Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-10-28, n. 202209315

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-10-28, n. 202209315
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202209315
Data del deposito : 28 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/10/2022

N. 09315/2022REG.PROV.COLL.

N. 03071/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3071 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati E G, F G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato V D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicola Di Modugno, Gianvito Giannelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Alessandro Gioia in Roma, piazza Cavour n. 17;
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Consiglio Superiore della Magistratura, della dott.ssa -OMISSIS- e della dott.ssa -OMISSIS-;

Visto l’appello incidentale proposto dalla dott.ssa -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 settembre 2022 il Cons. Paolo Marotta e uditi l’avvocato Isetta Barsanti Mauceri, su delega dell'avvocato F G per la parte appellante, l’avvocato Nicola Di Modugno, per la dott.ssa -OMISSIS-, l’avvocato V D V, per la dott.ssa -OMISSIS-, e l'avvocato dello Stato Bruno Dettori, per le amministrazioni appellate;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1. Con ricorso in appello, ritualmente notificato e depositato in giudizio, l’odierno appellante ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il del T.a.r. per il Lazio, ha respinto il ricorso di primo grado proposto dal dott. -OMISSIS-, estromettendo dal giudizio il dott. -OMISSIS- e la dott.ssa -OMISSIS-, in quanto cointeressati (e non controinteressati) all’annullamento della deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura del -OMISSIS-.

1.2. In estrema sintesi, dopo aver ripercorso tutte le vicende che hanno portato il Consiglio Superiore della Magistratura alla adozione della deliberazione impugnata, l’odierno appellante ha censurato la sentenza appellata sotto diversi profili, che nel prosieguo del presente provvedimento saranno oggetto di specifica disamina.

2.1. Con atto notificato in data 5 maggio 2022 e depositato in giudizio il 16 maggio successivo, la dott.ssa -OMISSIS- ha proposto appello incidentale, impugnando il capo di sentenza che ha disposto la sua estromissione dal giudizio [come sopra evidenziato, il giudice di prime cure ha ritenuto che la dott.ssa -OMISSIS- non assumesse, rispetto alla domanda di annullamento della deliberazione del C.S.M. del -OMISSIS-, il ruolo di controinteressata, quanto piuttosto quello di cointeressata].

2.2. Con il secondo motivo dell’appello incidentale, la dott.ssa -OMISSIS- ha chiesto la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado non ha dichiarato l’inammissibilità, per carenza di interesse, del ricorso di primo grado proposto dal dott. -OMISSIS-.

3. Si è costituita in giudizio la dott.ssa -OMISSIS-, chiedendo la reiezione sia dell’appello principale che dell’appello incidentale.

4. Si sono costituiti in giudizio per resistere alle proposte impugnative (principale e incidentale) anche il Ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura.

5. Con nota depositata in data 24 agosto 2022, la dott.ssa -OMISSIS- ha formulato istanza di rinvio, allegando problematiche di natura personale relative ad uno dei difensori che rappresentano in giudizio la parte appellante, (problematiche) che non ne avrebbero consentito la partecipazione alla udienza pubblica già calendarizzata.

6. All’udienza pubblica del 13 settembre 2022, sulle conclusioni delle parti presenti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

7. Preliminarmente, il Collegio è chiamato a scrutinare l’istanza di rinvio formulata dalla parte appellante nella nota depositata in data 24 agosto 2022.

L’istanza non può essere accolta.

Ai sensi dell'art. 73, comma 1 - bis , c.p.a. il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per casi eccezionali, che sono riportati nel verbale di udienza, ovvero, se il rinvio è disposto fuori udienza, nel decreto presidenziale che dispone il rinvio.

Nel caso di specie, l’impedimento alla partecipazione alla udienza pubblica da parte di uno dei difensori dell’appellante non integra, a giudizio del Collegio, la sussistenza dei presupposti (eccezionali) per disporre il rinvio dell’udienza di discussione, atteso che l’odierna appellante è rappresentata in giudizio da due difensori, uno dei quali era presente all’odierna udienza pubblica e ha potuto quindi rappresentare compiutamente le tesi difensive a favore della sua assistita.

8.1. Con il primo motivo, l’appellante deduce: error in procedendo ;
violazione e falsa applicazione dell’art. 70 c.p.a. e dell’art. 1, comma 2, del c.p.a.

La parte appellante si duole del fatto che il giudice di primo grado, disattendendo una specifica istanza formulata, non abbia disposto la riunione del ricorso di primo grado con quello proposto dalla dott.ssa -OMISSIS- (R.G. n. -OMISSIS-), avente ad oggetto l’impugnativa della medesima delibera del Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura del -OMISSIS-.

A suo giudizio, ricorrevano tutti i presupposti per la riunione dei predetti procedimenti;
procedendo in tal modo, il giudice di prime cure avrebbe violato i principi in materia di riunione dei giudizi e avrebbe esposto le parti al rischio di giudicati contrastanti.

8.2. Con il secondo motivo, l’appellante deduce: error in iudicando ;
violazione e falsa applicazione dell’art. 21 – nonies della l. n. 241/1990;
violazione delle norme sul giusto procedimento amministrativo;
eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria.

8.2.1. L’appellante contesta la sussistenza dei presupposti per l’annullamento d’ufficio.

In estrema sintesi, l’appellante sostiene che l’Amministrazione, in esecuzione di quanto previsto dalla sentenza del Consiglio di Stato -OMISSIS-, si sarebbe dovuto limitare ad una rivalutazione delle posizioni dei dott.ri -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, secondo le coordinate ermeneutiche rinvenibili dalla predetta sentenza (passata in giudicato).

