Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-10-31, n. 202309365

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-10-31, n. 202309365
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309365
Data del deposito : 31 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2023

N. 09365/2023REG.PROV.COLL.

N. 03350/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3350 del 2022, proposto da
Iliad Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati F P, V M e A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F P, in Roma, via di San Nicola Da Tolentino n. 67;



contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni - AGCom, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;



nei confronti

Tim S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati Vittorio Minervini e Marco Cappai, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Vittorio Minervini, in Roma, via Emilio de' Cavalieri n. 7;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 00971/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e di Tim S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2023 il Cons. Marco Poppi e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

In data 29 novembre 2019 ILIAD S.p.A. presentava ad AGCom una « istanza per la soluzione di controversia tra operatori di comunicazioni elettroniche » ai sensi dell’art. 23 del D. Lgs. n. 259/2003 (di seguito Codice) lamentando la violazione, da parte di TIM, del « divieto di utilizzo a fini commerciali delle informazioni derivanti dal database MPN », chiedendo, in via cautelare, « l’interruzione immediata » dell’utilizzo di detti dati a fini commerciali e, nel merito, di accertare e dichiarare che le condotte lamentate costituiscono una violazione dell’art. 41, comma 3, del Codice e dell’art. 10, comma 7, della delibera AGCom n. 147/11/CIR che vietano l’utilizzo del database al di fuori delle procedure di portabilità.

IIIAD ipotizzava che i dati ricavabili dal database , comprensivi dell’indicazione della rete di appartenenza di ciascun utente, venissero da TIM utilizzati a fini commerciali e, in particolare, per lo svolgimento di campagne di winback finalizzate a stimolare il rientro di ex clienti, mediante comunicazioni promozionali mirate.

Nelle more del procedimento, con nota del 21 febbraio 2020, ILIAD comunicava all’Autorità di « aver instaurato un giudizio civile nei confronti di TIM dinanzi al Tribunale di Milano avente ad oggetto, tra l’altro, le medesime domande oggetto della controversia ai sensi dell’art. 23 D.Lgs. 259/2003 in materia di utilizzo a fini commerciali di informazioni e database dei processi di MNP » formulando « istanza espressa, ai sensi dell’art. 3, comma 4, del Regolamento, di rinuncia a proseguire la presente azione dinanzi all’Autorità ».

Contestualmente ILIAD replicava alle considerazioni dell’Autorità contenute nel diniego di misure cautelari (nel frattempo adottato dall’Autorità con nota del 15 gennaio 2020 sul rilievo del difetto, allo stato degli atti, del fumus boni iuris e del periculum in mora ) ed alle difese prodotte da TIM in sede procedimentale, richiedendo, nell’ipotesi in cui venisse avviato un procedimento sanzionatorio nei confronti di quest’ultima, di « essere qualificata come soggetto partecipante ai sensi dell’art. 9 del regolamento di cui alla Delibera 410/14/CONS s.m.i. in quanto titolare di una evidente interesse diretto e concreto derivante dalla circostanza che i comportamenti di TIM riguardano principalmente la promozione di offerte destinate propri [o] agli utenti Iliad ».

In ragione della comunicata pendenza del giudizio risarcitorio innanzi al Tribunale di Milano l’Autorità disponeva l’archiviazione del procedimento avviato da ILIAD come imposto dall’art. 12, comma 2, della delibera AGCom n. 226/15/CONS.

Nonostante l’archiviazione, con determinazioni n. 1/20/DRS e n. 2/20/DRS l’Autorità avviava d’ufficio due procedimenti sanzionatori a carico, rispettivamente di TIM e di KENA (si anticipa, marchio nella titolarità di NOVERCA S.r.l. già detenuta al 100% da TIM e successivamente da quest’ultima incorporata).

La condotta contestata a KENA consisteva nell’utilizzo del citato database per individuare in tempo reale l’operatore di appartenenza di una determinata numerazione al fine di elaborare proposte commerciali mirate. A TIM veniva contestato il medesimo uso improprio in quanto soggetto incorporante NOVERCA S.r.l..

A conclusione dell’istruttoria, con delibera n. 302/20/CIR, AGCom accertava la violazione, da parte di TIM, della diffida di cui alla delibera n. 118/18/CIR, ingiungendo il pagamento di una sanzione amministrativa.

