Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-06-07, n. 202204636

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-06-07, n. 202204636
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202204636
Data del deposito : 7 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/06/2022

N. 04636/2022REG.PROV.COLL.

N. 00555/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 555 del 2015, proposto dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S G, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

della Tavola Valdese, delle Assemblee di Dio in Italia, dell’Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dell’Unione Cristiana Evangelica Battista in Italia, della Chiesa Evangelica Luterana in Italia, della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, dell’Unione Buddhista Italiana, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione prima, n. 7068 dl 3 luglio 2014, resa tra le parti, concernente il diniego di avvio delle procedure finalizzate alla conclusione di un’intesa ai sensi dell’art. 8 della Costituzione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio con appello incidentale della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2022 il consigliere Nicola D'Angelo;

Vista l’istanza congiunta delle parti costituite di passaggio in decisione;


FATTO e DIRITTO

1. L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ha impugnato dinanzi al Tar per il Lazio il diniego del Consiglio dei Ministri, deciso nella seduta del 27 novembre 2003, dell’istanza finalizzata all’avvio delle procedure per la conclusione di un’intesa ai sensi dell’art. 8 della Costituzione.

1.1. Il diniego è stato motivato il quanto il Consiglio dei Ministri ha ritenuto di condividere il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato sulla non equiparabilità della professione di ateismo, pur ammessa al pari delle altre libertà religiose, alle confessioni religiose diverse dalla cattolica ai fini della stipula delle intese di cui al citato art. 8.

2. Il Tar per il Lazio, con sentenza n. 12539 del 2008, ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto assoluto di giurisdizione in ragione del carattere politico dell’atto impugnato.

3. L’Unione ricorrente ha quindi impugnato la decisione del Tar e il Consiglio Stato, con sentenza di questa Sezione n. 6083 del 2011, ha accolto l’appello ritenendo invece sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia e di conseguenza rimettendo le parti dinanzi al primo giudice ai sensi dell’art. 105 c.p.a.

3.1. In particolare, per il Consiglio di Stato, “ l’organizzazione richiedente ” sarebbe stata titolare di un interesse giuridicamente rilevante ad essere qualificata come confessione religiosa e “ l’accertamento preliminare se l’organizzazione richiedente sia o meno riconducibile alla categoria delle confessioni religiose ” avrebbe costituito una mera espressione di discrezionalità tecnica dell’Amministrazione in quanto tale sindacabile in sede di giurisdizione generale di legittimità.

4. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha comunque impugnato la sentenza del Consiglio di Stato dinanzi alla Corte di Cassazione sostenendo, ai sensi dell’art. 110 c.p.a., il difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo.

4.1. Con sentenza n. 16305 del 2013, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno tuttavia respinto il ricorso, ritenendo che “ l’assenza di normazione specifica non è di per sé un impedimento a contrastare in sede giurisdizionale il rifiuto di intesa che sia fondato sul mancato riconoscimento, in capo al richiedente, della natura di confessione religiosa ”.

5. L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ha quindi riassunto il giudizio al Tar per il Lazio che, con sentenza n. 7068 del 2014, ha respinto il ricorso nel merito, escludendo peraltro che la ricorrente si potesse qualificare come confessione religiosa.

6. Contro la predetta sentenza ha quindi proposto appello la stessa Unione, prospettando una serie di motivi di censura relativi non solo alla forma mediante la quale era stata assunta la determinazione impugnata (non con decreto del Presidente della Repubblica), ma anche alla natura della scelta discrezionale, alla definizione del concetto di confessione religiosa, alla violazione delle disposizioni della CEDU in materia di non discriminazione.

7. La Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita in giudizio il 25 febbraio 2015 ed ha proposto un appello incidentale il 6 marzo 2015 con il quale ha contestato il richiamo della sentenza del Tar alla decisione delle Sezioni Unite della Cassazione n. 16305 del 2013 (in sostanza, contestando l’affermata doverosità dell’apertura di una trattativa per la conclusione dell’intesa ai sensi dell’art. 8, comma 3, della Costituzione).

8. In pendenza del giudizio di appello proposto dall’Unione ricorrente avverso la sentenza del Tar, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha nuovamente contestato la giurisdizione così come affermata dalla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, proponendo un ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della stessa Cassazione innanzi alla Corte Costituzionale (per la Presidenza del Consiglio la decisione impugnata avrebbe menomato le sue attribuzioni costituzionali).

9. La Corte Costituzionale, con sentenza 27 gennaio – 10 marzo 2016, n. 52, ha accolto il ricorso del Governo, dichiarando che non spettava alla Corte di Cassazione affermare la sindacabilità in sede giurisdizionale della deliberazione con la quale il Consiglio dei Ministri aveva negato all’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti l’apertura delle trattative per la stipulazione dell’intesa di cui all’art. 8, terzo comma, della Costituzione e, per l’effetto, ha annullato la stessa sentenza n. 16305 del 2013.