Nel caso specifico, il Consiglio Superiore della Magistratura, procedendo alla rivalutazione anche della posizione della dott.ssa -OMISSIS-, avrebbe violato il dictum riveniente dalla predetta sentenza [il Consiglio di Stato, con la sentenza n. -OMISSIS-, previa loro riunione, ha accolto i ricorsi proposti, rispettivamente, dal C.S.M. e dal Ministero della Giustizia (ricorso R.G. n. -OMISSIS-), dalla dott.ssa -OMISSIS- (ricorso R.G. n. -OMISSIS-) e dal dott. -OMISSIS- (ricorso R.G. n. -OMISSIS-), mentre ha dichiarato inammissibili i motivi formulati dalla dott.ssa -OMISSIS- in tutti e tre i giudizi].

In altre parole, conferendo l’incarico direttivo di Procuratore della Repubblica del Tribunale di -OMISSIS- alla dott.ssa -OMISSIS-, il Consiglio Superiore della Magistratura avrebbe fatto rivivere una posizione sostanziale, che il Consiglio di Stato aveva sostanzialmente escluso dalla selezione.

8.2.2. L’appellante passa poi a contestare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela da parte della Amministrazione.

Dopo aver evidenziato che l’esecuzione del giudicato trova un limite intrinseco e ineliminabile solo nel sopravvenuto mutamento della realtà - fattuale o giuridica - tale da non consentire l’integrale effetto ripristinatorio, contesta che, nel caso di specie, possano essere considerate sopravvenienze i messaggi telefonici intercorsi tra il dott. -OMISSIS- (odierno appellante) e il dott. -OMISSIS- (all’epoca di fatti, componente del Consiglio Superiore della Magistratura). A tale riguardo, dopo aver richiamato il contenuto delle chat (sia quelle intercorse tra il dott. -OMISSIS- e il dott. -OMISSIS-, sia quelle intercorse tra quest’ultimo e la dott.ssa -OMISSIS-), fa rilevare che, per quanto attiene alle conversazioni intercorse tra il dott. -OMISSIS- e il dott. -OMISSIS-, non si tratterebbe di sopravvenienze valutabili, atteso che, secondo la direttiva del 4 giugno 2020 n. 493120/SD2 della Procura Generale presso la Corte di Cassazione “l 'attività di autopromozione, effettuata direttamente dall'aspirante, anche se petulante, ma senza la denigrazione dei concorrenti o la prospettazione di vantaggi elettorali, non può essere considerata in violazione di precetti disciplinari non essendo gravemente scorretta' nei confronti di altri e in sè inidonea a condizionare l'esercizio delle prerogative consiliari ”;
secondo la medesima Direttiva, “ nella valutazione delle comunicazioni vanno applicati innanzitutto i criteri guida delle libertà costituzionali, che impongono di non sottoporre ad alcuna censura la libertà di manifestazione del pensiero, anche se espressa in maniere sgradevoli o moralmente censurabili ”.

Ribadisce che i suoi messaggi telefonici hanno costituito una mera autopromozione, senza denigrazione di alcun collega e che non ha ricevuto dal dott. -OMISSIS- alcun sostegno né in Commissione né nell’ambito del Plenum , in quanto il dott. -OMISSIS- avrebbe sostenuto sempre e comunque la sua collega di corrente (dott.ssa -OMISSIS-). Mettere sullo stesso piano le conversazioni della -OMISSIS- e quelle di -OMISSIS- con il dott. -OMISSIS- violerebbe tra l’altro il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, che vieta di trattare in maniera uguale situazioni profondamente diverse.

8.2.3. Oltre a ciò, l’annullamento d’ufficio sarebbe avvenuto oltre il termine di 18 mesi previsto dall’art. 21 nonies legge n. 241/1990 (nel testo vigente ratione temporis ).

8.2.4. L’annullamento d’ufficio della procedura sarebbe illegittimo anche sotto altro profilo, in quanto in contrasto con i più elementari principi in materia di procedure concorsuali, finalizzati ad assicurare la par condicio degli aspiranti nonché la trasparenza della procedura.

Evidenzia che per le gare d’appalto, a fronte di una chiara alterazione dei principi generali di trasparenza e par condicio competitorum , l’effetto derivante dalla pronuncia di annullamento in sede giurisdizionale comporta la rinnovazione della procedura a partire dal segmento iniziale, con la necessità di pubblicare un nuovo atto di indizione della procedura. Nel caso di specie, annullando d’ufficio la procedura per motivi ulteriori rispetto a quelli censurati in sede giurisdizionale, il Consiglio Superiore della Magistratura avrebbe dovuto procedere alla indizione di una nuova procedura, al fine di assicurare il rispetto dei principi, di derivazione comunitaria, di apertura della partecipazione a tutti i soggetti potenzialmente interessati.

8.3. Con il terzo motivo, l’appellante deduce: error in iudicando ;
violazione e falsa applicazione dell’art. 37 del Testo unico della Dirigenza giudiziaria.

L’appellante contesta la sentenza appellata nella parte in cui il giudice di primo grado, pur ritenendo le chat irrilevanti sotto il profilo disciplinare, penale e deontologico, ha tuttavia ritenuto che l’utilizzo delle stesse abbia determinato una alterazione del processo di formazione della volontà dell’Organo di autogoverno.

Dopo aver richiamato nuovamente la direttiva del 4 giugno 2020 n. 493120/SD2 della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, l’appellante ribadisce che i messaggi telefonici intercorsi tra alcuni candidati e il dott. -OMISSIS- non assumerebbero rilevanza giuridica ai fini dell’annullamento della precedente procedura valutativa.

