Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-01-26, n. 201000292

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-01-26, n. 201000292
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201000292
Data del deposito : 26 gennaio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04388/2009 REG.RIC.

N. 00292/2010 REG.DEC.

N. 04388/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso in appello nr. 4388 del 2009, proposto dalla SEM - SOCIETÀ ENERGETICA MERIDIONALE S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dal prof. avv. A C, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Principessa Clotilde, 2,

contro

- il MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- l’ENEL S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Guido Greco, prof. Mario Sanino e Manuela Muscardini, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Parioli, 80;
- la ITALIANA COKE S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;

per l’annullamento, previa sospensione,

della sentenza del T.A.R. del Lazio, sede di Roma, sezione III ter, nr. 887/2009.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e dell’ENEL S.p.a.;

Visto l’appello incidentale proposto dall’ENEL S.p.a.;

Viste le memorie prodotte dalla appellante e dall’ENEL S.p.a. in data 20 novembre 2009 a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2009, il Consigliere R G;

Uditi l’avv. Clarizia per l’appellante, e gli avv.ti Greco e Sanino per l’ENEL S.p.a. e l'Avv.dello Stato Alessandra Bruni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

La società SEM – Società Energetica Meridionale S.r.l. ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensiva, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto il ricorso con il quale la stessa società aveva chiesto la condanna dell’ENEL S.p.a. al risarcimento dei danni derivanti dal mancato allacciamento alla rete elettrica di un impianto di cogenerazione la cui realizzazione era stata autorizzata nel Comune di S. Pietro al Tanagro, nonché – con successivi motivi aggiunti – l’annullamento degli atti relativi al proprio mancato inserimento, da parte del Ministero del Commercio, dell’Industria e dell’Artigianato (oggi Ministero dello Sviluppo Economico), nella graduatoria delle imprese ammesse a valutazione per la stipula delle convenzioni di cessione di energia elettrica, ai sensi del d.m. 25 settembre 1992.

A sostegno dell’impugnazione, la società appellante ha dedotto:

1) violazione del principio della rispondenza tra chiesto e giudicato (con riferimento all’avere il T.A.R. ritenuto bensì legittima l’esclusione della SEM S.r.l. dalla graduatoria, ma per ragioni diverse da quelle evincibili dalle scarne motivazioni degli atti impugnati, e segnatamente al non avere la società ricorrente dimostrato la sussistenza dei requisiti di cui al Titolo I della delibera del CIP nr. 6 del 29 aprile 1992 né formalmente richiesto l’applicazione della precedente delibera nr. 34 del 14 novembre 1990, nonché alla declaratoria di inammissibilità della doglianza di disparità di trattamento articolata con riguardo all’inserimento nella graduatorie di altre imprese in situazione identica a quella della istante);

2) violazione del d.m. 25 settembre 1992 (art. 3) e della delibera CIP nr. 6 del 1992 (titolo VII, punto 5, commi 1, 2 e 3) (avendo il T.A.R. erroneamente escluso che l’istanza della società ricorrente, presentata prima dell’entrata in vigore della delibera nr. 6 del 1992 e sulla base di autorizzazione rilasciata in epoca antecedente, dovesse essere valutata sulla base dei requisiti richiesti dalla disciplina pregressa, che avevano legittimato il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto);

3) violazione degli artt. 1 e 6 della legge 7 agosto n. 1990, nr. 241 (avendo il primo giudice obliterato il dovere dell’Amministrazione di tener conto comunque di dati e documenti che erano già in suo possesso, in base alle norme citate);

4) pretesa tardività dell’impugnativa proposta contro la seconda graduatoria;
infondatezza (avendo il T.A.R. omesso di considerare che la seconda graduatoria approvata dal Ministero, nella quale la SEM S.r.l. era stata invece inserita, era perciò provvvedimento alla stessa favorevole, di tal che non vi era alcun onere di previa tempestiva impugnazione di detta graduatoria per poter chiedere il risarcimento del danno subito, che dipendeva invece dal mancato inserimento nella prima graduatoria e dal mancato allacciamento alla rete);

5) infondatezza della pretesa mancata impugnativa del d.m. 24 gennaio 1997, pubblicata sulla G.U.R.I. del 22 febbraio 1997 (atteso che anche tale atto, col quale il Ministero stabiliva di non procedere più per il futuro a stipula di convenzioni di cessione di energia, non aveva alcuna incidenza causale sul danno lamentato dalla società ricorrente, il quale – come già evidenziato – conseguiva ad atti e comportamenti ben anteriori cronologicamente).

