Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-04-21, n. 202304033

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-04-21, n. 202304033
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304033
Data del deposito : 21 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/04/2023

N. 04033/2023REG.PROV.COLL.

N. 09165/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9165 del 2020, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dagli avvocati G D N, S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, per legge con il patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il -OMISSIS- (Sezione Prima) n. -OMISSIS- resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2023 il Cons. Alessandro Enrico Basilico e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il ricorrente, graduato della Guardia di Finanza, appella la sentenza con cui il TAR ha respinto l’impugnazione del provvedimento in forza del quale cui gli è stata inflitta la sanzione espulsiva della perdita del grado per rimozione.

2. In punto di fatto, si rileva che il 19.01.2018 l’odierno appellante ha ricevuto avviso di conclusione delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 415-bis cod. proc. pen., quale indagato in ordine al delitto di cui all’art. 81 cpv. c.p., all’art. 3 della legge n. 1383 del 1941 e all’art. 215 c.p.m.p. per aver posto in essere, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, le seguenti condotte:

a) in veste di legale rappresentante e amministratore della “-OMISSIS-” emetteva fatture per operazioni inesistenti dal 2006 al 2010;

b) al fine di consentire alla “-OMISSIS-” di evadere le imposte sui redditi e sull’IVA, induceva in errore il rappresentante di una ditta facendogli credere che il destinatario di una fattura emessa nel 2008 fosse l’associazione, mentre in realtà questa era riconducibile a un terzo, che ne aveva sopportato il costo e a cui l’odierno appellante aveva rimborsato l’IVA;

c) in veste di legale rappresentante e amministratore della “-OMISSIS-” indicava, nella dichiarazione relativa alle imposte sul reddito o sul valore aggiunto per l’anno 2006, una fattura emessa da una terza impresa per operazioni inesistenti;

d) in veste di legale rappresentante e amministratore della “-OMISSIS-” ometteva di presentare la dichiarazione a fini IVA per l’anno 2010, pur essendovi obbligato, così trascurando d’indicare ricavi per 202.000 euro ed evadendo l’imposta per un valore pari a 40.400 euro;

e) in veste di legale rappresentante della “-OMISSIS-” emetteva fatture per operazioni inesistenti dal 2005 al 2006;

f) in veste di legale rappresentante della “-OMISSIS-” indicava, nella dichiarazione relativa alle imposte sul reddito o sul valore aggiunto per l’anno 2005, falsi documenti di rimborso di spesa;

g) in veste di legale rappresentante della “-OMISSIS-” indicava, nella dichiarazione relativa alle imposte sul reddito o sul valore aggiunto per l’anno 2006, falsi documenti di rimborso di spesa;

comunque, colludeva con gli amministratori di altre società, che utilizzavano fatture false relative a operazioni inesistenti, emesse dall’odierno appellante quale rappresentante delle due associazioni sportive, al fine di frodare il fisco per un ammontare di 159.400 euro (doc. 7 del fascicolo di primo grado del ricorrente).

3. Il 05.03.2018, la Procura della Repubblica ha chiesto l’archiviazione per le condotte poste in essere sino all’anno 2007 (sub. lett. a), in parte, c), e), f) e g) di cui all’avviso di conclusione delle indagini), essendo maturata la prescrizione, e ha chiesto il rinvio a giudizio per quelle successive (sub. lett. a), in parte, b), e d);
si v. la relativa richiesta, doc. 9 del fascicolo di primo grado del ricorrente).

4. Il 09.03.2018, il GIP presso il Tribunale di Trieste ha emesso il decreto di archiviazione parziale (doc. 30 del fascicolo di primo grado del ricorrente).

5. Con nota del 19.07.2018, vista la richiesta di rinvio a giudizio, l’Amministrazione ha sospeso precauzionalmente dall’impiego il militare (doc. 32 del fascicolo di primo grado del ricorrente).

6. Con nota del 27.07.2018, il Comando regionale del -OMISSIS- della Guardia di Finanza, premettendo di aver avuto conoscenza del decreto il 28.05.2018, ha ordinato un’inchiesta formale a carico dell’odierno appellante (doc. 11 del fascicolo di primo grado del ricorrente).