8.4. Con il quarto motivo, l’appellante deduce: error in iudicando ;
violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e ss. del d.lgs. n. 160/2006, del Testo unico della Dirigenza giudiziaria, dell’art. 3 della Cost.;
contraddittorietà della motivazione, disparità di trattamento;
violazione dell’art. 1 del Testo unico della Dirigenza giudiziaria;
eccesso di potere per disparità di trattamento.

L’appellante sostiene che, se lo scambio di messaggi intervenuto tra il dott. -OMISSIS- e alcuni colleghi magistrati dovesse comportare automaticamente l’annullamento delle procedure di nomina agli uffici direttivi e semidirettivi, allora la gran parte delle procedure di nomina del Consiglio Superiore della Magistratura dovrebbe essere annullata in autotutela, essendo prassi molto diffusa quella di intervenire con autopromozioni ed eteropromozioni presso i componenti dell’Organo di autogoverno.

Il contenuto delle predette chat andrebbe valutato di volta in volta per accertare se esse abbiano o meno interferito significativamente sulla formazione della volontà dell’organo consiliare.

Nel caso di specie, non vi sarebbe alcuna correlazione tra i messaggi intercorsi tra il dott. -OMISSIS- e il dott. -OMISSIS- e la deliberazione adottata dal Plenum.

Oltre a ciò, l’appellante evidenzia che, in casi analoghi, il Consiglio Superiore della Magistratura ha operato in modo differente, il che determinerebbe la configurazione del vizio di eccesso di potere, per disparità di trattamento.

8.5 Con il quinto motivo, l’appellante deduce: error in iudicando ;
violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 37 del Testo unico della Dirigenza giudiziaria;
violazione delle norme sul giusto procedimento amministrativo;
eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di adeguata istruttoria.

8.5.1. Dopo aver richiamato le parti della sentenza appellata relative al confronto tra il dott. -OMISSIS- e la dott.ssa -OMISSIS-, l’appellante sostiene che il giudice di primo grado sarebbe incorso in un duplice errore.

Da un lato, si sarebbe attribuita rilevanza, ai fini della rivalutazione della posizione del dott. -OMISSIS-, ad alcuni procedimenti disciplinari, risalenti nel tempo, già conosciuti dal C.S.M. e non presi in considerazione nella delibera del Plenum del C.S.M. del -OMISSIS-;
dall’altro, la sussistenza di procedimenti disciplinari in capo al dott. -OMISSIS- non avrebbe una valenza preclusiva del conferimento dell’incarico, dal momento che questi non ha mai subito sanzioni disciplinari.

Evidenzia che, se è vero che, ai sensi dell’art. 37, comma 1, del Testo Unico sulla Dirigenza giudiziaria, le decisioni adottate dalla sezione disciplinare nei confronti degli aspiranti sono comunque oggetto di valutazione ai fini del conferimento dell’ufficio direttivo (e semidirettivo), è altrettanto vero che il C.S.M., in sede di esame della domanda per il conferimento dell’Ufficio stesso, non deve limitarsi ad un semplice richiamo a tali decisioni, ma, con una motivazione specifica, deve operare una valutazione dei fatti e dei comportamenti del magistrato in relazione ai fatti concreti, verificando se questi possano essere preclusivi al conferimento dell’incarico.

Nella fattispecie, invece, la V Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha fatto un semplice riferimento alle decisioni, omettendo detta valutazione, dal che deriverebbe l’illegittimità dell’assunto quanto meno sotto il profilo del difetto di motivazione.

Evidenzia che i procedimenti disciplinari in questione si sono conclusi con tre decisioni di assoluzione e una di non doversi procedere (per precedente archiviazione).

8.5.2. Ribadisce che la posizione della dott.ssa -OMISSIS- non poteva proprio essere presa in considerazione, tenuto conto della sua soccombenza nel primo giudizio, conclusosi con sentenza passata in giudicato (sopra richiamata).

Peraltro, anche ammettendo una rinnovazione della valutazione comparativa nel merito tra il profilo del dott. -OMISSIS- e quello della dott.ssa -OMISSIS-, questa si sarebbe dovuta risolvere in favore del primo, perché la dott.ssa -OMISSIS- vanterebbe solo una modesta maggiore anzianità di servizio.

Evidenzia che la dott.ssa -OMISSIS- ha prestato servizio presso una piccola Procura;
nella comparazione dei due candidati (-OMISSIS-;
-OMISSIS-) non si sarebbe tenuto conto tra l’altro delle esperienze di coordinamento internazionale delle indagini del -OMISSIS- [in particolate, della creazione e della direzione di una squadra investigativa comune con il coinvolgimento di operatori di altre Nazioni (Germania e Polonia)] e della sua nomina quale referente informatico della Procura.

9. Ritiene il Collegio che, per poter scrutinare le articolate censure dedotte dalla parte appellante, si renda necessario ricostruire il quadro fattuale e giuridico nell’ambito del quale sono stati adottati gli atti censurati dal ricorrente in primo grado (odierno appellante).

Riepilogando sinteticamente i fatti:

- Con deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura del -OMISSIS-, la dott.ssa -OMISSIS- è stata nominata Procuratore della Repubblica di -OMISSIS-, mentre il profilo dei dottori -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- sono stati considerati subvalenti.

- Il T.a.r. per il Lazio, con la sentenza n. -OMISSIS-, previa riunione delle differenti impugnative proposte, ha accolto il ricorso n. -OMISSIS- R.G., proposto dal dott. -OMISSIS- (annullando il bando indetto dal C.S.M. per il conferimento di incarichi direttivi, nella parte in cui prevedeva che potessero partecipare alla procedura selettiva indetta con tale bando anche i magistrati che, alla data della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione, non avevano ancora partecipato al corso di formazione per la dirigenza giudiziaria di cui all’art. 26 bis del D. L.vo 26/2006) e ha dichiarato improcedibili, irricevibili e inammissibili le altre impugnative.

- Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. -OMISSIS-, ha così disposto: “ a) riunisce i ricorsi iscritti sub nn. -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- del R.G.; b) con riguardo al ricorso n. -OMISSIS- del R.G., accoglie l’appello delle amministrazioni, accoglie in parte i motivi riproposti dal dott. -OMISSIS-, mentre dichiara inammissibili i motivi riproposti dalla dott.ssa -OMISSIS-; c) con riguardo al ricorso n. -OMISSIS- del R.G., accoglie l’appello della dott.ssa -OMISSIS-, accoglie in parte i motivi riproposti dal dott. -OMISSIS-, mentre dichiara inammissibili i motivi riproposti dalla dott.ssa -OMISSIS-; d) con riguardo al ricorso n. -OMISSIS- del R.G., accoglie l’appello del dott. -OMISSIS-, accoglie in parte i motivi riproposti dal dott. -OMISSIS-, mentre dichiara inammissibili i motivi riproposti dalla dott.ssa -OMISSIS-; e) per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado, salve le ulteriori determinazioni delle amministrazioni all’esito della rinnovazione dell’attività valutativa; f) compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio ”.

- In sede di riedizione del potere, in relazione ad elementi sopravvenuti [acquisiti a seguito della trasmissione da parte della parte della Procura della Repubblica di -OMISSIS- di alcune conversazioni intervenute a mezzo di messaggistica telefonica tra alcuni dei candidati (dott.ssa -OMISSIS-;
dott. -OMISSIS-) e il dott. -OMISSIS- (ex componente del C.S.M.) e altri componenti della precedente consiliatura], il Consiglio Superiore della Magistratura ha ritenuto di annullare in autotutela (sotto diversi e ulteriori profili) la deliberazione del -OMISSIS-, estendendo la riedizione della valutazione comparativa a tutti i candidati che avevano presentato domanda per il conferimento dell’incarico direttivo de quo .

- In particolare, nella deliberazione impugnata si rileva preliminarmente quanto segue “ ….nei giorni che hanno preceduto la seduta di plenum nella quale era prevista la trattazione del presente conferimento- di incarico direttivo, emerge dalle conversazioni che la dott.ssa -OMISSIS- abbia avuto colloqui con diversi consiglieri finalizzati a promuovere la sua candidatura, all’esito dei quali la candidata ha espresso al dott. -OMISSIS- i propri dubbi sulla effettiva possibilità di assicurarsi i voti necessari alla nomina e si é confrontata con l’interlocutore sulla opportunità di far slittare la trattazione della pratica al successivo Consiglio per evitare una votazione con esito sfavorevole, ricevendo dal dott. -OMISSIS- una risposta del seguente tenore: “Abbiamo tempo fino a mercoledi... se votiamo vuol dire che vinci...altrimenti rinviamo ”;
il C.S.M. ha quindi ritenuto di poter esercitare il potere di autotutela sulla base delle seguenti considerazioni:

a) L’esercizio del potere di autotutela non incideva su situazioni giuridiche consolidate, essendo stato annullato in sede giurisdizionale il provvedimento di nomina della dott.ssa -OMISSIS-;

b) In relazione alla conoscenza delle conversazioni telefoniche, il conferimento dell’incarico direttivo alla dott.ssa -OMISSIS- “ non era stato preceduto da una completa e consapevole formazione della volontà dell’organo deliberante in sede di individuazione del candidato più idoneo, per merito ed attitudini, al conferimento dell’incarico. È stata del tutto pretermessa la valutazione di una vicenda che, se conosciuta, con ogni verosimiglianza sarebbe rientrata nel novero dei dati informativi oggetto di vaglio, da parte del Consiglio, ai fini delle determinazioni di competenza da assumere nella presente procedura concorsuale. Nel caso di specie, risulta, pertanto, significativamente viziato il processo di formazione della volontà consiliare e, in qualche misura, sviato l’esercizio di un potere di particolare delicatezza, qual è quello finalizzato al conferimento di un incarico direttivo presso un ufficio giudiziario. Situazione, peraltro, rimasta conosciuta e non apprezzabile anche dinanzi alle sedi giurisdizionali amministrative investite dei ricorsi proposti avverso la delibera del -OMISSIS-. Sussiste, ancora, il “termine ragionevole” richiesto dal legislatore per poter dar corso all’annullamento d’ufficio di un atto amministrativo. Come reiteratamente evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, la decorrenza del termine in parola non va calcolata rispetto alla data di adozione dell’atto da annullare, ma va collegata al momento della scoperta, da parte della amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro (si veda, in conformità, Consiglio di Stato, Ad. Plenaria, 17 ottobre 2017, n. 8). Nel caso di specie, la “ragionevolezza” del termine deve valutarsi, pertanto, non rispetto alla data di adozione della delibera (-OMISSIS-), ma avuto riguardo alla data in cui la documentazione trasmessa dalla Procura di -OMISSIS- è pervenuta al C.S.M. che, come comunicato dalla segreteria amministrativa della Prima Commissione di questo Consiglio, è quella del -OMISSIS- ”.

- In altre parole, sulla base delle considerazioni che precedono, il Consiglio Superiore della Magistratura, ritenendo che la deliberazione del -OMISSIS- (di nomina della dott.ssa -OMISSIS-) fosse inficiata da vizi procedimentali ulteriori rispetto a quelli emersi nel corso del precedente giudizio e che sussistesse l’interesse pubblico al suo annullamento (essendo peraltro decorso un tempo inferiore a quello massimo previsto dall’art. 21 - nonies l. 241/90, nel testo vigente ratione temporis ), ne ha disposto l’annullamento in autotutela.

