Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-04-12, n. 201802195

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-04-12, n. 201802195
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201802195
Data del deposito : 12 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/04/2018

N. 02195/2018REG.PROV.COLL.

N. 08314/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8314 del 2016, proposto da
Comune di Taranto, in persona del Dirigente pro-tempore degli Affari generali e istituzionali, rappresentato e difeso dall’avv. B D, e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via Gregorio VII n. 150, presso lo studio dell’avv. A B, per mandato a margine dell’appello;

contro

G V, G V, A M V e D V, rappresentati e difesi dagli avv.ti P Q, L Q e A R, e elettivamente domiciliati in Roma, alla via Cosseria n. 2, presso Alfredo Placidi, per mandato a margine dell’atto di costituzione nel giudizio d’appello

nei confronti

Sindaco del Comune di Taranto, nella qualità di ufficiale di governo, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione 1^, n. 1023 del 23 giugno 2016, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo grado n.r. 2927/2015, integrato con motivi aggiunti, è stata annullata l’ordinanza del Sindaco di Taranto n. 58 del 13 novembre 2015 con cui è stata disposta la rimozione e smaltimento di percolato presente nella discarica di r.s. non pericolosi in località Palombara, la predisposizione di piano per eliminare successivi accumuli di percolato, il monitoraggio delle sostanze odorigene in prossimità della discarica


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di G V, G V, A M V e D V e del Sindaco del Comune di Taranto nella qualità di ufficiale di governo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi per le l’avv. Arcangelo, per delega dell’avv. Decorato per il Comune di Taranto, l’avv. Di Nezza, per delega degli avvocati Luigi e P Q per G V, G V, A M V e D V, e l’avvocato dello Stato G. Natale per il Sindaco del Comune di Taranto nella qualità di ufficiale di governo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.) G V e il defunto coniuge Fontana Maggiore con atto a rogito notarile in data 3 aprile 2004 hanno costituito usufrutto decennale in favore della società Vergine S.p.A. (ora Vergine Unipersonale S.r.l. in liquidazione) in relazione a un vasto compendio immobiliare (esteso ettari 29, centiare ottantasette e are ottantacinque), tipizzato come zona agricola, in località “La Palombara” del Comune di Taranto, prestando consenso all’utilizzazione del medesimo, da parte dell’usufruttuaria, per la realizzazione sul predetto compendio di un impianto di trattamento di rifiuti non pericolosi (selezione, recupero e condizionamento), con annessa discarica.

Con successivo atto a rogito notarile in data 6 dicembre 2005, i medesimi hanno costituito altro usufrutto decennale, sempre in favore della società Vergine S.p.A., su altro fondo rustico (esteso ettari uno, centiare novantacinque e are novantasette) alla contrada “Le Marine” del Comune di Taranto, finalizzato all’ampliamento dell’impianto.

In data 10 febbraio 2014 il sito è stato sottoposto a sequestro preventivo penale in relazione al reato di cui all’art. 674 c.p., e da successivi sopralluoghi condotti dal Nucleo Operativo Ecologico dei C.C. di Lecce è stata rilevata la presenza di quantità notevoli di percolato di discarica.

All’esito di ulteriori sopralluoghi svolti dalla Polizia Provinciale di Taranto e dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale e di tavolo tecnico istituito tra gli enti interessati, previa comunicazione di avvio del procedimento, indirizzato alla società Vergine S.p.A., nonché ai signori G V e G V, A M V e D V (questi ultimi quali figli succeduti alla defunta madre), e acquisite le osservazioni degli interessati, il Sindaco di Taranto, con ordinanza n. 58 del 13 novembre 2015, ha intimato alla società Vergine S.p.A., quale gestore e ai signori G V, G V, A M V e D V, quali comproprietari di provvedere:

1. (al)L'avvio dei lavori di rimozione e smaltimento del percolato presente all’interno della discarica per rifiuti speciali non pericolosi ubicata in Località Palombara, previa autorizzazione da parte dell'Autorità Giudiziaria, entro 10 (dieci) giorni dalla notifica della presente ordinanza e con la supervisione tecnica da parte di

ARPA

Puglia, da concludersi in complessivi 30 (trenta) giorni decorrenti dall'effettiva data di avvio, fatte salve eventuali proroghe derivanti dalle reali quantità di percolato da rimuovere
;

2. Successivamente, entro 130 (trenta) giorni dal completamento delle operazioni di cui al punto 1, (al)la predisposizione di una piano finalizzato ad eliminare la possibilità di successivi accumuli di percolato, previa acquisizione del parere favorevole dell’

ARPA

Puglia e del Settore Ecologia ed Ambiente della Provincia di Taranto
;

3. (al)L’attuazione degli interventi previsti dal piano di cui al punto 2 entro 60 (sessanta) giorni dall'avvenuta approvazione dello stesso da parte dei soggetti sopra indicati, con la supervisione tecnica di

ARPA

Puglia e previa autorizzazione da parte dell’Autorità Giudiziaria
;

4. Nelle more dell’efficace completamento delle attività di cui ai punti 2 e 3, dovrà essere ad ogni modo garantita la rimozione e Io smaltimento dell’eventuale ulteriore percolato presente in discarica ;

5. Di avviare contestualmente ai lavori di cui al punto 1 e sino al completamento dei lavori di cui al punto 3, una campagna di monitoraggio delle sostanze odorigene in prossimità della discarica, con particolare riferimento all'H2S, con la supervisione tecnica di

ARPA

Puglia e avendo cura di fornirne gli esiti ai soggetti cui il presente provvedimento è notificato
”.

2.) Con ricorso in primo grado n.r. 2927/2015, notificato anche al Sindaco quale ufficiale di governo (nella presupposizione che si potesse trattare di ordinanza contingibile e urgente) i signori G V, G V, A M V e D V hanno impugnato l’ordinanza sindacale, deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 e degli artt. 9 e ss. del d.lgs. n. 36/2003 e dell'AIA n. 348/2005. Violazione e falsa applicazione del regime sanzionatorio di cui agli art. 253 e ss. del d.lgs. n. 152/2006. Sviamento

Non sussistono i presupposti per l’esercizio del potere disciplinato dall’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, poiché nella specie viene in rilievo la violazione degli obblighi che incombono sul gestore della discarica (il percolato è residuo che si produce nella relativa attività, anche per dilavamento dei rifiuti), come disciplinati dal d.lgs. n. 36/2003 e segnatamente dall’art. 13, peraltro assistiti dalla prestazione di apposita garanzia, potendo e dovendo quindi l’amministrazione procedere essa stessa alle attività di ripristino in danno del gestore, avvalendosi della fideiussione a prima richiesta.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione del principio "chi inquina paga". Violazione e falsa applicazione della disciplina comunitaria. Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria

L’esecuzione degli interventi previsti dall’art. 192 d.lgs. n. 152/2006 non può essere imposta al proprietario dell’area interessata dall’abbandono o scarico incontrollato di rifiuti, se non in relazione all’accertamento di una specifica corresponsabilità con l’autore della condotta sanzionata, non configurandosi, secondo pacifica giurisprudenza amministrativa e europea una responsabilità oggettiva;
e ciò a fortiori nel caso di specie, in cui si tratta di situazione afferente a discarica dismessa, di cui è nota l’impresa già esercente, e a cui sono affatto estranei i proprietari, ivi compreso il signor G V, la cui titolarità di ditta individuale ubicata nelle vicinanze non individua alcun obbligo di vigilanza, essendo peraltro il sito recintato e non accessibile.

Né alcun rilievo potrebbero assumere le emissioni odorigene, che di per sé non denotano né lasciano ipotizzare una gestione irregolare e comunque una situazione che giustifichi un intervento, anche tenuto conto della prossimità della discarica ad altra fonte produttiva di emissioni odorigene (il depuratore comunale), tanto che la stessa A.R.P.A. non ha potuto chiarire una correlazione tra tali emissioni, le condizioni atmosferiche all’epoca delle segnalazioni da parte di cittadini, né escludere l’interferenza delle emissioni rivenienti dal depuratore.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del T.U.E.L. Incompetenza

Esulano i presupposti per l’adozione di ordinanza contingibile e urgente, considerato che le emissioni odorigene sono risalenti e già evidenziate dai verbali del N.O.E. dei C.C. sin dall’aprile 2015, nessun elemento nuovo è stato acquisito dal sopralluogo dell’A.R.P.A. del 24 settembre 2015, rispetto ai precedenti in data 11 maggio e 5 agosto 2015, e si non configura quindi una situazione emergenziale nuova e specifica.

