Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-09-10, n. 201404602

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-09-10, n. 201404602
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404602
Data del deposito : 10 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02608/2013 REG.RIC.

N. 04602/2014REG.PROV.COLL.

N. 02608/2013 REG.RIC.

N. 03291/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui ricorsi riuniti:
A) – n. 2608/2013 RG, proposto in via principale dalla Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, rappresentata e difesa per legge dall'avv. R M P ed elettivamente domiciliata in Roma, via M. Colonna n. 27,

contro

- i sigg. M B, P C, G C, G C, M F, L G, L I e G L, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati L O e M L V ed elettivamente domiciliati in Roma, via N. Piccolomini n. 34 e
- la sig. Dory Vitale, non costituita nel presente giudizio e

nei confronti di

- la Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , ricorrente incidentale, rappresentata e difesa dall'avv. Massimiliano D L, con domicilio eletto in Roma, via Salaria n. 400,
- Roma Capitale, in persona del sig. Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Magnanelli, con domicilio eletto in Roma, via del Tempio di Giove n. 21,
- l’

ARPA

Lazio, sez. prov.le di Roma, non costituita nel presente giudizio,
- la Telecom Italia s.p.a., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Sanino e Carlo C, con domicilio eletto in Roma, viale Parioli n 180 e
- la H3G s.p.a., corrente in Trezzano sul Naviglio (MI), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Lorenzo Albanese Ginammi ed Alfredo e Natalino I, con domicilio eletto in Roma, via A. Vesalio n. 22 (Studio legale I);



B) – n. 3291/2013 RG, proposto da Telecom Italia s.p.a., come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata,

contro

- i sigg. M B, P C, G C, G C, M F, L G, L I e G L, come sopra rappresentati, difesi ed elettivamente domiciliati e
- i sigg. Dory Vitale, Anna Maria Guanti e Luigi e Paola Pucci, non costituiti in giudizio e

nei confronti di

- Roma Capitale, come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata;
- il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i bb. aa. di Roma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
- la Natural Green s.n.c. di Misino Mauro e Spurio e l’

ARPA

Lazio, non costituite in giudizio,
- la Regione Lazio, come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata,
- la H3G s.p.a., come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata e
- la Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata,

per la revocazione

della sentenza della Sezione n. 249/2013, resa tra le parti e concernente l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto di radiocomunicazioni in Roma;

Visti i ricorsi in epigrafe ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei sigg. M B e consorti, di Roma Capitale, di Telecom Italia s.p.a., di H3g s.p.a., di Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., della Regione Lazio e delle Amministrazioni statali intimate;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 26 giugno 2014 il Cons. S M R e uditi altresì, per le parti costituite, solo gli avvocati P, O, D L (per sé e su delega di I), C e l’Avvocato dello Stato D'Ascia;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – Con istanza del 21 maggio 2007, la Telecom Italia s.p.a. e la Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. (per conto della H3G s.p.a.) chiesero al Comune di Roma d’installare una stazione radio-base (SRB) per telefonia mobile in tecnologia UMTS in un’area sita in Roma, via di Villa Betania n. 7.

Su tal istanza la Regione Lazio, con determina dirigenziale prot. n. B5071 del 7 dicembre 2007, concesse il proprio nulla-osta paesaggistico, non reputando le opere inerenti alla SRB con i valori e gli interessi protetti dal vincolo archeologico (DM 7 luglio 1978) e paesistico (DM 22 febbraio 1986;
delib. Giunta reg. Lazio n. 798 del 16 febbraio 1988) di zona. Intervennero altresì i pareri dell’

ARPA

Lazio sull’installazione della SRB, giusta note prot. n. 57321 del 27 settembre 2007 e n. 75517 del giorno successivo. Intervenne pure il parere negativo del Municipio XVIII del Comune di Roma, giusta nota prot. n. 32206 del 19 giugno 2007, con riguardo a pretesi abusi edilizi connessi all’opera realizzanda.

2. – Sicché i sigg. M B e consorti, avendo appreso dei lavori per tal SRB in area viciniore alle loro abitazioni, adirono il TAR Lazio con il ricorso n. 7686/2008 RG, impugnando i citati nulla-osta e pareri di

ARPA

Lazio, nonché la comunicazione d’inizio lavori assunta al Protocollo comunale l’8 maggio 2008. Essi si gravarono anche a seguito del silenzio-assenso comunale su tal impianto. Avendo poi acceduto agli atti della procedura in questione, i ricorrenti ebbero contezza del parere condizionato prot. n. 17828 dell’8 giugno 2007 e del parere prot. n. 5372 del 7 marzo 2008, entrambi resi dal Ministero per i bb.aa.cc., contro i quali essi proposero un primo atto per motivi aggiunti. Con un secondo gruppo di motivi aggiunti, i ricorrenti deducono ancora il difetto del titolo di disponibilità dell’immobile (nella specie, la sublocazione vivaio-Telecom), dal che l’illegittima formazione del silenzio-assenso, della determinazione della Regione Lazio e del comportamento omissivo del Comune sull’istanza de qua .

L’adito TAR, con sentenza n. 12013 del 30 novembre 2009, ha dichiarato irricevibile, per tardività, il ricorso dei sigg. B e consorti, giacché quest’ultimo «… è stato notificato… oltre il termine di 60 giorni dalla conoscenza o dalla conoscibilità degli atti e comportamenti impugnati, adottati già nel 2007 e portati ad esecuzione, e quindi a conoscenza degli interessati secondo l’ordinaria diligenza… con l’avvio dei lavori in data 8.05.2008, proceduto dalla rituale affissione dei cartelli di cantiere …».

I sigg. B e consorti si sono appellati avverso la sentenza n. 12013/2009 con il ricorso n. 2481/2010, deducendo anzitutto l’erroneità di quest’ultima per carenza di prova circa l’affissione di cartelli di cantiere e per contrasto con le risultanze processuali in senso contrario. Gli appellanti poi han riproposto tutti i motivi di primo grado, colà assorbiti a causa dell’impugnata statuizione di irricevibilità.

La Sezione ha dapprima disposto, con l’ordinanza n. 3564 del 19 luglio 2012, istruttoria nei riguardi della Regione Lazio e di Roma Capitale, per avere documentati chiarimenti a dimostrazione circa l’effettivo invio ex art. 146 del Dlg 22 gennaio 2004 n. 42 del nulla-osta paesaggistico regionale al MIBAC e, rispettivamente, l’adempimento dell’obbligo posto dal Protocollo d’intesa del 5 luglio 2004 intercorso tra detto Comune ed i concessionari di telefonia mobile. La Sezione, con sentenza n. 249 del 16 gennaio 2013 (c.c. del 9 novembre 2012), ha accolto l’appello dei sigg. B e consorti, non avendo la Regione ed il Comune appellati fornito, pur se richiesti da questo Giudice, i documentati chiarimenti de quibus . Con particolar riguardo al citato Protocollo d’intesa, la Sezione afferma che il Comune «… non ha chiarito se nel caso in esame sia stato rispettato l’impegno, assunto dalle società (comprese TIM ed H3G) con tale accordo, di richiedere prioritariamente all’Amministrazione comunale la disponibilità di aree ed immobili di proprietà comunale per l’installazione degli impianti, potendo procedere all’installazione in altre posizioni solo in assenza di indicazioni di disponibilità di aree ed immobili comunali tecnicamente idonei …». Dal che, per la Sezione, l’annullamento «… degli impugnati provvedimenti comunale tacito di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto di cui si è discusso e regionale di autorizzazione alla sua installazione …».

3. – Con il ricorso n. 2608/2013 RG in epigrafe, la Regione Lazio chiede la revocazione della citata sentenza n. 249/2013, ai sensi dell’art. 395, n. 3), c.p.c., per la parte che la concerne direttamente, ossia con riguardo al decisivo documento della comunicazione del nulla-osta regionale al Ministero dei bb.cc.aa., a cagione del quale s’è formato il convincimento negativo della Sezione sul punto.

In particolare, deduce la Regione che l’omessa produzione di tal documento s’è determinata a causa del suo mancato rinvenimento, per fatto di forza maggiore ad essa non imputabile, nel fascicolo inerente all’affare presso la Direzione regionale territorio e urbanistica. Tal documento, a detta della Regione, è stato poi ritrovato casualmente soltanto nel mese di gennaio 2013 e durante il riordino dell’archivio cartaceo della Direzione. Il documento stesso è stato per vero rinvenuto in un faldone diverso da quello relativo al procedimento sull’impianto in questione, come attesta al riguardo il dirigente dell’Ufficio.

Propone ricorso incidentale per revocazione la Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., la quale afferma l’attualizzazione del proprio interesse all’impugnazione revocatoria della sentenza n. 249/2013 per effetto del ricorso in epigrafe. Essa deduce altresì la sussistenza del presupposto revocatorio ex art. 395, n. 4), c.p.c., in quanto già dal giudizio di primo grado è stata fornita prova dell’adempimento, da parte sia delle Società istanti, sia del Comune, dell’obbligo assunto con il Protocollo d’intesa del 5 agosto 2004 in ordine alla disponibilità delle aree comunali ove collocare gli impianti di telefonia mobile. Sul punto la ricorrente incidentale produce di nuovo sia l’istanza di Telecom s.p.a. e di Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. protocollata il 21 maggio 2007, sia la nota prot. n. 34376 del 22 maggio 2007, con cui Roma Capitale chiese al Municipio XVIII l’indicazione, da fornire entro trenta giorni, di un’area o d’un immobile comunali disponibili e compatibili con la localizzazione richiesta dai due gestori. Dal che la svista della sentenza ove, a fronte di tali atti, non ha reputato sufficiente la relazione prot. n. 59088 del 19 luglio 2012 con cui Roma Capitale, U.O. Procedimenti edilizi speciali ha reso alla Sezione gli ordinati chiarimenti sul punto.

Resistono in giudizio i sigg. B e consorti, i quali deducono anzitutto l’inammissibilità del ricorso in epigrafe sia per omessa prova delle circostanze e del giorno in cui il documento decisivo è stato trovato, sia per la non decisività di tal documento (essendosi la sentenza basata sull’omessa produzione anche d’un altro documento da parte del Comune), sia per il difetto dell’impossibilità della sua ostensione (ché, a fronte della mera ignoranza del luogo di sua conservazione, sussisteva in capo alla parte un onere di diligente ricerca), sia per la piena conoscenza del luogo dov’esso si trovava pur se disgiunto dal suo fascicolo originario (donde la mera colpa della P.A. e l’assenza di qualunque forza maggiore).

I sigg. B e consorti, nella memoria per l’udienza del 18 maggio 2013, ribadiscono il profilo d’inammissibilità del ricorso principale per la non decisività del documento ritrovato dalla Regione. Essi, che eccepiscono l’inammissibilità anche del gravame incidentale per omessa impugnazione della sentenza anche per il primo capo (quello dell’invio del nulla-osta regionale al MIBAC) e per conseguente giudicato interno sul punto, inferendo ciò dal passaggio del ricorso incidentale per cui l’esito posto dalla sentenza stessa non cambierebbe quand’anche s’accogliesse il motivo sul primo capo, se non ne fosse pure impugnato il secondo (quello sul Protocollo d’intesa). I resistenti, che già avevano eccepito il difetto di legittimazione in capo alla H3G s.p.a. e la conformazione di Roma Capitale alla sentenza n. 249/2013, concludono quindi per: A) – il disconoscimento dei documenti presentati dalla Regione, perché non muniti d’attestazione di conformità agli originali, per mancanza di timbratura e sottoscrizione dell’organo ricevente e per anomalia del Protocollo;
B) – l’omessa produzione del documento ritrovato contestualmente al ricorso per revocazione, mentre il ritardo nel suo rinvenimento è dovuto perlomeno a colpa ed a negligenza della Regione stessa;
C) – l’inidoneità di ciascun singolo ricorso per revocazione a travolgere la sentenza impugnata sotto ogni profilo decisorio della controversia, restando fermo nei confronti d’ognuno di essi il capo sul quale è caduto l’effetto devolutivo parziale della singola impugnazione.

Si sono costituite nel presente giudizio pure Roma Capitale, Telecom Italia s.p.a., H3G s.p.a. e le Amministrazioni statali intimate, che in varia guisa concludono per l’accoglimento dei due gravami testé citati e, per la fase rescissoria, per l’integrale rigetto della pretesa azionata in primo grado.

4. – Con il ricorso n. 3291/2013 RG, pure la Telecom Italia s.p.a., nell’aderire al ricorso proposto dalla Regione Lazio, impugna la sentenza n. 249/2013, chiedendone a sua volta la revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4), c.p.c. Tanto perché, in ordine alla mancata applicazione del Protocollo di intesa tra il Comune di Roma ed i predetti gestori, la Sezione sarebbe incorsa in un errore di fatto, dando per assodata la sussistenza del relativo vizio. Invero, il patrono di Roma Capitale ebbe modo di precisare, già nella sua memoria per l’udienza dell’8 ottobre 2009 innanzi al TAR, che tal P.A. fin dal 30 maggio 2007 aveva trasmesso copia del progetto di tal impianto al Direttore dell’UOT ed al Presidente del Municipio XVIII per le incombenze previste dal Protocollo stesso.

Resistono anche in questo giudizio i sigg. B e consorti, eccependo: A) – l’inammissibilità di tal revocazione ex art. 395, n. 4), c.p.c., avendo la sentenza impugnata fatto presente, sulla scorta di quanto già detto da Roma Capitale stessa circa la vigenza del citato Protocollo all’epoca dei fatti di causa, come tal P.A. non avesse mai chiarito se fosse stato rispettato l’impegno previsto dal predetto Protocollo;
B) – la sussistenza di controversia, fin dall’inizio della causa e per espressa deduzione dei ricorrenti di primo grado, su tal punto, all’uopo non bastando a confutazione le mere difese di Roma Capitale;
C) – la sussistenza, al più, d’un errore valutativo sulla lettura degli atti interni al giudizio da cui è scaturita la sentenza impugnata;
D) – la fondatezza di tutte le altre deduzioni in vario modo assorbite nei due gradi di giudizio.

Si son costituite nel presente giudizio pure le Amministrazioni statali intimate e la Regione Lazio, le quali in varia guisa concludono per l’accoglimento del ricorso in epigrafe.

Alla pubblica udienza del 26 giugno 2014, i due ricorsi in epigrafe, già riuniti ai sensi dell’art. 96, c. 1, c.p.a. in forza dell’ordinanza istruttoria della Sezione n. 771 del 20 febbraio 2014, su richiesta delle parti presenti sono congiuntamente assunti in decisione dal Collegio.

5.1. – Sono del tutto prive di pregio e da disattendere le varie eccezioni preliminari, proposte dai sigg. B e consorti in ordine al ricorso n. 2608/2013 RG, per le ragioni di cui appresso, con una precisazione da svolgere immediatamente.

Nella congerie di tutte quelle sollevate, per ragioni d’ordine logico prioritaria è la disamina di due eccezioni, appunto per la loro efficacia dirimente. La prima di esse s’incentra sulla non decisività del documento rinvenuto tardi dalla Regione Lazio (ricorrente principale) ed è stata formulata già con l’atto di costituzione in giudizio. L’altra, posta fin da quest’ultimo ed in modo più articolato nella memoria per l’udienza del 18 maggio 2013, ha per oggetto l’inammissibilità del gravame incidentale per omessa impugnazione della sentenza pure sul capo del mancato invio del nulla-osta regionale al MIBAC, da cui discende il giudicato interno su tal aspetto.

5.2. – Per quanto attiene alla prima eccezione, il documento de quo è così tanto decisivo, oltre che per la sua natura di autorizzazione paesaggistica dell’impianto, da esser stato oggetto non solo della citata ordinanza n. 3564/2012, ma soprattutto del terzo motivo del gravame introduttivo innanzi al TAR Lazio, qui riproposto dagli appellati.

Ciò posto, il documento in questione, che consta di due fogli, dimostra l’avvenuta comunicazione, da parte della Regione Lazio, dell’autorizzazione paesaggistica al MIBAC affinché questo potesse esercitare il proprio controllo tutorio. In particolare, il primo foglio rappresenta la nota del 10 gennaio 2008, con cui la Regione – Dip.to Territorio, Area 2B.5 (Urbanistica e beni ambientali) trasmise il nulla-osta n. B5071 del 13 dicembre 2007 alla Soprintendenza BB.AA.AA. di Roma, con in calce la relata di consegna recante la data dello stesso 10 gennaio 2008. Il secondo foglio rappresenta l’elenco regionale, in data 20 dicembre 2007, dei documenti trasmessi alla predetta Soprintendenza e vi sono apposti in basso il timbro tondo (recante la denominazione di questa) ed il timbro datario (recante la data del 10 gennaio 2008).

Come si vede, tal documento possiede le varie caratteristiche della decisività, come s’evincono dall’art. 395, I c., n. 3), c.p.c.

In primis , da esso risultano fatti tali (nella specie, l’effettivo invio, con la relativa data, del nulla-osta al competente ufficio del MIBAC ai sensi degli artt. 142 e 159 del Dlg 42/2004), che se la Sezione avesse potuto valutarli, la sentenza n. 249/2013 sarebbe stata diversa sul punto, nel senso che si sarebbe potuto formare un diverso convincimento in quel Collegio sul corrispondente motivo di gravame. Il documento de quo esprime quindi un diretto nesso causale tra il fatto denunciato (l’avvenuta trasmissione al MIBAC) e la sentenza revocanda che, com’è noto, è caratteristica propria d’ogni motivo di revocazione. Infatti, oltre ad esser stato ritrovato dopo l’emanazione della sentenza n. 249/2012 (arg. ex Cass., sez. lav., 18 agosto 1997 n. 7653), il documento de quo è in sé astrattamente idoneo a formare un diverso convincimento di questo Giudice e ribaltarne la sentenza, sulla scorta di dati e circostanze di fatto risolutive che la Sezione non poté a suo tempo esaminare (arg. ex Cass., II, 17 agosto 1990 n. 8342;
id., 28 dicembre 2011 n. 29385). In tal senso, ossia proprio in quanto è tale da indurre la modifica della sentenza impugnata in senso favorevole alla parte che ne domanda la revocazione, il documento s’appalesa tanto dirimente sul punto da refluire anche sul giudizio rescissorio, determinando il rigetto della doglianza di merito.

Inoltre, per mezzo di tal documento ritrovato, la Regione non solleva questioni nuove o tali da rimettere in discussione altre questioni pregiudiziali o preliminari assorbite, limitandosi ad offrire ora, perché impossibilitata a farlo in adempimento dell’ordinanza n. 3564 o prima che la causa fosse trattenuta in decisione, appunto quell’atto che costituisce una delle parti essenziali della statuizione di accoglimento del ricorso d’appello.

5.3. – Relativamente alla seconda eccezione, i sigg. B e consorti, che pure spiegarono ampie difese in entrambi i gradi del giudizio di cognizione (ed in questa fase revocatoria) intimando i vari soggetti pubblici coinvolti, con ogni evidenza non tengono conto della natura complessa della fattispecie in esame.

In base al diritto sostanziale, il procedimento per l’impianto de quo fu regolato sì ( ratione temporis ) ai sensi dell’art. 87, c. 9 del Dlg 1° agosto 2003 n. 259, per la cui definizione si sarebbe potuto formare il silenzio-assenso (cfr. Cons. St., III, 30 settembre 2011 n. 4294), che ne costituisce tuttora uno dei possibili legittimi sbocchi.

A ben vedere, però, tali semplicità e concentrazione (sulla competenza concentrata, cfr., per tutti, Cons. St., VI, 28 aprile 2010 n. 2436) in capo a Roma Capitale nella specie furono solo apparenti e ciò per tre ordini di ragioni. Anzitutto, era allora vigente il Protocollo d’intesa del 2004, che previde il previo reperimento di aree pubbliche ove insediare l’impianto stesso, oltre al parere necessario del Municipio territorialmente competente. Inoltre, ricadendo in area tutelata, tale opera in ogni caso, come poi avvenne, non sarebbe potuta sfuggire né all’autorizzazione paesaggistica regionale, né al distinto e successivo (necessario) invio al MIBAC per l’esercizio (eventuale, stante il termine per la definizione del relativo sub-procedimento) del controllo tutorio di questo. Infine, la fattispecie non poté esser regolata per mezzo del modulo procedimentale della conferenza di servizi, ossia con la disamina contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti, giacché la si sarebbe potuta attivare solo ove ne fossero ricorsi i presupposti di cui al c.

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