7. Con nota del 31.07.2018 (doc. 10 del fascicolo di primo grado del ricorrente), al militare sono stati contestati i seguenti addebiti:

- aver emesso e utilizzato, in qualità di legale rappresentante delle due associazioni sportive, fatture e documenti per operazioni inesistenti, al fine di consentire l’evasione delle imposte;

- aver consentito a terzi di utilizzare fatture false relative a operazioni inesistenti, emesse dall’odierno appellante quale rappresentante delle due associazioni sportive, al fine di frodare il fisco;

- aver assolto le funzioni di legale rappresentante delle due associazioni senza averne preventivamente informato l’Amministrazione di appartenenza, in contrasto con il principio di esclusività della prestazione lavorativa al servizio della Nazione;

tali condotte venivano ritenute in contrasto con le sue funzioni e indicative di «una rilevante carenza delle qualità morali e di carattere» e con i «doveri di fedeltà, lealtà e correttezza assunti con il giuramento prestato», nonché causa di un «gravissimo nocumento» all’immagine e al prestigio del Corpo.

8. Il 02.10.2018, l’ufficiale inquirente ha presentato il rapporto finale dell’inchiesta, concludendo nel senso della fondatezza degli addebiti e proponendo il deferimento dinanzi alla Commissione di disciplina (doc. 2 del fascicolo di primo grado del ricorrente).

9. Nel corso del procedimento, l’inquisito ha presentato diversi scritti difensivi (doc. 22, 25 e 26 del fascicolo di primo grado del ricorrente).

10. Il 29.11.2018, si è tenuta l’audizione dinanzi alla Commissione di disciplina, cui il dipendente ha partecipato difendendosi, che l’organo ha concluso ritenendolo non meritevole di conservare il grado (si v. il relativo verbale, doc. 3 del fascicolo di primo grado del ricorrente).

11. Con determinazione dell’08.02.20219, il Comandante interregionale dell’Italia Nord-Orientale della Guardia di Finanza, condividendo il giudizio della Commissione, ha disposto la perdita del grado per rimozione dell’odierno appellante, che per l’effetto è stato iscritto nel ruolo dei militari di truppa dell’esercito, senza alcun grado (doc. 1 del fascicolo di primo grado del ricorrente).

12. Il militare ha impugnato il provvedimento dinanzi al TAR, lamentando la violazione del termine per l’avvio del procedimento disciplinare, l’acquisizione agli atti di apprezzamenti e valutazioni espresse dalla polizia giudiziaria, il difetto d’istruttoria (poiché l’Amministrazione ha utilizzato l’informativa di polizia giudiziaria quale elemento di prova), l’omessa considerazione del fatto che questi non sapeva che una delle ditte con cui aveva rapporti era un evasore totale, la violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni, la lesione dei diritto di difesa (derivante dall’essere stato invitato a scegliere un difensore di grado non superiore a quello dell’ufficiale inquirente), l’incompatibilità del Presidente della commissione disciplinare (in quanto si era pronunciato su un’istanza di stralcio di documentazione e sostituzione dell’ufficiale inquirente), la mancata numerazione della documentazione.

13. Il TAR ha respinto il ricorso, reputando infondate le censure.

14. Il militare ha appellato la sentenza dinanzi a questo Consiglio di Stato.

15. Il Ministero dell’economia e delle finanze si è costituito in giudizio, resistendo al gravame.

16. All’udienza del 21.02.2023, la causa è stata trattenuta in decisione

DIRITTO

17. Con il primo motivo di appello, si deduce: « Error in iudicando – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1392 del Codice dell’Ordinamento Militare di cui al Decreto Legislativo 15.03.2010 n. 66. Error in procedendo – Violazione art. 39 c.p.a. ed art. 112 c.p.c.. Omessa pronuncia sulla seconda parte del primo motivo di ricorso».

In particolare, l’appellante sostiene che l’esercizio dell’azione disciplinare, avvenuto il 03.08.2018, non sia stato tempestivo, dato che, sebbene l’Amministrazione abbia acquisito copia del decreto di archiviazione il 28.05.2018 (doc. 30 prodotto dall’appellante in primo grado), ne sarebbe stata a conoscenza fin dal 24.04.2018, data dell’estrazione di copia conforme della richiesta di rinvio a giudizio e della richiesta di archiviazione;
inoltre, a differenza di quanto ritenuto dal TAR, per avere «conoscenza integrale» del decreto di archiviazione, ai fini dell’art. 1382 c.o.m., sarebbe stata sufficiente l’acquisizione della relativa richiesta, dato che il GIP non può disporre l’archiviazione per ragioni diverse da quelle enunciate dal PM.

18. La censura è infondata.

Sotto un primo profilo, l’art. 1392 c.o.m., che fissa i termini del procedimento disciplinare di stato, stabilisce che questo, ove faccia seguito al giudizio penale, deve essere iniziato «entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione».

