Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-05-31, n. 201303014

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-05-31, n. 201303014
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201303014
Data del deposito : 31 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02799/2013 REG.RIC.

N. 03014/2013REG.PROV.COLL.

N. 02799/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2799 del 2013, proposto dall’Ente Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

il signor D G, rappresentato e difeso dagli avvocati A T e R Grida, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Cicerone, 49;

nei confronti di

il Comune di Castellabate in persona del Sindaco pro tempore , non costituito nella presente fase di giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n. 1750/2012, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor D G;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2013 il Cons. Claudio Boccia e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Figliolia e l’avvocato Giuffrida.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor D G presentava in data 30 settembre 1986 al Comune di Castellabate una istanza di condono, ai sensi della legge n. 47 del 1985, relativa ad un fabbricato rurale sito in località San Pietro nel Comune di Castellabate.

L’area sulla quale insiste l’intervento edilizio oggetto di condono è stata inclusa nella zona C2 del vigente Piano del Parco del Cilento e Vallo di Diano.

Nel corso del procedimento relativo all’esame dell’istanza di condono il Comune, in data 9 giugno 2011, chiedeva il parere del predetto Ente Parco, il quale si esprimeva in termini negativi con l’atto n. 12978 del 9 agosto 2011.

2. Con il ricorso n. 1663 del 2011 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania il signor G chiedeva l’annullamento dell’atto dell’Ente Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano deducendo, inter alia, che l’autorità preposta alla tutela del vincolo non avrebbe dovuto rendere il proprio parere in quanto sull’area erano stati apposti vincoli d’inedificabilità sopravvenuti rispetto alla data di realizzazione dell’abuso.

3. Con la sentenza n. 1750 del 2012 il Tar per la Campania accoglieva il predetto ricorso, rilevando che:

- il comma 43 bis dell’articolo 32 del d.l. n. 269 del 2003, come convertito dalla legge n. 326 del 2003 (per il quale “le modifiche apportate con il presente articolo concernenti l’applicazione delle leggi 28 febbraio 1985, n. 47, e 23 dicembre 1994, n. 724, non si applicano alle domande già presentate ai sensi della predetta legge”) avrebbe la finalità di non rendere utilizzabile per le domande di condono edilizio, presentate ai sensi delle predette leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, l’articolo 32 della legge n. 47 del 1985, così come riscritto dallo stesso d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, elidendo in radice l’applicazione del principio “ tempus regit actum”;

- la domanda di condono, pertanto, non andrebbe esaminata tenendo conto della normativa vigente al momento della conclusione del procedimento amministrativo;

- la domanda di condono andrebbe, conseguentemente, esaminata in base alla disciplina che sarebbe stata comunque vigente ove la nuova disposizione non fosse stata introdotta e cioè in base a quanto previsto dalla legge n. 662 del 23 dicembre 1996 che, aggiungendo un terzo comma all’art. 32 della legge n. 47 del 1985, aveva stabilito che il parere delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo fosse dovuto solo qualora il vincolo stesso fosse stato istituito prima dell’abuso.

4. Avverso detta sentenza l’Ente Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano ha proposto appello, rilevando l’erroneità della interpretazione che il giudice di primo grado ha dato del vigente quadro normativo.

Ad avviso dell’Amministrazione appellante, il sopra richiamato comma 43 bis va inteso nel senso che solo per le domande di condono presentate sulla base della “terza normativa sul condono” vanno applicate le disposizioni sostanziali più rigorose previste del d.l. n. 269 del 2003, come convertito dalla legge n. 326 del 2003, mentre nulla è stato innovato con tale normativa rispetto alla regola generale per la quale la domanda di condono va esaminata tenendo conto della sopravvenienza dei vincoli, rispetto alla data di ultimazione dell’abuso.

5. Il signor G si è costituito in giudizio con la memoria del 23 aprile 2013, nella quale, oltre a riproporre il motivo dedotto in primo grado concernente il fatto che il parere reso dall’Ente Parco non era dovuto, essendo il vincolo stato apposto dopo la realizzazione dell’opera abusiva, ha riproposto i medesimi motivi già presentati con il ricorso di primo grado.

6. All’udienza del 17 maggio 2013 il Presidente del Collegio ha rilevato, dandone avviso alle parti presenti, la sussistenza di tutti i presupposti per definire con sentenza il giudizio di secondo grado, avendo peraltro il Collegio ritenuto sufficienti gli atti acquisiti in questo grado del giudizio.

7. Ciò posto, l’appello dell’Amministrazione risulta fondato e va accolto.

Il Collegio osserva che, con la propria sentenza n. 2367 del 30 aprile 2013, è stata decisa una fattispecie in parte analoga a quella di cui è causa.

In tale circostanza il Collegio ha ribadito che, in base alla pacifica giurisprudenza (consolidatasi a seguito della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 20 del 1999) il quadro normativo riconducibile alle disposizioni dei primi due condoni (di cui alle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994) va inteso nel senso che, se nel corso del procedimento di esame della domanda di condono entra in vigore una normativa o è emesso un provvedimento, che determina la sopravvenienza di un vincolo di protezione dell’area in questione, l’autorità competente ad esaminare l’istanza di condono deve acquisire il parere della autorità preposta alla tutela del “vincolo sopravvenuto”, che deve pronunciarsi tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i propri poteri consultivi (Cons. di Stato, Sez. VI, 30 aprile 2013, n. 2367).

Nella predetta sentenza il Collegio ha, altresì, rilevato che “ tale regola […] risulta del tutto condivisibile, poiché - con la disposizione o con l’atto amministrativo sopravvenuto - l’area è specificamente sottoposta ad un regime giuridico di protezione, rispetto al quale va valutata l’incidenza dell’abuso commesso.

Contrariamente a quanto rilevato nella sentenza impugnata, il sopra richiamato comma 43 bis va interpretato tenendo conto della complessiva normativa introdotta col c.d. terzo condono edilizio, di cui al d.l. n. 269 del 2003, come convertito nella legge n. 326 del 2003.

Come è noto, la normativa sul terzo condono ha previsto più rigorosi limiti - sotto vari profili - per l’accoglibilità delle domande, rispetto alle previsioni di cui alle leggi che hanno consentito i due primi condoni.

In assenza dell’art. 32, comma 43 bis, del d.l. n. 269 del 2003, come convertito nella legge n. 326 del 2003, in sede interpretativa si sarebbe dovuto ritenere che - a seguito dell’entrata in vigore della normativa “più restrittiva” sul terzo condono e della abrogazione delle disposizioni “più favorevoli” agli autori degli abusi, contenute nelle leggi sui primi due condoni - le disposizioni sostanziali sopravvenute più restrittive si sarebbero dovute applicare anche in sede di valutazione delle domande di condono proposte in base alle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994, in applicazione del principio tempus regit actum (per il quale una domanda di sanatoria, tranne i casi in cui la legge esiga la c.d. doppia conformità, va esaminata tenendo conto della situazione di fatto e di quella di diritto sussistente alla data in cui è definito il procedimento).

Per evitare tale conseguenza, e cioè per consentire la perdurante applicabilità della normativa sostanziale più favorevole prevista dalle leggi sui primi due condoni (malgrado la “stretta” decisa dal legislatore del 2003, sulla base della sua discrezionalità, in considerazione delle esigenze di salvaguardia del territorio), il sopra richiamato art. 32, comma 43 bis, ha dunque disposto che le istanze di condono - presentate in base alle prime due leggi del 1985 e del 1994 - continuassero a dover essere esaminate sulla base della normativa sostanziale anteriore a quella (più restrittiva) contenuta nella legge n. 326 del 2003: in tal modo, l’art. 32, comma 43 bis, nulla ha innovato sul quadro normativo riconducibile alle leggi sui due primi condoni, come interpretato dalla Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 20 del 1999.

D’altra parte, sarebbe stata palesemente incostituzionale (per contrasto con gli artt. 3, 9 e 117, secondo comma, Cost.) una disposizione statale che avesse inteso porre nel nulla i poteri consultivi delle autorità preposte alla tutela del vincolo, il cui esercizio era stato a lungo impedito dalla inerzia degli enti locali.

Pertanto, il medesimo comma 43 bis non ha affatto inciso sui poteri delle autorità preposte alla tutela dei vincoli, imposti con legge o con atto amministrativo in un’area sulla quale è stato in precedenza commesso un abuso edilizio, né ha inciso sul loro dovere di constatare la presenza del vincolo di inedificabilità assoluta (con cui la disposizione di legge o l’atto amministrativo hanno imposto l’immodificabilità dei luoghi e dunque la insanabilità degli abusi ancora esistenti) ”.

Per quanto sin qui esposto l’appello è da ritenersi fondato e va, pertanto, accolto e, conseguentemente, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il motivo del ricorso di primo grado accolto dal TAR.

Deve pertanto passarsi all’esame delle censure assorbite dal TAR e riproposte in questa sede dall’appellato.

8. Ritiene al riguardo il Collegio che è necessario, al fine del decidere, acquisire preliminarmente dall’Ente Parco una relazione tecnica che indichi lo specifico contenuto delle previsioni del Piano per il parco riguardanti l’area in cui insiste il manufatto di proprietà del signor G e le conseguenti caratteristiche di edificabilità dell’area medesima.

La predetta relazione, da redigersi a cura del Direttore dell’Ente Parco Nazionale del Cilento e del vallo di Diano, dovrà essere depositata nel termine di 60 giorni dalla comunicazione amministrativa ovvero dalla notificazione, se anteriore, della presente sentenza.

9. Il Collegio si riserva ogni altra decisione in rito e sulle spese alla definizione del merito della causa.

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