Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-02-28, n. 201201130
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Testo completo
N. 01130/2012REG.PROV.COLL.
N. 02827/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2827 del 2009, proposto da:
A T e R T, entrambi rappresentati e difesi dall’avv. P C, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Romeo Romei n. 27, presso l’avv. S M (studio legale Romagnoli), per mandato in calce all’atto di appello; in Roma,
contro
- Anas S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore;
- Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro in carica;
- Provveditorato regionale alle opere pubbliche per la Campania, in persona del legale rappresentante pro-tempore;
tutti rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
- Regione Campania, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, non costituita in giudizio;
- Comune di Benevento, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, n. 19997 del 24 novembre 2008, resa inter partes, con cui il ricorso proposto in primo grado (n. 4713/2005), integrato con motivi aggiunti, per l’annullamento degli atti relativi a procedura espropriativa e per risarcimento dei danni, è stato dichiarato in parte inammissibile, in relazione alla tardività dell’impugnazione dei decreti di occupazione d’urgenza, e agli atti ad essi presupposti, e in parte inammissibile per difetto di giurisdizione amministrativa in relazione alla ritenuta giurisdizione dell’A.G.O per le altre domande, intese a ottenere il risarcimento del danno
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione nel giudizio d’appello di Anas S.p.A., Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Provveditorato regionale alle opere pubbliche per la Campania;
Viste le memorie difensive;
Vista la sentenza istruttoria n. 1338 del 2 aprile 2011 e i documenti versati in giudizio in esecuzione della medesima;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2011, il Cons. L S e uditi l’avv. P C per gli appellanti e l’avvocato dello Stato Angelo Vitale, per le Amministrazioni appellate costituite;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in epigrafe A e R T hanno impugnato la sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, n. 19997 del 24 novembre 2008, resa inter partes.
Giova premettere che:
- A e R T hanno impugnato dinanzi al primo giudice, con ricorso n. 4717/2005, il decreto d’occupazione d’urgenza n. 9603 del 24 marzo 2005, i relativi avvisi e i verbali d’immissione in possesso dei suoli, in loro comproprietà, ubicati in agro di Benevento, alla contrada San Domenico, iscritti in catasto al foglio 3, particelle n. 69 (ora 901), n. 185 (ora 915) e n, 189 (ora 903), per oltre ventimila metri quadrati (22.315,5), nonché gli atti presupposti, relativi al progetto definitivo e all’intesa raggiunta in conferenza di servizi ai sensi dell’art. 81 del d.P.R. n. 616/1977 per la realizzazione della variante alla strada statale n. 212 tra il bivio di Pietrelcina (km 5+600) e lo svincolo di San Marco dei Cavoti (km 46+900) della ex strada statale n. 369;
- con primi e ulteriori motivi aggiunti erano impugnati ulteriori atti presupposti, depositati in giudizio dalle parti resistenti;
- con cumulativa domanda è stato altresì richiesto il risarcimento dei danni cagionati dall’illegittimità degli atti della procedura ablativa, conseguenti all’irreversibile trasformazione dei suoli, alla privazione del godimento dei medesimi, alla diminuzione di valore della parte non espropriata anche in relazione alla formazione di relitti inutilizzabili.
Con la sentenza appellata il T.A.R. partenopeo ha dichiarato il ricorso in epigrafe in parte inammissibile, per le domande impugnatorie, in relazione alla tardività della proposizione del ricorso con riferimento alla sua notificazione il 13-14 giugno 2005, oltre il termine decadenziale decorrente dall’assunta notificazione dei decreti d’occupazione in data 9 aprile 2005, e nel residuo inammissibili le domande risarcitorie, sia per la preclusione dell’annullamento degli atti impugnati, sia per l’estraneità di talune tra di esse alla sfera giurisdizionale amministrativa.
A sostegno dell’appello sono state dedotte le seguenti censure:
1) Sulla presunta inammissibilità del ricorso. Erroneità della sentenza per aver dichiarato irricevibile per tardività il ricorso
I decreti d’occupazione d’urgenza non sono stati notificati, come ritenuto dal primo giudice, il 9 aprile 2005, sebbene il 19 aprile 2005 (data di ritiro del plico postale presso gli uffici), onde il ricorso, notificato il 13-14 giugno 2005 è affatto tempestivo.
Ne consegue che il Consiglio di Stato può esaminare nel merito i motivi di ricorso, che vengono conseguentemente riproposti.
