Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-05-05, n. 202103521

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-05-05, n. 202103521
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202103521
Data del deposito : 5 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/05/2021

N. 03521/2021REG.PROV.COLL.

N. 06322/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6322 del 2013, proposto dal
Ministero della Difesa, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , ex lege rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12

contro

-OMISSIS-, non costituito in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per -OMISSIS-, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso R.G. -OMISSIS-, proposto dal -OMISSIS- contro gli atti a mezzo dei quali è stato disposto nei suoi confronti il recupero, mediante trattenuta sullo stipendio, delle somme da lui percepite per un incarico esterno e, per conseguenza, sono stati annullati tali atti ed è stato dichiarato il diritto del ricorrente alla restituzione delle somme trattenutegli.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista l’ulteriore documentazione depositata dalla difesa erariale;

Vista l’istanza di discussione orale da remoto depositata dalla difesa erariale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176;

Visto l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;

Relatore nell’udienza del giorno 13 aprile 2021 il Cons. P D B, in collegamento da remoto in videoconferenza;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe il Ministero della Difesa, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno impugnato la sentenza del T.A.R. -OMISSIS-, chiedendone la riforma.

1.1. La sentenza appellata ha accolto il ricorso proposto dal Cap. di Fregata (poi di Vascello) -OMISSIS- contro gli atti con cui è stato disposto nei suoi confronti il recupero, mediante trattenuta sullo stipendio, delle somme da lui percepite per un incarico esterno (commissione di collaudo per lavori di elettrificazione della tratta “ -OMISSIS- ” della Ferrovia -OMISSIS-: la sentenza ha, quindi, annullato tali atti ed ha dichiarato il diritto del ricorrente alla restituzione delle somme trattenutegli.

1.2. In punto di fatto, le Amministrazioni appellanti espongono che il recupero delle somme era stato avviato dalla P.A. perché il militare, dopo essere stato autorizzato allo svolgimento dell’incarico fino al 31 dicembre 2000, avrebbe continuato a svolgerlo oltre tale termine e fino al completamento del collaudo (avvenuto nel 2003) pur in difetto dell’ulteriore autorizzazione.

1.3. Viene precisato, altresì, che il -OMISSIS- all’epoca dei fatti, pur essendo incardinato a livello gerarchico nel Ministero della Difesa, prestava servizio presso il Ministero dei Trasporti. Orbene, il Capo di Gabinetto di tale ultimo Ministero gli rilasciò in data 28 luglio 2000 un visto, sulla richiesta di autorizzazione all’incarico esterno presentata dal militare in pari data, che non conteneva alcuna limitazione temporale. Anche il parere favorevole del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto del 10 agosto 2000 non indicava un limite temporale per lo svolgimento dell’incarico, mentre detto limite era stato stabilito (appunto al 31 dicembre 2000) dall’autorizzazione del Ministero della Difesa emessa il 26 settembre 2000.

2. Le Amministrazioni appellanti hanno sostenuto che il visto del Capo di Gabinetto del Ministero dei Trasporti avesse valore di mero parere o nulla osta, e che il militare, una volta scaduto il termine del 31 dicembre 2000, avrebbe dovuto ottenere una nuova autorizzazione dal Ministero della Difesa, quale Amministrazione di appartenenza. Il T.A.R. però, richiamato l’art. 53, comma 10, del d.lgs. n. 165/2001 (ai sensi del quale, ove il dipendente pubblico presti servizio presso un’Amministrazione diversa da quella di appartenenza, l’autorizzazione all’incarico esterno è subordinata all’intesa tra le due Amministrazioni), ha ritenuto che nel caso di specie l’intesa vi fosse stata, ma che sul contenuto di questa si fosse ingenerata confusione, dovuta al fatto che il visto del Capo di Gabinetto non recava data di scadenza, al contrario dell’atto del Ministero della Difesa.

2.1. Il T.A.R. ha inoltre affermato che, ai sensi del citato art. 53, destinatario dell’autorizzazione non è il dipendente pubblico che svolge l’incarico, ma il soggetto pubblico o privato che glielo conferisce e, perciò, nella vicenda in esame la richiesta della proroga dell’autorizzazione avrebbe dovuto essere fatta dalla -OMISSIS-, cioè dalla società che si è avvalsa del militare per l’attività di collaudo, ma tale società è rimasta inerte. Detta omissione non può – sottolinea la sentenza – riverberarsi sul militare incolpevole e ciò tanto più perché l’autorizzazione era stata rilasciata a questi dal Ministero della Difesa con apposizione del termine, ma “ salvo rinnovo ”.

2.2. Da ultimo, il T.A.R. ha sottolineato l’interesse pubblico al completamento dell’incarico da parte del militare, avendo esso ad oggetto un’attività (il collaudo dei lavori di elettrificazione di una tratta della -OMISSIS-) rientrante in una funzione pubblica di controllo della corretta esecuzione di un’opera pubblica.

3. Nell’appello, le Amministrazioni appellanti invocano l’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 e sostengono, in base allo stesso, la necessità, per il pubblico dipendente che intenda svolgere incarichi retribuiti, di munirsi dell’autorizzazione preventiva dell’Amministrazione di appartenenza, la quale deve essere posta in condizione di valutare la compatibilità in fatto e diritto tra l’incarico da svolgere e il rapporto di servizio del dipendente. Non solo, quindi, non è ammessa un’autorizzazione postuma, ma lo svolgimento dell’incarico da parte del dipendente senza esservi stato previamente autorizzato costituisce violazione del divieto di cui al combinato disposto degli artt. 53, comma 7, cit. e 1, commi 60 e 61, della l. n. 669/1996: violazione che comporta, tra l’altro, che il compenso per le (eventuali) prestazioni svolte sia versato nel conto dell’entrata del bilancio dell’Amministrazione di appartenenza del dipendente, per essere destinato all’incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. E questa disciplina si applica anche al personale del cd. regime pubblico non privatizzato, incluso quello militare: né – aggiungono sul punto le appellanti – l’applicazione dell’ora vista disciplina alla vicenda del -OMISSIS- può reputarsi preclusa dall’entrata in vigore del Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. n. 66/2010), comunque posteriore ai fatti e che non ha abrogato, in parte qua , l’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001.

3.1. Tanto premesso in diritto, in fatto le Amministrazioni evidenziano come al -OMISSIS- fosse stata rilasciata l’autorizzazione per svolgere l’attività professionale fino al 31 dicembre 2000 “ salvo rinnovo ” e che non risulta che la suddetta autorizzazione, una volta scaduta, sia stata temporalmente estesa o rinnovata. Le appellanti insistono sul valore di mero parere del visto rilasciato al militare dal Capo di Gabinetto del Ministero dei Trasporti, che non potrebbe intendersi quale atto autorizzatorio finale, tanto più che lo stesso non indicava il limite temporale della prestazione autorizzata, previsto invece dall’art. 53, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001.

3.2. Del resto, il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto inviò con nota dell’11 agosto 2000 la richiesta del -OMISSIS-, corredata del citato visto, al Ministero della Difesa, così attivando l’avvio, da parte di quest’ultimo, del procedimento autorizzatorio conclusosi con l’atto autorizzativo del 26 settembre 2000 (con scadenza al 31 dicembre 2000). Tale atto è stato trasmesso all’Ufficio di Gabinetto del Ministero dei Trasporti, presso cui il -OMISSIS- prestava servizio, affinché gli fosse comunicato e la sua consegna al militare – precisano le appellanti – sarebbe avvenuta informalmente a mano e senza relata di notifica.

3.3. Sulla base di tali argomentazioni, le appellanti hanno quindi lamentato l’erroneità della sentenza impugnata, deducendo quale motivo di gravame la violazione/falsa applicazione dell’art. 53, comma 10, del d.lgs. n. 165/2001.

3.3.1. Diversamente da quanto affermato dal primo giudice, infatti, nel caso di specie non vi sarebbe stata alcuna confusione circa l’intesa tra il Ministero della Difesa e quello dei Trasporti in relazione all’autorizzazione del dipendente all’espletamento dell’incarico retribuito extraistituzionale, la quale avrebbe coperto solo il periodo sino al 30 dicembre 2000 (limite temporale fissato dal Ministero della Difesa quale sua Amministrazione di appartenenza): oltre tale data, in assenza del rinnovo – sempre previa intesa – dell’autorizzazione, l’attività sarebbe da considerare come svolta illegittimamente. Il T.A.R. avrebbe, altresì, male interpretato l’art. 53, comma 10, cit., affermando che la richiesta della proroga o rinnovo dell’autorizzazione fosse un dovere per il soggetto che aveva conferito l’incarico (-OMISSIS-) e non per l’incaricato: alla mancata richiesta da parte della -OMISSIS-, in realtà, non potrebbe assegnarsi il valore di possibilità per il dipendente dell’ulteriore svolgimento – liberamente e senza conseguenze – dell’attività extraprofessionale, la quale, in difetto della necessaria autorizzazione, resterebbe illegittima, con obbligo di restituzione all’Amministrazione del compenso percepito. Nel caso di specie, per di più, il dipendente risultava già edotto della procedura da seguire per la richiesta di autorizzazione o per il suo rinnovo, avendo già una prima volta chiesto ed ottenuto la prescritta autorizzazione dagli Uffici competenti al rilascio.