Dal momento che l’annullamento in autotutela della deliberazione del -OMISSIS- si fonda sulla rilevata presenza di vizi di formazione della volontà dell’organo consiliare, risulta evidente che l’annullamento travolge l’intera precedente procedura valutativa, determinando la necessità di procedere alla rivalutazione della posizione di tutti i candidati aspiranti all’incarico direttivo.

- In sede di riedizione del potere, rivalutata la posizione di tutti i candidati (che ancora avevano interesse al conferimento dell’incarico), il Consiglio Superiore della Magistratura ha ritenuto che fosse prevalente il profilo della dott.ssa -OMISSIS-.

- Avverso gli atti da ultimo richiamati, il dott. -OMISSIS- ha proposto inizialmente ricorso davanti al Consiglio di Stato per l’ottemperanza della sentenza n. -OMISSIS-;
il relativo giudizio è stato definito con sentenza n. -OMISSIS-, con la quale il Consiglio di Stato ha respinto in parte il ricorso (ritenendo che nella successiva attività provvedimentale del C.S.M. non fosse ravvisabile l’elusione del giudicato, in relazione agli elementi sopravvenuti indicati nella deliberazione del -OMISSIS-) e per il resto ha dichiarato la propria incompetenza sullo stesso, indicando per questa parte quale giudice competente il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, presso il quale l’azione di impugnazione avrebbe potuto essere riassunta nelle forme e nel termine previsti dall’art. 15, comma 4, Cod. proc. amm.

- Riassunta la causa davanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il giudizio è stato deciso con la sentenza oggetto dell’appello in esame, con la quale:

a) è stata disposta l’estromissione dal giudizio della dott. -OMISSIS- e del dott. -OMISSIS-, sul presupposto che gli stessi non potessero considerarsi “controinteressati”, non avendo interesse al mantenimento della validità e della efficacia della delibera del C.S.M. del -OMISSIS- (ossia della deliberazione con la quale è l’incarico direttivo de quo è stato conferito alla dott.ssa -OMISSIS-), quanto piuttosto “cointeressati” all’annullamento della predetta deliberazione, nei confronti della quale avrebbero dovuto proporre autonoma impugnativa;

b) sono state ritenute inammissibili le censure, variamente articolate nel ricorso, relative alla presunta violazione del giudicato (formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato -OMISSIS-), osservando che il giudice competente a conoscere simili doglianze, da presentarsi attraverso un ricorso per ottemperanza, era, ai sensi dell’art. 112 e ss. del c.p.a., il Consiglio di Stato, e ulteriormente evidenziando che, con sentenza n. -OMISSIS-, “ il giudice di appello, chiamato a pronunciarsi sull’argomento a seguito del ricorso per ottemperanza presentato dal dott. -OMISSIS- ha dichiarato infondate le censure relative alla violazione del giudicato ”;

c) ha respinto le ulteriori doglianze formulate dal ricorrente (odierno appellante), ritenendole infondate;

d) ha disposto la compensazione delle spese di giudizio.

10. Tanto premesso, le censure sono infondate.

10.1. Anzitutto, priva di fondamento è la censura relativa alla dedotta violazione dell’art. 70 del c.p.a. per la mancata riunione del ricorso proposto in primo grado con quello proposto dalla dott.ssa -OMISSIS- (R.G. n. -OMISSIS-).

Nel processo amministrativo, la riunione nel giudizio di primo grado di ricorsi tra loro connessi è espressione di una facoltà ampiamente discrezionale del giudice, il cui esercizio non solo non è soggetto all’obbligo di motivazione, ma non può neppure essere sindacato in appello, se non quando il giudice di primo grado sia incorso in un palese arbitrio e, più in particolare, quando il rapporto di pregiudizialità tra le cause connesse è così stretto da non consentire al giudice di decidere i ricorsi separatamente (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 giugno 2013 n. 3034).

Nel caso di specie, ancorché i due ricorsi di primo grado cui si fa riferimento abbiano ad oggetto la medesima deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura, la posizione giuridica soggettiva degli aspiranti all’incarico direttivo de quo è sostanzialmente differente, le censure dedotte sono solo parzialmente coincidenti e non si ravvisa un rapporto di pregiudizialità tra le due impugnative, con la conseguenza che la decisione discrezionale del giudice di primo grado di decidere separatamente le due controversie si presenta immune dalle dedotte censure e insindacabile in grado d’appello.

10.2. Infondate sono anche le censure dedotte nel secondo e nel terzo motivo di appello, che vengono trattate congiuntamente attenendo a profili connessi.

La sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-, nell’accogliere ( in parte qua ) gli atti di appello proposti dal dott. -OMISSIS-, dalla dott.ssa -OMISSIS- e dal dott. -OMISSIS-, in riforma della sentenza appellata, ha respinto il ricorso di primo grado, facendone tuttavia derivare “ l’esigenza di rinnovazione dell’attività di valutazione comparativa da parte del C.S.M. ”.

Orbene, il Collegio ritiene che, in sede di esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-, il Consiglio Superiore della Magistratura ben potesse procedere all’annullamento d’ufficio degli atti del procedimento valutativo precedentemente effettuato, per profili ulteriori e diversi, non emersi in sede del precedente contenzioso.

In particolare, i messaggi intercorsi tra la dott.ssa -OMISSIS- e il dott. -OMISSIS- (aspiranti al conferimento dell’incarico direttivo de quo ) e il dott. -OMISSIS- (che all’epoca della adozione della deliberazione del -OMISSIS- rivestiva la qualifica di componente del Consiglio Superiore della Magistratura), a prescindere dalla loro rilevanza sotto il profilo disciplinare o sotto quello penale, sono stati reputati non immotivatamente dal Consiglio Superiore della Magistratura come elementi sintomatici di un vizio di formazione della volontà dell’organo consiliare.