Si sono costituiti il Ministero dello Sviluppo Economico e l’ENEL S.p.a., entrambi opponendosi con diffuse argomentazioni all’accoglimento dell’appello e chiedendo la conferma della sentenza impugnata;
inoltre, l’ENEL S.p.a. ha proposto appello incidentale condizionato avverso la medesima sentenza del T.A.R. del Lazio, nella parte in cui è stata respinta l’eccezione di tardività dell’impugnazione della prima graduatoria degli impianti prescelti per il convenzionamento.

Alla camera di consiglio del 20 giugno 2009, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, questa è stata differita sull’accordo delle parti, per essere abbinata alla trattazione del merito.

All’udienza del 1 dicembre 2009, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Viene all’attenzione della Sezione il contenzioso tra la società SEM – Società Energetica Meridionale S.r.l. e l’ENEL S.p.a. in relazione alla mancata inclusione della prima nella graduatoria delle società ammesse alla stipula di convenzioni per la cessione di energia elettrica “dedicata” ai sensi del d.m. 25 settembre 1992.

Per migliore comprensione, appare indispensabile premettere un sintetico riepilogo della vicenda di che trattasi, con i necessari riferimenti al quadro normativo di riferimento in materia.

La SEM S.r.l. è stata autorizzata, con decreto del 28 gennaio 1992 del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, ai sensi dell’art. 17 del d.P.R. 24 maggio 1988, nr. 203, all’installazione e all’esercizio di una centrale di cogenerazione per la produzione di calore ed energia elettrica, nel territorio del Comune di San Pietro al Tanagro (provincia di Salerno).

Con nota del 24 giugno 1993, lo stesso Ministero, in riscontro ad istanza della medesima società, ha riconosciuto l’assimilabilità della predetta centrale agli impianti che utilizzano fonti rinnovabili, sulla base dei parametri di cui alla delibera del CIP nr. 34 del 14 novembre 1990.

Con successivi decreti ministeriali del dicembre 1993 e del novembre 1995, alla stessa società il Ministero ha concesso contributi in conto capitale per la realizzazione dell’iniziativa, in misura pari rispettivamente a a £ 7.035.000.000 e £ 7.933.000.000, oltre a un contributo in conto interessi per £ 1.539.956.000 e un finanziamento agevolato di £ 2.705.000.000.

In data 21 novembre 1995, la SEM S.r.l. ha chiesto all’ENEL il preventivo per l’allacciamento alla rete dell’impianto in oggetto: infatti, non essendo l’energia elettrica immagazzinabile, essa deve essere immessa nella rete interconnessa a livello europeo, sicché il chiesto allacciamento si appalesava quale presupposto indefettibile per l’inizio dell’attività dell’impianto.

Tuttavia, pur sollecitata, l’istanza di allacciamento non ha ottenuto riscontro, finché con decreto del 28 aprile 1999 il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato ha revocato il finanziamento concesso alla società odierna appellante;
quest’ultima, pertanto, ha agito dapprima dinanzi al giudice ordinario (poi dichiaratosi carente di giurisdizione) e quindi dinanzi al T.A.R. del Lazio, chiedendo condannarsi l’ENEL S.p.a. al risarcimento del danno cagionatole dal mancato allacciamento e dalla conseguente revoca del finanziamento.

Per meglio comprendere la vicenda, va richiamato l’art. 22 della legge 9 gennaio 1991, nr. 9, il quale, dopo aver escluso gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili dalla riserva in favore dell’ENEL di cui all’art.1 della legge 6 dicembre 1962, nr. 1643, dispone:

- che l’eccedenza di energia elettrica prodotta dagli impianti suindicati è ceduta all’ENEL e alle imprese produttrici e distributrici di cui all’art. 4, n. 8, della stessa legge n. 1643 del 1962, come modificato dalla legge 29 maggio 1982, n. 308 (comma 3);

- che “ …La cessione, lo scambio, la produzione per conto terzi e il vettoriamento dell’energia elettrica prodotta dagli impianti di cui al presente articolo sono regolati da apposite convenzioni con l’ENEL in conformità ad una convenzione tipo, approvata dal Ministero dell’industria, del commercio e dell'artigianato, sentite le regioni, che terrà conto del necessario coordinamento dei programmi realizzativi nel settore elettrico nei diversi ambiti territoriali ” (comma 4).

La predetta convenzione tipo è stata approvata col già citato d.m. 25 settembre 1992 (poi modificato nel 1997), ai sensi del quale – fra l’altro – la convenzione avrebbe dovuto essere stipulata entro 90 giorni dalla data di comunicazione, da parte dell’ENEL, del preventivo di allacciamento del nuovo impianto alla rete (preventivo, come già rilevato, mai comunicato nel caso di specie);
inoltre, l’art. 4 del medesimo decreto prevedeva la formazione, da parte del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato sulla base dei dati trasmessi dall’ENEL, di graduatorie semestrali delle imprese ammesse alla stipula di convenzioni per la cessione di energia elettrica “dedicata”, come disposto dall’art. 22 della legge nr. 9 del 1991.

Nel corso del giudizio, è emerso che la SEM S.r.l. non è stata inclusa nella prima graduatoria predisposta ai sensi della disposizione da ultimo citata, pubblicata in data 30 marzo 1993, in quanto la documentazione trasmessa in data 16 dicembre 1992 era stata ritenuta carente di un dato necessario, ossia la comunicazione dello stesso Ministero relativa all’indice energetico dell’impianto proposto (c.d. indice Jen): requisito, quest’ultimo, prescritto dalla delibera del CIP nr. 6 del 29 aprile 1992, medio tempore entrata in vigore.

Con successiva nota del 25 giugno 1993, la società istante ha trasmesso i dati in questione, a integrazione della documentazione già inviata, chiedendo che l’iniziativa esaminata venisse “ esaminata nella prossima tornata di esame e posta in graduatoria nei termini ”.

A seguito di ciò, l’impianto della SEM S.r.l. è stato inserito nella seconda graduatoria semestrale, venendo tuttavia collocata nella categoria “D” in ragione della sua potenza produttiva (superiore a 10 MW);
ciò che la escludeva dalla possibilità di stipulare convenzioni di cessione, atteso che nelle more il Ministero, con provvedimenti del 29 ottobre e del 30 dicembre 1993, aveva stabilito di attingere per la cessione di energia unicamente dagli impianti di categoria “A”.

Da ultimo, è intervenuto il d.m. 24 gennaio 1997, col quale il Ministero ha sospeso l’adozione di ulteriori graduatorie, autorizzando la stipula di convenzioni solo per le iniziative prescelte fino al primo semestre del 1995.

Taluni degli atti appena richiamati – e, segnatamente, quelli relativi alle graduatorie delle iniziative ammissibili a verifica – sono stati impugnati dall’odierna appellante con motivi aggiunti, sulla base di diversi asseriti vizi di legittimità.

2. Con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, il T.A.R. del Lazio, oltre a dichiarare il difetto di legittimazione passiva di una serie di parti intimate, ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività dell’impugnazione della prima graduatoria, e ha in parte respinto siccome infondate (nella parte in cui si indirizzavano, appunto, avverso la prima graduatoria) e in parte dichiarato inammissibili (nella parte in cui si concentravano sulla seconda graduatoria) le doglianze della ricorrente, disattendendo altresì la domanda risarcitoria.

Avverso tale decisione insorge da un lato la stessa SEM S.r.l., con l’appello principale, e dall’altro in via incidentale l’ENEL S.p.a., nella parte relativa alla segnalata reiezione dell’eccezione di tardività dell’azione di annullamento.

3. Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene di dover esaminare prioritariamente l’appello incidentale, che appare fondato.

3.1. Non osta a tale opzione circa l’ordine di esame delle questioni controverse la circostanza che il predetto appello si autoproclami “ condizionato ”, essendo evidente dal tenore di tale atto, innanzi tutto, che con esso viene censurata una parte della sentenza di primo grado diversa e autonoma da quelle gravate in via principale, in relazione alla quale l’ENEL S.p.a. era risultata soccombente (c.d. appello incidentale improprio), e inoltre che l’inversione dell’ordine di esame dei due atti di impugnazione appare rispondere a principi di logica ed economicità, dal momento che con l’appello incidentale viene riproposta una eccezione preliminare (di irricevibilità dell’azione di annullamento articolata in primo grado), respinta dal primo giudice, il cui esame è senza dubbio preliminarre rispetto a quello del merito del giudizio.

3.2. Al riguardo, la Sezione non condivide le conclusioni del giudice di prime cure, il quale ha ritenuto non assolto l’onere probatorio in ordine alla tardività dell’impugnazione da parte del soggetto processuale (l’ENEL S.p.a.) che tale tardività aveva eccepito.

Ed invero, il dato fattuale da cui muovere è costituito dal fatto (incontestato inter partes ) che la prima graduatoria predisposta ai sensi dell’art. 4 del d.m. 25 settembre 1992, pubblicata in data 30 marzo 1993, è stata impugnata dalla SEM S.r.l. soltanto con i motivi aggiunti notificati in data 9 marzo 2006, a seguito del deposito in giudizio della documentazione relativa alla predetta graduatoria, in esecuzione di ordinanza presidenziale istruttoria.

Parte appellante ribadisce (e anche tale circostanza non è contestata ex adverso ) che nessuna comunicazione fu mai inoltrata dall’Amministrazione in ordine alla mancata inclusione della iniziativa de qua nella graduatoria pubblicata il 30 marzo 1993, e che di tanto la SEM S.r.l. ebbe contezza solo all’esito del richiamato deposito documentale.

Tuttavia, pare alla Sezione che i plurimi elementi logici e documentali evidenziati dall’appellante incidentale siano idonei e univoci nel dimostrare che, in realtà, la società istante ebbe piena conoscenza del suddetto provvedimento pregiudizievole in epoca ben anteriore a quella del deposito degli atti nel fascicolo del T.A.R. capitolino.

Sul punto, è quasi superfluo richiamare il pacifico insegnamento giurisprudenziale secondo cui la piena conoscenza dell’atto censurato si concretizza con la cognizione degli elementi essenziali quali l’autorità emanante, l’oggetto, il contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo, essendo tali elementi sufficienti a rendere il legittimato all’impugnativa consapevole dell’incidenza dell’atto nella sua sfera giuridica, avendo egli la concreta possibilità di rendersi conto della lesività del provvedimento, senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione e degli atti del procedimento, che può rilevare solo ai fini della proposizione dei motivi aggiunti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2009, nr. 5639;
Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2009, nr. 1690;
Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2009, nr. 367;
Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, nr. 3750).

Nel caso che occupa, emerge dalla documentazione in atti che in data 25 giugno 1993 la SEM S.r.l. trasmise all’ENEL S.p.a., a integrazione della documentazione già inoltrata nel dicembre precedente, la comunicazione del Ministero dell’Industria in ordine all’indice energetico dell’impianto, con nota di accompagnamento nella quale chiedeva che l’iniziativa fosse “ esaminata nella prossima tornata di esame e posta in graduatoria nei termini ”;
tale nota, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, appare fortemente indiziaria di un’intervenuta conoscenza, alla data della stessa, della mancata inclusione del progetto nella prima graduatoria predisposta dal Ministero, atteso che il riferimento a una “ prossima tornata di esame ” presuppone l’esistenza di una “ tornata ” già avvenuta, e pertanto l’uso di siffatta espressione risulterebbe quanto meno improprio ove riferito alla prima tornata di esame (ché tale era quella culminata nella graduatoria del 30 marzo 1993).