3.3.2. Da ultimo, l’Avvocatura dello Stato rileva come l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi retribuiti sia, anche per il personale militare assegnato ad Uffici di diretta collaborazione (com’era all’epoca il -OMISSIS-), atto gestionale (rientrante nell’attività di gestione delle risorse umane), di competenza, perciò, dell’Ufficio dirigenziale deputato ad amministrare il personale militare. Se ne desumerebbe, anche per questo verso, l’impossibilità di attribuire al visto del Capo di Gabinetto del Ministero dei Trasporti il valore di provvedimento autorizzatorio finale, quantomeno sotto il profilo dell’incompetenza del predetto organo (non appartenente all’Amministrazione militare) ad emettere il provvedimento in discorso.

3.4. Il militare, ancorché l’appello sia stato correttamente notificato nel domicilio da lui eletto presso il difensore costituito in primo grado, non si è costituito nel presente giudizio.

3.5. All’udienza del 13 aprile 2021 – tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con l. 18 dicembre 2020, n. 176 –, nessuno essendo comparso per la parte costituita, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. L’appello – che dalla documentazione in atti risulta tempestivamente e regolarmente notificato per via postale – è fondato.

4.1. La sentenza appellata riposa su un plurimo ordine di motivazioni, nessuna delle quali, tuttavia, si rivela convincente.

4.1.1. La disciplina degli incarichi extraistituzionali dei dipendenti pubblici è contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, il quale, al comma 7, prevede che: “ I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. (……….) In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti ”.

4.1.2. Il successivo comma 10 dell’art. 53 così recita: “ L’autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all’amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l’incarico;
può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L’amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l’autorizzazione è subordinata all’intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l’amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall’intesa se l’amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell’amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l’autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata;
in ogni altro caso, si intende definitivamente negata
”.

4.1.3. La giurisprudenza univoca, nell’applicare tale normativa, ha sottolineato come lo svolgimento di incarichi extraistituzionali retribuiti da parte di dipendenti della P.A. sia condizionato alla previa autorizzazione ad opera dell’Amministrazione di appartenenza, il cui scopo è di verificare ex ante la mancanza di situazioni anche potenziali di conflitto di interessi, cosicché l’eventuale illecito non può essere sanato da un’autorizzazione “postuma”, successiva al conferimento dell’incarico, emessa “ ora per allora ” (cfr., per il pubblico impiego cd. contrattualizzato, Cass. civ., Sez. II, 2 settembre 2020, n. 18206 e 18 giugno 2020, n. 11811;
Sez. lav., 20 maggio 2020, n. 9289). Nello stesso senso si è espressa, per il pubblico impiego in regime di diritto pubblico, la giurisprudenza amministrativa: si richiama, in proposito, un recente arresto di questa Sezione, secondo cui l’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 “ vieta ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, con rapporto di lavoro a tempo pieno, l’espletamento di incarichi retribuiti, anche occasionali, non compresi nei compiti e nei doveri d’ufficio, per i quali sia corrisposto, sotto qualunque forma, un compenso, salvo che lo svolgimento dell’incarico sia stato preventivamente autorizzato dall’amministrazione di appartenenza per le specifiche attività consentite dalla legge ” (24 settembre 2020, n. 5594;
cfr., altresì, C.G.A.R.S., Sez. giurisd., 10 settembre 2019, n. 794).

4.2. In base a tali coordinate normative e giurisprudenziali, non può dubitarsi che il -OMISSIS- dovesse essere autorizzato a svolgere l’incarico de quo anche per il periodo successivo al 31 dicembre 2000. Non può ritenersi – né avrebbe potuto in buona fede ritenerlo il militare – che a tal fine fosse sufficiente il visto del Capo di Gabinetto del Ministero dei Trasporti, atteso che, secondo la normativa surriferita, l’autorizzazione è rilasciata al pubblico dipendente dall’Amministrazione di appartenenza, previa intesa con l’Amministrazione presso cui egli presta servizio, ove il dipendente sia addetto agli uffici di altra Amministrazione, e che, all’evidenza, l’Amministrazione di appartenenza dell’appellato è il Ministero della Difesa e non quello dei Trasporti, di tal ché al primo, e non al secondo, competeva il rilascio dell’autorizzazione.