Peraltro l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 192 d.lgs. n. 152/2006 appartiene alla competenza gestoria del dirigente comunale di settore e non spetta quindi al Sindaco.

Con motivi aggiunti al ricorso, in relazione ai rilievi contenuti nel decreto cautelare monocratico n. 616 del 2 dicembre 2015, di accoglimento dell’istanza cautelare, in ordine all’ipotetica riconducibilità del potere esercitato al disposto dell’art. 245 d.lgs. n. 152/2006, è stato altresì dedotto:

4) Violazione dell’art. 245 d. lgs. n. 152/06. Incompetenza

L’ordinanza sarebbe illegittima ove ricondotta alla disposizione suddetta perché essa attiene alla bonifica dei siti contaminati e presuppone l’accertamento di situazioni di potenziale contaminazione del suolo, tenuto conto che l’art. 239 esclude l’applicabilità delle disposizioni del titolo V (ivi compreso dunque l’art. 245) con riferimento all’abbandono incontrollato di rifiuti di cui al titolo IV.

In ogni caso, nemmeno l’art. 245 legittima la configurazione di una responsabilità “di posizione” in capo al proprietario dell’area, né le misure imposte costituiscono misure di prevenzione ai sensi dell’art. 240 bensì interventi di messa in sicurezza.

Peraltro qualora l’ordinanza costituisse esercizio del potere di cui all’art. 245 essa sarebbe viziata di incompetenza, poiché esso spetta solo all’Autorità provinciale, mentre al Comune è attribuita la sola adozione delle misure di cui all’art. 242.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Taranto ha dedotto a sua volta l’infondatezza del ricorso.

2.) Confermata, con ordinanza collegiale n. 23 del 14 gennaio 2016 la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza sindacale come disposta con il richiamato decreto monocratico, con sentenza n. 1023 del 23 giugno 2016, il ricorso è stato accolto.

Esclusa la fondatezza del terzo motivo, in funzione della non condivisa riconduzione dell’ordinanza ai poteri contingibili e urgenti, il T.A.R. ha ritenuto fondati il primo e secondo motivo di ricorso, nonché il motivo aggiunto, ritenendo che non fosse stata acclarata la responsabilità dei proprietari, nemmeno sotto il profilo della violazione di obblighi di vigilanza - per essere peraltro impossibilitati dal sequestro penale ad accedere al sito - e nemmeno di G V, risultando irrilevante la titolarità di ditta individuale ubicata nei pressi della discarica, e perché le misure imposte, e in specie il ripristino ambientale, gravano solo sull’autore dell’inquinamento e rientrano nella sfera di competenza della Provincia.

3.) Con appello spedito per la notificazione a mezzo del servizio postale raccomandato il 13 ottobre 2016 e depositato il 3 novembre 2016, il Comune di Taranto ha impugnato la sentenza, deducendo in sintesi i seguenti motivi:

1) Inammissibilità del ricorso introduttivo per mancata impugnazione della nota di A.R.P.A. n. 40832 di prot. del 16 luglio 2915. Error in procedendo

Si reitera l’eccezione pregiudiziale d’inammissibilità del ricorso in primo grado in relazione alla mancata impugnazione della nota di cui in epigrafe, relativa alla trasmissione dell’analisi del percolato prelevato sul sito della discarica dismessa, siccome trascritto nell’ordinanza sindacale e che qualifica il percolato come “rifiuto”;
tale nota costituirebbe “… un presupposto indefettibile per l'adozione dell'ordinanza n. 58 del 13.11.2015, la quale trova il proprio fondamento nella disciplina sui rifiuti ed in particolare nell'art. 192 d. lgs. n. 152/2006 che vieta l'abbandono ed il deposito incontrollato dei rifiuti sul suolo e sottosuolo ”, tenuto conto che gli interessati hanno contestato che il percolato fosse classificabile come rifiuto.

2) Errores in iudicando sull’asserita carenza dell’elemento soggettivo della colpa richiesta dall’art. 192 comma 3 del d.lgs. n. 152/2006. Omissione di fatti rilevanti per il giudizio. Insufficienza della motivazione

La responsabilità solidale dei proprietari deve rinvenirsi “… nell’avere consentito espressamente o anche tacitamente l’uso del fondo come deposito di rifiuti, sia nell’essere rimasti inerti, ovvero nel non avere esercitato contro l’usufruttario o il conduttore i poteri intesi a far cessare la situazione di utilizzazione illecita del proprio fondo ”.

