Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-11-15, n. 201604710

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-11-15, n. 201604710
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201604710
Data del deposito : 15 novembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/11/2016

N. 04710/2016REG.PROV.COLL.

N. 09607/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9607 del 2013, proposto dalla Fucci Edil Restauri s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Vernacchio C.F. VRNGPP64L14A328C, domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Università degli Studi del Sannio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Aniello Mele C.F. MLENLL70M25F839I, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F P in Roma, Via F. Orestano, n. 21;

nei confronti di

Sacs s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VIII n. 05257/2013, resa tra le parti, concernente affidamento lavori di ristrutturazione di strutture per la didattica mediante la messa a norma edile ed impiantistica del complesso universitario denominato polo didattico


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi del Sannio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 settembre 2016 il Cons. I V e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Romano per delega di Vernacchio e Mele;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe la Fucci Edil Restauri s.r.l. (di seguito “Fucci”) ha impugnato, per il suo annullamento, la sentenza Tar Campania, Napoli, n. 5257/2013, depositata il 21/11/2013, con la quale è stato respinto – con condanna alle spese – il suo ricorso proposto in primo grado nei riguardi dell’Università degli studi del Sannio (di seguito “Università”) e nei confronti della S.A.C.S. s.r.l. (di seguito “Sacs”).

1.1. Espone la Fucci di essere stata l’aggiudicataria della gara indetta dall’Università per l’affidamento di lavori di ristrutturazione di strutture per la didattica, mediante la messa a norma edile ed impiantistica del complesso edilizio universitario “Polo Didattico”, ma che con determinazione dirigenziale n. 405/2012 l’aggiudicazione definitiva era stata dichiarata inefficace per insussistenza dei requisiti di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 ed era stata altresì autorizzata l’escussione della garanzia provvisoria prestata, con conseguente segnalazione all’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici nei suoi riguardi, oltre che nei riguardi della sua società ausiliaria C.e.s. s.r.l.

Aggiunge che in primo grado tale determinazione era stata censurata:

a) per violazione degli artt. 7 e 21-bis della l.n. 241/1990 in quanto non preceduta da comunicazione di avvio del procedimento. Comunicazione invece dovuta perché l’aggiudicazione (del 20.1.2012) era stata definitiva, come pure dimostrato dal fatto che l’Università – che pure le aveva chiesto il 25.1.2012 la trasmissione della cauzione definitiva ed il versamento delle spese contrattuali – aveva provveduto a pubblicare in Gazzetta Ufficiale l’esito della procedura in data 6.2.2012. Conseguentemente la revoca dell’aggiudicazione, intervenuta il 28.3.2012, doveva reputarsi un provvedimento di secondo grado – privo peraltro delle pur addotte ragioni d’urgenza – abbisognevole della preventiva comunicazione di avvio di procedimento;

b) per errata applicazione degli artt. 38 e 49 del d.lgs. n. 163/2006 in quanto, motivata la revoca dell’aggiudicazione per intervenuto accertamento del reato di cui all’art. 2, co. 1 e 3, del d.lgs. n. 74/2000 a carico del rappresentante della società ausiliaria, l’Università aveva sbagliato nel non considerare che:

- tale illecito tributario non rientrava fra quelli che implicassero necessariamente una causa di esclusione da procedure selettive contrattuali, sibbene fra quelli che solo presupponevano, da parte dell’Amministrazione appaltante, una valutazione discrezionale a tale riguardo;

- l’intervenuta condanna si era peraltro risolta nella sola comminazione di una sanzione pecuniaria, per di più assistita dalla clausola della non menzione;

- la società ausiliaria si era comunque dissociata dall’autore dell’illecito ben prima del bando per la procedura oggetto, ora, di controversia;

- la condotta del condannato, cessato per di più dalla carica rivestita all’epoca, non incideva negativamente sull’affidabilità morale e professionale della società ausiliaria;

- in ogni caso, ove pure il giudizio dell’Università, in proposito, fosse dovuto essere negativo, lo stesso doveva manifestarsi tempestivamente e non invece con un ritardo di quasi due mesi addirittura dalla pubblicazione in G.U. dell’esito dell’aggiudicazione.

