee le ragioni enunciate, pur non essendovi alcun obbligo in tal senso, a giustificazione della pronuncia (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4765).

Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, gli appelli del Comune e della parte Fedele devono essere accolti e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado, mentre l’appello di L Antonio e L Ida deve essere respinto in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.

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