Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-10-22, n. 201504842

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-10-22, n. 201504842
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504842
Data del deposito : 22 ottobre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03727/2013 REG.RIC.

N. 04842/2015REG.PROV.COLL.

N. 03727/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3727 del 2013, proposto da
A A, C F, M S, R D, R G e L S G, rappresentati e difesi dagli avvocati G V e G V e O V, con domicilio eletto presso G V in Roma, Via Tacito, 90

contro

Università degli Studi di Messina

per la corretta esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1033/2008


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2015 il Cons. Claudio Contessa e udito l’avvocato Vaccaro per gli appellanti

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Le vicende poste a base del ricorso in epigrafe sono ricostruite nei termini che seguono nell’ambito delle sentenze di questa Sezione numm. 5306 del 2013 e 4787 del 2014.

1.1. I signori A, C, M, R, R e L S riferiscono di essere o essere stati dipendenti dell’Università degli studi di Messina dei cc.dd. ‘ruoli ad esaurimento’ e di essere stati interessati da una complessa vicenda contenziosa al fine di ottenere l’esatta determinazione delle spettanze in concreto dovute in relazione alla propria peculiare posizione (la vicenda in questione si è, sino ad oggi, tradotta nelle sentenze del Tribunale amministrativo del Lazio numm. 2342/1998, 1120/2000, 4813/2001, 3841/2002 e 8969/2006 e nelle sentenze di questo Consiglio di Stato numm. 649/2003, 1033/2008 – quest’ultima, oggetto del presente giudizio di ottemperanza – e 5306/2013).

Con sentenza n. 2342/1998, il Tribunale amministrativo dichiarava il diritto (fra gli altri) degli odierni ricorrenti al mantenimento del trattamento economico in godimento per come ancorato a quello dirigenziale, condannando le amministrazioni di appartenenza (si trattava di numerose Università italiane) al pagamento delle relative differenze retributive.

In sede di esecuzione del giudicato, con successiva sentenza n. 1120/2000, lo stesso Tribunale amministrativo precisava le componenti base del trattamento economico;
in particolare, affermava la spettanza dell’indennità di posizione, specificando, in caso di incertezze interpretative derivanti dalla oscillazione della relativa misura tra un minimo ed un massimo, la regola secondo cui ai ricorrenti “ove rivestano, nonostante il difetto di formale qualifica dirigenziale, posizioni funzionali ricomprese nella elencazione dell’art. 41 del CCNL cit. (1994/1997), sarà applicabile la misura contrattuale fissata per le posizioni medesime (…);
ove gli stessi siano addetti a funzioni non ricomprese nella detta elencazione, occorrerà invece fare riferimento al “valore minimo” di posizione applicato nell’Università di appartenenza del dipendente, attesa la stretta correlazione (….) tra la complessità dell’organismo di appartenenza e la misura dell’emolumento”
.

Con successiva sentenza n. 4813/2001, è stato nominato un Commissario ad acta affinché “assicuri non solo l’effettività del giudicato, ma anche una identica applicazione dei principi affermati in sede giurisdizionale su tutto il territorio nazionale, stante la portata delle sentenze da eseguire” (ed infatti, la sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio n. 2342/1998 era stata resa nei confronti dei dipendenti di numerose università italiane).

In seguito, con sentenza n. 3841/2002, resa su ricorso per incidente di esecuzione proposto dall’Università degli Studi ‘La Sapienza’ di Roma, sono state respinte – tra le altre – le deduzioni concernenti la liquidazione da parte del Commissario dell’indennità di posizione, mentre il ricorso è stato accolto con riguardo alla doglianza relativa all’attribuzione dell’indennità di risultato, ritenuta non spettante alla stregua del decisum eseguendo.

L’appello proposto avverso questa sentenza e l’intervento ad adiuvandum spiegato dall’Università degli Studi di Napoli “F II” sono stati respinti con decisione n. 649/2003 di questo Consiglio di Stato.

A questo punto della vicenda, il Commissario ad acta emetteva i mandati di pagamento in favore (fra gli altri) degli odierni ricorrenti in esecuzione delle menzionate sentenze del Tribunale amministrativo del Lazio n. 2342/1998, n. 1120/2000, n. 3813/2001, e della decisione del Consiglio di Stato n. 649/2003.

