Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-11-18, n. 201106095

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-11-18, n. 201106095
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201106095
Data del deposito : 18 novembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07310/2006 REG.RIC.

N. 06095/2011REG.PROV.COLL.

N. 07310/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7310 del 2006, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comando Generale della Guardia di Finanza;

contro

P M, non costituto;

nei confronti di

R F P, R G, M R, S L S, P C, N C C, P G, A R, M B, F F, P G, non costituiti;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - SEZ. STACCATA DI PARMA n. 00114/2006, resa tra le parti, concernente MANCATA ISCRIZIONE NEL QUADRO DI AVANZAMENTO AL GRADO DI COLONNELLO


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2011 il consigliere Giuseppe Castiglia e udito per le Amministrazioni appellanti l’avvocato Amedeo Elefante (Avvocatura Generale dello Stato);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza 7 febbraio 2006, n. 114, depositata in segreteria il successivo 5 aprile, il T.A.R. per l’Emilia-Romagna, sezione di Parma, accoglieva il ricorso proposto dal ten. col. Massimo P nei confronti del Ministero delle F inanze, del Comando Generale della Guardia di Finanza e di svariati controinteressati e per l’effetto annullava in partibus quibus il provvedimento adottato in data 15 marzo 2001 dal richiamato Comando Generale – Ufficio personale ufficiali – 1° Sezione stato e avanzamento, avente ad oggetto l’esito per la formazione del quadro normale di avanzamento “a scelta” al grado di Colonnello per il 2001, in cui il ricorrente, pur essendo stato valutato idoneo, non era stato iscritto nel quadro medesimo, nonché degli atti del procedimento, tra cui le schede di valutazione da parte dei singoli componenti della Commissione e gli atti compiuti dalla Commissione stessa ai sensi del decreto ministeriale 7 novembre 1993, n. 571, e, infine, la determinazione del Ministro delle Finanze di approvazione della graduatoria.

Ritiene il Giudice di primo grado che i provvedimenti impugnati siano viziati da eccesso di potere, in quanto la Commissione di avanzamento avrebbe operato in modo intrinsecamente contraddittorio, non valutando congruamente e correttamente il complesso degli elementi offerti dalla documentazione personale del ten. col. P. E ciò, in sostanza, sotto un duplice profilo.

In primo luogo la Commissione avrebbe errato nel non tenere conto sia delle particolarità e delle doti di spicco dell’originario ricorrente, riguardanti tutti gli elementi qualitativi di valutazione, sia delle specifiche motivazioni per le quali all’ufficiale erano stati attribuiti, nel corso della carriera, onorificenze, elogi ed encomi vari. Dell’eccesso di potere sarebbe rilevante dato sintomatico l’accertata identità dei giudizi espressi da ciascuno dei 17 componenti nelle schede relative al candidato P, che si porrebbe altresì in contraddizione con la specifica normativa in materia (25 e 26 della legge 12 novembre 1955, n. 1137, recanti la procedura per l’avanzamento a scelta degli ufficiali delle Forze armate: art. 13 del decreto ministeriale 2 novembre 1993, n. 571, concernente il regolamento di attuazione delle richiamate disposizioni legislative). Tali schede, proprio perché identiche nel loro contenuto e concretamente disancorate da elementi fattuali, non avrebbero potuto assolvere alla funzione di fornire le necessarie indicazioni alla discussione collegiale.

Inoltre, a fronte di giudizi comunque oggettivamente di eccellenza, non avrebbe potuto logicamente qualificarsi come corrispondente e congruo il deteriore punteggio attribuito dalla Commissione al ten. col. P;
anche tale evidente contraddittorietà rivelerebbe il vizio di eccesso di potere.

In data 13 luglio 2006 l’Avvocatura Generale dello Stato impugnava la decisione, sostenendo preliminarmente l’inammissibilità della “memoria” depositata dall’originario ricorrente a ridosso dell’udienza in origine fissata per l’8 novembre 2005. Tale documento, infatti, costituendo “motivi aggiunti” e non “memoria”, avrebbe dovuto essere depositato prima della scadenza del termine perentorio di 60 giorni stabilito dall’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 34, mentre il deposito è avvenuto il 20 ottobre 2005, in relazione a elementi di cui l’originario ricorrente sarebbe venuto a conoscenza, a suo stesso dire, il 22 aprile dello stesso anno, e dunque tardivamente. Quanto meno il documento medesimo avrebbe dovuto essere notificato sia all’Amministrazione interessata che a ciascun contro interessato, in difetto di che il Giudice di primo grado avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile o, in subordine, disporre l’integrazione del contraddittorio.