Aggiungeva altresì che con motivi aggiunti aveva quindi impugnato la nota 27.4.2012 con la quale l’Università aveva escusso la cauzione provvisoria prodotta in sede di gara e ciò perché:

- la cauzione, ai sensi dell’art. 30 della l.n. 109/1994, copre la mancata sottoscrizione del contratto solo per volontà dell’aggiudicatario e, ai sensi dell’art. 48 del d.lgs. n. 163/2006 (norma sanzionatoria e, dunque, di stretta applicazione), la sua escussione è prevista solo per la mancanza di requisiti di capacità economico finanziaria e tecnico organizzativa;

- l’escussione della cauzione non era giustificabile, ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 163 cit., per falsa dichiarazione resa in sede di gara, giacché la dichiarazione va esaminata alla luce della “ lex specialis ” che nella fattispecie non pretendeva che fossero dichiarate tutte le condanne riportate ma solo quelle che avessero precluso la partecipazione alle gare di appalto.

2. Riporta la sentenza impugnata che l’Università, nel costituirsi in primo grado, aveva esposto che:

- l’efficacia dell’aggiudicazione, ai sensi dell’art.11, co. 8 del d.lgs. n. 163 cit., era stata subordinata alla verifica del possesso dei requisiti prescritti;

- di essersi rivolta il 23.1.2012 alla competente Procura della Repubblica per ottenere il certificato del casellario giudiziale del rappresentante della società ausiliaria, cessato dalla carica l’anno prima della pubblicazione del bando di gara;

- il certificato, pervenuto il 25.1.2012, attestava a carico del predetto rappresentante una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile il 6.7.2011, per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti commesso il 26.10.2006, mentre l’interessato ed il nuovo rappresentante dell’ausiliaria con le loro dichiarazioni sostitutive ex artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000 avevano dichiarato l’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 cit.;

- a fronte di false dichiarazioni, tenuto conto altresì della gravità del reato commesso, la stazione appaltante non poteva non escludere l’impresa ricorrente dalla procedura di gara, motivando sia in ordine alle dichiarazioni sostitutive difformi dalle risultanze del certificato penale sia per la carenza dei requisiti generali di cui all’art. 38, co. 2, lett. c), del d.lgs. n. 163 cit.;

- in ogni caso l’esclusione impugnata, giacché intervenuta prima dell’aggiudicazione definitiva, non integrava una revoca e comunque la mancata dichiarazione sull’esistenza di condanne penali costituiva circostanza dotata di valore autonomo ed incidente sulla moralità professionale a prescindere da ogni valutazione circa la rilevanza del reato non dichiarato;

- infine, la C.e.s. s.r.l. non aveva dato alcuna dimostrazione di una completa ed effettiva dissociazione dal condannato, che invece era risultato ancora socio e consigliere di questa società.

Riporta ancora la sentenza che la controinteressata Sacs aveva altresì eccepito il difetto di legittimazione attiva della Fucci, posto che la titolarità del diritto oggetto del contendere e la conseguente legittimazione processuale si sarebbero dovute riconoscere solo alla C.e.s. s.r.l., e che l’Università aveva poi eccepito la tardività dei motivi aggiunti della Fucci giacché relativi ad atti meramente consequenziali, mentre la precedente determinazione di incameramento della cauzione doveva semmai essere censurata col ricorso principale.

2.1. Dopo che, in primo grado, con ordinanza n. 700 del 22.5.2012 veniva respinta la domanda di sospensione cautelare degli effetti del provvedimento impugnato in principalità e con ordinanza n. 924 del 3.7.2012 veniva respinta analoga domanda proposta in relazione al provvedimento impugnato con motivi aggiunti, nel respingere il ricorso la sentenza impugnata ha, in sostanza, affermato che:

- andava respinta la preliminare eccezione di difetto di legittimazione processuale in capo alla ricorrente sollevata dalla Sacs, posto che invece tale legittimazione doveva essere riconosciuta proprio perché il provvedimento censurato in principalità aveva segnatamente disposto la sua esclusione dalla partecipazione alla gara, onde sua era la lesione che aveva giustificato l’atto introduttivo del giudizio;

- non era condivisibile il motivo con cui s’era fatto valere il vizio di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di verifica dei requisiti, sul presupposto – da ritenersi erroneo – che l’atto impugnato si sarebbe qualificato come atto di “revoca” dell’aggiudicazione definitiva. In ogni caso, anche accedendo alla prospettazione di parte ricorrente, col provvedimento impugnato in principalità s’era dato atto delle ragionevoli e condivisibili ragioni di urgenza, in considerazione dei tempi assai ristretti entro i quali doveva procedersi all’affidamento dei lavori;

- non poteva sostenersi l’insussistenza di un obbligo a carico dei partecipanti alla gara di rendere la prescritta dichiarazione sol perché ci si trovava in presenza di un’ipotesi di esclusione non automatica ma discrezionale, posto che, tali circostanze, erano ininfluenti ai fini dell’osservanza dell’obbligo in questione. Ciò perché il bando all’art. 2 prevedeva espressamente che con dichiarazione sostitutiva doveva essere attestata l’assenza di sentenze emesse, ancorché non definitive, relative a reati che precludano la partecipazione alle gare di appalto, ed aggiungeva che dovevano essere altresì indicate le condanne per le quali s’era fruito del beneficio della non menzione;

- l’amministrazione aveva comunque adeguatamente esternato perché doveva reputarsi grave la violazione riscontrata e la sua capacità di incidere in senso pregiudizievole sull’affidabilità morale dell’operatore economico e sul vincolo fiduciario che deve caratterizzare il suo rapporto con l’amministrazione, anche richiamando l’orientamento di cui alla determinazione n. 1 del 12.01.2010 dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici che include i reati contro la fede pubblica tra le fattispecie rilevanti ai fini dell’esclusione;

- in ogni caso la società ricorrente non risultava essersi dissociata appropriatamente, dato che il condannato, pur essendo cessato dalla carica di legale rappresentante della società ausiliaria, era pur sempre rimasto nella sua compagine sociale;

- l’atto di motivi aggiunti avverso l’escussione della cauzione provvisoria era, oltre che tardivo (dal momento che la nota censurata costituiva atto meramente esecutivo della determina di escussione), infondato nel merito, avuto riguardo all’orientamento dell’Ad. plen. n. 8/2012 secondo la quale l'escussione della cauzione provvisoria riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, per ciò intendendosi qualunque ostacolo alla stipula a lui riconducibile e, dunque, non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali di cui all'art. 38 del codice dei contratti, come avvenuto nella specie.

3. Col ricorso in appello la Fucci ha affidato le sue doglianze alle seguenti due censure:

a) errata applicazione degli artt. 38 e 49 del d.lgs. n. 163/2006, abuso di potere, sviamento del giusto procedimento, violazione della lex specialis di gara, illogicità manifesta, dato che era semmai l’Università ad aver dimostrato di non ritenere grave l’illecito riscontrato, provvedendo – pur dopo l’acquisizione di tale notizia – a pubblicare in G.U. l’esito della procedura selettiva. Essa, dunque, avrebbe avuto tutto il tempo, sol volendolo ed essendo accorta, per instaurare il necessario contraddittorio;

b) violazione di legge, errata applicazione degli artt. 30 l.n. 109/1994 e 38 e 49 del d.lgs. n. 163/2006, violazione della “ lex specialis ” di gara, arbitrarietà, illogicità manifesta, giacché, per un verso, l’obbligo dichiarativo che incombeva ai partecipanti riguardava esclusivamente i reati gravi, idonei ad incidere sulla moralità professionale e, per altro verso, l’incameramento della cauzione poteva trovare presupposto esclusivamente nella mancata conclusione del contratto oggetto di gara per volontà dell’aggiudicatario.

4. Si è costituita in giudizio l’Università, concludendo per la reiezione dell’appello.

4.1. Con memoria depositata il 12.9.2016 l’Università ha infine riepilogato le proprie difese, concludendo per la sussistenza di profili sia di inammissibilità sia di infondatezza nel merito del ricorso.

5. La causa, chiamata alla pubblica udienza di discussione del 29.9.2016, è stata ivi trattenuta in decisione.

6. Si possono superare le eccezioni formulate dall’Università, di inammissibilità dei motivi di appello, considerando che, con essi, a ben vedere, la Fucci non si è limitata ad una mera riedizione, in questo grado, del suo impianto argomentativo censorio articolato in prime cure, quasi che la sentenza del primo Giudice non esistesse, sibbene ha sufficientemente denotato quali sono, a suo avviso, i punti critici di tale pronuncia, onde il Giudice d’appello ha modo di cogliere in qual modo vagliare appropriatamente, nel loro esame, il relativo grado di resistenza alla luce delle doglianze formalmente proposte dalla parte ricorrente in questo grado di giudizio.