Con successiva sentenza n. 8969/2005 lo stesso Tribunale amministrativo del Lazio respingeva il ricorso proposto dall’Università degli studi di Messina avverso gli atti del Commissario, affermando che:

- siccome l’Ateneo non aveva provveduto ad applicare, come avrebbe dovuto, l’articolo 15 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e l’articolo 35 del C.C.N.L. 1994/1997, il Commissario ad acta aveva correttamente provveduto all’annullamento dei provvedimenti emessi in asserita esecuzione del giudicato, dovendosi ricalcolare gli emolumenti dovuti agli attuali ricorrenti a partire dall’1° gennaio 1995 e, in particolare, dovendosi ricalcolare la differenza tra quanto spettante e quanto (erroneamente) corrisposto in via spontanea nell’intero arco temporale coperto dal giudicato;

- il rilevato mero errore materiale di calcolo è irrilevante;

- appare corretto che il Commissario abbia fatto applicazione dell’art. 4 del decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681 ( Adeguamento provvisorio del trattamento economico dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e del personale ad essi collegato ) convertito con modificazioni dalla l. 20 novembre 1982, n. 869, secondo le indicazioni fornite dalla sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio n. 3841/2002 (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 649/2003), dovendo lo stesso non limitarsi ad individuare la sola retribuzione di posizione, ma anche provvedere alla concreta determinazione del trattamento economico spettante ai ricorrenti, dopo avere applicato in via analogica il beneficio di cui al citato art. 4 (attribuzione della metà dell’incremento acquisito per classi ed aumenti periodici derivanti dalla progressione economica relativa alla anzianità di servizio prestato nella qualifica di provenienza). Inoltre, nella stessa sede è stato ritenuto corretto, al fine di rideterminare ora per allora il trattamento economico spettante dal 1° gennaio 1995, il riferimento al trattamento attribuito al dirigente unico, per cui appariva inconferente ogni riferimento generico al parametro dell’ ex primo dirigente (le disposizioni che disciplinano il trattamento economico della qualifica unica sono gli articoli 15 e 23 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 – in seguito: articolo 24 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 -, e il criterio di calcolo è fissato dal citato art. 4;
il maturato economico spettante, a norma del C.C.N.L. 1994/1997, va calcolato solo a partire dal 1° gennaio 1995). Il trattamento economico, con decorrenza 1° gennaio 1995, è stato quindi determinato correttamente “ora per allora”, con riferimento al trattamento attribuito al “dirigente unico” di cui agli artt. 15 e 23 del decreto legislativo n. 29 del 1993 (e successive modifiche), detratti tutti gli importi riscossi da ciascun ricorrente a titolo di trattamento economico nell’arco temporale considerato;

- alla stregua di quanto già chiarito, le censure di cui ai punti 4, 5, 6 e 7 del ricorso sono state respinte e il calcolo della retribuzione di posizione è stato effettuato secondo le statuizioni contenute nella sentenza n. 1120 del 2000, a seconda che le funzioni esercitate dal dipendente rientrassero o meno tra le posizioni elencate nell’art. 41 del C.C.N.L. 1994/1997. Il Tribunale amministrativo soggiungeva al riguardo che solo in caso di difetto di tale condizione di raffronto la misura della indennità di posizione avrebbe dovuto essere corrispondente al valore minimo applicato in concreto nell’Università.

2. La sentenza in questione veniva impugnata dall’Università degli studi di Messina (ricorso n. 7769/2006) dinanzi a questo Consiglio di Stato il quale, con sentenza n. 1033/2008 (oggetto del presente giudizio di ottemperanza), lo accoglieva.

