Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-06-05, n. 202305458

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-06-05, n. 202305458
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202305458
Data del deposito : 5 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/06/2023

N. 05458/2023REG.PROV.COLL.

N. 02905/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2905 del 2017, proposto dal Comune di Cornaredo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati C A, G C, con domicilio eletto presso lo studio G C in Roma, via Cicerone n.44;

contro

Societa' Frapa S.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 01897/2016, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2023 il Cons. R Cpino e uditi per le parti gli avvocati delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale.


FATTO e DIRITTO

La questione riguarda il provvedimento emesso dal Comune di Cornaredo, in data 1.3.2012, con cui è stato ingiunto, ai sensi dell'art.52, comma 3, l.r. Lombardia dell’11.3.2005 n. 12, all’ appellata Frapa s.r.l. il “versamento del contributo di costruzione relativo all'immobile sito in via Milano n. 7, individuato catastalmente al fg 12 mapp. 224 sub 70”.

La citata disposizione regionale, nella formulazione vigente all’epoca, disponeva che “qualora la destinazione d’uso sia comunque modificata nei dieci anni successivi all’ultimazione dei lavori, il contributo di costruzione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell’intervenuta variazione.”

Nello specifico, l’appellante ha preliminarmente intimato alla conduttrice la cessazione dell’attività di vendita al dettaglio;
successivamente ha contestato il mutamento di destinazione d'uso dell'immobile - da produttivo a commerciale - e, pertanto, ai sensi dell'art.52, comma 3, l.r. 12/2005 ha richiesto alla proprietà, qui appellata, ed al conduttore il versamento della somma di euro 48.652,36, quale quota parte del contributo di costruzione dovuto per il cambio di destinazione d'uso dell'immobile in oggetto.

Il giudice di primo grado, con la sentenza oggetto di gravame, ha ritenuto che la società appellata ha dimostrato di essere stata del tutto estranea al contestato mutamento di destinazione d’uso, vietandolo espressamente nel contratto ed attivandosi, sul piano legale, nei confronti della conduttrice, la quale, oltre a svolgere l’attività di vendita in modo abusivo, non avrebbe neppure corrisposto i canoni a partire dal terzo dei sei anni oggetto del rapporto locativo.

Propone ora appello il Comune di Cornaredo per i seguenti motivi:

1.Nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione;
violazione dell’art. 34, comma 1, c.p.a. e dell’art. 112 c.p.c. Illegittimità per perplessità della motivazione e/o suo difetto.

2.Nullità della sentenza per vizio di omessa pronuncia.

3.Vizio della motivazione per travisamento delle risultanze istruttorie di causa. Violazione dell’art. 115 c.p.c. e del principio per cui il Giudice deve decidere iusta alligata ac probata e dell’art. 64 c.p.a.

4.Illegittimità per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 52, comma 3, l.r. 12/2005. Travisamento dei presupposti di fatto;
difetto di motivazione.

1. Preliminarmente va rilevato, quanto alla notifica del presente ricorso, che la società resistente è rimasta contumace, nonostante il relativo atto di appello le sia stato ritualmente notificato nel domicilio eletto nel giudizio di primo grado presso lo studio dell’avvocato;
detta notifica è stata effettuata anche presso l’indirizzo di posta elettronica certificata estratto dal Registro generale degli indirizzi elettronici del Ministero della Giustizia (Reginde).

Al riguardo la notifica è valida in quanto effettuata al Reginde;
sulla scorta di giurisprudenza consolidata in tema di notificazione a mezzo pec, ai sensi del combinato disposto dell'art. 149 - bis c.p.c. e dell’art. 16 - ter d.l. n. 179/2012, conv. in l.n. 221/2012, l'indirizzo del destinatario al quale va trasmessa la copia informatica dell'atto è, per i soggetti i cui recapiti sono inseriti nel Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia (Reginde), unicamente quello risultante da tale registro;
conseguentemente, ai sensi dell'art. 160 c.p.c., è nulla la notifica eseguita presso un diverso indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario ( cfr. Cass. civ. sez. VI, ord., 11.5.2018, n. 11574)

2. I primi due motivi vanno trattati unitariamente in considerazione delle cointeressenze tra loro.

In particolare parte appellante ritiene che la sentenza è nulla in quanto la motivazione non ha attinenza con la censura che era stata proposta in primo grado dalla parte ora appellata;
detta censura, secondo l’appellante, aveva riguardo al fatto che il Comune avesse avviato un procedimento per abuso edilizio senza concluderlo con la sanzione ex art. 53, comma 2, l.r. 12/2005 (che dispone, nel caso di mutamento di destinazione d’uso, il pagamento di una sanzione amministrativa pari all’aumento di valore venale dell’immobile) bensì con la richiesta di pagamento della differenza sul contributo di costruzione di cui all’art. 52, comma 3, l.r. 12/2005.

