Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-07-06, n. 201004312

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-07-06, n. 201004312
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201004312
Data del deposito : 6 luglio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10439/2009 REG.RIC.

N. 04312/2010REG.SEN.

N. 10439/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso r.g.n. 10439/2009, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla:
Casa di cura C.G. Ruesch s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti F M e G T, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, largo Arenula, 34;



contro

Regione Campania, in persona del presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. M L e domiciliata per legge in Roma, via Poli, 29;
A.s.l. Napoli 1, in persona del legale rappresentante in carica, e Gestione liquidatoria ex U.s.l. 37 della Campania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, entrambe rappresentate e difese dall'avv. Lidia Buondonno, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Poli, 29;



per l’ottemperanza

alla decisione del Consiglio di Stato, sezione V, n. 04237/2009, resa tra le parti e concernente il risarcimento dei danni a seguito della risoluzione del convenzionamento con una casa di cura .


Visto il ricorso in appello ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio della regione Campania, dell’A.s.l. Napoli 1 e della Gestione liquidatoria ex U.s.l. 37 della Campania;

visti tutti gli atti e le memorie di causa;

relatore, nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2010, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, gli avvocati Merlino, Terracciano e Lacatena, quest’ultimo in proprio e per delega di Buondonno;

ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.




FATTO

A) - La sentenza di primo grado aveva rigettato il ricorso della Casa di cura C.G. Ruesch s.p.a., proposto per ottenere, ex art. 35, d.lgs. 31.3.1998, n. 80, e s.m.i., il risarcimento del danno asseritamente derivante dalla delib. n. 278 adottata dalla ex U.s.l. 37 (ora A.s.l. Napoli 1) della Campania in data 28.4.1993, la quale aveva dichiarato risolto il rapporto di convenzionamento in essere tra la Casa di cura e il S.s.n., ai sensi dell’art. 44, legge n. 833/1978, ma era poi stata dichiarata illegittima ed annullata, in via definitiva, con decisione di questo Consiglio di Stato, sezione V, n. 2755/2005, resa il 30.5.2005 ed assunta dall’appellante come presupposto dell’azione risarcitoria.

Tale pronuncia aveva accertato l’illegittimità del provvedimento, rilevando la sussistenza della responsabilità delle appellate nei confronti della Casa di cura ed evidenziando come l’illegittimità della nota di risoluzione del rapporto da parte dell’U.s.l. andasse valutata “sulla base dei principi di correttezza e buona fede che sovrintendono a qualunque rapporto convenzionale e che devono permeare il comportamento dei contraenti… la circostanza che il rapporto intercorrente tra l’Istituto Clinico e il S.s.n. vada inquadrato nell’ambito delle concessioni di pubblico servizio, con la conseguenza che in forza di un tale atto la p.a. viene a trovarsi in una posizione particolare e privilegiata rispetto all’altra parte in quanto dispone, oltre che dei diritti e della facoltà che nascono comunemente dal contratto accessivo al provvedimento concessorio, dei pubblici poteri che derivano direttamente dalla necessità di assicurare il pubblico interesse in quel particolare settore cui inerisce la concessione, non può inficiare il richiamo al principio di correttezza di cui all'art. 1175, c.c., al quale devono essere improntati i rapporti tra le parti, e non introduce elementi di natura tipicamente privatistica, ove si consideri che anche l’azione della pubblica amministrazione dev’essere svolta nel rispetto delle regole di correttezza e trasparenza (cfr. C.S., sez. IV, dec. 13 luglio 2000 n. 3910)…La causa risolutiva da parte dell’amministrazione non può essere individuata in una dichiarazione di rinuncia del privato che, subito precisata nella portata, era, in realtà, dettata e condizionata espressamente da una necessità imposta da sopravvenienze normative che avevano indotto poi il concessionario, alla luce delle successive interpretazioni giurisprudenziali, a considerarla, prima della deliberazione dell’amministrazione, priva di qualunque effetto, con la conseguente affermazione della piena volontà di proseguire nel rapporto”.

La decisione citata aveva concluso che “Il comportamento dell’U.s.l., che si è determinata a considerare risolto il rapporto con l’Istituto clinico appellante motivando in base alla comunicazione di rinuncia della Casa di cura del 28 gennaio, contrasta, per quanto considerato, con i sopra ricordati obblighi di correttezza e buona fede”.

Risultava in atti come la Clinica avesse richiesto all’A.s.l. di ripristinare il rapporto di convenzionamento, già all’esito dell’ordinanza n. 1565 del T.a.r. Campania di sospensione del provvedimento di risoluzione del convenzionamento, e che, con istanza del 6.2.1995, assunta al protocollo generale dell’A.s.l. Napoli 1 al n. 379 del 20.2.1995, l’appellante aveva chiesto l’accreditamento provvisorio previsto dalla legge n. 724/1994 (sostituente il previo regime di convenzionamento), dichiarando di accettare il sistema di remunerazione a prestazione in base a tariffe predeterminate.

L’accreditamento era stato riconosciuto dalla p.a. soltanto nell’ottobre 2006, dopo la declaratoria d’illegittimità della risoluzione del convenzionamento di cui alla citata pronuncia di questa sezione V n. 2755/2005.

B) - La sentenza gravata aveva rigettato tutte le richieste risarcitorie della Clinica sulla base delle seguenti due argomentazioni:

a) la deliberazione di risoluzione della convenzione n. 278 del 28.4.1993 era stata sospesa dal T.a.r. Campania, Napoli, con ordinanza n. 1565 del 6.7.1993, in accoglimento dell’istanza cautelare proposta dalla Clinica, con la conseguenza che essa sarebbe stata “deprivata fin dall’origine sul piano giuridico dell’attitudine a produrre alcun effetto nei confronti della società ricorrente” e che il rapporto di convenzionamento doveva intendersi ripristinato; il pregiudizio subìto dalla Ruesch s.p.a. sarebbe derivato esclusivamente dalla scelta di non avvalersi della tutela cautelare chiesta ed ottenuta, così escludendosi qualsivoglia responsabilità in capo all’A.s.l. ed alla regione;

b) avendo la società chiesto il risarcimento dei danni derivanti dalla deliberazione di risoluzione del convenzionamento, il giudizio non avrebbe potuto “essere esteso alla legittimità e liceità delle circostanze e delle ragioni che hanno successivamente determinato il mancato o il negato riconoscimento dell’accreditamento provvisorio”.

C) - La Clinica interponeva appello per:

a - “errore sul fatto – errore di giudizio – difetto di motivazione – illogicità (sulla pretesa reintegrazione del rapporto convenzionale ad opera dell’ordinanza del

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