In particolare, il giudice di appello osservava:

- che erano ormai divenute inoppugnabili le determinazioni con cui l’Università degli studi di Messina aveva disposto l’inquadramento dei ricorrenti nella IX q.f., ragione per cui era in base a questa qualifica che doveva essere rideterminato il trattamento economico complessivo spettante agli interessati;

- che l’Università degli studi di Messina (e in seguito il Tribunale amministrativo) avrebbero erroneamente applicato l’articolo 4 della legge 27 settembre 1982, n, 681 (‘ Adeguamento provvisorio del trattamento economico dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e del personale ad essi collegato ’), con particolare riguardo all’attribuzione – a decorrere dal 1° gennaio 1995 - del trattamento economico spettante al dirigente unico, parametrato, però, sul trattamento economico del dirigente superiore;

- che doveva essere correttamente valutata l’anzianità da riconoscere per il solo servizio prestato nella qualifica di provenienza e non per quello prestato nelle qualifiche inferiori;

- che il Commissario ad acta avesse, altresì, non correttamente computato l’importo dell’indennità di posizione spettante, giungendo ad attribuire agli interessati importi addirittura maggiori rispetto a quelli spettanti a un primo dirigente della medesima amministrazione. Secondo il Consiglio, comunque, la questione andava in parte qua risolta attribuendo agli interessati un’indennità di posizione commisurata alle previsioni di cui all’articolo 41 del C.C.N.L. per il caso di svolgimento di funzioni dirigenziali, mentre la medesima indennità doveva essere determinata – negli altri casi - con riferimento “all’indennità di posizione di fascia più bassa secondo il contratto collettivo applicabile all’Università, e secondo la misura concreta fissata per tale fascia dall’Università, pena, altrimenti, una sorta di inammissibile galleggiamento disancorato dall’esercizio effettivo di mansioni e funzioni” .

All’indomani della sentenza n. 1033/2008, l’Università di Messina procedeva, quindi, a rideterminare il complessivo trattamento dovuto agli interessati, procedendo, altresì, al recupero nei loro confronti degli importi (ritenuti) corrisposti in eccesso.

3. Con ricorso in data 30 aprile 2013, i signori A, C, M, R, R e L S impugnavano gli atti in tal modo adottati dall’Università e lamentavano che, in sede di rideterminazione del complessivo trattamento a ciascuno di loro spettante rispetto a quanto già a suo tempo operato dal Commissario ad acta , l’Università degli studi di Messina avesse erroneamente operato in modo non coerente con le indicazioni contenute nella più volte richiamata sentenza n. 1033 del 2008.

4. Con sentenza 15 novembre 2013, n. 5306 questo Consiglio di Stato pronunciava la sentenza n. 5306 con cui respingeva i motivi di ricorso attraverso i quali si era lamentata l’erronea quantificazione degli emolumenti dovuti ai ricorrenti medesimi per effetto dell’inquadramento disposto in data 18 settembre 2005 (sotto tale aspetto, questo Consiglio osservava che la sentenza oggetto di ottemperanza avesse chiarito che la rideterminazione del trattamento economico andasse operata sulla base del disposto inquadramento nella IX q.f.).

Al contrario, questo Consiglio di Stato (anche in considerazione dell’assenza, sul punto, di specifiche contestazioni da parte dell’Università degli Studi di Messina):

a) accoglieva il motivo di ricorso relativo alla mancata valutazione dell’assegno ad personam spettante a ciascuno dei ricorrenti per effetto del riconoscimento del maturato economico spettante prima dell’applicazione del C.C.N.L. relativo al periodo di contrattazione 1994-1997;

b) accoglieva, altresì (e in assenza, anche in questo caso, di specifiche controdeduzioni da parte dell’Università), il motivo di ricorso relativo alla mancata considerazione – in sede di quantificazione – delle somme già in precedenza recuperate in capo a ciascuno di loro (e, sotto tale aspetto, questo giudice di appello ordinava all’Università di rivalutare la posizione di ciascuno dei ricorrenti per stabilire se si fosse correttamente tenuto conto delle somme già recuperate d’ufficio);

c) accoglieva, infine, il motivo di ricorso con cui si era lamentato che, in sede di rideterminazione degli importi spettanti a ciascuno dei ricorrenti a titolo di indennità di posizione (parte varabile), l’amministrazione non avesse adeguatamente valutato l’attività di direzione in concreto svolta da ciascuno dei ricorrenti.

