Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-02-23, n. 201201008

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-02-23, n. 201201008
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201008
Data del deposito : 23 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00230/2007 REG.RIC.

N. 01008/2012REG.PROV.COLL.

N. 00230/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 230 del 2007, proposto da:
Copacons-Centro Osservatorio Pubblicità diretta ai Consumatori e Codacons, in persona dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi dall'avv. C R, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale Nazionale del Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 73;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Ministero delle Comunicazioni, in persona dei legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge presso la sede di Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Poste Italiane S.p.A.;

per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I, n. 07715/2006, resa tra le parti, concernente PUBBLICITA' INGANNEVOLE DELLA CARTA PREPAGATA "POSTEPAY"


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2012 il Cons. G D M e uditi per le parti l’avv. Ramadori per delega dell’avv. Rienzi e l’avvocato dello Stato D'Ascia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, sez. I, n. 7715/06 del 29 agosto 2006 (che non risulta notificata) è stato respinto il ricorso proposto dalle associazioni Copacons e Codacons avverso l’archiviazione – da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato – del procedimento sanzionatorio avviato in ordine all’ingannevolezza della pubblicità della carta prepagata, denominata postepay, procedimento conclusosi con dichiarazione di manifesta infondatezza, ai sensi dell’art. 4, comma 5, d.P.R. 11 luglio 2003, n. 284 (Regolamento recante norme sulle procedure istruttorie dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di pubblicità ingannevole e comparativa). Quanto sopra, con riferimento ad un annuncio comparso sul quotidiano Il Sole - 24 ore del 16 novembre 2003, in cui si sottolineava la possibilità di diventare titolari di una carta senza avere un conto corrente, nonché in rapporto ad uno spot televisivo andato in onda il 28 novembre 2003 sull’emittente C anale 5, dove due ragazzi dispersi in mare e privi di contante riuscivano a pagare le operazioni di soccorso tramite ricarica della carta in questione.

Dei messaggi sopra sintetizzati era stata rappresentata l’ingannevolezza, in quanto non sarebbero state precisate le spese derivanti da un’immobilizzazione di capitale senza interesse, in rapporto ai vantaggi offerti dalle altre carte di credito;
lo spot televisivo, a sua volta, sarebbe stato in contrasto con gli articoli 489 e seguenti del Codice della navigazione, in ordine alla doverosità e gratuità del soccorso in mare.

Nella citata sentenza, tuttavia, si rilevava come nella pubblicità in questione fossero dettagliatamente indicate le caratteristiche del prodotto reclamizzato, con rinvio alla consultazione delle ulteriori condizioni del servizio sul foglio informativo, reperibile presso gli uffici postali o sul sito internet della società. La mancanza di un conto corrente collegato alla titolarità della carta, inoltre, avrebbe in effetti ridotto i rischi di frode o indebita utilizzazione. Nessuna omissione avrebbe potuto peraltro rilevarsi in ordine alla mancata produzione di interessi, corrispondendo la postapay ad una disponibilità di moneta elettronica, differente da un conto bancario. Quanto allo spot televisivo, infine, la situazione rappresentata non sarebbe stata corrispondente ad un reale pericolo, trattandosi di “espediente pubblicitario esterno al contenuto comunicativo” , non incidente “sulla veridicità e sulla correttezza del messaggio” .

Avverso la sentenza Copacons-Centro Osservatorio Pubblicità diretta ai Consumatori e Codacons propongono l’atto di appello in esame (n. 230/07, notificato il 22 dicembre 2006), sulla base di reiterate censure di violazione o falsa applicazione degli articoli 1, 4 comma 2 e 6 d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 74 ( Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come modificata dalla Direttiva 97/55/CE, in materia di pubblicità ingannevole ), come modificato dal d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 67,, nonché di violazione degli articoli 489 e seguenti del Codice della navigazione, oltre che degli articoli 3 e 97 Cost.. Il messaggio, infatti, non poteva ritenersi veritiero e corretto, mancando informazioni dettagliate dei costi, dei servizi, delle garanzie e dei possibili disservizi del prodotto offerto. Non poneva rimedio a tale carenza informativa l’invito ad assumere informazioni sul sito Poste Italiane o presso gli sportelli postali, dovendo la pubblicità fornire riferimenti, benché sintetici, comunque completi in ordine al contenuto della garanzia. Lo spot televisivo, a sua volta, era particolarmente insidioso perché indirizzato agli utenti più giovani, ai quali si suggeriva la possibilità di ottenere – attraverso postapay – l’aiuto economico della mamma, senza tenere conto dell’obbligo di soccorso di persone in difficoltà in mare.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene senz’altro che l’appello non possa trovare accoglimento.

Correttamente infatti l’Autorità garante della concorrenza e del mercato non ha ravvisato ingannevolezza in un messaggio in cui si esponevano con sufficiente chiarezza le caratteristiche sostanziali del servizio offerto, essendo noto che una carta prepagata non può essere produttiva di interessi e dovendo ritenersi che lo spot , riferito ad una situazione di salvataggio in mare, non interferiva sulla veridicità del messaggio, risultando patente la natura di espediente pubblicitario del medesimo, non fuorviante in rapporto alle informazioni concernenti il prodotto reclamizzato.

A norma dell’art. 2, comma 1, lett. b) d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 74, come modificato dal d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 67, infatti, si deve intendere come “pubblicità ingannevole” il messaggio che “in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche a cui è rivolta o che raggiunge e che […] possa pregiudicare il loro comportamento economico […]” .

A tale riguardo, è stato chiarito dalla giurisprudenza – anche prima delle specificazioni poi introdotte nel Codice del consumo (artt. 20 e ss. d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) – come occorra far riferimento, per valutare la possibilità di errore indotto dal messaggio pubblicitario, al “ consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente avveduto” (cfr. Corte Giustizia CE, IV, 10 settembre 2009, n. 446, riferita ai regolamenti 2081/92 e 2796/2000), tenuto conto delle caratteristiche del mercato in cui un tale tipo opera le proprie scelte (cfr. anche, per il principio, Cons. Stato, VI, 30 giugno 2011, n. 3897).

In tale contesto, per un prodotto che richieda necessariamente, come quello in esame, l’accesso ad ulteriori informazioni (dovendo il consumatore, per ottenere la postapay , rivolgersi ad un ufficio postale e sottoscrivere un contratto), non può ravvisarsi carattere ingannevole in una pubblicità che si limiti ad evidenziare una caratteristica saliente del prodotto stesso (nel caso di specie: possibilità per chiunque di ottenere la carta prepagata, ricaricabile, con un modesto esborso di denaro, anche senza avere alcun deposito presso l’Istituto bancario), con rinvio per le ulteriori informazioni di dettaglio al fornitore del servizio.

Premesso dunque che il fruitore medio di carte di credito dovrebbe già essere,, normalmente, informato del carattere non fruttifero delle carte prepagate e considerato comunque che l’entità della somma che risulta possibile accreditatare su tale tipologia di carte è usualmente modesta, non è dato ravvisare l’addebitato carattere ingannevole , né un rischio di alterazione della consapevolezza delle scelte economiche del consumatore medio in un messaggio, che intendeva illustrare soltanto la possibilità – effettivamente sussistente – di ottenere in modo molto semplice e poco oneroso un determinato servizio dalla società Poste Italiane.

Quanto allo spot televisivo, il messaggio trasmesso non risultava a sua volta ingannevole , nella misura in cui presentava la ricaricabilità della carta prepagata in questione, anche da parte di terzi, come un pratico sistema per ottenere l’immediata disponibilità di denaro contante, in presenza di difficoltà pratiche di qualsiasi natura.

Il fatto che, nella fattispecie, fosse stato rappresentato un episodio di salvataggio in mare, per le modalità non drammatiche della scena (che non suggeriva un effettivo pericolo di vita dei protagonisti) non poteva essere considerato fonte, per il consumatore medio, di informazioni, ritenute veritiere (e fuorvianti) circa le modalità di soccorso in caso di naufragio, essendo piuttosto evidente l’intento di rappresentare metaforicamente – con l’enfatizzazione tipica del messaggio pubblicitario – l’utilità di un servizio, in grado di assicurare la rapida disponibilità di contanti in caso di bisogno.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto. Le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente, vengono liquidate nella misura di €. 5.000,00 (euro cinquemila/00)

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