Inoltre, non è privo di significato che, con la nota così formulata, la società istante trasmettesse, a integrazione della documentazione già prodotta, proprio il documento la cui mancanza aveva determinato l’esclusione della sua iniziativa dalla graduatoria già predisposta.

Ma v’è di più: infatti, anche a voler ritenere i predetti elementi inidonei a provare la conoscenza, già nel giugno del 1993, dell’esclusione della SEM dalla prima graduatoria (tanto essendo sufficiente a integrare la piena conoscenza della lesività dell’atto), vi sono ulteriori risultanze documentali che confortano una tale conclusione.

Ci si riferisce alla lettera della società odierna appellante al Ministero datata 10 marzo 1998, che è stata ritenuta dal primo giudice sufficiente e idonea a dimostrare la piena conoscenza a tale data della seconda graduatoria (pubblicata il 30 settembre 1993) e della posizione in essa assegnata all’impianto per cui è causa;
tale missiva peraltro, ad avviso della Sezione, non può non interpretarsi come comprovante, a fortiori, anche la conoscenza del mancato inserimento nella prima graduatoria.

Infatti, come espressamente sottolineato dal T.A.R., nella suddetta missiva si legge che il progetto della SEM “ è presente nella graduatoria nazionale dei terzi produttori fin dal giugno 1993 ”.

Siffatta affermazione ha un duplice valore indiziario: da un lato, per il fatto che, dovendo indicare una data di inserimento del proprio progetto in graduatoria, la SEM non la ha individuata nel marzo 1993 (data della prima graduatoria), ma in un momento successivo;
in secondo luogo, perché tale momento successivo non casualmente coincide col giugno 1993, ossia con la data dell’integrazione documentale trasmessa con le modalità più sopra richiamate.

Invero, il “combinato disposto” dei documenti testé richiamati potrebbe anche essere interpretato nel senso che la società istante avesse inteso, attraverso il deposito del giugno 1993, “sanare” la carenza riscontrata dall’Amministrazione e invitare implicitamente quest’ultima a rivedere la graduatoria già adottata, inserendovi la sua iniziativa “ora per allora”, ma ciò non rileva: quel che conta è che senza margine di ragionevole dubbio i detti documenti comprovano una piena conoscenza, in epoca ben anteriore alla proposizione dell’azione di impugnazione, della mancata inclusione del progetto de quo nella prima graduatoria predisposta a norma del d.m. 25 settembre 1992.

4. Se i rilievi fin qui svolti inducono ad accogliere l’appello incidentale, e conseguentemente a dichiarare l’inammissibilità ( rectius: irricevibilità) del ricorso di primo grado anche nella parte concernente l’azione di annullamento degli atti relativi alla prima graduatoria, va detto peraltro che l’appello principale si appalesa in ogni caso infondato e meritevole di reiezione, per le ragioni di seguito esposte.

Tanto si rileva non solo ad abundantiam, ma anche per motivare la conferma della reiezione della domanda di risarcimento, superando ogni questione problematica relativa alla c.d. pregiudizialità amministrativa, che potrebbe porsi in conseguenza dell’inammissibilità delle domande di annullamento.

5. Con il primo e il secondo motivo d’appello, che conviene esaminare congiuntamente, parte appellante censura il nucleo centrale delle statuizioni del primo giudice, laddove questi ha ritenuto che correttamente l’Amministrazione si risolse, in sede di esame della prima istanza della SEM S.r.l. (trasmessa nel dicembre 1992), a non includerne il progetto nella prima graduatoria.

Al riguardo, le conclusioni del T.A.R. appaiono immuni dai vizi denunciati, ivi compreso quello di violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c., atteso che la motivazione delle determinazioni dell’Amministrazione risulta agevolmente evincibile – e così è stata ricostruita dalla sentenza impugnata - dal coacervo della documentazione in atti, alla stregua della normativa primaria e secondaria applicabile.

