Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-01-21, n. 202000480

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-01-21, n. 202000480
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000480
Data del deposito : 21 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/01/2020

N. 00480/2020REG.PROV.COLL.

N. 07805/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7805 del 2009, proposto dal signor E C, rappresentato e difeso dagli avvocati E C e G P, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, viale Giulio Cesare, n.14,

contro

il Comune di Roè Volciano, in persona del Sindaco in carica pro tempore , non costituitosi in giudizio,

nei confronti

del signor E D, non costituitosi in giudizio,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Lombardia, sede di Brescia, n. 713 del 20 giugno 2008, resa inter partes , concernente un’ordinanza di demolizione di opere abusive.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2019 il consigliere Giovanni Sabbato e udito, per l’appellante, l’avvocato G P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Oggetto del presente giudizio è rappresentato dal provvedimento dell’11 dicembre 2006, con cui il responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Brescia ordinava la demolizione di alcune opere in via Bellintano, n. 50, in difformità al permesso di costruire, e successiva d.i.a. in variante, per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione di un fabbricato preesistente.

2. Avverso tale atto proponeva ricorso, innanzi al T.a.r. per la Lombardia, sede di Brescia, n. 326 del 2007, in uno all’impresa costruttrice, l’odierno appellante, di professione geometra, nella qualità di progettista e direttore dei lavori, deducendo quanto segue:

i) violazione dell’art. 2 della legge regionale 20 aprile 1995 n. 26, dovendosi parzialmente escludere dal calcolo volumetrico le strutture orizzontali il cui spessore sia stato incrementato per ragioni di risparmio energetico e isolamento acustico;

ii) erronea considerazione di alcune opere (passerella di collegamento e balcone al secondo piano) come difformi siccome già previste in precedenti elaborati progettuali;

iii) erroneo calcolo della maggiore volumetria, in realtà inferiore alla soglia stabilita dall’art. 54, comma 1, della l.r. 12/2005 e comunque concentrata nel sottotetto non abitabile

iv) omessa considerazione della reale finalità dell’intervento di adeguamento sismico con la sola sopraelevazione del fabbricato.

3. Il Tribunale ha respinto il ricorso e compensato le spese di lite.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- è infondato il primo motivo, in quanto “ Il privato è [quindi] tenuto a rispettare il principio di proporzionalità aumentando l'altezza dell’edificio solo quando non vi siano soluzioni alternative ”;

- è infondato il secondo motivo, in quanto “ Nella sostanza l'intervento del Comune non sanziona la difformità tra il titolo edilizio e l’opera realizzata ma costituisce una misura adottata in autotutela per garantire il rispetto della normativa edilizia vigente nella zona ”;

- è infondato il terzo motivo, in quanto “ Anche in relazione al problema dell’altezza e del volume quindi il provvedimento impugnato deve essere interpretato non come un accertamento di difformità edilizia ma come un intervento in autotutela, in questo caso finalizzato a garantire il rispetto del divieto di sopraelevazione vigente nella zona ”;

- infondato è, infine, il quarto motivo, in quanto “ Anche sotto questo profilo il Comune ha cercato di utilizzare l’incremento dell’altezza per dimostrare la presenza di una variazione essenziale ”.

5. Avverso tale pronuncia si è interposto appello, notificato il 15 settembre 2009 e depositato il 5 ottobre 2009, lamentandosi, attraverso quattro motivi di gravame (pagine 7 - 25), reiterativi delle censure di primo grado, quanto di seguito sintetizzato:

I) il Tribunale, nel respingere il primo motivo, non avrebbe considerato che tutti gli interventi, indistintamente, che comportano incrementi degli spessori complessivi dei solai per un maggior risparmio energetico, beneficiano dello scomputo nel calcolo delle altezze e della volumetria e che il contestato innalzamento dell’edificio non ha comportato aumenti, né della superficie utile, né del volume abitabile;
inoltre non avrebbe considerato che l’altezza interna del sottotetto preesistente non avrebbe comunque consentito il “ maggiore spessore dei pavimenti e dei solai ” senza un contemporaneo incremento dell’altezza dell’edificio;