7. In verità, il primo motivo d’appello, e parte del secondo, non persuadono nel merito e devono perciò essere respinti.

Con la sentenza impugnata si è dato appropriato, sufficiente e condivisibile conto del fatto che:

a) l’aggiudicazione in favore della Fucci, risalente al 20.1.2012, altro non potesse essere che un provvedimento solo provvisorio nei suoi effetti, i quali invece si sarebbero consolidati – divenendo definitivi – esclusivamente all’esito della procedura di verifica dei requisiti (ma sempre che la verifica fosse stata positiva), la quale secondo la scansione temporale dei fatti si è obiettivamente avviata (specie per quanto riguarda l’accertamento dai cui esiti negativi si è generata la vicenda contenziosa in esame) solo qualche giorno dopo quella data, ossia il 23.1.2012, quando la stazione appaltante si è rivolta alla competente Procura della Repubblica per ottenerne il certificato del casellario giudiziale del rappresentante della società ausiliaria;

b) conseguentemente, allora, la determinazione dirigenziale n. 405/2012 che ha vanificato quella aggiudicazione non poteva essere qualificata di revoca di un precedente provvedimento definitivo (e, come tale, provvedimento di secondo grado rispetto al primo, temporaneamente favorevole alla Fucci), proprio perché la definitività non era ancora intervenuta dovendosi ancora riscontrare la positività dei requisiti richiesti al concorrente che fosse stato (in ipotesi) aggiudicatario definitivo.

E’ plausibile la circostanza che la Fucci abbia equivocato in merito alla portata della aggiudicazione (in realtà provvisoria, per quanto detto, anche dal Giudice di primo grado) per effetto della (non apprezzabile) pubblicazione in G.U. dei risultati della selezione competitiva da parte dell’Università.

Ma ciò non toglie che tale pubblicazione mai può aver mutato natura ad un atto per sua natura provvisorio, giacché precedente la verifica dell’effettiva sussistenza dei requisiti richiesti perché il (temporaneamente primo) selezionato potesse essere il legittimo aggiudicatario.

Né, sotto altro aspetto, una tale pubblicazione può mai intendersi idonea a surrogare la carenza (per assenza di uno o più di essi) dei requisiti richiesti: ciò, invero, né risulta avere una sua base giuridica né può ammettersi anche solo sul piano logico, in quanto finirebbe per equivalere – nelle selezioni concorrenziali di un appaltatore pubblico – ad un sovvertimento della forma procedimentale rispetto alla sua effettiva sostanza, costituita nella fattispecie dalla carenza di uno dei requisiti essenziali per una legittima partecipazione ed aggiudicazione della procedura stessa.

Né poi vale invocare – per l’orientamento opposto – un eventuale affidamento derivante da detta pubblicazione. Invero, per poter fungere a sua volta da presupposto, a seconda delle circostanze, per vantare aspettative o diritti l’affidamento deve essere legittimo, ed esso non può certo dirsi tale in un caso come quello in discorso per le considerazioni che seguono.

Né infine può valere l’assunto secondo il quale l’Università avrebbe errato nel non avere, prima della sua determinazione definitiva, preavvertito il concorrente del provvedimento sfavorevole in fase di adozione nei suoi riguardi. Come noto, tale forma anticipata di sollecitazione di contraddittorio trova spazio lì dove la determinazione dell’Amministrazione abbia spazi concreti di discrezionalità, onde l’apporto partecipativo del privato può risultare utile per la più appropriata graduazione del provvedimento finale ovvero anche per un ribaltamento (da sfavorevole a favorevole) dell’opinione dell’Amministrazione in un primo momento formatasi. Nella specie però, tenuto conto delle risultanze della verifica dei requisiti compiuta dall’Università, v’era poco o nulla che la parte privata potesse argomentare per un risultato confermativo dell’aggiudicazione provvisoria, tenuto conto di quanto di seguito si riassume.

7.1. Neppure la sentenza risulta meritevole di critiche lì dove essa, nella sostanza, ha ritenuto (in ciò accogliendo l’impianto argomentativo dell’Università) che fosse grave il reato per il quale l’ex legale rappresentate dell’impresa ausiliare era stato oggetto di una sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile il 6.7.2011, per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Si condivide la considerazione della Fucci secondo la quale detta tipologia di reato non è fra quelle contemplate espressamente come idonee a destituire senz’altro il concorrente di uno degli essenziali requisiti ma questo non basta a superare la più pregnante considerazione dell’Università, secondo la quale il medesimo reato va qualificato ex sé di particolare gravità specie in funzione della prospettiva del rapporto contrattuale per il quale la procedura selettiva era stata bandita dalla stazione appaltante.

7.2. Ma nella fattispecie l’aspetto più serio, e che costituisce punto nodale per la persuasività della condotta tenuta dall’Università e, all’opposto, per la non persuasività delle obiezioni della Fucci, sta in ciò.

Non risulta affatto controverso che gli atti di gara chiedessero ai concorrenti di dichiarare – a scopo di preventivo disvelamento e secondo la nota tecnica di autodichiarazione, suscettibile di per se stessa di successiva verifica – una qualsiasi condanna pregressa per la quale si fosse fruito del beneficio della non menzione.

