Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-04-04, n. 201102104

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-04-04, n. 201102104
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201102104
Data del deposito : 4 aprile 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10706/2002 REG.RIC.

N. 02104/2011REG.PROV.COLL.

N. 10706/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10706 del 2002, proposto da:
E.N.I. Sp,a. (gia' Agip Petroli S.p.A.), rappresentato e difeso dagli avv. D A, G V, con domicilio eletto presso D A in Roma, via G.Nicotera 29;

contro

Comune di Roma, rappresentato e difeso dall'avv.N S, domiciliata per legge in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Regione Lazio, Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., Cotral-Compagnia Trasporti Laziali Societa' Regionale S.P.A;
Atac-Agenzia Per i Trasp.Autoferrotranviaria Comune Roma Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Luciano Cappella, con domicilio eletto presso Luciano Cappella in Roma, via dei Giuochi Istmici N.28;

nei confronti di

Provincia di Roma, rappresentata e difesa dall'avv.Massimiliano Sieni, domiciliata per legge in Roma, via IV Novembre, 119/A;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 08241/2002, resa tra le parti, concernente ACQUISIZIONE AREE PER RISTRUTTURAZIONE DEPOSITO ATAC


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2011 il Cons. S D F e uditi per le parti gli avvocati D A, N S, Luciano Cappella Massimiliano Sieni e Andrea Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio la società Agip Petroli spa agiva per l’annullamento dell’accordo di programma dell’11 novembre 1997, relativo alla riqualificazione dell’area della stazione Tiburtina, nella parte in cui si prevedeva l’acquisizione di aree di proprietà della ricorrente.

In tali atti si prevedeva il potenziamento del deposito dell’Atac di Portonaccio, che avrebbe comportato tale acquisizione per area di metri quadrati 12.764 sulla quale insistono fabbricati per complessivi mq.1775 destinati a uffici e magazzini, nonché una stazione di servizio carburanti e manufatti vari.

Con l’accordo di programma dell’8 marzo 2000 (e suoi atti presupposti) impugnato con motivi aggiunti, si disponeva un ridimensionamento dell’intervento rispetto alle previsioni iniziali, ferma restando la destinazione a deposito Atac dell’area appartenente alla società Agip.

Con il ricorso e con successivi motivi aggiunti venivano dedotti i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, deducendo, tra l’altro, la mancanza della necessaria partecipazione, l’illegittimità della iniziativa in capo al Comune, mancanza dei termini rispetto ai tempi del Giubileo, illegittimità della determinazione di nuovi termini per la realizzazione dell’attività giubilare, mancanza dei termini iniziali per lavori e espropri, mancanza di motivazione, difetto dei presupposti, illogicità della scelta.

Il giudice di primo grado dichiarava la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, relativamente alla parte del ricorso diretta contro l’accordo di programma dell’11 novembre 1997, in quanto era intervenuto in data 8 marzo 2000 un nuovo accordo, sostitutivo del precedente, e pertanto il ricorso restava in piedi esclusivamente per la parte diretta contro l’accordo del 2000.

Per il resto, il giudice di primo grado rigettava il ricorso ritenendolo infondato sulla base della seguente considerazione: l’area di proprietà della ricorrente aveva già una destinazione urbanistica a servizi pubblici di carattere generale, sicchè essa già era suscettibile di tale destinazione, che poteva consistere in una attività urbanistica di tipo secondario.

Inoltre, venivano rigettati perché infondati, gli altri motivi, relativi alla scelta della localizzazione del deposito dell’ATAC (primo motivo), all’aumento di volumetria (secondo motivo), alla partecipazione degli interessati (terzo motivo), alla competenza del Comune circa la iniziativa dell’accordo (quarto motivo), alla mancata indicazione dei termini (quinto motivo), al difetto di motivazione (sesto motivo).

Avverso tale sentenza, ritenendola errata e ingiusta, propone appello la medesima società Agip deducendo le seguenti doglianze di appello.

Con un primo motivo di appello la appellante contesta la dichiarazione di improcedibilità, nella quale il primo giudice ha ritenuto che l’accordo di programma dell’11 novembre 1997 fosse stato integralmente sostituito dall’accordo di programma dell’8 marzo 2000;
al contrario, secondo l’appello, dai riferimenti letterali, si evince che il secondo accordo presuppone e integra quello precedente e non è da ritenersi integralmente sostitutivo del medesimo.

Confidando nell’accoglimento di tale motivo di appello relativo alla erronea dichiarazione di inammissibilità, vengono riproposte le censure non esaminate in primo grado e relative all’accordo del 1997.

Con altri motivi di appello si deduce la erroneità delle conclusioni del primo giudice relative al fatto che l’area di proprietà dell’Agip aveva già una destinazione urbanistica a servizi pubblici di carattere generale;
inoltre, si deduce che, diversamente da quanto ritenuto dal Tar, nella specie l’accordo di programma non si limita a localizzare l’opera pubblica ma conferisce conformità urbanistica all’intervento completando la fattispecie dichiarativa della pubblica utilità.

Viene reiterata la censura con la quale si lamenta che si sarebbe dovuto riconsiderare l’intervento, a seguito della previsione della acquisizione e bonifica dell’area ex Agip in funzione compensativa (verbale della conferenza di servizi dell’11 maggio 1998 al punto 10) e della deliberazione n.52 del 28 febbraio 2000 di controdeduzioni al Piano di assetto dell’area, in cui viene riferita la esigenza che “l’area destinata alla ristrutturazione del deposito di Portonaccio sia ampliata per riportarla alla superficie originariamente richiesta da Atac”.

Viene reiterato il motivo, rigettato in prime cure, con il quale si deduce la censura di eccesso di potere (pagina 8 e pagina 9 dell’atto di appello) per illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione della scelta di potenziare il deposito di Atac.

Con altro motivo di appello viene riproposto il motivo con il quale si lamenta la mancanza della necessaria partecipazione, in quanto sarebbe errato l’assunto del primo giudice di ritenere che l’accordo di programma aveva soltanto natura pianificatoria;
al contrario, nella specie, l’accordo di programma implicherebbe dichiarazione di pubblica utilità.

Con altro motivo di appello, viene riproposto il motivo che attiene alla incompetenza del Sindaco ad essere il promotore della iniziativa dell’accordo di programma, in quanto competente avrebbe dovuto essere l’Amministrazione dei trasporti, facendosi sempre riferimento al fatto che il nuovo assetto dell’area della stazione Tiburtina la rende nodo centrale di Roma per la TAV (l’alta velocità).

Viene reiterato il motivo con il quale si lamenta la mancanza dei termini di cui all’art. 13 L.n.2359 del 1865, connessi all’atto che comporta la dichiarazione di pubblica utilità;
con ultimo motivo di appello si lamenta il difetto di motivazione adeguata, che deve essere vista non rispetto alle esigenze ferroviarie, ma rispetto alla esigenza di incrementare nell’area cittadina da riqualificare un deposito Atac anche per la manutenzione dei mezzi, e ciò in contrasto con la tendenza anche urbanistica a dislocarli fuori dell’area urbana.

Si è costituito il Comune di Roma chiedendo la inammissibilità dell’appello, perché in alcuni punti si limita al rinvio al ricorso originario e in ogni caso chiede il rigetto dell’appello perché infondato.

Si è costituita altresì l’Amministrazione Provinciale di Roma chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Si è costituita altresì la Atac spa chiedendo il rigetto dell’appello siccome infondato.

Il Comune di Roma con nota integrativa del 4 marzo 2009 ha ribadito la piena attualità dell’intervento in questione.

L’appellante società (Eni spa, succeduta a Agip spa) con memoria depositata in data 4 febbraio 2011 ha replicato alle eccezioni di parziale inammissibilità dell’appello sollevate dal Comune di Roma, perché l’atto sarebbe stato effettuato con rinvio solo per relationem al ricorso originario, deducendo che al contrario vi è stata una esposizione specifica dei mezzi di appello;
per il resto insiste nella richiesta di accogliere il proposto appello.

Alla udienza di discussione dell’8 marzo 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Si può prescindere dall’esame dell’ammissibilità o meno dell’appello, in quanto esso è infondato e come tale da rigettare.

Con un primo motivo di appello la appellante contesta la dichiarazione di improcedibilità, nella quale il primo giudice ha ritenuto che l’accordo di programma dell’11 novembre 1997 fosse stato integralmente sostituito dall’accordo di programma dell’8 marzo 2000;
al contrario, secondo l’appello, dai riferimenti letterali, si evincerebbe che il secondo accordo presuppone e integra quello precedente e non è da ritenersi integralmente sostitutivo del medesimo.

Confidando nell’accoglimento di tale motivo di appello relativo alla erronea dichiarazione di inammissibilità, vengono riproposte le censure non esaminate in primo grado e relative all’accordo del 1997.

Il motivo, ad opinione del Collegio, è chiaramente infondato.

Va confermata la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse pronunciata, sia pur sinteticamente, dal giudice di primo grado.

Se è evidente che il secondo accordo di programma si pone in una linea di continuità con il precedente e quindi con le precedenti scelte infrastrutturali e urbanistiche, è altrettanto evidente che esso assuma una sua autonomia tecnico-giuridica, come d’altronde riconosce la medesima ricorrente originaria con i motivi aggiunti proposti avverso l’accordo di programma del 2000, laddove si prende atto delle modifiche significative (“pur avendo subito un ridimensionamento complessivo rispetto alle previsioni iniziali”).

D’altronde, nel nuovo accordo vengono sottolineate nuove osservazioni, nuova autonomia urbanistica (il gruppo di progettazione urbanistica istituito in data 4 dicembre 1998 dopo il precedente accordo dell’11 novembre 1997), nuova istruttoria (Piano di assetto pubblicato e controdedotto con delibera C.C. 52 del 2000), nuova autonomia soprattutto funzionale (non potendo l’intervento più considerarsi soltanto “giubilare” ai sensi della legge 651 del 1996, essendo oramai esaurito il periodo di riferimento).

In ogni caso, il Collegio, per completezza, fa presente che molte delle censure, che restano da non esaminare, atteso il rigetto del primo motivo di appello, sono comuni alle censure sollevate anche nei confronti dell’accordo del 2000 (difetto di partecipazione, mancanza dei termini, incompetenza del Sindaco).

2.Con altri motivi di appello si deduce la erroneità delle conclusioni del primo giudice, relative al fatto che l’area di proprietà dell’Agip aveva già una destinazione urbanistica a servizi pubblici di carattere generale, perché le NTA del PRG prevedono che (art. 14 punto 3 lettera d) sono consentiti interventi che non comportino aumenti di cubatura.

Il motivo è infondato.

Come ha osservato correttamente il giudice di primo grado, una volta che già storicamente da tempo risalente (dall’8 agosto 1974) l’area Agip aveva ricevuto una destinazione urbanistica preordinata alla espropriazione, perché relativa a servizi pubblici di carattere generale, è evidente che da un lato non sussiste interesse a contestare la localizzazione dell’intervento, già consentita, e che dall’altro lato, sarà soltanto avverso i successivi ed eventuali atti determinativi in concreto dell’opera pubblica che potranno appuntarsi censure o rilievi relativi alla specifica quantificazione dell’area da espropriare (sulla differenza tra il momento di localizzazione dell’opera e il momento di approvazione del progetto, comportante dichiarazione di pubblica utilità, si veda, tra tante Consiglio Stato , sez. IV, 05 aprile 2003 , n. 178).

3.Con altro motivo si deduce che, diversamente da quanto ritenuto dal Tar, nella specie l’accordo di programma non si limita a localizzare l’opera pubblica ma conferisce conformità urbanistica all’intervento completando la fattispecie dichiarativa della pubblica utilità.

Il motivo è infondato, sulla base della normativa invocata da parte appellante, nonché della medesima giurisprudenza che essa richiama.

La legge 15 dicembre 1990 n. 396 all’art. 3 disciplina l’istituto dell’accordo di programma per interventi del tipo in questione.

L’articolo 4 della medesima legge disciplina la conferenza di servizi, prevedendo che per la attuazione di tali interventi è la approvazione del progetto, che avviene in conferenza o all’esito della medesima, a comportare tutti gli effetti di legge (terzo comma dell’articolo 4 della legge richiamata), e non il presupposto accordo di programma, sicchè ne viene smentita la interpretazione di parte appellante di ritenere concretata la dichiarazione di pubblica utilità già al momento di adozione dell’accordo di programma.

Dal precedente giurisprudenziale richiamato dalla medesima parte appellante (Cons. Stato, IV, 7 ottobre 1998, n.1289) si desume che l’accordo di programma necessita per la sua esecuzione, come bene aveva osservato il primo giudice, di essere declinato in fase attuativa con gli atti successivi, ai quali soltanto può affidarsi la valenza di contenere la dichiarazione di pubblica utilità.

Gli articoli 1° e 13 dell’accordo di programma del 2000 prevedevano che “i termini saranno stabiliti in sede di approvazione dei progetti della conferenza di servizi” e che i progetti relativi agli interventi di cui all’accordo sarebbero stati approvati nella sede loro propria ai sensi dell’art. 4 L.n.396 del 2000.

Ne deriva, da quanto osservato in precedenza, la infondatezza delle censure con le quali si lamenta, già rispetto alla fase dell’accordo di programma, la mancanza della necessaria partecipazione e la esigenza della fissazione dei termini.

4.Con l’appello viene reiterata la censura con la quale si lamenta che si sarebbe dovuto riconsiderare l’intervento, a seguito della previsione della acquisizione e bonifica dell’area ex Agip in funzione compensativa (verbale della conferenza di servizi dell’11 maggio 1998 al punto 10) e della deliberazione n.52 del 28 febbraio 2000 di controdeduzioni al Piano di assetto dell’area, in cui viene riferita la esigenza che “l’area destinata alla ristrutturazione del deposito di Portonaccio sia ampliata per riportarla alla superficie originariamente richiesta da Atac”.

Il motivo è infondato, in quanto finisce per ingerirsi nelle scelte discrezionali di tipo pianificatorio, riservate all’amministrazione.

In materia di programmazione degli assetti del territorio, l'amministrazione gode di un ampio potere discrezionale, senza necessità di motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree, con la conseguenza che tali scelte possono essere censurate soltanto in presenza di vizi logico-giuridici nel quadro delle linee portanti della pianificazione;
pertanto, il privato che si ritenga leso da una scelta di piano non favorevole ai suoi interessi in ordine alla destinazione data a una certa area di sua proprietà, non può chiedere ragione della scelta amministrativa, in quanto il sistema non tutela la pretesa a una giustificazione analitica delle scelte amministrative fondata sulla violazione dell'affidamento del privato in ordine all'edificabilità di una determinata area (tra tante, Consiglio Stato , sez. IV, 18 giugno 2009 , n. 4024).

Lo stesso principio – della insindacabilità delle scelte discrezionali dell’amministrazione in sede di localizzazione degli interventi, salvi gli estremi di illogicità palese o manifesta irrazionalità - può ribadirsi rispetto al motivo, rigettato in prime cure, con il quale si deduce la censura di eccesso di potere (pagina 8 e pagina 9 dell’atto di appello) per illogicità, contraddittorietà e difetto di motivazione adeguata della scelta di potenziare il deposito di Atac (motivo sostenuto perché si dovrebbe avere riguardo, al contrario, secondo la prospettata tesi, alla esigenza di incrementare nell’area cittadina da riqualificare un deposito Atac anche per la manutenzione dei mezzi, piuttosto che alle esigenze ferroviarie).

5.Con altro motivo di appello viene riproposto il motivo che attiene alla incompetenza del Sindaco ad essere il promotore della iniziativa dell’accordo di programma, in quanto competente avrebbe dovuto essere l’Amministrazione dei trasporti, facendosi sempre riferimento al fatto che il nuovo assetto dell’area della stazione Tiburtina è che essa è nodo centrale di Roma per la TAV (l’alta velocità).

Il motivo è infondato.

A parte la considerazione che tale motivo è in contraddizione con l’altro assunto, con il quale si sostiene che non si sarebbe dovuto tenere conto delle esigenze ferroviarie nelle scelte dell’amministrazione, la normativa in questione (art. 3 della legge 396 del 1990) prevede, tra i possibili soggetti proponenti degli accordi di programma anche e proprio il Sindaco di Roma, del quale è difficile contestare la competenza per interventi quale quello esaminato, oggetto dell’accordo di programma.

6.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto, con conferma della impugnata sentenza.

A causa della particolarità della fattispecie, sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio del presente grado.

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