L’incidenza dei predetti messaggi sul processo di formazione della volontà è dimostrata non tanto dal contenuto degli stessi (che può essere ricondotto ad una forma di autopromozione del candidato, ai fini dell’assegnazione dell’incarico de quo ), quanto piuttosto dal fatto che (come evidenziato nell’atto di autotutela) dai messaggi in questione è lecito inferire una strategia dell’andamento dei lavori del Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura in funzione dell’esito favorevole alla nomina della dott.ssa -OMISSIS-.

Del resto, è lo stesso appellante ad evidenziare l’incidenza dei messaggi scambiati tra la dott.ssa -OMISSIS- e il dott. -OMISSIS- rispetto all’esito del procedimento di nomina;
sul presupposto della alterazione del processo formativo della volontà che aveva portato alla nomina della dott.ssa -OMISSIS-, ben poteva l’Organo di autogoverno procedere in autotutela all’annullamento della deliberazione del -OMISSIS- sotto profili ulteriori e differenti rispetto a quelli emersi in sede di contenzioso, ricorrendo gli altri presupposti individuati dall’ordinamento giuridico per l’esercizio dei poteri di ritiro dell’atto illegittimo.

Non emergono sul piano giuridico elementi per ritenere che i messaggi in questione (la cui esistenza o la cui veridicità non è contestata dalla parte appellante) non potessero essere valutati dal Consiglio Superiore della Magistratura come sintomatici di una espressione viziata della volontà dell’organo consiliare e quindi rilevati ai fini dell’annullamento in autotutela delle relative deliberazioni.

Il fatto che, in sede di riedizione del potere, il Consiglio Superiore della Magistratura abbia modificato sostanzialmente le valutazioni dei candidati (dott.ssa -OMISSIS-;
dott. -OMISSIS-;
dott.ssa -OMISSIS-), anziché suffragare la tesi dell’appellante, dimostra la fondatezza dei sospetti di alterata formazione della volontà dell’Organo di autogoverno nella prima deliberazione.

Le censure dell’appellante si rivelano anche contraddittorie, in quanto, da un lato, invoca la irrilevanza sul piano giuridico dei messaggi intercorsi tra alcuni candidati all’incarico direttivo de quo , dall’altro sostiene che l’Organo di autogoverno avrebbe dovuto procedere alla indizione di una nuova procedura di gara (in analogia con quanto avviene, in caso di annullamento degli atti di una procedura di gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico), avvalorando così implicitamente la tesi della formazione viziata della volontà dell’Organo consiliare (posta alla base della determinazione di annullamento in autotutela).

10.3.1. Sono infondate anche le censure dirette a contestare l’esercizio del potere di annullamento oltre il termine di 18 mesi previsto dall’art. 21 – nonies della l. n. 241/1990 e s.m.i. (nel testo vigente al momento della adozione degli atti censurati).

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale la pubblica amministrazione è legittimata ad intervenire in autotutela nel rispetto di un termine congruo, che, per un principio di esigibilità, inizia a decorrere dall’effettiva conoscenza di profili di illegittimità dell’atto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2021 n. 7059).

Nel caso di specie, risulta di intuitiva evidenza che il termine di cui sopra non può che farsi decorrere dalla data di trasmissione delle chat al Consiglio Superiore della Magistratura da parte della Procura della Repubblica di -OMISSIS- (ossia dalla data del 6 maggio 2020), dal momento che prima di tale data l’Organo di autogoverno non aveva consapevolezza del fatto posto alla base dell’esercizio del potere di autotutela;
ne discende che risulta rispettato il termine previsto dal legislatore per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela dei propri provvedimenti.

10.3.2. Neppure possono essere condivise le censure secondo le quali, in sede di riedizione del potere, il Consiglio Superiore della Magistratura dovesse limitare la valutazione solo alla posizione dei candidati -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, con esclusione della posizione della dott.ssa -OMISSIS-.

L’appellante non considera che in sede di riedizione del potere, conseguentemente alla sentenza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-, il Consiglio Superiore della Magistratura, ravvisando un vizio nella formazione della volontà dell’Organo consiliare, ha annullato in autotutela (sotto profili ulteriori) la deliberazione del -OMISSIS-, con la conseguenza dell’emergere dell’interesse alla rivalutazione della posizione di tutti i candidati potenzialmente interessati al conferimento dell’incarico direttivo de quo (senza trascurare l’ulteriore considerazione che la posizione sostanziale della dott.ssa -OMISSIS-, ai fini del conferimento dell’incarico de quo , non è mai stata effettivamente scrutinata nel precedente contenzioso).

10.4. Inammissibili, per genericità, e comunque infondate sono poi le censure dedotte nel quarto motivo di appello, laddove si prospetta una disparità di trattamento da parte dell’Organo di autogoverno rispetto a fattispecie analoghe.

L’appellante sostiene che l’autopromozione dei candidati nei confronti dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura costituirebbe una prassi priva di conseguenze giuridiche e che in casi analoghi è stata ritenuta non idonea ad incidere sulla validità e l’efficacia dei provvedimenti di nomina.

Il Collegio, deve ribadire che i messaggi intervenuti nella imminenza della deliberazione di nomina tra i magistrati aspiranti all’incarico de quo e il dott. -OMISSIS- assumono rilevanza giuridica, più che per il loro contenuto, per il fatto che da essi, come evidenziato dall’Organo di autogoverno, si deduce una programmazione dell’andamento dei lavori del Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura in funzione dell’esito favorevole alla nomina della dott.ssa -OMISSIS-.