Con delibera n. 303/20/CIR del 9 settembre 2020, oggetto della presente controversia, l’Autorità archiviava il procedimento nei confronti di KENA sul rilievo della « assenza di una preventiva diffida » nei confronti della stessa e della ritenuta insussistenza di un uso proattivo del database , limitato, contrariamente a quanto ipotizzato da ILIAD, a sole verifiche tecniche ex post a fini di accertamento « della correttezza delle dichiarazioni del cliente » ritenendo, quindi, insussistente un utilizzo dei dati per finalità di contatto commerciale.

In data 6 novembre 2020 ILIAD presentava istanza di accesso agli atti del procedimento ex art. 24, comma 7, della L. n. 24/1990 che l’Autorità respingeva con atto del 7 dicembre 2020 invocando la preclusione prevista dall’art. 6, comma 1, della delibera n. 581/15/CONS che consente l’accesso agli atti riferiti a procedimenti sanzionatori ai soli « soggetti destinatari dell’atto di contestazione » ed evidenziando come quanto richiesto fosse costituito « in larga parte dagli elementi relativi al contenzioso promosso » dalla stessa istante, da ritenersi per tale ragione « già in possesso di ogni elemento accessibile ai sensi della Legge n. 241/1990 ».

Per completezza di esposizione si evidenzia che ILIAD avanzava analoga istanza di accesso relativamente agli atti del procedimento definito con la citata delibera n. 302/20, anch’essa respinta dall’Autorità.

Detto esito veniva impugnato innanzi al Tar Lazio con ricorso iscritto al n. 11554/2020 R.R., accolto con sentenza n. 3147 del 15 marzo 2021, confermata in appello con sentenza n. 7700 del 18 novembre 2021.

La delibera n. 303/2020 veniva da ILIAD impugnata innanzi al Tar Lazio con ricorso iscritto al n. 11555/2020 R.R. lamentando (in estrema sintesi) la mancata ammissione alla partecipazione al procedimento nonostante venisse richiesta con nota del 21 febbraio 2020, nonché, l’erroneità delle motivazioni poste alla base della disposta archiviazione.

Contestualmente presentava istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a. avverso il diniego opposto dall’Autorità il 7 dicembre 2020 alla propria istanza di accesso agli atti del procedimento presentata il 6 novembre 2020.

Il Tar, con sentenza n. 971 del 27 gennaio 2022, respingeva il ricorso sul decisivo rilievo che l’adozione di una sanzione fosse ammissibile, ai sensi dell’art. 98, comma 11, del Codice, nel testo ratione temporis vigente, unicamente in presenza di inottemperanze a ordini o diffide (non adottate nel caso di specie).

La domanda ex art. 116 c.p.a. veniva, invece, disattesa per difetto del « del requisito di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende tutelare posto che il provvedimento di archiviazione risulta immune dalle censure proposte ».

La sentenza del Tar veniva impugnata con appello depositato il 30 dicembre 2020 deducendo:

1. « ERRONEITÀ DELLE VALUTAZIONI IN MERITO ALLA NECESSITÀ DI UNA DIFFIDA AD HOC PER L’ESERCIZIO DEL POTERE SANZIONATORIO: ERROR IN IUDICANDO. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 4, 13 E 41 D.LGS. 259/2003, E DELLA DELIBERA AGCOM 147/11/CIR. ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE FIGURE SINTOMATICHE E IN PARTICOLARE PER VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITÀ, LOGICITÀ, RAGIONEVOLEZZA. DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE »;

2. « OMESSO ACCERTAMENTO DELL’ILLICEITÀ DELLE CONDOTTE DI KENA MOBILE DI CUI ALLA CONTESTAZIONE N. 2/20/DRS: ERROR IN IUDICANDO. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 41, COMMA 3, D.LGS. 259/2003, DELLA DELIBERA AGCOM 147/11/CIR, NONCHÉ DELL’ART. 101 TFUE. ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE SUE FIGURE SINTOMATICHE E IN PARTICOLARE PER VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITÀ, LOGICITÀ, RAGIONEVOLEZZA. DIFETTO DI ISTRUTTORIA E MOTIVAZIONE »;

3. in merito alla negata partecipazione al procedimento sanzionatorio « ERROR IN IUDICANDO. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 4 E 13 D.LGS. 259/2003, DEGLI ARTT. 9, 10 E 21- OCTIES LEGGE 241/1990, DELLE DELIBERE AGCOM 581/15/CONS E 223/12/CONS. ECCESSO DI POTERE IN TUTTE LE FIGURE SINTOMATICHE E IN PARTICOLARE PER VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI

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