Ciò premesso, la sentenza impugnata viene censurata per essere entrata nel merito delle valutazioni espresse dalla Commissione per l’avanzamento, in tal modo violando l’incontestato principio secondo cui il Giudice amministrativo deve limitarsi a una generale verifica della logicità e coerenza dell’iter logico seguito dall’Amministrazione nel corso del procedimento.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2011 l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.Occorre valutare, in via preliminare, l’eccezione di inammissibilità della memoria depositata in primo grado dall’originario ricorrente, che l’Amministrazione appellante – sul presupposto di trattarsi in realtà di motivi aggiunti e non memoria – ritiene tardiva e non ritualmente notificata all’Amministrazione stessa e a ciascun controinteressato.

1.1 L’eccezione non è fondata. Il Giudice di primo grado ha correttamente rilevato come nel documento in questione, senz’altro particolarmente dettagliato ed esteso, il P non abbia introdotto nuove ragioni di doglianza nei confronti degli atti impugnati, ma si sia limitato a sviluppare con ampiezza – anche sulla base del materiale depositato nel frattempo dall’Amministrazione – argomenti già proposti con l’atto introduttivo del giudizio, particolarmente sotto il profilo del lamentato eccesso di potere in senso relativo con riguardo ai criteri fatti propri dalla Commissione per l’avanzamento nella valutazione dei singoli candidati. E ciò al fine di comprovare quella manifesta irrazionalità, illogicità e disparità di trattamento a danno del ricorrente che, senza necessità di scendere all’esame di merito dei titoli presentati, rivelerebbe in tesi l’esistenza di un vizio di valutazione.

2. Nel merito il ricorso in appello è fondato e va pertanto accolto.

2.1 Come appare dagli atti (si veda il verbale della Commissione redatto presso il Comando Generale della Guardia di Finanza in data 25 gennaio 2001), la Commissione per l’avanzamento ha proceduto nella maniera che può riassumersi come segue:

ha enunciato gli indirizzi da seguire nel corso delle operazioni di valutazione;

ha sospeso il giudizio di avanzamento nei confronti di alcuni dei tenenti colonnelli candidati;

ha proceduto all’esame delle qualità dei candidati sulla base della documentazione prevista dall’art. 23, primo comma, dalla legge 12 novembre 1953, n. 1137;

previa pronunzia di ciascun membro, ha espresso giudizio sull’idoneità all’avanzamento dei candidati;

ha aperto la discussione per l’espressione del giudizio di merito assoluto nei confronti di tutti gli ufficiali idonei;

nel corso di tale discussione ciascun commissario ha espresso le ragioni poste a base delle proprie valutazioni, esplicitate in appositi prospetti, con riferimento - per ciascuno degli ufficiali valutati - al complesso degli elementi indicati dalle lettere a), b), c) e d) dell’art. 26 della citata legge n. 1137 del 1955, come integrato dall’art. 10, primo comma, del decreto legislativo 30 dicembre 1997, n. 490;

ha attribuito infine – ai sensi del richiamato art. 26 – il punto per ciascuna delle predette categorie e poi il punto finale di merito, con conseguente formazione della graduatoria.

In tale graduatoria il tenente colonnello P è stato collocato al 79° posto, con il punteggio di 27.23 punti, e dunque non in posizione utile per essere iscritto nel quadro normale di avanzamento.

2.2 E’ del tutto evidente che, sotto il profilo che precede, appare rispettata la specifica normativa in materia, quale risultante dal combinato disposto degli artt. 25 e 26 della legge n. 1137 del 1955 e dall’art. 13 del decreto ministeriale 2 novembre 1993, n. 571. Deve dunque escludersi che possa ravvisarsi nella fattispecie la violazione di legge.

2.3 Altra questione - sulla quale particolarmente si diffonde il Giudice di primo grado - è se l’operato della Commissione abbia manifestato una intrinseca irragionevolezza, tale da integrare il vizio dell’eccesso di potere.

2.4 Nel procedere all’esame di tale profilo, il Collegio non può non muovere dal presupposto degli strettissimi limiti che circondano la possibilità, da parte del Giudice amministrativo, di sindacare negativamente il giudizio espresso dall’Amministrazione in vicende come quella ora in questione, nella misura in cui in esse viene in gioco una valutazione complessiva degli elementi emersi, che non possono essere considerati in modo separato e atomistico (cfr. Cons. Stato, IV Sez., 6 ottobre 2010, n. 7341;
Id., 23 dicembre 2010, n. 9374;
Id., 22 marzo 2011, n. 1744). In altri termini l’Amministrazione deve compiere un unico complesso giudizio, che ha come figura astratta di riferimento quella dell’ufficiale idealmente meritevole (cfr. Cons. Stato, IV Sez., 10 marzo 2011, n. 1568).