9.1 Più nel dettaglio, la Corte Costituzionale ha precisato che: “ In definitiva, un conto è l’individuazione, in astratto, dei caratteri che fanno di un gruppo sociale con finalità religiose una confessione, rendendola, come tale, destinataria di tutte le norme predisposte dal diritto comune per questo genere di associazioni. Un altro conto è la valutazione del Governo circa l’avvio delle trattative ex art. 8, terzo comma, Cost., nel cui ambito ricade anche l’individuazione, in concreto, dell’interlocutore. Quest’ultima è scelta nella quale hanno peso decisivo delicati apprezzamenti di opportunità, che gli artt. 8, terzo comma, e 95 Cost. attribuiscono alla responsabilità del Governo. In quest’ambito circoscritto, e solo in esso, appartiene dunque al Consiglio dei ministri discrezionalità politica, sotto il sempre possibile controllo del Parlamento, cui non può sovrapporsi il sindacato del giudice ”.

10. Con ordinanza del Presidente di questa Sezione n. 528 del 26 marzo 2021 è stato quindi chiesto alla parte appellante se avesse ancora interesse alla definizione del giudizio e si vi fossero state ulteriori sopravvenienze.

11. La Presidenza del Consiglio ha depositato un’ulteriore memoria il 15 febbraio 2022.

12. L’Unione appellante ha depositato una memoria il 4 maggio 2021, documenti l’l1 febbraio 2022, una ulteriore memoria il 31 febbraio 2022 e una replica il 3 marzo 2022.

13. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 24 marzo 2022.

14. Preliminarmente, va rilevato che l’Unione appellante, come già evidenziato in sede di nota di chiarimenti prodotta in data 4 maggio 2021 in risposta alla citata ordinanza presidenziale n. 528 del 2021, ha sostenuto come l’insindacabilità in sede giurisdizionale della deliberazione con cui il Governo ha respinto la sua richiesta di avvio delle trattative finalizzate all’intesa avesse leso i diritti garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in particolare dei diritti garantiti dagli artt. 6, par. 1, 13, 9, 11 e 1 Prot. n. 1).

14.1. Per questa ragione, l’appellante ha anche presentato ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo il 9 settembre 2016. Il ricorso, che ha preso il numero 55861/16, è già stato comunicato allo Stato italiano in data 7 settembre 2020 (al momento si è conclusa la fase di scambio delle memorie scritte tra le parti e si è in attesa dell’eventuale fissazione dell’udienza di discussione o della decisione da parte della Corte europea).

14.2. Inoltre, nella successiva memoria depositata il 21 febbraio 2022, la stessa Unione ha preso atto di quanto deciso dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 52 del 2016 con particolare riferimento alla conferma, da parte del giudice delle leggi, della radicale non giustiziabilità delle determinazioni governative relative all’avvio delle trattative con le confessioni religiose, ai sensi dell’art. 8, terzo comma, della Costituzione. Tuttavia, l’appellante ha affermato come la decisione della Corte Costituzionale dovesse ritenersi lesiva dei suoi diritti, ribadendo l’intenzione di ottenere una decisione in proposito dalla Corte europea.

15. Ciò premesso, il presente giudizio deve essere definito tenendo conto dell’intervenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 2016, n. 52 del 2016 che in sede di risoluzione del conflitto di attribuzione ha annullato, con effetto ex tunc , la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 16305 del 2013, che aveva costituito il presupposto per la pronuncia del Tar impugnata.

15.1. Alla luce di tale sentenza della Corte deve ritenersi fondato l’appello incidentale proposto dall’Amministrazione intimata nel quale sostanzialmente si contesta proprio il richiamo operato dalla sentenza impugnata (al punto 3.1) alla pronuncia sulla giurisdizione della Cassazione poi annullata.

15.2. A tale proposito, va rilevato che la sottrazione al sindacato giurisdizionale di atti che pur soggettivamente e formalmente amministrativi hanno natura politica, si fonda sul presupposto che gli stessi costituiscono espressione della fondamentale funzione di direzione e di indirizzo politico. Pertanto, alla nozione di atto politico concorrono due requisiti, l’uno soggettivo e l’altro oggettivo: occorre, da un lato, che si tratti di atto o provvedimento emanato dal Governo, e cioè dall’Autorità amministrativa cui compete la funzione di indirizzo politico e di direzione al massimo livello della cosa pubblica, dall’altro, che si tratti di atto o provvedimento emanato nell'esercizio del potere politico, anziché nell’esercizio di attività meramente amministrativa. Nel caso di specie, come rilevato dalla Corte Costituzionale, nell’individuazione dell’interlocutore, ai fini dell’intesa di cui all’art. 8 della Costituzione, deve ritenersi decisivo, ai fini della natura politica dell’atto, l’apprezzamento di opportunità attribuito alla responsabilità del Governo.

16. In questo contesto va dunque ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo del giudizio e del conseguente appello e fondato l’appello incidentale della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza di primo grado.

17. Per le ragioni sopra esposte, va quindi dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado e il relativo appello e va invece accolto l’appello incidentale, con conseguente annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata.

18. Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate in regione della natura della controversia.

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