La norma fa dunque espresso riferimento al «provvedimento di archiviazione», e non alla relativa richiesta, e l’indicazione non può ritenersi casuale, perché solo la pronuncia del GIP “conclude” il procedimento penale (com’è dimostrato dal fatto che, in caso di riapertura delle indagini ai sensi dell’art. 414 c.p.p., il pubblico ministero procede a una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato).

Sotto altro profilo, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., il GIP può adottare diversi provvedimenti sulla richiesta di archiviazione, accogliendola (co. 1), oppure, previa fissazione di un’udienza in camera di consiglio (co. 2), ordinando lo svolgimento di ulteriori indagini (co. 4) o eventualmente disponendo che il pubblico ministero formuli l’imputazione e fissando, nei due giorni successivi, l’udienza preliminare (co. 5);
così come si deve considerare che anche il Procuratore generale presso la Corte d’appello, nel caso in cui il GIP non accolga immediatamente la richiesta di archiviazione, può disporre l’avocazione delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 412, co. 2, c.p.p..

Pertanto, sia da un punto di vista testuale, sia considerando la finalità perseguita dall’art. 1392 c.o.m. – ossia dare inizio al procedimento disciplinare solo alla conclusione di quello penale, salvo che l’Amministrazione non disponga già di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare e ritenga di procedere immediatamente ai sensi dell’art. 1393, co. 1, c.o.m. – si deve ritenere che il termine 90 giorni per l’invio della contestazione degli addebiti all’incolpato decorra da quando il datore di lavoro pubblico ha avuto conoscenza integrale del decreto di archiviazione, mentre non rileva il momento in cui ha acquisito la richiesta del pubblico ministero.

Nel caso di specie, dagli atti del giudizio risulta che l’Amministrazione ha avuto piena conoscenza del decreto di archiviazione il 28.05.2018: a tale data fanno riferimento sia l’ordine d’inchiesta formale, sia la contestazione di addebiti, sia il provvedimento finale, e il richiamo è corroborato dalla circostanza che dell’atto in questione sia stata rilasciata copia conforme proprio quel giorno (doc. 30 del fascicolo di primo grado del ricorrente);
mentre l’assunto dell’appellante, secondo cui il datore di lavoro ne avrebbe avuto contezza già prima, è rimasto sfornito di prova, non essendo sufficiente, a tal fine, la circostanza che il 24.04.2018 sia stata estratta copia conforme della richiesta di archiviazione, in quanto si tratta di atto precedente e diverso rispetto al decreto.

19. Da altro punto di vista, con il medesimo motivo di appello si sostiene che il procedimento di stato a seguito di infrazione disciplinare, consistente nell’avere esercitato un’attività extraprofessionale incompatibile con il ruolo di militare, non sia stato instaurato entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari, termine che sarebbe decorso dal 2011, anno in cui il Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza aveva ricevuto al delega d’indagini da parte del pubblico ministero.

20. Anche questa censura è infondata.

L’art. 1392 c.o.m. distingue tra il caso in cui il procedimento disciplinare sia avviato a seguito di procedimento penale, dunque attendendo le decisioni del giudice ordinario, e quello in cui sia instaurato per un’infrazione disciplinare, rispetto alla quale l’Amministrazione procede in totale autonomia.

La logica della norma induce a ritenere che, laddove l’autorità giudiziaria stia procedendo in relazione a una serie di condotte considerate in maniera unitaria (anche perché poste in essere nell’esecuzione di un medesimo disegno criminoso), l’Amministrazione possa attenderne le determinazioni finali e complessive prima di avviare il procedimento anche per quelle che in concreto risultano prive di rilievo penale.

Nella specie, dunque, il procedimento penale è stato tempestivamente avviato con riferimento a tutti i comportamenti che sono stati accertati nel corso delle indagini, compreso quello relativo all’assunzione delle cariche all’interno delle società sportive.

21. Con il secondo motivo di appello, si deduce: « Error in iudicando – Erroneità della sentenza per motivazione erronea e/o carente perché fondata su errati presupposti. Manifesta illogicità. Violazione e/o falsa applicazione di legge e delle direttive disciplinanti il caso di specie: violazione e falsa applicazione della circolare n. 1/2006;
violazione e falsa applicazione dell’art. 653 c.p.p.. Error in procedendo – violazione art. 39 c.p.a. ed art. 112 c.p.c.».