In particolare, assume l’appellante che, avendo l’impianto de quo conseguito l’autorizzazione ministeriale all’esercizio sotto il vigore della legge nr. 9 del 1991 ma prima dell’entrata in vigore del d.m. 25 settembre 1992 e della delibera CIP nr. 6 del 1992 (da detto decreto richiamata), e poiché dell’impianto era stata a suo tempo certificata la “ condizione di assimilabilità ” sulla base del c.d. indice Juc, come previsto dalla previgente delibera CIP nr. 34 del 1990, l’Amministrazione non avrebbe giammai potuto motivare l’esclusione dalla graduatoria con la mancata documentazione del diverso indice richiesto dalla delibera nr. 6 del 1992, dovendo invece valutare l’istanza alla stregua della normativa anteriore, così come consentito dal Titolo VIII, paragrafo 5, della stessa delibera nr. 6 del 1992.

Al contrario, le parti appellate sostengono che per l’applicazione di tale ultima disposizione sarebbe stata necessaria un’espressa opzione dell’impresa istante, che nella specie non vi era stata.

5.1. La Sezione ritiene condivisibile quest’ultima interpretazione, atteso che – innanzi tutto – le richiamate disposizioni contenute nel Titolo VIII, paragrafo 5, della delibera nr. 6/92 non possono essere intese sic et simpliciter come una generalizzata “salvezza” degli accertamenti tecnici compiuti nel vigore della disciplina precedente: infatti, dopo aver dettato una disciplina transitoria (sul cui tenore, peraltro, ci si soffermerà subito appresso) per gli impianti il cui iter autorizzatorio fosse iniziato prima dell’entrata in vigore della normativa del 1992, tali disposizioni tuttavia aggiungevano che in tali casi l’accertamento della “ condizione di assimilabilità ” sarebbe dovuto avvenire “ con le procedure di cui al Titolo I ” della stessa delibera nr. 6/92.

Orbene, il Titolo I è appunto quello che richiedeva alle imprese istanti di documentare, fra l’altro, il c.d. indice Jen, in luogo dell’indice Juc precedentemente richiesto: ciò che, con tutta evidenza, induce a ritenere che anche per gli impianti soggetti al regime transitorio, in primis, era necessario un accertamento ex novo della condizione di assimilabilità (non essendovi alcuna automatica salvezza degli accertamenti compiuti in precedenza), e in secondo luogo che tale accertamento andasse in ogni caso condotto in base alla nuova disciplina.

Tale conclusione risulta confermata dal fatto che analogo regime era previsto, oltre che per gli impianti la cui procedura autorizzativa fosse in itinere alla data di entrata in vigore della nuova normativa, anche per quelli che alla stessa data avessero già conseguito l’autorizzazione: ebbene, per questi ultimi l’interpretazione proposta dall’appellante comporterebbe una salvezza generalizzata, e il conseguente consolidamento definitivo, degli accertamenti già compiuti ai fini del rilascio del titolo autorizzatorio, rendendo priva di senso la previsione dell’applicabilità anche ad essi delle “ procedure di cui al Titolo I ” della delibera nr. 6/92.

5.2. Al di là di ciò, l’argomentazione del primo giudice è condivisibile anche laddove interpreta la disciplina transitoria innanzi richiamata nel senso che fosse onere delle imprese eventualmente interessate chiedere in modo espresso l’applicazione della disciplina di cui alla delibera nr. 34 del 1990.

Ed invero, nel citato Titolo VII, par. 5, della delibera nr. 6/92 si legge che, per gli impianti soggetti al regime transitorio, l’accertamento della condizione di assimilabilità “ può essere effettuato sulla base del criterio previsto dallo stesso provvedimento n. 34/90 ”: pertanto, trattasi di norma palesemente intesa a riconoscere una facoltà di avvalersi della vecchia disciplina, facoltà il cui esercizio non può che essere rimesso alla libera scelta dell’impresa interessata (incidendo, a tacer d’altro, sulle modalità di confezionamento dell’istanza da inoltrare ai fini dell’inserimento in graduatoria).

