Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-05-18, n. 201202912
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N. 02912/2012REG.PROV.COLL.
N. 02239/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2239 del 2012, proposto da:
Università degli Studi di Milano in persona del Rettore in carica,
Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, in persona del Ministro in carica, ambedue rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
M A M, rappresentata e difesa dagli avvocati M B e M S, presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli, 180;
nei confronti di
C N S G, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE IV n. 348/2012, resa tra le parti, concernente PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER LA COPERTURA DI UN POSTO DI RICERCATORE UNIVERSITARIO SETTORE SCIENTIFICO DISCIPLINARE.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Anna Maria M;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 60 e 38 cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2012 il consigliere Roberta Vigotti e udito per l’appellata l’avvocato Bassani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’Università degli studi di Milano e il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca chiedono la riforma, previa sospensione dell’efficacia, della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha accolto il ricorso presentato dalla dottoressa Anna Maria M avverso gli atti della procedura di valutazione comparativa indetta per la copertura di posti di ricercatore, all’esito dalla quale la dottoressa Camilla Guaita è risultata vincitrice per il settore scientifico-disciplinare L-ART/05 – discipline dello spettacolo presso la facoltà di lettere e filosofia.
All’odierna camera di consiglio, nella quale è stata chiamata l’istanza cautelare, il difensore presente è stato avvertito dell’intenzione del Collegio di pronunciare sentenza, ai sensi degli artt. 60 e 38 cod. proc. amm.
I) La sentenza impugnata ha ritenuto che la commissione esaminatrice avesse violato la legge della procedura, non avendo proceduto alla valutazione della discussione dei titoli presentati dai candidati e al giudizio finale complessivo sugli stessi, come prescritto in particolare dall’art. 12, comma 4, del bando del concorso.
L’Università appellante oppone che la norma richiamata non può essere interpretata nel senso considerato dal Tar, che condurrebbe all’applicazione di una regola contraddittoria rispetto all’art. 9, comma 2, del medesimo bando e all’art. 1, comma 7, d.l. n. 180 del 2008, convertito nella legge n. 1 del 2009, i quali specificano che la comparazione è effettuata sulla base dei titoli illustrati e discussi davanti alla commissione e delle pubblicazioni dei candidati.
Osserva il Collegio che la contraddizione sostenuta dall’Università non sussiste, e che pertanto – a prescindere da ulteriori considerazioni - non può essere apprezzata in termini di inapplicabilità della norma di rango inferiore.
L’art. 12, comma 4, del bando prevede espressamente che il giudizio di ogni commissario deve riguardare partitamente i titoli, le pubblicazioni e l’illustrazione e discussione da parte del candidato dei propri titoli, e che la commissione deve esprimere il giudizio collegiale, nonché il giudizio complessivo finale.
La valutazione derivante dalla discussione dei titoli e il giudizio complessivo finale, del quale il Tar ha rilevato la mancanza e che è evidentemente relativo ai titoli, alle pubblicazioni, alla illustrazione e alla discussione da parte del candidato, non solo non contrasta, ma rientra nell’alveo dei parametri indicati in altra norma del bando e dell’art. 1 d.l. citato, e ne specifica il contenuto.
2) I primi giudici hanno rilevato che la settorialità della carriera e della produzione scientifica della ricorrente non potesse costituire circostanza negativa, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione.
L’appellante oppone che la varietà delle competenze ha costituito uno dei parametri di giudizio indicati dalla commissione, e che l’apporto scientifico della candidata M è ristretto ad un solo secolo e a un singolo aspetto (rapporto tra multimedialità e teatro).
La censura non è fondata.
Il vizio riscontrato dal Tar non consiste, infatti, nella distorta applicazione di un parametro di giudizio, ma nell’aver enfatizzato la specializzazione della ricerca della ricorrente quale dato negativo sulla sua complessiva preparazione e attività scientifica: il rilievo è del tutto condivisibile, dato che il maggior approfondimento di aspetti particolari del settore di studio non poteva, di per sé, incidere sui criteri di valutazione indicati dal bando (originalità e importanza delle pubblicazioni;congruenza delle stesse con il settore disciplinare per il quale si concorre;rilevanza editoriale e diffusione all’interno della comunità scientifica;determinazione dell’apporto individuale del candidato in caso di lavori in collaborazione). Tali criteri non impongono, né confortano, la conseguenza tratta dalla commissione, tanto più che la dottoressa M aveva presentato un curriculum dal quale, come riconosciuto dalla stessa commissione, emergeva una competenza generale nell’intero settore L-ART/05 Discipline dello spettacolo, che comprende “gli studi sugli aspetti teorici, storici, metodologici e organizzativi dello spettacolo, in particolare di quello teatrale..”. Ne consegue che il giudizio in esame appare viziato in quanto estrinsecamente illogico, e perciò sanzionabile dal giudice amministrativo, non venendo in rilievo l’esigenza di tutela della sfera di discrezionalità appartenente all’Amministrazione, come invece sostiene l’appellante.
3) La sentenza impugnata ha, infine, rilevato che la commissione non ha congruamente valutato i titoli e l’attività didattica svolta dalla ricorrente in primo grado.
Anche su questo aspetto le censure svolte con l’appello sono infondate.
Risulta infatti dalla documentazione versata in atti che dei ventuno saggi presentati dalla dottoressa M la commissione ne ha certificato solo otto, senza motivare in alcun modo l’omessa considerazione degli altri: né a colmare tale lacuna possono valere le argomentazioni postume contenute nell’appello. Difetta, quindi, nella valutazione comparativa dei titoli, l’analiticità del giudizio prescritta dal d.m. 28 luglio 2009 per le procedure di reclutamento dei ricercatori universitari indette dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 180 del 2008;così come risulta sostanzialmente svalutata l’attività didattica svolta dalla ricorrente in qualità di professore a contratto presso vari atenei e accademie fin dal 2003, per corsi tutti attinenti al settore scientifico-disciplinare messo a concorso.
4) In conclusione, l’appello è infondato (e può pertanto prescindersi dall’esaminare la legittimazione al giudizio del Ministero appellante), e deve essere respinto.
Le spese del giudizio possono, peraltro, essere compensate tra le parti anche per questo secondo grado.