In particolare tenuto conto dell’intensità delle emissioni odorigene provenienti dal sito e della gestione su fondo confinante da parte del signor G V di una propria attività economica, “… è agevole desumere, secondo un ragionamento presuntivo, la piena conoscenza da parte dei Sigg.ri Vergine della situazione di degrado e abbandono di rifiuti ”.

Si sostiene che “… la situazione di abbandono del percolato/rifiuto fosse se non altro agevolmente percepibile da parte dei Sigg.ri Vergine se solo gli stessi avessero usato la diligenza media e non avessero tenuto, invece, un atteggiamento di incuria e trascuratezza nei confronti del terreno di loro proprietà ”, anche tenuto conto che gli interessati avevano riacquistato la piena proprietà del compendio immobiliare per l’intervenuta scadenza alla data del 4 giugno 2014 dell’usufrutto decennale costituito in favore della società Vergine S.p.A., e che pertanto è loro addebitabile quantomeno una “ culpa in vigilando ” in ordine ad utilizzazione dell’immobile conforme a legge, non ostando all’esercizio dei loro poteri/doveri l’intervenuto sequestro preventivo penale, in relazione al quale ben avrebbero potuto chiedere il dissequestro al fine di evitare il procrastinarsi della situazione o comunque sollecitare l’autorità all’adozione di eventuali cautele.

3) Error in iudicando sulla non accertata responsabilità dei proprietari. Violazione e falsa applicazione degli art. 192 e 245 d.lgs. n. 152/2006. Travisamento della normativa ambientale. Illogicità manifesta. Contraddittorietà. Omesso esame di fatti decisivi

La sentenza contraddittoriamente sostiene che l’ordinanza sindacale costituisca espressione dei poteri, chiaramente diversi e alternativi, di cui agli artt. 192 e 245 d.lgs. n. 152/2006, laddove solo il primo è richiamato nel provvedimento, né si comprende come gli obblighi con esso imposti possono “… possano essere state confuse con le misure di bonifica e messa in sicurezza ex artt. 239 e ss. d. lgs. 152/2006 …”.

Costituitasi in giudizio, l’Avvocatura dello Stato, con memoria depositata il 12 dicembre 2012 ha dedotto la carente legittimazione passiva del Sindaco quale ufficiale di governo.

A loro volta gli appellati, costituitisi in giudizio, con memoria difensiva depositata il 12 dicembre 2016 hanno dedotto l’infondatezza dell’appello, con riproposizione dei motivi assorbiti o non esaminati.

Con ordinanza n. 5602 del 16 dicembre 2016 è stata rigettata l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza sul rilievo che “… il pregiudizio patrimoniale allegato non riveste requisiti di gravità e irreparabilità, posto che il Comune di Taranto potrà rivalersi, all’esito dell’eventuale definizione favorevole del merito, nei confronti degli appellati delle spese relative all’eventuale esecuzione in danno dell’ordinanza sindacale ”.

Con memoria difensiva depositata il 4 settembre 2017 gli appellati hanno dedotto la sopravvenuta carenza d’interesse all’appello perché con ordinanza provinciale del 31 marzo 2017 sono state ordinate misure di bonifica che assorbono e sostituiscono quelle di cui all’ordinanza sindacale e che dimostrano l’incompetenza, insistendo comunque nell’infondatezza dell’appello.

Il Comune appellante non ha depositato memoria difensiva e di replica.

All’udienza pubblica del 5 ottobre 2017 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

4.) Il Collegio, in assenza di deduzioni dell’amministrazione comunale appellante in ordine alla persistenza dell’interesse al gravame, deve darsi carico del suo esame nel merito, in esito al quale l’appello risulta destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza impugnata.

4.1) E’ anzitutto destituita di fondamento l’eccezione pregiudiziale proposta con il primo motivo, imperniata sulla pretesa inammissibilità del ricorso in primo grado in funzione dell’omessa impugnazione della nota dell’A.R.P.A. n. 40832 del 16 luglio 2015.