Non può condividersi l’opposto avviso dell’appellante principale, che interpreta il “ può ” impiegato dalla disposizione citata nel senso di rimettere all’Amministrazione valutante l’opzione per l’applicazione della disciplina ex delibera nr. 34/90: col che, a ben vedere, si finisce per sostenere addirittura un vero e proprio obbligo di applicare detta disciplina alle istanze proposte dai soggetti individuati nel par. 5, in aperto contrasto con la lettera della previsione.

Tale conclusione è confermata dalla circostanza, riscontrabile per tabulas, che l’originaria istanza della SEM S.r.l. del 16 dicembre 1992 fu proposta con espresso richiamo alla nuova normativa, ciò che induce a ritenere che la richiedente fosse ben consapevole di dover in ogni caso documentare i requisiti da questa prescritti: in particolare, l’istanza in questione risulta testualmente formulata “ ai sensi dell’art. 3 del decreto di approvazione della convenzione tipo ” (ossia, del d.m. 25 settembre 1992), e nel suo corpo si specifica che essa è “ corredata della documentazione prescritta dal provvedimento CIP n. 6 del 1992, Titolo I ”.

Pertanto, non sussisteva neanche una qualche ambiguità di formulazione, che avrebbe potuto indurre anche indirettamente l’Amministrazione a ritenere che l’istante avesse inteso optare per il regime di cui alla delibera nr. 34/90, avvalendosi della facoltà all’uopo prevista dalla nuova delibera del CIP.

5.3. Alla luce di quanto fin qui esposto, appaiono condivisibili anche le conclusioni del giudice di primo grado in ordine alla censura di disparità di trattamento articolata dalla appellante, con riferimento all’inclusione in graduatoria di altre imprese in situazione identica a quella della SEM.

Infatti, delle due l’una: o tali imprese avevano ritualmente ed espressamente optato per il regime di cui alla delibera nr. 34/90, e allora si trovavano in situazione diversa da quella dell’odierna appellante, tale da giustificare un diverso trattamento da parte dell’Amministrazione;
ovvero avevano anch’esse formulato l’istanza sic et simpliciter ai sensi della delibera nr. 6/92, e allora la loro inclusione in graduatoria è stata bensì illegittima, ma siffatta illegittimità – come correttamente ritenuto dal T.A.R. con richiamo a consolidata giurisprudenza – non può essere addotta a elemento sintomatico di una disparità di trattamento, al fine di invocare l’applicazione di eguale illegittimità nei confronti della ricorrente.

6. Le considerazioni che precedono danno agevolmente conto anche dell’infondatezza del terzo motivo di appello, col quale parte appellante reitera la censura di omessa applicazione dell’art. 6 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, che avrebbe imposto all’Amministrazione l’acquisizione della documentazione carente in suo possesso (segnatamente, dell’accertamento del c.d. indice Juc, fatto a suo tempo in applicazione della delibera nr. 34/90).

Infatti, una volta chiarito che la facoltà di ricorso alla normativa del 1990 avrebbe dovuto essere esercitata espressamente dall’impresa interessata, e che tanto la SEM S.r.l. non aveva fatto, è evidente che la condotta che a detta dell’appellante l’Amministrazione avrebbe dovuto tenere a fronte dell’istanza ricevuta non si sarebbe esaurita in una mera integrazione documentale, ma sarebbe consistita in una vera e propria “riqualificazione” dell’istanza medesima, effettuata riconducendola a un titolo giuridico diverso da quello in essa espressamente richiamato: ciò che, oltre a esorbitare dai limiti del ridetto art. 6, avrebbe comportato il rischio di contestazioni e ricorsi da parte di altre imprese interessate all’inserimento in graduatoria.

7. Con il quinto e il sesto motivo, l’appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui sono state dichiarate inammissibili, per tardività, le doglianze articolate avverso gli atti relativi alla seconda graduatoria: l’argomento impiegato si fonda sul rilievo che, essendo tali atti favorevoli alla SEM S.r.l., non vi era alcun onere di tempestiva impugnazione di essi ai fini della domanda risarcitoria, che trovava fondamento in una vicenda cronologicamente anteriore (e, cioè, nella mancata inclusione dell’impianto nella prima graduatoria).