2) Violazione di legge. Illegittimità della dichiarazione di pubblica utilità. Eccesso di potere del difetto di motivazione e di istruttoria, irrazionalità, contraddittorietà, illogicità, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti. Illegittimità derivata. Illegittimità propria degli atti relativi alla conferenza di servizi e all’intesa, nonché del provvedimento di occupazione d’urgenza
Poiché il progetto di oo.pp., per la parte relativa al suolo dei ricorrenti, tipizzato come zona agricola E3, non era conforme alle previsioni urbanistiche di PRG di Benevento, occorreva che la conferenza di servizi, convocata ai fini dell’intesa ex art. 81 d.P.R. 616/1977, contemplasse espressamente la deroga (variante) allo strumento urbanistico.
Non è stato dato atto nel verbale conclusivo della conferenza di servizi che era disposto vincolo preordinato all’espropriazione stabilito solo con il decreto motivato del 24 marzo 2005.
Il rappresentante del Comune di Benevento non è stato investito di valida delega che doveva essere formalizzata con deliberazione del Consiglio Comunale, onde il suo assenso è invalido;né è comunque intervenuta successiva deliberazione consiliare di ratifica;al riguardo non può assumere rilievo una precedente deliberazione consiliare risalente al 1998 che aveva espresso parere favorevole su più risalente progetto della stessa opera pubblica, poiché è stata indetta nuova conferenza di servizi su nuovo progetto.
Non è stata data comunicazione di avvio del procedimento espropriativo né di indizione della conferenza di servizi, poiché i ricorrenti hanno avuto conoscenza degli stessi soltanto con la notifica dei decreti di occupazione d’urgenza, né sono state esternate ragioni che escludevano la comunicazione individuale.
Non vi è stata comunicazione dell’atto impositivo del vincolo espropriativo né dell’atto recante la declaratoria di pubblica utilità.
Non vi è motivazione a sostegno dell’urgenza dei lavori e quindi dell’emanazione del decreto di anticipata immissione in possesso, smentita dal lasso temporale (circa due anni) tra approvazione del progetto e immissione in possesso.
Si insiste, previo annullamento degli atti impugnati, e anche a prescindere dal medesimo (si richiama l’orientamento della Cassazione sulla c.d. pregiudiziale amministrativa d’annullamento), per il risarcimento dei danni connessi all’illegittima occupazione del suolo e alla sua irreversibile trasformazione, in misura pari al valore venale, considerate altresì le coltivazioni in atto e ogni altra indennità di legge (la ricorrente è coltivatrice diretta), oltre che al riconoscimento dell’indennità di da illegittima occupazione.
Le Autorità appellate costituite in giudizio, con memoria dell’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato, hanno ribadito l’irricevibilità per tardività del ricorso originario.
Con sentenza n. 1338 del 2 aprile 2011 la Sezione ha disposto incombenti istruttori, in esito all’esecuzione dei quali, gli appellanti con memorie difensive hanno insistito per l’accoglimento del gravame.
All’udienza pubblica del 25 ottobre 2011 l’appello è stato discusso e deciso.
DIRITTO
1.) L’appello in epigrafe è fondato, e deve essere accolto, previa riforma della sentenza impugnata, nei limiti di seguito precisati.
1.1) La sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, n. 19997 del 24 novembre 2008 è fondata, quanto alla dichiarata inammissibilità delle domande impugnatorie proposte, su un presupposto di fatto erroneo, costituito dalla ritenuta tardività del ricorso in relazione alla sua proposizione oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione del decreto di occupazione d’urgenza.
Dall’istruttoria svolta, ed invero anche dalla documentazione versata in giudizio dagli appellanti, risulta, infatti, che il decreto di occupazione d’urgenza è stato notificato, in uno con l’offerta d’indennità e l’avviso della data fissata per l’immissione in possesso, separatamente, e per ciascuna delle particelle di terreno interessate, nelle date sotto indicate:
- a Tizzani A in data 19 aprile 2005 (data di ritiro del piego postale depositato presso l’ufficio il 16 aprile 2005, per la temporanea assenza del destinatario con immissione dell’avviso in cassetta postale);
- a Tizzani Rossana in data 13 aprile 2005 a mani proprie (per le particelle nn. 69 e 185) e in data 16 aprile 2005 a mani di persona dichiaratasi figlio convivente (per la particella n. 189).