II) il Tribunale, nel respingere il secondo motivo, avrebbe erroneamente qualificato l’ordinanza impugnata quale espressione del potere di autotutela invece che sanzionatorio, tanto più che esso è incompatibile con la natura della d.i.a. di mero atto privato e non rispecchia i requisiti che un atto di tal natura deve avere, in particolar modo sotto il profilo delle ragioni di interesse pubblico;

III) il Tribunale, nel respingere il terzo motivo, non avrebbe considerato che l’altezza “ doveva essere integrata di 30 cm., corrispondenti alla differenza tra la quota di pavimento al piano terra dell’edificio e la quota di via "Paolo Bellintano" (come raffigurato nelle tavole progettuali), sicchè l'altezza originaria (misurata dal piano della strada alla linea di colmo) era ab origine di metri 11,00 ”;

IV) il Tribunale, nel respingere quanto dedotto circa l’insussistenza delle contestazioni “ variazioni essenziali ”, avrebbe erroneamente riqualificato l’atto impugnato quale espressione del potere di autotutela.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’annullamento dell’atto impugnato in prime cure

7. Il Comune, sebbene ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

8. In vista della trattazione nel merito del ricorso la parte appellante non ha svolto difese scritte.

9. La causa, chiamata per la discussione alla pubblica udienza del 17 dicembre 2019, è stata ivi introitata in decisione.

9.1 Occorre preliminarmente dare atto che, come da verbale d’udienza, il Collegio ha indicato alle parti presenti - ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. - la questione, rilevata d’ufficio, della possibile inammissibilità del ricorso di primo grado, e conseguentemente dell’appello, per mancata instaurazione del contraddittorio nei riguardi del controinteressato, da individuarsi nel proprietario dell’immobile interessato dall’ordinanza di demolizione (e che ha provveduto, nelle more, ad eseguire tale provvedimento, come evidenziato dallo stesso Tribunale nella impugnata sentenza).

Il ricorso di primo grado, e pertanto l’appello in esame, va dichiarato inammissibile per incompletezza del contraddittorio, non essendo stato evocato alcun controinteressato.

Dagli atti di causa risulta, infatti, che detto gravame è stato notificato, oltre che all’Amministrazione comunale, al solo signor E D nella veste di responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Roè Vociano, non costituitosi in giudizio, che tuttavia, in quanto organo dirigenziale dell’Amministrazione che ha emesso l’atto impugnato, per il principio dell’unità soggettiva dell’Ente Pubblico ( ex art. 2, Allegato n. 1 al d.lgs. n. 118/2011), non si atteggia, nel giudizio innescato dal ricorrente, a vero controinteressato.

Il vero (ed unico) controinteressato della odierna causa, invece, era certamente da individuarsi nel proprietario dell’immobile, signor C V che, come si evince dalla narrativa contenuta nella sentenza di primo grado aveva provveduto a demolire il manufatto conformandosi all’iniziativa repressiva dell’Amministrazione. E’ ben noto che la qualità di controinteressato va riconosciuta nella compresenza dell’elemento sostanziale, vale a dire il soggetto portatore di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la posizione del ricorrente, e dell’elemento formale, costituito dall’indicazione nominativa del medesimo soggetto nel provvedimento impugnato (ovvero la sua agevole individuabilità in altro modo). Nel caso di specie, pacifica essendo la sussistenza dell’elemento formale per essere il proprietario dell’immobile espressamente indicato tra i destinatari del provvedimento demolitorio, si configura anche l’elemento sostanziale palesandosi questi quale specifico riferimento soggettivo del procedimento teso all’adozione della sanzione edilizia, che, avendo natura reale, ricade su chi ha la disponibilità materiale e giuridica dell’immobile interessato dall’esecuzione di opere abusive.

La posizione di controinteresse, peraltro già riconosciuta in giurisprudenza (T.a.r. Genova, sez. I, 25 febbraio 2015, n. 229) è avvalorata dalla circostanza che, come evidenziato da parte appellante, il proprietario ha attivato un giudizio civile per conseguire il risarcimento dei danni, derivanti dalle difformità accertate dall’Amministrazione, nei confronti dell’appellante nella sua qualità di direttore dei lavori. Non va peraltro trascurato l’interesse di questi a dar seguito all’ordine demolitorio sia per scongiurare l’acquisizione al patrimonio indisponibile dell’ente in caso di sua inottemperanza, sia, in una veste più precisamente morale, a non conservare la disponibilità di un immobile interessato da un’ordinanza demolitoria per l’accertata esecuzione di opere edilizie abusive e pertanto possibile motivo di disapprovazione sociale (in ordine ad una possibile dissonanza tra proprietari ed altri contravventori circa la spontanea disponibilità a dare esecuzione all’ordinanza di demolizione di opere abusive, si veda: Cons. giust. amm. Sicilia, 27 gennaio 1988, n. 19).

Il proprietario dell’immobile non è stato mai intimato, né in primo grado né nell’odierno grado di appello: quest’ultimo era certamente parte necessaria del processo (l’eventuale accoglimento del gravame implicherebbe che la avvenuta demolizione si dovrebbe ritenere “sine causa” , con conseguenti refluenze, a tacer d’altro, nel giudizio civile risarcitorio instaurato dal proprietario medesimo).

9.2 Per scrupolo di completezza, brevemente, si evidenzia che l’appello sarebbe stato, comunque infondato.

9.2.1 Giova premettere che la tesi espressa dal Tribunale, al fine di respingere il ricorso al suo esame, si fonda sulla qualificazione dell’atto impugnato in prime cure quale atto di autotutela, qualificazione contestata dall’appellante in questa sede. Tale configurazione non è per vero condivisibile ma, come si dirà, senza alcuna refluenza sulla decisione del gravame.

9.2.2 Occorre, quindi, ripercorrere i passaggi essenziali della vicenda.

Nella impugnata sentenza è riportato il seguente passo: “ La domanda di permesso di costruire relativa alla ristrutturazione è stata formulata il 3 agosto 2004 ed è stata integrata con nuove tavole di progetto il 27 ottobre 2004. Successivamente, in data 10 maggio 2005, sempre attraverso l'attività professionale del geom. C, è stata presentata una DIA che ha modificato il contenuto dell’intervento focalizzandolo sui lavori di consolidamento statico necessari per rimediare ai danni provocati dal terremoto verificatosi il 24 novembre 2004. Nel territorio comunale il terremoto era stato particolarmente intenso (8° grado della scala Mercalli). In tale occasione l’edificio era stato dichiarato inagibile e ne era stato ordinato lo sgombero con ordinanza del sindaco datata 1 dicembre 2004 ”. Ne consegue che, come rimarcato nella stessa pronuncia, alla domanda di permesso di costruire non è seguito alcun provvedimento abilitativo, in quanto, l’immobile, nelle more dichiarato inagibile a seguito di evento sismico, veniva interessato da un intervento di consolidamento statico oggetto di apposita e diversa d.i.a.. Le opere suddescritte, quindi, venivano contestate come abusive, siccome mai autorizzate, e pertanto l’ordinanza non si configura quale atto espressivo del potere di autotutela atteggiandosi invece a provvedimento sanzionatorio vero e proprio. Se è vero che detto potere è suscettibile di esercizio anche rispetto ad una d.i.a. (Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717), è vero anche che l’atto in questione va qualificato secondo il senso proprio dello stesso, che è quello di perseguire un abuso edilizio realizzato in difformità a quanto autorizzato. Parte appellante contesta, quindi, l’effettiva sussistenza di tali abusi e tali deduzioni sono potenzialmente in grado di inficiare la legittimità dell’atto impugnato in prime cure.