4.3. Va poi osservato che il visto del Capo di Gabinetto del Ministero dei Trasporti era stato trasmesso al Ministero della Difesa, il che conferma come le Amministrazioni ben sapessero della competenza del Ministero della Difesa all’emissione del provvedimento finale. L’autorizzazione rilasciata, però, prevedeva una scadenza (31 dicembre 2000), diversamente dal predetto visto: tuttavia, anche a voler negare che il militare abbia saputo di tale scadenza – la comunicazione dell’autorizzazione gli è stata fatta informalmente e, quindi, di essa manca la prova –, egli non avrebbe potuto ritenersi autorizzato dal solo visto del Capo di Gabinetto del Ministero dei Trasporti, che, di per sé, non poteva esaurire la fattispecie dell’intesa di cui all’art. 53, comma 10, del d.lgs. n. 165/2001. E di ciò il militare doveva – o avrebbe dovuto – essere ben consapevole, emergendo, si ripete, dalla piana lettura dell’ora vista disposizione la competenza del Ministero della Difesa, e non di quello dei Trasporti, all’adozione nei suoi confronti del provvedimento autorizzatorio.

4.4. Da quanto sinora detto emerge, dunque, l’infondatezza della motivazione della sentenza di prime cure basata sull’equivoco che sarebbe insorto circa il contenuto dell’intesa tra le Amministrazioni in ordine al rilascio dell’autorizzazione, discendente – secondo il T.A.R. – dal fatto che il visto del Capo di Gabinetto del Ministero dei Trasporti era sine die , mentre l’autorizzazione emanata dal Ministero della Difesa recava la scadenza del 31 dicembre 2000. Nessun equivoco era possibile, ad avviso del Collegio, dovendo aversi riguardo unicamente all’atto dell’Amministrazione deputata ad adottare il provvedimento finale e, quindi, all’autorizzazione del Ministero della Difesa.

4.5. Neppure persuade l’altra motivazione della sentenza appellata, secondo cui, ai sensi del comma 10 dell’art. 53, cit. la richiesta di proroga dell’autorizzazione avrebbe dovuto essere presentata dalla società che aveva conferito l’incarico (-OMISSIS-), di tal ché il militare non potrebbe sopportare le conseguenze negative dell’inerzia della società stessa.

4.5.1. Vero è, infatti, che in base al suvvisto comma 10, l’autorizzazione all’incarico extraistituzionale va richiesta dal soggetto che intende conferire l’incarico, tuttavia la disposizione prosegue affermando che l’autorizzazione può essere chiesta, altresì, dal dipendente interessato: nel caso di specie, dunque, il militare avrebbe potuto supplire, in base all’ora vista disciplina, all’inerzia della -OMISSIS- (che avrebbe potuto interpellare sul punto, per sapere se fossero state assunte iniziative), ma non l’ha fatto.

4.5.2. Soprattutto, anche a ritenere che vi sia stata una colpevole inerzia della società nel chiedere la proroga dell’autorizzazione, è innegabile che neanche la condotta del militare possa andare esente da rilievi di scarsa diligenza: egli, infatti, non si è preoccupato di sapere se l’autorizzazione gli fosse o meno stata prorogata, reputando infondatamente, come si è già detto, di essere “coperto” per tutta la durata di svolgimento dell’incarico dal visto del Capo di Gabinetto del Ministero dei Trasporti (cioè l’Ufficio presso il quale prestava servizio nel periodo in esame).

4.5.3. Da ultimo, neppure rileva il vantaggio derivante alla P.A. dall’esecuzione dell’incarico, su cui richiama l’attenzione il T.A.R., poiché semmai il militare avrebbe potuto chiederne l’accertamento mediante un’azione volta al riconoscimento dell’indebito arricchimento della P.A., fornendo la prova dell’avvenuto riconoscimento, anche in via implicita, dell’utilità della prestazione da parte della P.A. stessa (cfr. C.d.S., Sez. V, 4 giugno 2009, n. 3460).

5. In definitiva, dunque, l’appello deve essere accolto, in virtù della fondatezza delle censure con esso dedotte. Per conseguenza, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado deve essere respinto.

6. Ragioni di equità fanno sì che debba comunque disporsi la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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