Del resto, come sopra evidenziato, le stesse deduzioni di parte appellante in ordine alla incidenza delle chat intercorse tra la dott.ssa -OMISSIS- e il dott. -OMISSIS- sull’esito della procedura comparativa, suffragano la tesi della alterazione del processo formativo della volontà dell’organo consiliare, legittimando così l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio da parte dell’Organo di autogoverno.

In ogni caso, non possono considerarsi tertium comparationis , ai fini dello scrutinio della legittimità degli atti impugnati, sotto il profilo della dedotta disparità di trattamento, provvedimenti asseritamente adottati dal Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti di altri magistrati estranei al petitum e alla causa petendi del presente giudizio.

10.5. Con riguardo alle censure dirette a contestare l’attività valutativa svolta dal Consiglio Superiore della Magistratura e finalizzate ad evidenziare la subvalenza, sotto il profilo dei titoli posseduti, della dott.ssa -OMISSIS- rispetto all’odierno appellante, la motivazione del provvedimento impugnato risulta immune dai motivi di doglianza.

Occorre premettere che nel caso di specie vengono in rilievo le seguenti disposizioni del Testo unico della dirigenza giudiziaria:

- L’art. 17, rubricato “ Indicatori specifici per gli Uffici direttivi giudicanti e requirenti di primo grado di piccole e medie dimensioni ”, a norma del quale:

1. Costituiscono specifici indicatori di attitudine direttiva per il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti negli uffici di piccole e medie dimensioni:

a) le esperienze maturate nel lavoro giudiziario, tenuto conto della pluralità dei settori e delle materie trattate nella giurisdizione, e i risultati conseguiti in termini qualitativi e quantitativi valutati in base agli elementi di cui all’articolo 8, considerando anche la durata delle esperienze quale requisito di validazione;

b) le pregresse esperienze direttive e semidirettive in uffici omologhi per funzioni, valutate in base agli elementi di cui all’articolo 7, tenendo conto anche della loro durata quale requisiti di validazione, nonché le esperienze di collaborazione nella gestione degli uffici di cui all’art. 9 ”.

- L’art. 26, rubricato “ Valutazione comparativa delle attitudini ”:

1. In ordine alle attitudini, si procede alla valutazione analitica dei profili dei candidati mediante specifica disamina degli indicatori previsti nella Parte II, Capo I, attuativi ed esplicativi delle disposizioni di cui all’art. 12, commi 10, 11 e 12 D.Lgs. 160/2006.

2. Il giudizio attitudinale è formulato in maniera complessiva e unitaria, frutto della valutazione integrata e non meramente cumulativa degli indicatori.

3. Nell’ambito di tale valutazione, speciale rilievo è attribuito agli indicatori individuati negli articoli da 15 a 23 in relazione a ciascuna delle tipologie di ufficio.

4. Gli indicatori di cui agli articoli da 7 a 13 sono utilizzati quali ulteriori elementi costitutivi del giudizio attitudinale ”.

- L’articolo 28, rubricato: “ Criteri di valutazione per il conferimento della dirigenza di uffici giudicanti e requirenti di primo grado di piccole e medie dimensioni ”:

1. Per il conferimento della dirigenza di uffici giudicanti e requirenti di piccole e medie dimensioni hanno speciale rilievo, in posizione pariordinata tra loro, gli indicatori di cui all’articolo 17.

2. La valutazione del lavoro giudiziario è condotta privilegiando, negli uffici giudicanti, la pluralità delle esperienze e, in quelli requirenti, l’esperienza maturata nel contrasto dei fenomeni criminali più diffusi sul territorio in cui si colloca l’ufficio da conferire ”.

Tanto premesso, il Collegio rileva che nella deliberazione impugnata il Consiglio Superiore della Magistratura, nella comparazione tra il profilo del dott. -OMISSIS- e quello della dott.ssa -OMISSIS-, ha evidenziato “ la prevalenza di quest’ultimo in relazione all’odierno posto a concorso, soprattutto sul piano degli indicatori specifici, ai quali va attribuito “speciale rilievo” nella presente valutazione comparativa (ai sensi dell’art. 26, terzo comma, T.U.) ”.

Quanto alle esperienze maturate nel lavoro giudiziario, il C.S.M. evidenzia che “ entrambi i candidati hanno svolto funzioni requirenti in uffici di primo grado nel corso delle intere carriere sin qui maturate, nell’ambito di percorsi professionali da considerarsi di pari rilievo nell’ottica dell’indicatore specifico in disamina (pur a fronte di una prevalenza temporale di circa 3 anni in favore della dott.ssa -OMISSIS-)… I rilevanti risultati, sul piano sia qualitativo che quantitativo, conseguiti dalla candidata nello svolgimento delle funzioni giurisdizionali risultano costantemente attestati dai pareri di professionalità riportati in carriera, tutti altamente elogiativi ”.