9.2.3 Va rilevato, però, che il perimetro del giudizio di appello è circoscritto dalle censure ritualmente sollevate in primo grado, sicché non possono trovare ingresso le doglianze nuove proposte dall’appellante per la prima volta in questa sede in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104 c.p.a. Pertanto, per comodità espositiva, il Collegio ritiene di prendere in esame direttamente le censure poste a sostegno del ricorso in prime cure ove criticamente riproposte (cfr., ex plurimis sul punto, Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2015, n. 673; id ., sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5347), risultando così ininfluente la qualificazione dell’atto operata dal Tribunale.

9.3 Non coglie nel segno il primo motivo del ricorso di primo grado (pagina 6), col quale si lamenta la violazione dell’art. 2, comma 4 della legge regionale n. 36 del 1995, atteso che tale statuizione normativa prevede che “ Alle istanze per l'ottenimento dei provvedimenti autorizzativi e delle concessioni edilizie di coloro che intendono avvalersi della presente legge deve essere allegata apposita relazione tecnica, corredata da calcoli e grafici dimostrativi completi consistenti in sezioni complessive dell'edificio e particolari costruttivi, in sala adeguate, che costituisce parte integrante del progetto ”. Ebbene, il ricorrente non ha fornito alcuna dimostrazione al riguardo e questo non gli consente di avvalersi della non considerazione del cd. extraspessore ai fini del calcolo della volumetria.

9.4 Non coglie nel segno nemmeno quanto evidenziato a proposito della contemplazione già in progetto delle opere difformi (pagina 7 del ricorso originario), in quanto tali elaborati erano stati presentati per il conseguimento di un permesso di costruire mai rilasciato, stante la sospensione del relativo procedimento richiesta dallo stesso ricorrente. Dagli atti di causa si evince che questi, in sostanza, ha provveduto a realizzare le opere previste in detta istanza edificatoria ancor prima del rilascio del relativo titolo edilizio, di tal che le stesse, stante la loro abusività, non possono non essere meritevoli della sanzione irrogata. Tali opere, comportando una maggiore altezza del fabbricato e comportando la edificazione di un balcone e di una passerella, non possono avere alcuna attinenza con la opposta finalità di adeguamento sismico.

9.5 Non convince quanto ulteriormente dedotto col terzo motivo del ricorso di primo grado (pagina 9) circa la denunciata inesistenza di difformità qualificabili in termini di “ variazioni essenziali ” secondo la disciplina di cui all’art. 54 della legge regionale n. 12 del 2005, in particolare laddove richiede la modifica “ dell’altezza dell’edificio in misura superiore a un metro senza variazione del numero dei piani ” ovvero il “ mutamento delle caratteristiche dell’intervento assentito in relazione alla classificazione dell’articolo 27 ”. E’ sufficiente osservare, al riguardo, che il provvedimento impugnato fonda la qualificazione dell’intervento in termini di “ variazioni essenziali ” tenendo conto dei molteplici parametri, offerti dal su citato art. 54, diversi dall’incremento dell’altezza per oltre un metro, e segnatamente del superamento del limite volumetrico, della distanza e dell’altezza di cui all’art. 54, comma “c” punto 2, del divieto di sopralzo nonché del mutamento delle caratteristiche dell’intervento. Ciascuno di tali parametri è di per sé sufficiente a configurare la difformità riscontrata nei termini anzidetti, con conseguente soggezione alla irrogata sanzione demolitoria, stante quanto previsto dalla norma prima di elencare le variazioni essenziali (“ Costituiscono variazioni essenziali al progetto approvato le modifiche edilizie che comportino anche singolarmente ”).

10. In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso originario, e conseguentemente dell’appello, per omessa instaurazione del contraddittorio nei riguardi del controinteressato signor C V.

11. Il Collegio ritiene sussistano eccezionali motivi, stante la particolarità della vicenda di causa e dei sottesi interessi, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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