Nell’appello si assume che tale eccezione sia stata già spiegata nel giudizio di primo grado, laddove, in effetti a tale nota si fa un riferimento affatto ellittico e privo di espresse e congrue conclusioni nei termini dell’inammissibilità del ricorso soltanto alla pagina sei terzo rigo della memoria difensiva depositata il 22 marzo 2016 con l’inciso “ Peraltro, la suddetta nota non è stata impugnata dai ricorrenti

quale atto presupposto del provvedimento impugnato …”.

In disparte la questione dell’inammissibilità di tale eccezione ai sensi dell’art. 104 comma 1 c.p.a. in quanto proposta per la prima volta in appello, e non risultando essa rilevabile de plano ex officio , ne è evidente, comunque, la infondatezza.

La nota dell’A.R.P.A. n. 40832 del 16 luglio 2015, richiamata nell’amplissimo preambolo dell’ordinanza sindacale, per quanto ivi trascritto si è limitata a trasmettere gli esiti delle analisi di campioni di percolato (prelevato il 20 maggio 2015) significando che “ Limitatamente ai parametri chimico-fisici analizzati il campione non si rileva afferire ad alcuna classe di pericolosità HP;
risulta non conferibile in discarica, non conferibile in depuratori biologici ai sensi dell'art. 110 del D.Lgs. 152/06, da conferire presso impianti autorizzati al trattamento di rifiuti speciali
”.

E’ del tutto evidente che tale nota non ha alcun contenuto né efficacia provvedimentale integrando soltanto una valutazione di tipo tecnico sulle caratteristiche fisico-chimiche del percolato e sulle corrette modalità del suo smaltimento, e quindi non costituisce atto presupposto la cui omessa impugnazione possa incidere sull’ammissibilità del ricorso.

4.2) Non hanno maggior pregio il secondo e terzo motivo dell’appello, che possono essere trattati congiuntamente in relazione all’unitarietà del tema relativo alla sussistenza dei rispettivi presupposti per l’esercizio dei poteri disciplinati dall’art. 192 e 244 ss. del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (recante “ Norme in materia ambientale ” o altrimenti denominato “ Codice dell’Ambiente ”).

4.2.1) Com’è noto l’art. 192 - che riprende la disposizione già recata dall’art. 14 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (recante “ Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio ”, c.d. decreto Ronchi) -, dispone che:

L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati (comma primo).

È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee (comma secondo).

Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate (comma terzo)

Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni (comma quarto).

4.2.3) La fattispecie fattuale, e quindi giuridica, che legittima l’adozione dell’ordinanza (di stretta competenza del Sindaco perché la disposizione speciale prevale su quella generale afferente alla competenza gestoria dirigenziale di cui all’art. 107 comma 5 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267: cfr. solo tra le ultime Cons. Stato, Sez. V, 11 gennaio 2016 n. 57) è quindi circoscritta all’ipotesi di una discarica intesa come accumulo incontrollato di rifiuti, e quindi non appare riferibile al caso di specie, nel quale si verte all’opposto nel caso di discarica già regolarmente autorizzata - e ancorché con autorizzazione poi revocata - e sottoposta a sequestro penale e di problemi attinenti al ristagno di percolato, ossia del liquido prodotto dall’infiltrazione di acque meteoriche nella massa di rifiuti solidi urbani, o anche dai loro processi decompositivi e dal loro compattamento, con il rilascio di frazioni liquide (nel senso che l’art. 192 si riferisce solo a ipotesi di rifiuti abbandonati da terzi cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 25 luglio 2017, n. 3672).

4.2.4) A ragione, quindi gli interessati, con il primo motivo del ricorso introduttivo, hanno lamentato l’erroneo inquadramento della fattispecie e la sostanziale obliterazione della specifica disciplina recata dal d.lgs. 13 gennaio 2003, n.36 (recante “ Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti ”), che non per caso offre una espressa definizione tecnica del percolato come “ liquido che si origina prevalentemente dall'infiltrazione di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi ” (art. 1 lettera m) e impone sin dalla presentazione della domanda di autorizzazione unica integrata l’individuazione “(de) i metodi previsti per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, con particolare riferimento alle misure per prevenire l'infiltrazione di acqua all'interno e alla conseguente formazione di percolato ” (art. 8 lettera e), con la predisposizione di piani di gestione operativa (lettera g) e post-operativa (lettera h), e dei piani di sorveglianza e controllo “… con particolare riferimento alle precauzioni adottate a tutela delle acque dall'inquinamento provocato da infiltrazioni di percolato nel terreno …” (lettera i), che costituiscono peraltro oggetto di precise prescrizioni dell’autorizzazione (art. 10).