Pur dando atto che “ sul piano sia qualitativo che quantitativo, il novero delle esperienze rispettivamente maturate nella giurisdizione conduce, come anticipato, ad un giudizio di equivalenza tra i due candidati ” il C.S.M. precisa però che “ Prevalente risulta, invece, il profilo della dott.ssa -OMISSIS- sul piano delle esperienze direttive e semidirettive in uffici omologhi per funzioni nonché delle esperienze di collaborazione nella gestione degli uffici (art. 17, lett. b, T.U.). Se entrambi i candidati non hanno, sin qui, ricoperto completi incarichi direttivi o semidirettivi presso ufficio giudiziari, e se il dott. -OMISSIS- può vantare, sul piano delle esperienze di collaborazione gestionale ed organizzativa, l’importante, se pur settoriale, incarico di Magistrato di riferimento per l’informatica ricoperto presso la Procura di Benevento, la dott.ssa -OMISSIS- prevale, intanto, per aver svolto, in più circostanze, quale sostituto più anziano dell’ufficio, funzioni direttive di fatto presso la Procura di Sondrio, sia durante alcuni periodi di assenza dei Procuratori, sia in occasione di periodi di vacanza del posto…. Ritenuta, per i motivi esposti, la prevalenza della dott.ssa -OMISSIS- sul piano della complessiva valutazione degli indicatori specifici applicabili alla presente procedura, l’esame degli indicatori generali riconducibili ai due candidati (con particolare riferimento alle esperienze ed agli incarichi menzionati nelle rispettive autorelazioni) non offre elementi di valutazione idonei a sovvertire gli esiti della comparazione attitudinale sin qui effettuata…. In via meramente residuale, anche qualora si volesse pervenire ad un giudizio di sostanziale equivalenza dei due profili professionali qui in comparazione – e non è questo il caso, per le ragioni che sono state esposte –, la dott.ssa -OMISSIS- prevarrebbe comunque per la maggiore anzianità maturata nel ruolo della magistratura, alla luce del criterio di cui all’art. 24, terzo comma, T.U. ”.

L’appellante sostiene di essere stato indebitamente penalizzato per i procedimenti disciplinari avviati nei suoi confronti, facendo rilevare che essi si sono conclusi con tre decisioni di assoluzione e una di non doversi procedere (per precedente archiviazione), ma, in realtà, è sul piano degli indicatori specifici che il Consiglio Superiore della Magistratura ha ritenuto il profilo della dott.ssa -OMISSIS- prevalente rispetto a quello dell’appellante.

Come evidenziato dal giudice di prime cure, giuridicamente irrilevante è il riferimento operato al criterio dell’anzianità, in quanto la deliberazione impugnata si è limitata a dare atto che, pure se la comparazione tra i due candidati si fosse risolta in termini di equivalenza, comunque, in via residuale, avrebbe prevalso la dott.ssa -OMISSIS-, in ragione della maggiore anzianità posseduta (cfr. art. 24, comma 3, del Testo Unico della Dirigenza giudiziaria).

Per pacifica giurisprudenza, il Consiglio Superiore della Magistratura, nel conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, gode di una discrezionalità che è sindacabile, in sede di legittimità, solo se inficiata per irragionevolezza, omissione o travisamento dei fatti od arbitrarietà;
resta dunque preclusa al sindacato giurisdizionale la valutazione dell'opportunità e convenienza del provvedimento dell’Organo di autogoverno o una decisione che esprima una volontà del giudicante che si sostituisca a quella dell'Amministrazione, dando luogo ad un sindacato di merito;
la legge assegna al C.S.M. un lato margine di apprezzamento e il sindacato del giudice amministrativo deve restare parametrico alla valutazione degli elementi di fatto compiuta dall'Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 novembre 2020 n. 7096).

11. In conclusione, l’appello principale è infondato e va respinto.

12. Del pari deve essere respinto l’appello incidentale proposto dalla dott.ssa -OMISSIS-.

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale il controinteressato (che è parte necessaria del processo amministrativo) è il soggetto, individuato nell’atto ovvero facilmente individuabile (secondo criteri di ordinaria diligenza) in ragione delle indicazioni contenute nell’atto medesimo, che risulta titolare di un interesse eguale e contrario a quello del ricorrente;
in altre parole, nel processo amministrativo di tipo impugnatorio, il controinteressato è il soggetto giuridico individuato o agevolmente individuabile nel provvedimento impugnato, che ha un interesse giuridicamente qualificato e diretto al mantenimento della validità e della efficacia del provvedimento impugnato.

Nel caso di specie, dal momento che il provvedimento impugnato dal dott. -OMISSIS- è costituito dalla deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura del -OMISSIS-, con la quale è stata annullata (sotto profili ulteriori) la precedente deliberazione del -OMISSIS- (di nomina della dott.ssa -OMISSIS- quale Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-), risulta evidente che rispetto al provvedimento impugnato la posizione della dott.ssa -OMISSIS- non è quella di controinteressata, quanto piuttosto di cointeressata all’annullamento della deliberazione impugnata.

Orbene, ai sensi dell’art. 28 comma 2, c.p.a. è ammesso l’intervento in giudizio di chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall'esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse;
questa disposizione è intesa ad evitare che il termine per ricorrere in giudizio, da chi sia titolare di una legittimazione autonoma ad impugnare, sia aggirato con l’intervento in altro giudizio, così profittandosi di un giudizio già instaurato da altri per proporre ivi le domande che si sarebbero potute diligentemente proporre a mezzo di ricorso;
al cointeressato all'impugnazione è così riconosciuta la legittimazione ad intervenire nel processo instaurato da altri, ove vi abbia un interesse ai sensi della disposizione del c.p.a. richiamata a sostenerne le ragioni, senza tuttavia potere ampliare il thema decidendum ;
l'intervento del cointeressato è, quindi, ammesso nei limiti della domanda già proposta, in conformità allo strumento azionato, il quale comporta per l'interveniente di accettare, ex art. 28 comma 2, c.p.a. lo stato e il grado in cui il giudizio si trova (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 30 ottobre 2017 n. 4973).

Tanto premesso, il Collegio deve rilevare che nel giudizio di primo grado la dott.ssa -OMISSIS- non è intervenuta nel ruolo di cointeressata, ma ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado, proposto dal dott. -OMISSIS-, per difetto di interesse;
la predetta richiesta, formulata nel giudizio di primo grado e riproposta con l’appello incidentale, è chiaramente inammissibile, in quanto giuridicamente incompatibile con il suo ruolo di cointeressata (all’annullamento della deliberazione impugnata).

13. La complessità delle questioni di fatto e di diritto dedotte in giudizio giustifica nondimeno l’equa compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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