Il rilievo è innanzi tutto inesatto: infatti, come già anticipato al punto sub 1, con la seconda graduatoria, pubblicata il 30 settembre 1993, l’impianto della società odierna appellante fu inserito in categoria “D”, per la quale le disposizioni ministeriali medio tempore intervenute escludevano in via assoluta la possibilità di stipulare convenzioni di cessioni.

Pertanto, con tali atti quanto meno il pregiudizio riveniente all’odierna appellante dal mancato inserimento nella prima graduatoria fu reiterato e si consolidò definitivamente, ciò che è sufficiente a qualificare i medesimi atti come a loro volta lesivi.

Al di là di ciò, non può sottacersi che la appellante ha comunque censurato in primo grado gli atti de quibus, senza peraltro riuscire a individuare le ragioni che connoterebbero di illegittimità la decisione di inserire il suo impianto nella suindicata categoria “D” (e lo stesso dicasi per il d.m. 24 gennaio 1997, con cui il Ministero ha sospeso pro futuro il ricorso a nuove convenzioni di cessione di energia elettrica “dedicata”).

8. L’accertata insussistenza dei profili di illegittimità lamentati dall’appellante induce a confermare la sentenza impugnata anche nella parte in cui – in disparte, come già accennato, ogni approfondimento della questione della c.d. pregiudizialità amministrativa, in relazione alla parziale inammissibilità delle azioni di annullamento – è stata respinta la domanda di risarcimento, non ravvisandosi nella condotta delle Amministrazioni appellate alcun connotato idoneo a far ritenere l’ingiustizia del pregiudizio patrimoniale subito dalla SEM S.r.l., ex art. 2043 c.c.

Tale conclusione vale anche per il danno asseritamente riveniente dalla mancata comunicazione da parte dell’ENEL S.p.a. del preventivo di allacciamento alla rete: al riguardo, parte appellante per la prima volta nel presente grado di giudizio sostiene di aver avuto un interesse all’allacciamento alla rete autonomo e indipendente dalle determinazioni amministrative in ordine all’inclusione nelle graduatorie finalizzate alla stipula delle convenzioni;
sicché, avendo il mancato allacciamento determinato il mancato avvio dell’attività, e conseguentemente la revoca dei finanziamenti concessi dal Ministero, l’ENEL sarebbe tenuta al risarcimento del relativo danno.

Sul punto, la Sezione non può esimersi dal rilevare che, dalla lettura degli atti di primo grado, emerge chiaramente che l’istanza di comunicazione del preventivo di allacciamento era stata formulata manifestamente come strumentale alla stipula delle convenzioni (ciò che, del resto, era espressamente previsto dal d.m. 25 settembre 1992, come già evidenziato al punto sub 1), e che in assenza dell’inserimento in graduatoria, e quindi nell’impossibilità di stipulare convenzioni di cessione, qualsiasi avvio dell’attività sarebbe stato improponibile, ciò che rendeva l’allacciamento un’attività meramente accessoria e marginale rispetto alle altre.

In ogni caso, l’avere l’istante omesso di rappresentare all’ENEL, a suo tempo, che la richiesta di allacciamento era da intendersi autonoma e indipendente rispetto alle vicende amministrative concernenti l’inclusione in graduatoria costituisce certamente condotta valutabile - come correttamente fatto dal primo giudice – alla stregua del principio di buona fede, e tale da escludere in ogni caso che l’eventuale autonomo danno derivato dal mancato allacciamento possa essere ascritto a colpa dell’Amministrazione.

9. In conclusione, l’accoglimento dell’appello incidentale e la reiezione del ricorso principale comportano la conferma del dispositivo di primo grado, risultando il ricorso introduttivo del giudizio e i motivi aggiunti in parte inammissibili e in parte infondati (sia pure con i rilievi e le precisazioni che si sono fatti).

10. L’evidente complessità delle questioni affrontate giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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