La disciplina speciale regola anche le procedure di chiusura della discarica (art. 12), secondo i piani di gestione post-operativa e di ripristino ambientale (art. 13 che stabilisce che: “ La manutenzione, la sorveglianza e i controlli della discarica devono essere assicurati anche nella fase della gestione successiva alla chiusura, fino a che l'ente territoriale competente accerti che la discarica non comporta rischi per la salute e l'ambiente. In particolare, devono essere garantiti i controlli e le analisi del biogas, del percolato e delle acque di falda che possano essere interessate ”) annettendone la responsabilità al gestore (art. 13 comma 4).

Gli obblighi specifici del gestore sono, peraltro, assistiti da specifica garanzia finanziaria (art. 14) comprensiva anche delle operazioni di chiusura (e quanto a queste è “… commisurata al costo complessivo della gestione post-operativa ”).

4.2.5) E’ quindi evidente che, se esulavano i presupposti per l’esercizio dei poteri di cui all’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, tanto meno, e in ogni caso, poteva individuarsi una responsabilità solidale dei comproprietari dei suoli già concessi in usufrutto per la gestione di discarica regolarmente autorizzata.

E ciò non solo perché il sito era recintato, sotto sequestro, e non accessibile direttamente, e perché la semplice percezione di emissioni odorigene (che peraltro potevano provenire anche dal depuratore viciniore, come emerge anche dal sopralluogo effettuato dall’ARPA il 24 settembre 2015) non potrebbe ex se individuare in capo al signor G V, titolare di ditta individuale sita in prossimità o a confine, una responsabilità di tipo omissivo (che in ogni caso si limiterebbe ad una mancata segnalazione, non già alla mancata adozione di cautele che non rientravano nella sua sfera giuridica), ma anche e in primo luogo perché sussiste una specifica responsabilità del gestore, che trova titolo nell’autorizzazione e negli obblighi di manutenzione, sorveglianza, controllo anche nella fase di chiusura della discarica -secondo quanto già visto- che non può essere in alcun modo traslata su soggetti diversi, quali i proprietari (nel senso dell’esclusiva responsabilità del detentore di rifiuti, addirittura con suo trasferimento alla curatela fallimentare, vedi Cons. Stato, Sez. IV, 25 luglio 2017, n. 3672, ancorché sul punto specifico della responsabilità della curatela si sia invece poi espressa in altro caso Sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5668).

4.2.6) Non rileva che il giudice amministrativo pugliese, nel negare la legittimità dell’ordinanza sindacale, abbia richiamato la disposizione dell’art. 245 del d.lgs. n. 152/2006.

In tal senso deve ricordarsi che le disposizioni degli artt. 239 ss., dichiaratamente alternative quanto al campo applicativo, all’abbandono disciplinato dalla parte quarta (e sanzionato dall’art. 192) (“ Ferma restando la disciplina dettata dal titolo I della parte quarta del presente decreto, le disposizioni del presente titolo non si applicano: a) all'abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto …”), presuppongono l’accertamento di situazioni d’inquinamento delle matrici ambientali, e rinviano a un complesso articolato di misure (di prevenzione, di riparazione, di messa in sicurezza d’emergenza, di messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente, di bonifica, di ripristino ambientale) che mettono capo alla competenza delle Province (art. 244), salva l’esecuzione d’ufficio da parte del Comune (art. 250).

Tali misure peraltro fanno carico al responsabile dell’inquinamento, se individuabile, costituendo onere reale iscrivibile con spese assistite da privilegio speciale immobiliare sulle stesse aree esercitabili nei confronti del proprietario soltanto nel caso d’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile dell’inquinamento e anche in tal caso “… nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi ” (art. 253).

5.) In conclusione l’appello in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata, integrata nei sensi di cui in motivazione.

6.) Il regolamento delle spese del giudizio d’appello segue la soccombenza nei confronti degli appellati G V, G V, A M V e D V, mentre può disporsene la compensazione nei confronti del Sindaco del Comune evocato quale ufficiale di governo.

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