Il termine per l’impugnativa decorreva quindi non già dal 9 aprile 2005, sebbene, rispettivamente dal 20 aprile 2005, per il primo, con scadenza al 18 giugno 2005, e dal 16 aprile 2005, per la seconda, con scadenza al 15 giugno 2005 (dovendosi considerare, quale dies a quo, l’ultimo giorno della frazionata notifica di unico decreto di occupazione afferente a tre particelle diverse).
Ne consegue che il ricorso, notificato il 13-14 giugno 2005, è stato proposto in modo affatto tempestivo.
1.2) La Sezione deve quindi darsi carico di esaminare le censure già dedotte e riproposte in appello, relative alla lamentata illegittimità degli atti del procedimento ablatorio, con la preliminare avvertenza che esso ricade soltanto in parte sotto la disciplina introdotta dal d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, poiché l’intera fase afferente alla conferenza di servizi ai fini dell’intesa ex art. 81 d.P.R. n. 616/1977 è anteriore alla data di entrata in vigore del testo unico delle espropriazioni, fissata come noto al 30 giugno 2003 dall’art. 59 del d.P.R. n. 327/2001, come stabilita, da ultimo, dall’art. 1 del d.lgs. 27 dicembre 2002, n. 302.
L’art. 57 del d.P.R. n. 327/2001, secondo il quale “. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza. In tal caso continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data”, deve intendersi nel senso che l’ultrattività delle previgenti disposizioni riguardi appunto esclusivamente i procedimenti nei quali fosse già intervenuta una dichiarazione implicita o esplicita di pubblica utilità, che nel caso di specie, invece, secondo quanto assunto dagli stessi appellanti (pag. 14 del ricorso) è intervenuta soltanto nel giugno 2004, ossia allorché è stato emanata la nota provvedimentale n. 70/11494 di prot. dell’11 giugno 2004 del Presidente di ANAS S.p.A., cui la deliberazione del Consiglio di Amministrazione della società pubblica n. 167 del 9 dicembre 2003 di approvazione del progetto definitivo, aveva condizionato la propria efficacia ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, e nel quale è stato anche indicato il termine (cinque anni) per l’emanazione del decreto di esproprio.
1.3) Ne consegue che devono disattendersi i motivi affidati alla violazioni di singole disposizioni del d.P.R. n. 327/2001 inapplicabili ratione temporis alla fase procedimentale e agli atti anteriori al 30 giugno 2003, e in particolare:
- quella relativa all’omessa menzione nel verbale della conferenza di servizi che essa implicava vincolo preordinato all’esproprio in quanto in variante allo strumento urbanistico, ai sensi dell’art. 10;
- quella relativa all’omissione della comunicazione d’avvio del procedimento di cui all’art. 11, con riferimento allo svolgimento della conferenza di servizi, che a sua volta richiama l’art. 9 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.
1.4) Sono invece fondate le censure relative alla dedotta violazione dell’art. 3 del d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, che, disciplinando le modalità di formazione dell’intesa ex art. 81 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (i cui commi secondo e terzo sono stati abrogati dall’art. 4 del predetto regolamento), stabilisce espressamente che:
“Alla conferenza di servizi partecipano la regione e, previa deliberazione degli organi rappresentativi (corsivo dell’estensore), il comune o i comuni interessati, nonché le altre amministrazioni dello Stato e gli enti comunque tenuti ad adottare atti di intesa, o a rilasciare pareri, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta, previsti dalle leggi statali e regionali”.
La disposizione, richiedendo espressamente che la partecipazione delle amministrazioni comunali sia preceduta da “deliberazione degli organi rappresentativi”, impone che sul progetto di opera pubblica in deroga (variante) ai relativi strumenti urbanistici si esprimano in via diretta i consigli comunali.
Nel caso di specie la partecipazione del rappresentante del Comune di Benevento alla seduta della conferenza di servizi del 29 aprile 2003 non è stata preceduta da alcun atto deliberativo consiliare, posto che, in quella sede, il medesimo rappresentante espresse “…parere favorevole riservandosi di trasmettere delibera di Consiglio Comunale”.
Non risulta però che tale deliberazione sia stata poi emanata (pur essendo stato il verbale trasmesso al Sindaco di Benevento con nota del Provveditorato regionale alle opere pubbliche n. 07882 di protocollo del 30 maggio 2003, con invito alla pubblicazione), tanto che nella deliberazione di Giunta Regionale n. 3577 del 5 dicembre 2003 -che prendeva atto e si esprimeva favorevolmente sull’intesa- si rileva nel preambolo “…che a tutt’oggi non sono ancora pervenute le delibere dei Consigli Comunali di Benevento e Fragneto Manforte, di ratifica dei rispettivi pareri rilasciati in sede di conferenza di servizi”.
Né, a fronte di una precipua disposizione che per le conferenze di servizi ai fini delle intese sulla conformità urbanistica ex art. 81 d.P.R. n. 616/1977 richiede l’acquisizione delle specifiche deliberazioni degli organi consiliari, potrebbe ritenersi operante la generale previsione di cui all’art. 14 comma terzi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel testo applicabile ratione temporis , che considerava acquisito l’assenso dell’amministrazione qualora, non avendo partecipato alla conferenza o avendovi partecipato “…tramite rappresentanti privi della competenza ad esprimerne definitivamente la volontà”, non comunicasse il “…proprio motivato dissenso entro venti giorni dalla conferenza stessa ovvero dalla data di ricevimento della comunicazione delle determinazioni adottate, qualora queste ultime abbiano contenuto sostanzialmente diverso da quelle originariamente previste”.
Non può, da ultimo, ritenersi -in riferimento ai rilievi svolti nelle relazioni trasmesse in adempimento dell’incombente istruttorio- che la mancanza di una deliberazione consiliare intesa ad esprimere consenso all’approvazione del progetto in variante allo strumento urbanistico comunale, quantomeno a ratifica del parere espresso dal rappresentante dell’amministrazione beneventana nella conferenza di servizi, possa essere surrogata da precedente deliberazione n. 4 del 9 gennaio 1998 emanata in relazione a un precedente progetto dell’opera pubblica, posto che la procedura d’intesa è stata integralmente rinnovata anche in riferimento alla predisposizione di un nuovo progetto adeguato a prescrizioni sopravvenute e alla riclassificazione sismica delle aree interessate.
1.5) Non sono fondate, invece, le residue censure d’illegittimità riferite al decreto d’occupazione in quanto privo di specifica motivazione sulle ragioni d’urgenza che giustificavano l’apprensione anticipata dei suoli, poiché è incontestato che esso sia stato emanato ai sensi del comma secondo dell’art. 22 bis del d.P.R. n. 327/2001, in relazione al numero dei destinatari della procedura espropriativa ben superiore a cinquanta soggetti.
2.) La illegittimità delle determinazioni della conferenza di servizi, viziate per la carente acquisizione dell’atto deliberativo comunale di assenso all’approvazione del progetto in variante allo strumento urbanistico generale, si riflette sui successivi atti della procedura ablatoria, e nondimeno non può dar luogo all’accoglimento della domanda risarcitoria riferita all’intervenuta trasformazione sine titolo dei suoli appartenenti agli appellanti.
Dall’istruttoria è risultato, infatti, che è stato emanato decreto definitivo di esproprio in data 4 giugno 2009, notificato agli interessati e da questi non impugnato.
Tale circostanza, se non rileva ai fini dell’ammissibilità della domanda risarcitoria, incide sulla sua fondatezza, nei sensi chiariti dall’Adunanza Plenaria con la nota sentenza n. 3 del 23 marzo 2011, secondo cui “…la scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica e non (comparativamente) complessa che, grazie anche alle misure cautelari previste dall’ordinamento processuale, avrebbe plausibilmente (ossia più probabilmente che non) evitato, in tutto o in parte il danno, integra violazione dell’obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per l’effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile”.
Ne consegue che l’unica domanda risarcitoria accoglibile è quella relativa all’illegittima occupazione dei suoli per il danno riferibile all’arco temporale compreso tra l’immissione nel possesso dei medesimi e l’emanazione del decreto di esproprio.
Secondo l’orientamento della Sezione, il danno deve essere liquidato in misura pari agli interessi moratori sul valore di mercato del bene in ciascun anno del periodo di occupazione, con rivalutazione e interessi dalla data di proposizione del ricorso di primo grado fino alla data di deposito della presente sentenza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 giugno 2011, n. 3331).
3.) Il regolamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo a carico delle parti appellate costituite in favore del difensore dichiaratosi antistatario e quindi distrattario, segue la soccombenza.