Inoltre parte appellante ritiene che il giudice di primo grado ha accolto il ricorso al di fuori dei limiti della domanda proposta dalla ricorrente, ora parte appellata, che non avrebbe dimostrato la propria estraneità alla modifica della destinazione d’uso.

Con il secondo motivo, l’appellante riprende il contenuto della memoria in primo grado del 3.9.2016 contestando che il giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto della volontà dell’amministrazione di sanzionare parte appellata per il mutamento di destinazione e non per l’esercizio dell’attività commerciale;
sotto questo profilo si ravviserebbe una omessa pronunzia.

I motivi non sono fondati.

Al riguardo, preliminarmente, va rilevato che l’estraneità dell’appellata, Frapa s.r.l., al mutamento di destinazione aveva formato oggetto delle osservazioni di quest’ultima, formulate in data 21.2.2012, nel corso dell’ iter amministrativo a seguito dell’avvio del procedimento relativo all’irrogazione della sanzione in questione.

Il Comune appellante ha solo preso atto di dette osservazioni in sede di adozione del provvedimento, risultando invece il loro esame preliminare alle diverse questioni.

Il tema dell’estraneità di Frapa s.r.l. all’azione del conduttore era stato sviluppato dalla stessa anche in sede di memoria nella parte in cui fa presente di aver intimato il rilascio alla conduttrice, dopo l’avvenuta conoscenza dell’attività non autorizzata, nonchè di essere riuscita ad ottenere la disponibilità dell’immobile nel corso del 2014, dopo una trattativa con il conduttore.

Quindi da quanto emerge dagli atti di causa, non si tratta di un tema estraneo alla controversia ma anzi il suo esame è preliminare;
l’irrogabilità della sanzione, sotto il profilo dell’estraneità o meno di parte appellata, è questione preliminare rispetto alla questione sul titolo della sanzione e sulla conseguente misura.

In questa ottica, il giudice di primo grado ha svolto una disamina dell’ iter seguito dal Comune che prende avvio dall’accertamento dello svolgimento dell’attività commerciale senza autorizzazione (in data 6.12.2011) per pervenire in data 13.1.2012 alla contestazione della modifica di destinazione alla proprietà - sino a quel tempo, invero non notiziata - ed al conduttore.

In considerazione di quanto sopra non si ravvisa alcuna nullità della sentenza oggetto di gravame.

3. Con il terzo motivo (Vizio della motivazione per travisamento delle risultanze istruttorie di causa. Violazione dell’art. 115 c.p.c. e del principio per cui il Giudice deve decidere iusta alligata ac probata e dell’art. 64 c.p.a.) l’appellante eccepisce che parte appellata non abbia svolto alcuna azione avverso la conduttrice.

Il motivo non è fondato.

Il giudice di primo grado richiama al riguardo la sentenza Tar Lombardia, sez. prima, del 30.1.2015 n. 333 relativa all’annullamento dell’ordinanza n. 78 del 7.12.2011 del Comune di Cornaredo, qui appellante, nei confronti dei conduttori, avente ad oggetto l’immediata cessazione dell’attività di vendita;
in detta decisione si faceva riferimento all’abbandono da parte del conduttore dei locali dove si svolgeva l’attività di vendita al dettaglio.

Dagli atti del giudizio emerge come il mutamento di destinazione è cessato in una con il rilascio del capannone da parte dell’ex conduttore;
l’appellata aveva intimato il rilascio al conduttore dopo l’avvenuta conoscenza dell’attività non autorizzata ottenendone la disponibilità nel 2014 a seguito anche di una transazione.

Dal complesso di questi elementi di fatto quindi può trarsi l’estraneità di parte appellata al mutamento di destinazione;
né può essere trascurato che il Comune appellante, preposto la vigilanza dell’attività urbanistica- edilizia, ex art. 27 d.P.R. 380/2001, ha svolto due anni dopo (2.12.2014) un sopralluogo per accertare lo stato di fatto.

4. Con il quarto motivo (Illegittimità per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 52, comma 3, l.r. 12/2005. Travisamento dei presupposti di fatto;
difetto di motivazione) parte appellante svolge ulteriori censure sulla natura della sanzione e sulla possibile natura non permanente della violazione che reputa comunque idonea ai fini dell’irrogazione della sanzione.

Il presente motivo non è fondato.

Al riguardo come evidenziato sopra (sub 3) emerge l’estraneità della parte appellata al mutamento di destinazione e pertanto non sussiste il necessario elemento soggettivo ai fini dell’irrogazione della sanzione, secondo quanto dispone l’art. 3 della l. 24.11.1981, n. 689.

In considerazione di quanto sin qui esposto l’appello va respinto.

Non si procede alla liquidazione delle spese non essendosi costituita parte appellata.

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