Con la medesima sentenza n. 5306/2013 veniva assegnato all’Università degli studi di Messina un termine di sessanta giorni per provvedere all’adozione dei nuovi ed espressi atti richiamati dinanzi, sub a), b) e c) con espresso avvertimento che, decorso infruttuosamente tale termine, si sarebbe proceduto, su richiesta dei ricorrenti, alla nomina di un commissario ad acta ai sensi dell’articolo 113, comma 4, lettera d) Cod. proc. amm. con il compito di sostituirsi all’amministrazione inadempiente.

5. A seguito di un ulteriore ricorso per l’ottemperanza della sentenza n. 1033/2008 proposta dai signori A, C, M, R, R e L S proposto, questo Consiglio di Stato adottava la sentenza 23 settembre 2014, n. 4787 con la quale veniva nominato un Commissario ad acta con il compito di adottare atti espressi al fine di porre definitivamente fine al contenzioso in questione.

La sentenza in questione fissava anche le puntuali modalità esecutive.

In particolare (e ai fini che qui rilevano) la sentenza n. 4787, cit., disponeva che il Commissario ad acta operasse “dopo aver acquisito dalla segreteria della Sezione la pertinente documentazione di causa e, in contraddittorio scritto fra le parti, le deduzioni delle stesse” .

La medesima sentenza stabiliva che il Commissario ad acta potesse procedere, ove ritenuto opportuno, “all’audizione delle parti contestualmente e in contraddittorio fra loro” .

Risulta agli atti che il Commissario ad acta designato (Direttore della Ragioneria territoriale dello Stato di Messina), avvalendosi della facoltà riconosciuta con la richiamata sentenza n. 4787 del 2014, abbia sub-delegato all’espletamento delle operazioni commissariali un funzionario del medesimo ufficio (il dott. G R).

6. All’esito delle proprie operazioni, il Commissario sub-delegato ha depositato in atti la Relazione in data 26 gennaio 2015 con l’indicazione delle determinazioni assunte nell’espletamento del mandato.

In particolare:

- in relazione a quanto statuito al punto 8, lettera a) della sentenza n. 4787 del 2014 il Commissario produceva due tabelle riepilogative finali (Tabella A e Tabella B);

- in relazione a quanto statuito al punto 8, lettera b) della medesima sentenza n. 4787 del 2014 il Commissario produceva una tabella riepilogativa finale (Tabella all. 1) che lo stesso Commissario ad acta diceva essere stata “redatta dall’Università” (pag. 7 della Relazione conclusiva);

- in relazione a quanto statuito al punto 8, lettera c) della più volte richiamata sentenza, il Commissario produceva le Tabelle C e D-D1.

7. Con reclamo in data 24 marzo 2015, proposto ai sensi dell’articolo 114, Cod. proc. amm i signori A, C, M, R, R e L S contestavano sotto diversi profili l’operato del Commissario sub-delegato.

Con un primo motivo i ricorrenti lamentavano che il Commissario avesse operato in violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa (pagine da 13 a 18 del reclamo).

Con un secondo motivo essi lamentavano la violazione dell’articolo 21- septies della l. 7 agosto 1990, n. 241 e dell’articolo 114, comma 4 Cod. proc. amm., nonché la violazione ed elusione del giudicato amministrativo e la nullità degli atti posti in essere dal Commissario.

In particolare, gli istanti lamentano che il Commissario ad acta , invece di limitarsi ad assicurare piena ed esatta esecuzione del dictum giudiziale, se ne sarebbe discostato in relazione a ciascuno dei tre profili in cui si componeva la parte conformativa della sentenza n. 4787 del 2014 (si tratta dei punti 8 lettera a), 8, lettera b) e 8, lettera c)).

Alla camera di consiglio del 6 ottobre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

8. Il reclamo in epigrafe è parzialmente meritevole di accoglimento, nei termini che seguono.

Come si è anticipato in narrativa, gli istanti hanno sollevato in relazione all’operato de Commissario sub-delegato censure di carattere procedimentale (relative essenzialmente al mancato rispetto del contraddittorio fra le parti e alla par condicio) e censure di carattere sostanziale (relative alla sostanziale violazione ed elusione che il Commissario avrebbe realizzato in ordine al dictum giudiziale oggetto di esecuzione).

9. Il Collegio osserva che il primo ordine di censure debba essere esaminato in via prioritaria.

Al riguardo si osserva che il reclamo in epigrafe debba essere accolto in quanto (secondo quanto dedotto dagli istanti e non contestato in atti) il Commissario sembra essersi discostato dalle prescrizioni rinvenienti dalla sentenza n. 4787 del 2014, secondo cui “il Commissario provvederà ad adottare, in vece dell’amministrazione inadempiente i richiamati atti espressi dopo aver acquisito dalla Segreteria della Sezione la pertinente documentazione di causa e, in contraddittorio scritto tra le parti, le deduzioni delle stesse. Il Commissario potrà altresì, laddove lo riterrà opportuno, procedere all’audizione delle parti contestualmente e in contraddittorio tra loro” .

In particolare, si ritiene che l’attività posta in essere si sia discostata (dal punto di vista procedurale e del rispetto del contraddittorio) da quanto prescritto, in quanto:

- il Commissario (secondo quanto dedotto a pagina 17 del reclamo e no adeguatamente contestato in atti) sembra aver ammesso le parti a un contraddittorio scritto, ma secondo modalità e tempistiche differenziate, riconoscendo all’amministrazione facoltà più ampie. Vero è che grava sull’amministrazione l’obbligo di fornire (in termini di doverosa e leale collaborazione) ogni elemento e documento utile per fornire un quadro conoscitivo chiaro ed esauriente, ma ciò non può condurre a riconoscere al’amministrazione medesima una sorta di statuto differenziato, anche in considerazione della sua posizione soggettiva di soggetto inadempiente la cui inerzia ha prodotto l’ingiustificata protrazione della presente vicenda presente contenziosa;

- il Commissario ha costituito presso l’Università degli Studi di Messina un Ufficio temporaneo a supporto della propria attività con la collaborazione del Responsabile dell’Area Carriere e di un funzionario in servizio presso l’Area Stipendi. Ora, è vero che il Commissario ad acta , nella sua qualità di ausiliario del giudice può e deve avvalersi, ove necessario, dell’ausilio dell’amministrazione inadempiente, ma tale ausilio non deve comportare in via di principio alcuna forma più o meno accentuata di sostanziale delega di funzioni attuative in favore del soggetto soccombente e inadempiente, pena il rischio di determinare una sorta di ‘corto circuito’ operativo che rende pressoché impossibile la piana e fisiologica conformazione al dictum giudiziale. Ebbene, dalla documentazione in atti emergono alcuni indici sintomatici di tale rischio, se solo si consideri: a) che risulta associato all’“Ufficio del Commissario ad acta ” lo stesso Responsabile dell’Area Carriere che aveva contribuito a predisporre le deduzioni difensive dell’amministrazione nel corso del giudizio;
b) che, in almeno un caso, lo stesso Commissario sub-delegato ammette che la predisposizione delle tabelle riepilogative finalizzate a riassumere la consistenza degli importi a credito o a debito (si tratta della Tabella A1, con la quale si corrisponde(va) a quanto richiesto con il punto 8 lettera b) della sentenza n. 4787 del 2014) sia stata demandata agli stessi Ufficii dell’Università, non consentendo di comprendere fino a che punto l’apporto tecnico fornito dagli Uffici medesimi sia consistito in pure e semplici operazioni di calcolo (sulla base di tassative prescrizioni dettate dal Commissario) e fino a che punto gli stessi Uffici dell’Università abbiano invece svolto un ruolo attivo (in assenza di un effettivo contraddittorio fra le parti) nella fissazione dei criteri metodologici sottostanti.

10. Per le ragioni sin qui esposte, in parziale accoglimento del reclamo in oggetto (e con assorbimento dei motivi di censura di carattere sostanziale) il Collegio dispone che il Commissario sub-delegato dott. G R provveda a ripetere le operazioni commissariali entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, attenendosi puntualmente alle prescrizioni già impartite con la più volte richiamata sentenza n. 4787 del 2014 per come ulteriormente chiarite con la presente decisione.

10.1 Non si ritiene, invece, di accogliere il reclamo per la parte in cui mira alla nomina di un nuovo Commissario, non emergendo in atti elementi atti ad individuare profili di gravità e/o di colpevolezza di entità tale da giustificare una misura sostitutiva.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi