Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-27, n. 202404692

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-27, n. 202404692
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404692
Data del deposito : 27 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/05/2024

N. 04692/2024REG.PROV.COLL.

N. 06488/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6488 del 2023, proposto da Agenzia Territoriale dell'Emilia Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti - Atersir, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Imola, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G F, C F, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G F in Padova, via San Gregorio Barbarigo n. 4;

nei confronti

H S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Caia, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;
Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Comune di Castello D'Argile, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l''Emilia Romagna (Sezione Seconda) n. 326/2023, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Imola e di H S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2024 il Cons. R C e uditi per le parti gli avvocati delle parti come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. La questione controversa riguarda l’obbligo di Atersir di stabilire meccanismi compensativi per il recupero di 1.458.316,92 € a favore del Comune di Imola (corrispondente alle sovra-coperture del servizio per le annualità 2013-2016).

Parte appellata unitamente al Comune di Castel Guelfo (appellato in altra controversia, RG 202304574) in data 9 agosto 2023 ha proposto istanza per la trattazione congiunta rilevando che i due giudizi di primo grado decisi con le sentenze oggetto dei predetti appelli – benché promossi separatamente dai Comuni di Castel Guelfo di Bologna e Imola – riguardano la medesima vicenda sostanziale, essendo stati proposti nei confronti delle medesime controparti (ATERSIR, H spa, Comune di Bologna, Comune di Castello d’Argile, oltre che notiziando la Regione Emilia-Romagna ed ARERA) e richiedendo l’annullamento dei medesimi provvedimenti di ATERSIR, per ragioni e sotto profili di diritto pressoché identici.

Entrambi gli enti hanno fatto presente che le due sentenze del Tar Emilia-Romagna contro le quali ATERSIR ha proposto gli appelli dinanzi indicati (sent. 926/2022 e sent. 326/2023) hanno deciso i ricorsi di primo grado sulla base di motivazioni analoghe e che analoga sovrapponibilità si riscontra anche negli stessi atti di appello da parte della predetta ATERSIR.

Con decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 15 settembre 2023 la controversia è stata assegnata a questa sezione in considerazione dei profili di connessione.

In sede cautelare è stata concessa, tenuto conto dei profili di connessione, la misura cautelare per le medesime motivazioni di cui all’altra controversia (ord.3438 del 30 agosto 2023) al fine di mantenere la res adhuc integra in vista della fissazione dell’udienza pubblica per la trattazione del merito evitando cosi il rischio di eventuali riconteggi - che in definitiva avrebbero gravato sugli utenti - e la dispersione delle risorse amministrative necessarie.

La controversia riguarda la determinazione del corrispettivo per il servizio di raccolta rifiuti sul proprio territorio, secondo il Piano Finanziario (PEF) annualmente deliberato da Atersir sostenendo parte appellante che l’equilibrio del sistema va ricercato a livello di bacino. In particolare, in primo grado l’attuale appellato - Comune di Imola - ha censurato l’indebita determinazione del corrispettivo a suo carico per il servizio di raccolta rifiuti sul proprio territorio, secondo il Piano Finanziario (PEF) annualmente deliberato da Atersir sostenendo che il D. Lgs. 152/2006, nel disciplinare la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, sancisce il principio dell’integrale copertura dei costi (ribadito per la TARI, art. 1, comma 654, della l 147/2013);
il gestore dovrebbe elaborare quindi il PEF che contempla il costo per ciascun Comune, da riversare sui cittadini mediante la determinazione della tariffa.

Il Comune di Imola ha lamentato che, dal confronto fra i costi e i ricavi della gestione del servizio per gli anni 2013, 2014, 2015 e 2016 – come rendicontati dal gestore del servizio ad ATERSIR e da questa trasmessi all’amministrazione – risultano costanti “sovra-coperture” del servizio, per importi nell’ordine complessivo di 1.458.316,92;
Atersir non si sarebbe adoperata per porvi rimedio, ed anzi avrebbe affermato l’equilibrio del sistema a livello di bacino e la fisiologia degli scostamenti locali.

In sede di primo grado il giudice ha accolto il ricorso del Comune di Imola qui appellato ritenendo che i disallineamenti tra i costi preventivati e quelli risultati dai rendiconti si sono risolti in un indebito vantaggio per i Comuni dell’ambito a danno del Comune di Imola;
di conseguenza il TAR ha statuito l’ obbligo per Atersir di adottare – entro un termine ragionevolmente compatibile con la scansione temporale della programmazione – un piano per il recupero delle somme versate in eccesso dal Comune di Imola nelle annualità dal 2013 al 2016.

Parte appellata ha anche proposto un giudizio di ottemperanza, notificato in data 27 giugno 2023, innanzi al TAR per l’Emilia-Romagna, Sede di Bologna, Sez. II, R.G. n. 472/2023, con il quale ha contestato all’Agenzia di non aver dato immediata esecuzione alla sentenza gravata.

1.2 Atersir propone ora appello per i seguenti motivi di ricorso:

I Error in iudicando per aver travisato la disciplina in materia di attribuzione delle competenze di regolazione tariffaria del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani. Falsa ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 3 bis comma 1 bis, d.l. n. 138/2011 e dell’art. 4, l.r. Emilia-Romagna n. 23/2011;

II Error in iudicando per aver travisato la disciplina in materia di TARI. Falsa ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 1 comma 639 e seg. della l. n. 147 del 2013

Con il primo motivo di ricorso, l’appellante ritiene che la competenza del singolo Comune ad approvare il PEF è stata ritenuta da Atersir implicitamente superata in forza della vis abrogans del nuovo assetto delle competenze determinato dal codice dell’ambiente e dall’art. 3 bis, comma 1 bis, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 conv. in l. 14 settembre 2011 n. 148 , nonché dalla stessa legge regionale che attribuisce espressamente ad un organo dell’Agenzia – al Consiglio Locale – la competenza ad approvare le tariffe all’utenza (art. 8 l.r. 23 dicembre 2011 n. 23).

Nel processo di determinazione della tariffa, l’appellante richiama la competenza di ARERA sulla base della l. n. 205/2017, art. 1, comma 527, ad approvare “ le tariffe definite, ai sensi della legislazione vigente, dall’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento ”;
a tal riguardo, fa presente che l’ARERA ha esercitato la propria funzione di “ predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti ”, in occasione dell’emanazione del primo metodo tariffario (c.d. MTR 1), che ha inizialmente previsto la possibilità per ciascun Ente di governo per gli ambiti territoriali ottimali (EGATO) di presentare un piano tariffario articolato per singolo Comune o per ambito.

Successivamente - per il secondo e corrente periodo regolatorio ( c.d. MTR2) - il metodo adottato dall’Autorità si è fondato esclusivamente sul PEF d’ambito (o pluricomunale), rimettendo in via del tutto eccezionale la possibilità di operare tramite PEF costruiti su base comunale in fattispecie che non si riscontrerebbero nel caso che ci occupa.

Sostiene l’appellante inoltre che la scelta di Atersir di determinare la tariffa con riferimento al bacino di affidamento nel suo complesso e le modalità con cui essa ha inteso distribuire tra i Comuni associati gli oneri in funzione perequativa non solo non sarebbe illegittima perché pienamente aderente sia alla legge regionale sia alla legge nazionale, ma sarebbe anche insindacabile poiché attiene al merito amministrativo circa l’ottimizzazione di quelle “ economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio ”, poste dal legislatore nazionale alla base della creazione stessa degli Enti di governo dell’ambito ottimale.

Ritiene quindi censurabile l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui la “ stretta interconnessione tra la T.A.R.I. applicata ai cittadini e i costi di investimento e di esercizio dell’attività praticata sul territorio comunale ” imporrebbe una rigida correlazione tra quelle porzioni di servizio effettivamente realizzate sul singolo territorio ed i costi di esercizio da parte del gestore unico, poiché non terrebbe conto del fatto che tali costi, inferiori a quelli che sarebbero praticati in un’ottica di gestione in economia, sono possibili proprio perché la gestione del servizio si svolge sull’intero bacino.

Con il secondo motivo rileva che la ratio sottesa all’attribuzione della competenza ai singoli Comuni riguardo alla TARI si fonda sull’autonomia tributaria degli enti locali e non delle loro forme associative;
si tratta di un meccanismo di articolazione della tariffa per cui gli utenti sono considerati uti universi e la determinazione dell’onere sostenuto dal singolo utente è ancora calcolato su base parametrica (superficie e numero di soggetti collegati ad un singolo immobile).

Tale circostanza, ritiene, non deve confondere l’articolazione tariffaria a livello di bacino con lo strumento tributario, ossia la delibera comunale, che ripartisce la quota di tariffa spettante agli utenti;
diversamente emergerebbe una contraddizione rispetto alla logica d’ambito o di area vasta.

La controinteressata H sostiene che:

- la TARI è uno strumento tributario volto a garantire il recupero del costo del servizio di gestione rifiuti in capo agli utenti finali. Si tratta di un tributo locale volto a finanziare il costo del servizio complessivo di gestione integrata dei rifiuti ma tale costo dovrebbe essere considerato come un costo definito a livello di “ambito territoriale ottimale”, non parametrato sulla base del singolo utente finale del servizio e dunque sulla base di un singolo territorio comunale;

- il corrispettivo spettante a HERA, per la gestione del servizio deve essere tale da coprire il costo complessivo del servizio stesso sull'intero ambito di affidamento così come previsto dalla Convenzione sottoscritta tra il gestore del servizio e l’Autorità di Ambito (cfr. art. 13- bis Convenzione Atersir - H) e dall’art. 3, co. 2 del d.P.R. 158/1999 che dispone « la tariffa di riferimento a regime deve coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani ».

Il Comune appellato, in sede di costituzione, ripropone le domande e i motivi ex art. 101 c.p.a. che illustrerebbero un quadro di complessivo inadempimento da parte di ATERSIR delle corrette procedure previste per l’approvazione dei Piani economico finanziari (PEF) dei diversi Comuni.

In particolare seguendo l’elencazione dell’atto di costituzione:

A.1 ) censura contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, di data 23 ottobre 2018

2 . Violazione delle modalità procedimentali stabilite nel cronoprogramma previsto dalla delibera 27 luglio 2017, n. 51, del Consiglio d’Ambito di ATERSIR, come sostituita dalla delibera del 25 luglio 2018, n. 56, e del principio dell’accordo con il comune interessato. Difetto di motivazione.

3 . Ulteriore violazione procedimentale dell’art. 8, comma 3, lett. d), d.P.R. 158/1999. Necessaria riapertura del procedimento per introdurre i meccanismi di recupero delle sovracoperture.

A.2) Censure contenute nei (primi) motivi aggiunti, di data 13 maggio 2019

2. Violazione delle modalità procedimentali stabilite nel cronoprogramma previsto dalla delibera 27 luglio 2017, n. 51, del Consiglio d’Ambito di ATERSIR, come sostituita dalla delibera del 25 luglio 2018, n. 56, e del principio dell’accordo con il comune interessato. Difetto di motivazione.

3 .Ulteriore difetto di motivazione in relazione al parere negativo espresso dal Consiglio locale dell’8 marzo 2019, n. 3 e contestuale violazione dell’art. 7, comma 5, lett . c), l.r. Emilia - Romagna n. 23 del 2011.

B. Riproposizione della domanda subordinata avanzata in primo grado dal Comune di Imola e non esaminata nella sentenza del Tar Emilia-Romagna (versione contenuta nel ricorso per motivi aggiunti del Comune di Imola data 13 maggio 2019)

4. In subordine: accertato che H S.p.A. ha ricevuto negli anni 2013-2016 dal Comune di Imola sovracoperture del servizio per un importo di € 1.948.954 (o di quanto comunque risulterà), sancire il suo conseguente dovere di restituzione, con corrispondente condanna.

2. I motivi del ricorso di appello vanno trattati unitariamente per i profili di connessione che presentano e sono fondati.

Nel caso in questione occorre premettere che la Regione Emilia-Romagna con la legge regionale 23 dicembre 2011 n. 23 ha disciplinato il servizio idrico integrato ed il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani in Emilia-Romagna, a seguito dell’abrogazione delle autorità d’ambito disposta dall’articolo 2, comma 186-bis legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010).

Detta legge regionale ha individuato un unico ambito territoriale ottimale di dimensione regionale;
le funzioni sono svolte dall’Agenzia territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici e rifiuti (Atersir) cui partecipano obbligatoriamente tutti i Comuni e le Province della Regione.

L’Agenzia esercita le proprie funzioni per l’intero ambito territoriale ottimale mediante due distinti livelli di governo: le funzioni del primo livello sono esercitate con riferimento all'intero ambito territoriale ottimale;
quelle del secondo livello sono esercitate, in sede di prima applicazione della presente legge, con riferimento al territorio provinciale.

Al riguardo va inoltre considerato il sistema che emerge dalla disposizione introdotta con l’art. 3 bis, comma 1 - bis d.l. 138/2011.

L’art. 3 bis , comma 1 bis , d.l.138/2011, tra l’altro dispone che “ Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo cui gli enti locali partecipano obbligatoriamente, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 90, della legge 7 aprile 2014, n. 56 ”.

Si tratta di una disposizione che completa un percorso di passaggio di funzioni all’ente di governo dell’ambito ottimale al quale compete l’organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica compreso quello dei rifiuti. Si definisce così un percorso di superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti, già iniziato con l’art. 23 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, che si proiettava verso una gestione unitaria pur con il limite del mantenimento della privativa in capo ai Comuni.

Mediante l’ambito territoriale ottimale si è superata una ottica di parcellizzazione della gestione dei servizi pubblici a livello dei singoli enti per realizzare economie di scala realizzando una migliore utilizzazione delle risorse pubbliche. In tal senso, per la materia di interesse, basti richiamare l’art. 200, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 152 del 2006 in base al quale la gestione dei rifiuti urbani risponde, tra l'altro, al criterio di superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti, intervenendo nella materia di tutela ambientale.

Peraltro, con il d.lgs. 152/2006, l’ambito trova ancora più forza mediante la “gestione integrata” dei rifiuti svolta da un unico soggetto a seguito di gara pubblica;
e soprattutto viene costituita l’autorità d’ambito, struttura tecnica dotata di personalità giuridica.

Con la soppressione delle autorità d’ambito ex art 2, comma 186- bis , l. 23 dicembre 2009, n. 191, il percorso si è interrotto per riprendere con il richiamato art. 3 bis d.l.138/2011 e la costituzione degli enti di governo degli ambiti;
un percorso che ha visto transitare una serie di funzioni (organizzazione, scelta della forma di gestione, determinazione delle tariffe all'utenza, affidamento della gestione e relativo controllo) in un ambito più vasto in cui il dominus diventa l’ente di governo.

2.1 Va però evidenziata anche una differenza tra i soggetti titolati alla gestione, ossia l’autorità d’ambito prima e l’ente di governo dell’ambito dopo.

L’autorità d’ambito, in base all’abrogato art. 201 d.lgs.152/2006, era dotata di una propria soggettività giuridica - mediante il riconoscimento della personalità giuridica - che la distingueva dagli enti locali che ne facevano parte.

Con l’ente di governo dell’ambito, di cui all’art. 3 - bis d.l.138/2011, si fa un passo ulteriore - anche in termini di funzioni e soggettività - verso la responsabilizzazione di un nuovo ente che si distingue ancora di più dai Comuni che vi partecipano. Non a caso l’ente di governo, dopo l’abrogazione dell’autorità d’ambito che ha segnato una pausa nel processo degli ambiti, viene previsto in un decreto legge recante misure per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, nel contesto della situazione economico-finanziaria degli anni 2010-2012. Tra queste misure va anche richiamato l’art. 4 del medesimo decreto legge in materia di disciplina dei servizi pubblici locali (introdotto dopo il referendum abrogativo dell’art. 23 bis d.l. 112/2008) successivamente dichiarato incostituzionale in quanto riproduttivo della normativa caducata dal referendum medesimo.

È un passaggio legislativo di rilievo se si pensa che l’ambito territoriale ottimale (Ato) veniva inteso - lungi dal costituire un nuovo ente locale – quale strumento operativo per la gestione dei rifiuti urbani, secondo criteri di efficienza e di efficacia, senza alcun riconoscimento di potere impositivo ( cfr. Consiglio di Stato sez. V - 2 dicembre 2012, n. 539).

2.2 In questa ottica ha una sua rilevanza la determinazione del PEF a cura dell’ente di governo il quale è dotato di organi anche essi titolari - almeno in via mediata - di rappresentatività dei singoli enti;
l’organo di governo dell’ambito è quindi rappresentativo degli enti che vi partecipano, che rimangono capaci di tradurre il proprio indirizzo politico in una reale azione di influenza sull'esercizio delle funzioni ( cfr . in tal senso Corte Cost. 33/2019 relativamente alle forme associative con ragionamento sovrapponibile alla fattispecie in esame).

2.3 Né, in ultimo, può essere trascurato che anche la recente normativa (d.lgs. 201/2022) sembra attribuire agli enti di governo d’ambito la natura di autorità di regolazione locale. Nell’impostazione generale della nuova disciplina che impone una distinzione tra le funzioni di regolazione e di gestione, è previsto che gli enti di governo “non possono direttamente o indirettamente partecipare a soggetti incaricati della gestione del servizio”, aggiungendosi che la partecipazione degli locali compresi nell’ambito non è considerata quale partecipazione (anche solo) indiretta (art. 6). .

Sempre in questa ottica va richiamato quanto previsto dall’art. 37, comma 2, del citato d.lgs. 201/2022 che, modificando l’art. 3 – bis, comma 1- bis , d.l. 138/2011, dispone che “ Le deliberazioni degli enti di governo di cui al comma 1 sono validamente assunte nei competenti organi degli stessi senza necessità di ulteriori deliberazioni, preventive o successive da parte degli organi degli enti locali ”;
previsione che si ritrova nella medesima formulazione anche nella richiamata legge regionale Emilia - Romagna 23/2011 (art 4 comma 3) e che sta ad indicare una autonomia dell’organo di governo dell’ambito dall’ente locale che ne fa parte e la necessità di una “consonanza” al fine di evitare che quanto in una sede deliberato (Atersir nello specifico) venga superato da parte del singolo ente locale aderente.

2.4 Quanto poi all’attuazione della disciplina statale a livello regionale occorre considerare che la legge regionale 23 dicembre 2011 n. 23 prevede, per la parte di interesse:

art 4, comma 4:

Al fine di valorizzare le differenziazioni territoriali, l'Agenzia opera su due livelli cui competono funzioni distinte di governo. Le funzioni del primo livello sono esercitate con riferimento all'intero ambito territoriale ottimale. Le funzioni del secondo livello sono esercitate, in sede di prima applicazione della presente legge, con riferimento al territorio provinciale.

Art. 7, commi 1, 3 e 5:

1.Il Consiglio d'ambito svolge le funzioni di primo livello, è nominato dal Consiglio locale ed è costituito da Sindaci, Presidenti della Provincia o Amministratori da loro delegati in via permanente.

3.Le deliberazioni del Consiglio d'ambito sono validamente assunte a maggioranza dei votanti e ogni componente ha a disposizione un voto.

5.Il Consiglio d'ambito provvede sia per il servizio idrico integrato sia per quello di gestione dei rifiuti:

b) alla definizione e approvazione dei costi totali del servizio;

c) all'approvazione, sentiti i Consigli locali, del piano economico-finanziario;

d) all'approvazione del piano d'ambito e dei suoi eventuali piano stralcio ;

i) al monitoraggio e valutazione, tenendo conto della qualità ed entità del servizio reso in rapporto ai costi, sull'andamento delle tariffe all'utenza deliberate dai Consigli locali ed all'eventuale proposta di modifica e aggiornamento;

art. 8

I Consigli locali svolgono le funzioni di secondo livello ai sensi dell'articolo 4, comma 4. Ogni Consiglio locale è costituito dai Comuni della provincia e da quelli confinanti di altre Regioni che siano stati inclusi nell'ambito territoriale ottimale, rappresentati dai Sindaci, nonché dalla Provincia, rappresentata dal Presidente, o dagli amministratori locali delegati, in coerenza con quanto previsto per le conferenze di cui all'articolo 11 della legge regionale 24 marzo 2004, n. 6 .

Dall’articolazione delle funzioni sopra richiamate e dalla natura degli organi e dalla loro composizione emerge come i singoli Comuni aderenti partecipano a pieno titolo, con i loro rappresentanti di vertice - Sindaci o Presidenti di provincia - al processo decisionale a livello di ambito.

In particolare, nel Consiglio locale che dà il parere sul PEF è prevista la presenza di tutti i Sindaci ed opera il principio della maggioranza assoluta delle quote di partecipazione presenti (cfr. art. 8, comma 4, l.r. 23/2011). Le quote di partecipazione dei Comuni sono determinate per un decimo in ragione del loro numero e per nove decimi sulla base della popolazione residente in ciascun Comune, calcolate sui nove decimi dei voti complessivamente a disposizione del Consiglio locale;
le quote di partecipazione della Provincia è pari ad un decimo dei voti complessivamente a disposizione del Consiglio locale.

Il Consiglio di ambito poi - che approva il Pef - è costituito da sindaci, presidenti della provincia o amministratori locali delegati in via permanente nel numero di nove secondo la formulazione attualmente vigente, nominati dai Consigli locali;
le deliberazioni del Consiglio d'ambito sono validamente assunte a maggioranza dei votanti e ogni componente ha a disposizione un voto indipendentemente dalla popolazione ( cfr. art 7, comma 3, l.r. 23/2011).

In sostanza si tratta di un criterio in cui è prevalente la popolazione, più direttamente nel consiglio locale per la presenza diretta del sindaco di tutti i Comuni e in maniera mediata per il Consiglio di ambito i cui componenti sono nominati dal consiglio locale nel cui ambito prevale il criterio numerico della popolazione.

Se questo, come si ritiene, è l’impianto degli enti di governo dell’ambito ne consegue che il PEF rappresenta la sintesi più avanzata - sotto il profilo economico e finanziario - delle funzioni di gestione ed esso viene approvato dal consiglio d’ambito previo parere del consiglio locale.

2.5 Se quindi ha un senso il criterio dell’area vasta - per un servizio complessivo secondo quanto rileva l’appellante del valore di 130 milioni di euro annui - occorre prescindere da una logica ancorata al criterio del costo a livello del singolo Comune senza considerare l’area vasta ed i vantaggi della sua gestione;
diversamente opinando l’area vasta risulterebbe, da un lato, la somma dei singoli costi maturati a livello comunale e dall’altro una mera ripartizione di costi generali.

In definitiva, si tratta di una migliore gestione di risorse, con assegnazione della gestione ad un solo soggetto in luogo dei diversi Comuni appartenenti all’ambito. E’ questa una impostazione legislativa che ritroviamo anche in altre disposizioni comprese quelle che incentivano l’associazionismo - a livello statale e regionale - come quella dell’obbligo dell’esercizio associato delle funzioni per i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, invero non ancora attuato, di cui all’art. 14 comma 27 del D.L. n.78 del 31 maggio 2010 conv. in legge  30 luglio 2010, n. 122 .

Da quanto sin qui premesso il tema della competenza del Comune all’approvazione del PEF va visto in una ottica diversa. Le quantificazioni ivi contenute sono “approvate” da ciascun Comune mediante l’iscrizione a bilancio dei costi risultanti dai PEF approvati dall’Agenzia relativi al proprio territorio (in tal senso si veda nota dell’Atersir dell’11 dicembre 2016) restando al Comune la valutazione su come ripartire tra i propri cittadini la relativa TARI.

2.6 Si può quindi sostenere che, nel caso specifico, vi sia un passaggio pieno all’ente di governo delle funzioni relative alle dinamiche gestionali e finanziarie della gestione del servizio dei rifiuti.

Ossia l’ente di governo - inteso come ente che organizza e che affida il servizio - necessariamente deve poter “dominare” l’aspetto dei costi che prelude proprio all’affidamento medesimo;
il che non si concilierebbe con un ruolo del Comune come soggetto con il quale l’ente di governo deve necessariamente cercare un accordo sui costi di ciascun Comune attesa l’eventualità che ciò si tramuti in un potere interdittivo non conciliabile con quanto sopra rilevato in ordine ai meccanismi di governo dell’ente, improntati appunto alla maggioranza.

Da quanto sopra emerge anche che l’obbligo di copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di cui all’art. 1, comma 654, l. 147/2013 non può essere ipotizzato come la somma dei costi a livello comunale;
si deve necessariamente avere riguardo ai costi dell’ambito che però con trasparenza devono essere resi evidenti dall’ente di governo e dimostrare anche quelle economie di scala per le quali l’ambito trova la propria ragion d’essere.

Sulla scorta di quanto sin qui esposto appare coerente con il disegno legislativo descritto il ruolo dell’ente di governo - il consiglio d’ambito nello specifico - che approva a maggioranza il PEF senza dovere essere condizionato da un accordo puntuale con ciascun Comune appartenente all’ambito;
altro tema è comunque quello del riequilibrio di cui si dirà in appresso.

3.In relazione ai motivi di parte appellata occorre puntualizzare che il comportamento di Atersir sebbene non censurabile in questa sede per le ragioni esposte necessita di una verifica nel merito amministrativo delle scelte operate che hanno visto, come emerge dagli atti di causa, un primo orientamento volto al recupero delle sovra-coperture ed in seguito l’adozione di una serie di atti non rispondenti a detto fine.

Si tratta di valutazioni di merito che esulano dalle valutazioni di legittimità da svolgersi in questa sede e che potranno essere approfondite dagli organi competenti, come a quanto consta dagli atti di causa è avvenuto in relazione alla delibera del 13 ottobre 2023 che ha incrementato il costo dei servizi di spazzamento a favore di determinati Comuni, tra cui Imola, da ripartire sui Comuni di tutto il bacino. E ciò in considerazione di una rimodulazione dei servizi di spazzamento i cui “ maggiori oneri che ne derivano siano distribuiti tra gli utenti dell’intero bacino di gara, in linea con il principio di organizzazione del servizio per bacino territoriale ottimale previsto dalla normativa vigente …anche in considerazione del fatto che qualora tali fabbisogni fossero stati correttamente inseriti già nel monte chilometrico descritto dal bando di gara, il relativo costo sarebbe poi stato suddiviso tra tutti i Comuni del bacino, secondo la medesima logica di attribuzione dei costi che viene utilizzata per passare dai costi descritti dal PEF “di bacino” al PEF di ogni singolo comune e che comprende ragioni perequative che vanno oltre la matematica ripartizione dei costi attribuibili ai singoli territori comunali ”.

La citata delibera ha pertanto dato “ mandato alla struttura tecnica di elaborare idonee simulazioni di ripartizione del costo sopra riportato e pari a 512.116 euro sull’intero bacino di concessione, in conformità al sopra richiamato principio di organizzazione del servizio per bacino territoriale ottimale previsto dalla normativa vigente e in coerenza con le consuete logiche perequative di area vasta già adottate in precedenti atti di questo Consiglio Locale, affinché siano poi applicate a partire dalla prossima pianificazione economico finanziaria del servizio ”.

In quest’ultima delibera può rilevarsi che l’ente di governo si è posto in una ottica perequativa che appare imprescindibile al fine di consentire che le risorse che ciascun Comune versa - e quindi ciascun cittadino a titolo di Tari - trovino una loro “compensazione”. Ne consegue che all’ente di governo ed agli organi di natura politica che lo compongono, che compete, nell’esplicazione di una valutazione di merito, l’individuazione di una soluzione, nella gamma di quelle possibili, che offra maggiori o migliori servizi a favore di quei cittadini che mediante la Tari hanno sopportato i costi dell’ambito anche per i Comuni meno efficienti con il rischio di sovracoperture, auspicabilmente da evitare in generale.

3.1 In relazione alle singole censure riproposte da parte appellata ex art 101 cpa si rileva quanto segue.

A.1) censura contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, di data 23 ottobre 2018

2. Violazione delle modalità procedimentali stabilite nel cronoprogramma previsto dalla delibera 27 luglio 2017, n. 51, del Consiglio d’Ambito di ATERSIR, come sostituita dalla delibera del 25 luglio 2018, n. 56, e del principio dell’accordo con il comune interessato. Difetto di motivazione.

3. Ulteriore violazione procedimentale dell’art. 8, comma 3, lett. d), d.P.R. 158/1999. Necessaria riapertura del procedimento per introdurre i meccanismi di recupero delle sovracoperture.

Le richiamate censure possono essere trattate unitariamente visti i profili di connessione.

In particolare, con le richiamate censure (A.1, sub 2 e 3) l’appellato Comune di Imola rileva che il Consiglio d’Ambito di ATERSIR con delibera 27 luglio 2017, n. 51, aveva deliberato un cronoprogramma per la stesura dei successivi piani economico-finanziari;
cronoprogramma che non è stato rispettato.

Evidenzia che il gestore ha effettivamente avuto dei contatti preliminari con il Comune di Imola, ma non ha fornito il PEF nella sua versione definitiva, che avrebbe poi dovuto consegnare ad ATERSIR entro il termine del 15 novembre, secondo la tempistica della richiamata delibera 51/2017 e soprattutto concordare il suo contenuto anche in ordine alle sovracoperture;
l’assenza dell’accordo dovrebbe comportare un onere di motivazione aggravata.

Segnala inoltre che sono intervenuti dei contatti del gestore (nota del 22 dicembre 2017) con l’Amministrazione comunale senza esito per cui il confronto sulla programmazione si sarebbe risolto nella mera comunicazione della bozza di PEF, poi unilateralmente approvata.

La mancata comunicazione (si veda motivo sub 3) costituirebbe anche una diretta violazione di legge dell’art. 8 d.P.R. n. 158 del 1999, il quale stabilisce infatti, al comma 3, che “ il piano finanziario deve essere corredato da una relazione ” nella quale deve essere indicato, tra l’altro, “ con riferimento al piano dell’anno precedente, l’indicazione degli scostamenti che si siano eventualmente verificati e le relative motivazioni ” (lett. d)

Ritiene infine che l’affermazione della delibera n. 19 del 2018, di approvazione del PEF 2018, secondo cui la pianificazione “ è costruita tenendo conto della procedura individuata dalla deliberazione del Consiglio di ambito n. 51 del 27 luglio 2017 «Procedura per la definizione del percorso approvativo della pianificazione economico finanziaria 2018 e anni seguenti» ” appare una mera formula di stile, non corrispondendo ad un reale contenuto.

I motivi sono infondati.

La mera delibera di adozione di un cronoprogramma (delibera 27 luglio 2017, n. 51) sebbene impegni l’ente di governo non può assumere valore vincolante al fine di determinare un vizio dell’atto successivamente adottato in violazione del richiamato cronoprogramma;
nello specifico i due atti - cronoprogramma e PEF 2018 - promanano dal medesimo Consiglio di ambito che con il successivo atto si è determinato - implicitamente revocando il precedente.

Inoltre, la previsione di un accordo con il Comune sul PEF, richiamato nella delibera 51/2017 non può essere letta come un vincolo avente maggiore valenza di quelli che la legge regionale dispone e che prevede l’approvazione a maggioranza del PEF in sede di Consiglio d’ambito;
peraltro la delibera 51/2017 aveva il prioritario fine di prevedere uno scadenzario alle attività preparatorie del PEF.

Quanto poi alla violazione dell’art 8 d.P.R. 158/1999 essa non può assurgere a vizio invalidante sulla base dell’art. 21 - octies della l. 241/1990;
ossia si tratta di un vizio formale relativo all’ iter procedimentale da seguire la cui ottemperanza non avrebbe reso differente il contenuto degli atti poi legittimamente adottati.

Analogamente quanto all’affermazione della delibera 10/2018 di approvazione del Pef che si ritiene mera affermazione di stile nella parte in cui fa riferimento al tenere conto della richiamata delibera 51/2017;
anche per detta censura valgono le medesime considerazioni sopra svolte in ordine all’applicabilità dell’art 21 - octies l. 241/1990 atteso che, anche in questo caso, si tratta di un vizio formale che non modifica la legittimità degli atti adottati con le maggioranze e secondo l’iter previsti dalla legge regionale.

3.2 Con la censura rubricata “A.2) Censure contenute nei (primi) motivi aggiunti, di data 13 maggio 2019: 2. Violazione delle modalità procedimentali stabilite nel cronoprogramma previsto dalla delibera 27 luglio 2017, n. 51, del Consiglio d’Ambito di ATERSIR, come sostituita dalla delibera del 25 luglio 2018, n. 56, e del principio dell’accordo con il Comune interessato. Difetto di motivazione”, l’appellato Comune di Imola rileva che le modalità di presentazione del PEF 2019 non hanno rispettato quelle originariamente disposte dalla delibera 57/2011, poi modificata nel 2018 con la delibera n. 56 del 25 luglio 2018.

Al riguardo rileva che entro il 15 novembre i gestori della raccolta avrebbero dovuto fornire ad ATERSIR i PEF dell’anno concordati con i Comuni con l’elencazione dei costi comunali e la fornitura delle relazioni di accompagnamento;
al riguardo il Comune, in data 7 febbraio 2019, ha evidenziato delle censure all’operato dell’Agenzia senza ricevere alcun riscontro.

Ritiene inoltre che la controinteressata H S.p.A. avrebbe dovuto non solo tempestivamente anticipare il PEF in via “notiziale” al Comune, ma avrebbe dovuto previamente concordarlo anche in ordine al rientro delle sovracoperture.

In ogni caso avrebbe dovuto, ove per serie ragioni tale accordo non possa essere raggiunto, assolvere ad un onere di motivazione aggravato .

Il motivo è infondato.

Preliminarmente va rilevato che esso è in parte riproduttivo di quanto già evidenziato con la precedente censura dalla quale comunque differisce trattandosi del PEF 2019;
ne consegue che valgono le medesime motivazioni sopra evidenziate, cui si fa rinvio.

Si aggiunge anche che in questo contesto non può perseguirsi una logica di accordo puntuale con ciascun Comune sul PEF neutralizzando quanto disposto dalla legge regionale in materia di funzionamento degli organi dell’ente di governo a maggioranza.

3.3 Con il motivo rubricato: “3.Ulteriore difetto di motivazione in relazione al parere negativo espresso dal Consiglio locale dell’8 marzo 2019, n. 3 e contestuale violazione dell’art. 7, comma 5, lett . c) l.r. n. 23 del 2011” l’appellato Comune rileva che il Consiglio locale di cui all’art 8 della l.r. 23/2011 (costituito dai Comuni della provincia e da quelli confinanti di altre Regioni che siano stati inclusi nell'ambito territoriale ottimale) in data 8 marzo 2019, ha espresso parere negativo rispetto alla programmazione economico-finanziaria per l’anno 2019;
il Consiglio d’ambito (costituito dai Sindaci, Presidenti della Provincia o Amministratori da loro delegati) nella deliberazione di approvazione del PEF 2019 qui impugnata, non ha fornito alcuna motivazione per la differente decisione adottata né ha indicato il segno del parere.

Rileva inoltre che – al momento dell’adozione della delibera del Consiglio d’Ambito – il prescritto parere non era stato nemmeno formalizzato, esprimendo dubbi circa la conoscenza da parte dei membri del Consiglio d’Ambito del contenuto della richiamata delibera del Consiglio locale n. 3 dell’8 marzo 2019.

Il motivo è infondato.

In sede di Consiglio locale per l’espressione del parere sul PEF 2019, come evidenzia l’appellante è stato dato parere negativo ma detta modalità del parere non è stata riportata nella delibera di approvazione del PEF 2019;
l’assenza del richiamo alla natura del parere non inficia la validità della delibera in quanto la legge regionale 23/2011, all’art 7,comma 5, lett . c) prescrive solo che sia sentito il Consiglio locale non prevedendo espressamente alcuna diversa procedura (ad esempio, maggioranza rafforzata) nell’ipotesi in cui detto parere fosse negativo.

Da ciò ne consegue che, sebbene indice di una trascuratezza nella redazione della delibera, detto mancato richiamo non può inficiare la delibera ex art. 21- octies l. 241/1990 trattandosi di un vizio formale che non incide sul contenuto dell’atto;
in tal caso infatti si è registrata la maggioranza per cui la delibera risulta formalmente approvata.

Quanto poi alla mancata formalizzazione del parere del Consiglio locale, cui parte appellata fa riferimento, occorre precisare che si tratta di atto pubblico che fa prova fino a querela di falso e pertanto non si ritiene questa la sede per evidenziare dette carenze;
in disparte il fatto che detta censura non è provata in questa sede.

3.4 Con la censura rubricata “B. Riproposizione della domanda subordinata avanzata in primo grado dal Comune di Imola e non esaminata nella sentenza del Tar Emilia-Romagna (versione contenuta nel ricorso per motivi aggiunti del Comune di Imola di data 13 maggio 2019):

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