In particolare, l’appellante ripropone la censura, disattesa dal giudice di prime cure, secondo cui l’Amministrazione si sia limitata a prendere atto delle risultanze delle indagini svolte dalla polizia giudiziaria, aderendo acriticamente a quanto emergente dalle informative, nelle quali, inoltre, erano contenuti inammissibili apprezzamenti e valutazioni.

22. Il motivo è infondato.

Sul punto, non si può che condividere il giudizio del Tribunale secondo cui «l’accertamento istruttorio dei fatti addebitati all’incolpato si è quindi svolto in modo autonomo e integrale».

A supporto di questa conclusione, milita il fatto che il provvedimento richiama le acquisizioni probatorie acquisiti del Nucleo di Polizia tributaria, le attività di accertamento svolte dall’Agenzia delle entrate, le stesse argomentazioni addotte a discolpa dall’inquisito e dal suo difensore nel corso del procedimento, tutti elementi di cui l’Amministrazione ha dato una valutazione autonoma e motivata, senza aderire acriticamente a quanto emergente dalle informative della polizia giudiziaria (con la conseguenza che eventuali apprezzamenti in esse contenuti – che, per come riferiti nell’atto di appello alle pp. 19-21 – risultano comunque limitati alla ricostruzione della dinamica dei fatti e non riferiti al loro rilievo disciplinare, dunque di per sé irrilevanti – non sono stati in concreto determinanti).

23. Con il terzo motivo di appello, si deduce: « Error in iudicando : Violazione dell’art. 1355 dell’Ordinamento Disciplinare militare di cui al Decreto Legislativo 15.03.2010 n. 66;
violazione del principio di proporzionalità e graduazione delle sanzioni disciplinari – difetto di motivazione e/o motivazione apparente».

In particolare, l’appellante contesta che il giudice di prime cure abbia errato nel disattendere le censure con cui si denunciava il difetto di proporzionalità della sanzione.

24. Il motivo è infondato, perché, in materia di trattamento sanzionatorio delle infrazioni disciplinari, all’Amministrazione deve essere riconosciuto un margine di discrezionalità, di cui nella non risultano essere stati valicati i limiti, dato che la valutazione del comportamento dell’appellante non può dirsi arbitraria o irragionevole, considerata la gravità delle condotte tenute e il contrasto tra queste e i doveri gravanti sull’appartenente alla Guardia di Finanza.

25. Con il quarto motivo di appello, si deduce: « Error in iudicando : violazione dell’art. 1380 del Codice dell’Ordinamento Militare di cui al d. lgs. 66/2010».

In particolare, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto la censura secondo cui il Presidente della Commissione di disciplina avrebbe dovuto astenersi, avendo rigettato, nel corso del procedimento disciplinare, la richiesta dell’appellante di espungere le informative di polizia dal fascicolo e di sostituire l’ufficiale istruttore.

26. Il motivo è infondato.

L’art. 1380 c.o.m. preclude la partecipazione alla Commissione dell’ufficiale «che ha presentato rapporti o eseguito indagini sui fatti che hanno determinato il procedimento disciplinare o che per ufficio ha dato parere in merito o che per ufficio tratta questioni inerenti allo stato, all’avanzamento e alla disciplina del personale».

Lo scopo della norma è quello di evitare che dell’organo chiamato a valutare la condotta dell’incolpato faccia parte un soggetto che abbia un “pre-giudizio”, nel senso proprio del termine, ossia che si sia già formato una convinzione in merito ai fatti e alla loro valutazione.

Di conseguenza, la causa d’incompatibilità è invocabile solo nel caso in cui l’ufficiale si sia pronunciato sul merito degli addebiti e non quando abbia preso determinazioni meramente procedurali (in questi termini, rispetto all’analoga norma di cui all’art. 34 c.p.p., si v., tra le tante, Cass. pen., sez. IV, sent. n. 11.494 del 2014).

Tale essendo la logica della norma, non si può che condividere, anche sotto questo aspetto, il giudizio del Tribunale, secondo cui il Presidente della Commissione disciplinare non poteva dirsi incompatibile solo per aver respinto l’istanza di stralcio di documentazione e di sostituzione dell’ufficiale inquirente avanzata dall’incolpato.

27. L’appello è quindi meritevole di rigetto nel suo complesso.

28. Secondo la regola generale della soccombenza, dalla quale non vi è ragione di discostarsi nel caso di specie, l’appellante deve essere condannato al pagamento delle spese di lite del grado, che sono liquidate in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi