Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-12-21, n. 202211150

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-12-21, n. 202211150
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202211150
Data del deposito : 21 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/12/2022

N. 11150/2022REG.PROV.COLL.

N. 06831/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6831 del 2022, proposto dalla società MA.TA.CA S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G P e M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, via Giovanni Vitelleschi, n. 26;

contro

il Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

della Società italiana per condotte d’acque in amministrazione straordinaria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Giorgio Vercillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del suindicato difensore in Roma, piazza di Spagna, n. 15;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. IV- bis , 23 giugno 2022 n. 8482, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio del Ministero dello sviluppo economico e della Società italiana per condotte d’acque in amministrazione straordinaria nonché i documenti prodotti;

Esaminate le ulteriori memorie depositate dalle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 15 settembre 2022 il Cons. S T e uditi, per le parti, gli avvocati M C, G P e Giorgio Vercillo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello n. R.g. 6831/2022 la società MA.TA.CA S.r.l. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sez. IV- bis , 23 giugno 2022 n. 8482, con cui il predetto Tribunale amministrativo adito ha rilevato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso di primo grado proposto dalla odierna società appellante.

2. – Occorre premettere che con decreto del Ministero dello sviluppo economico in data 6 agosto 2018 la Società italiana per le condotte d’acqua S.p.a. veniva ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ex art. 3, comma 3, d.l. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modificazioni dalla l. 18 febbraio 2004, n. 39 (recante Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza).

Va detto che la società Condotte detiene l’intero capitale sociale di Tenuta Roncigliano Società Agricola a responsabilità limitata ed è altresì proprietaria del complesso immobiliare sito in Mazzano Romano, Località Sant’Arcangelo.

La società Ma.Ta.Ca. S.r.l ha preso parte alla procedura presentando all’organo commissariale offerta vincolante.

3. - Con il ricorso di primo grado la suddetta società ha chiesto l’annullamento dei seguenti atti: 1) la nota prot. 1285/ COMM del 17 maggio 2022 adottata dai commissari straordinari della Società italiana per le condotte d’acqua S.p.a. in amministrazione straordinaria;
2) il provvedimento del Ministero dello sviluppo economico del 16 maggio 2022;
3) la nota prot. 1285/COMM;
4) oltre ad ogni ulteriore atto di interesse, ivi incluse le note prot. n. 971/COMM dell’11 aprile 2022 e prot. n. 985/COMM del 13 aprile 2022, adottati per la vendita della partecipazione nel capitale sociale di Tenuta Roncigliano Società Agricola S.r.l. e del complesso immobiliare Sant’Arcangelo.

In particolare nel giudizio di primo grado vengono contestati gli atti con cui la società Condotte non ha ritenuto conclusa la vendita con la società Ma.Ta.Ca. S.r.l e ha invitato la stessa a partecipare alla successiva fase di rilanci in concorrenza con altri soggetti.

4. - Il giudizio di primo grado veniva definito con sentenza resa in forma semplificata con la quale il TAR ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo atteso che “ secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, di cui il Collegio prende atto, i contratti che portano alla cessione di detti beni dell’impresa amministrata “sono a tutti gli effetti negozi di diritto privato per conto della impresa, ancorché conclusi a seguito di una fase procedimentalizzata”;
tali contratti, non suscettibili di essere equiparati ai contratti ad evidenza pubblica, sono assoggettati alla disciplina privatistica;
pertanto, sussiste “contro gli atti ed i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria […], la giurisdizione del giudice ordinario
(Cass. civ., Sez. Un., n.13451/2017;
v. anche Cons. Stato n. 3527/2017)
” (così nella sentenza n. 8482/2022).

5. - Propone quindi appello la società Ma.Ta.Ca. S.r.l. sostenendo l’erroneità della suddetta sentenza.

La società appellante, in primo luogo, ritiene erronea detta sentenza nella parte in cui dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore della giurisdizione del giudice ordinario.

L’appellante ritiene che la vicenda in esame rientri fra le fattispecie disciplinate nell’art. 63, d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 rubricato “ Vendita di aziende in esercizio ” che devono distinguersi dalla differente ipotesi disciplinata nell’art. 62 dello stesso decreto legislativo rubricato “ Alienazione di beni ”.

Nel caso di specie l’appellante asserisce che la sua posizione qualificata origina non già da preesistenti diritti soggettivi di credito nei confronti della società in amministrazione straordinaria, ma dalla partecipazione quale offerente aggiudicatario a procedura pubblicistica avente a oggetto l’assegnazione di beni aziendali. Sostiene di conseguenza che le due fattispecie afferiscono a contesti di tutela differenziati, su cui si radicano le diverse competenze giurisdizionali: in un caso si tratta di tutelare un diritto di credito, nell’altro una posizione qualificata e legittimante connessa all’espletamento di procedura comparativa pubblicistica. Per la società appellante tale ultima ipotesi si configura nel caso di specie ed è di conseguenza attratta nell’alveo della giurisdizione amministrativa.

6. - Si è costituita in giudizio la Società Condotte che ritiene pacifica nel caso di specie la giurisdizione del giudice ordinario. La Società appellata ritiene, contrariamente a quanto sostenuto da parte della società appellante, che ai fini del riparto della giurisdizione non assume alcun rilievo la distinzione operata tra alienazione di beni ai sensi dell’art. 62 d.lgs. 270/1999 e vendita di aziende in esercizio ai sensi del successivo art. 63. Le due disposizioni, infatti, sono sorrette dalle medesime finalità, ovvero la salvaguardia del patrimonio produttivo attraverso la ristrutturazione o la cessione del compendio aziendale, nonché parallelamente per la migliore soddisfazione dei creditori attraverso la liquidazione dell’attivo nella misura più proficua. Pertanto non può ritenersi fondata l’argomentazione di controparte secondo cui l’art. 65 d.lgs. 270/1999, che radica la giurisdizione del giudice ordinario troverebbe applicazione solo con riferimento alle vendite di cui all’art. 62.

7. - Si è costituito nel presente giudizio di appello anche il Ministero dello sviluppo economico che chiede il rigetto dell’istanza cautelare, pure proposta dalla società appellante, non potendosi ravvisare nessun pregiudizio grave e irreparabile per l’appellante, posto che la società appellante non può vantare nessun legittimo affidamento che possa ritenersi pregiudicato dagli atti successivi alla presentazione della sua offerta migliorativa. Il Ministero sostiene che gli atti impugnati sono stati adottati in piena conformità con l’Avviso e il Disciplinare della procedura, pertanto l’appello risulta infondato poiché non si rileva alcuna violazione della lex specialis.

8. - L’appello va respinto.

Il Collegio rileva che conformemente a quanto statuito dal Giudice di prime cure la cognizione della presente controversia spetti alla giurisdizione del giudice ordinario.

Ai sensi dell’art. 65 d.lgs. 270/1999 contro gli atti ed i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria è ammesso ricorso al tribunale in confronto del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati ”.

In argomento le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che “ Tale norma attribuisce in modo inequivocabile al giudice ordinario le controversie riguardanti la lesione di diritti soggettivi in ordine alla fase liquidatoria procedimentale. Va peraltro chiarito che nel corso della liquidazione non necessariamente i diritti soggettivi restano tali in ogni fase della stessa. La procedura di amministrazione straordinaria coinvolge infatti interessi pubblici e diritti soggettivi tra loro connessi ed interdipendenti, per cui ci sono momenti in cui i diritti soggettivi dei creditori, accertati in sede di verifica dello stato passivo, permangono come tali ed altri, invece, in cui appaiono soggetti a degradare in interessi legittimi a fronte di valutazioni discrezionali delle Autorità competenti che normalmente dovrebbero individuarsi nella decisione di vendere i beni e nell'individuazione dell'acquirente. Al di fuori del momento in cui intervengono i detti poteri i diritti soggettivi restano di regola come tali ” (cfr. Cass., Sez. un., 24 novembre 2015 n. 23894).

E’ vero che gli articoli 62 e 63 d.lgs. 270/1999 contengono regole di carattere procedimentale volte a garantire che l'alienazione dei beni dell'impresa insolvente sia effettuata con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo e che, a tal fine, occorre che il valore dei beni sia preventivamente determinato da un perito e che in certe condizioni si effettuino adeguate forme di pubblicità per la vendita al fine di ottenere la maggior partecipazione possibile di soggetti interessati all'acquisto. Nondimeno in materia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto che “ l'amministrazione straordinaria è in ogni caso una procedura liquidatoria che riguarda imprese private e che si attua secondo i principi, ed in parte le regole delle procedure concorsuali. L'intervento e la gestione da parte della pubblica amministrazione è giustificato esclusivamente dal fatto che, in ragione delle dimensioni della impresa sottoposta alla procedura in esame, la sua liquidazione possa produrre effetti rilevanti nell'ambito del settore produttivo nazionale così come riguardo ai livelli occupazionali. Sta di fatto, tuttavia, che detti interessi pubblici non investono direttamente la pubblica amministrazione in quanto tale. Si vuole dire che la liquidazione riguarda beni che appartengono alla impresa privata sottoposta alla amministrazione e non già alla pubblica amministrazione e che i contratti che portano alla cessione di detti beni sono dei contratti a tutti gli effetti di diritto privato stipulati dai commissari per conto della impresa, ancorché a seguito di una fase procedimentalizzata in cui interviene la pubblica amministrazione che deve dare il suo consenso all'atto liquidatorio. Ciò conseguentemente comporta che i contratti in questione non sono suscettibili di essere equiparati e tanto meno assimilati ai contratti ad evidenza pubblica ” (cfr, tra le molte, Cassazione, Sez. un., n. 23894/2015, cit.;
in tal senso si veda anche Cass, Sez. un., 6 ottobre 2020 n. 21433, 29 maggio 2017 n. 13451 e 27 maggio 2009 n. 12247 nonché Cons. Stato, Sez. VI, 18 luglio 2017 n. 3527).

9. - Dalle considerazioni che precedono discende che le censure dedotte sono infondate non essendovi nelle attività in contestazione profili riconducibili all’esercizio di poteri pubblicistici (in ottica di “salvataggio” dell’impresa) ma limitandosi l’amministrazione alla verifica della legittimità dell’operato degli organi commissariali della procedura liquidatoria che l’appello va pertanto respinto, con conferma della sentenza di primo grado qui gravata.

Le spese seguono la soccombenza, in virtù del principio di cui all’art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., di talché la società MA.TA.CA S.r.l. va condannata a rifondere le spese del grado di appello in favore del Ministero dello sviluppo economico e della Società italiana per condotte d’acque in amministrazione straordinaria che possono liquidarsi nella misura complessiva di € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

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