Non c’ dubbio, in definitiva, che la conclusiva valutazione è apprezzamento di merito di per sé non sindacabile (cfr. Cons. Stato, IV Sez., 23 dicembre 2010, n. 9374), ma soggetta in limiti assai ristretti al giudizio di legittimità (Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4247), in quanto espressione di discrezionalità tecnica censurabile in sede giurisdizionale solo quando il suo esercizio appaia ictu oculi viziato da manifesta illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà, travisamento dei fatti o quando la motivazione sia assente o insufficiente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2179;
Id., 13 ottobre 2010, n. 7482;
Id., 11 febbraio 2011, n. 929;
Id., 24 marzo 2011, n.1816).

2.5 Non ritiene il Collegio che, nei provvedimenti impugnati in primo grado, si manifestino valutazioni macroscopicamente irragionevoli.

2.6 Nella concreta fattispecie si assume che venga in primo piano, come indice del carattere di irragionevolezza che vizierebbe il contegno dell’Amministrazione, l’accertata identità delle schede di valutazione redatte dai singoli componenti della Commissione di avanzamento.

2.7 Senonché – per consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, dalla quale il Collegio ritiene di non aver ragione di discostarsi nel caso presente – la sola identità del tenore delle schede di valutazione non può di per sé assumersi a elemento sintomatico dell’eccesso di potere quando non risulti provata la rinuncia di taluno dei componenti a emettere un giudizio autonomo rispetto a quello formulato dagli altri membri o comunque non compaiano ulteriori indizi tali da mettere in evidenza la complessiva irragionevolezza dei giudizi formulati dalla Commissione. Il carattere descrittivo dei giudizi espressi nelle schede è infatti espressione di lessico personale, che traduce in termini soggettivi concetti suscettibili di essere chiaramente discriminati solo in sede di attribuzione del punteggio numerico. La considerazione, semmai, è suscettibile persino di essere rovesciata: l’identicità delle schede, lungi dal rappresentare inequivocabilmente il sintomo di una valutazione aprioristica e non corretta, può al contrario costituire una prova indiretta della coerenza e dell’uniformità del criterio valutativo utilizzato dai membri della Commissione che, sulla base di identici elementi documentali, bene possono essere pervenuti a uguali punteggi (cfr. ex plurimis Consiglio di Stato, IV Sez., 4 marzo 2003, n. 1193;
Id., 14 dicembre 2004, n. 7963;
Id., 31 marzo 2005, n. 1413;
Id., 5 aprile 2005, n. 1514;
Id., 16 dicembre 2005, n. 7149;
Id., 14 febbraio 2005, n. 575).

2.7 Ritenuta non determinante l’identità del contenuto delle schede, nemmeno può essere valorizzato come sintomo inequivoco dell’eccesso di potere lo scarto tra i giudizi di eccellenza attribuiti dalla Commissione al ten. col. P e il punteggio numerico che non ha consentito a questi di rientrare tra i candidati promossi. Da un lato, infatti, una tale censura trapassa nel giudizio di merito, precluso in questa sede (cfr. Cass., SS. UU., 8 gennaio 1997, n. 91), e omette di considerare la centralità, nel sistema valutativo delineato dal legislatore, dell’attribuzione del punteggio numerico, la cui motivazione non ne costituisce la traduzione ma un elemento complementare in grado di lumeggiarne, seppure in estrema sintesi, gli elementi documentali e il procedimento valutativo utilizzato per la sua formazione (cfr. Cons. Stato, IV Sez., 4 marzo 2003, n.1193). Dall’altro, a tutto concedere, essa potrebbe semmai avere un pregio ove dimostrasse che un divario del genere si sia verificato ai danni del solo ten. col. P e non anche degli altri scrutinandi;
il che il Giudice di primo grado non ha ritenuto di dover di fare, ritenendo sufficiente a sostenere le ragioni dell’impugnazione proposta gli elementi che a suo dire renderebbero evidente di per sé il carattere contraddittorio e illogico dell’operato della Commissione di avanzamento.

2.8 Per le considerazioni che precedono, l’appello deve essere accolto.

2.9 Sussistono peraltro giustificate ragioni per compensare le spese di giudizio.



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