Tale particolare vincolo di disvelamento non poteva non indurre i concorrenti a particolare attenzione e cautela (onde non mettere a rischio la loro partecipazione alla procedura selettiva) nella ricognizione delle fattispecie negative che sarebbero potute ricadere in questo perimetro tipologico, di per se stesso evidentemente idoneo ad ampliare quello delle fattispecie negative, ad effetti escludenti, tipizzato espressamente nel codice dei contratti pubblici all’epoca vigente.

E l’ausiliaria della Fucci non può dirsi non essere stata quanto meno imprudente, nel caso in esame, proprio perché – a causa appunto della specifica richiesta fatta dalla stazione appaltante con gli atti di gara – essa (anche ad ammettere che già non sapesse) aveva uno specifico onere di escludere l’ignoranza da parte sua della fattispecie criminosa in cui era incorsa la persona fisica sopra detta;
ed aveva inoltre il dovere – nel momento in cui spontaneamente partecipava alla procedura concorrenziale in discorso – di disvelare il fatto alla stazione appaltante quando si accingeva a presentare una (auto)dichiarazione particolarmente qualificata ed impegnativa, che è, come noto, resa a pena di conseguenze per il mendacio.

E’ questo aspetto in sé che ha connotato di positività e condivisibilità la decisione dell’Università di reputare grave non tanto e solo il fatto reato commesso dalla persona anzidetta ma altresì il deficit di disvelamento della concorrente, giacché suscettibile anche di combinarsi maliziosamente con un’eventuale distrazione della stazione appaltante nella sua attività di verifica della sussistenza dei requisiti dichiarati dai concorrenti ovvero con un pur sempre possibile errore nella acquisizione dei dati necessari a detta verifica.

A ciò poi si abbina ulteriormente la non apprezzabilità della dichiarazione della concorrente – secondo la quale la sua società ausiliaria si sarebbe adeguatamente e tempestivamente dissociata dalla persona responsabile del fatto reato sopra detto – emersa nel momento in cui, invece, è stato appurato che quella stessa persona era pur sempre rimasta nell’organo di governance della società, ossia in una posizione idonea ad influire nell’eventuale assunzione da parte della stessa di decisioni o comportamenti non conformi a legalità. Una prognosi d’influenza da non poter escludere in assoluto avuto riguardo ai precedenti.

7.3. Fin qui, dunque, non si ravvisano aspetti critici nella sentenza impugnata alla luce dei parametri di scrutinio offerti dalla Fucci col ricorso in epigrafe.

8. Persuasivo piuttosto risulta l’ulteriore segmento di motivo d’appello che pone in critica la scelta della sentenza di superare le censure di primo grado avverso l’atto col quale l’Università ha proceduto all’incameramento della cauzione provvisoria.

A questo, per vero, la sentenza giunge attraverso la declaratoria di irricevibilità, per tardività, dei motivi aggiunti della Fucci (punto 5. della motivazione della decisione impugnata) coi quali si poneva la specifica questione. Tardività rispetto alla determinazione dirigenziale impugnata in principalità con la quale s’era dato il via libera al successivo e concreto atto del 27.4.2012 di escussione della detta cauzione. La ritenuta tardività è stata giustificata col fatto che la predetta determinazione dirigenziale non sarebbe stata adeguatamente censurata sotto il profilo ora in questione e che la nota di escussione sarebbe stata null’altro che un atto esecutivo di quella determinazione.

8.1. Non persuade la ritenuta tardività dei motivi aggiunti in quanto, nella specie, non può negarsi che l’effettivo pregiudizio, concretante la lesione di cui s’è doluta la ricorrente in primo grado ed attuale appellante, va collegato esclusivamente (o, quanto meno, primariamente) al detto provvedimento di escussione, specie se si considera l’effettiva dinamica degli eventi.

La stazione appaltante ha consultato la competente Procura della Repubblica il 23.1.2012, ricevendone documentata risposta il 25.1.2012.

Già a questa data perciò, o tutt’al più nei primi pochi giorni successivi, essa doveva essere in grado di apprezzare le ragioni per le quali la concorrente dovesse perdere – come poi è stato – il provvisorio accredito della qualifica di aggiudicatario e, in quanto tale, sarebbe stata in dovere di provvedere conseguentemente e senza indugio nei riguardi della concorrente.

Molto poco comprensibile, dunque, il fatto che detta stazione abbia provveduto prima alla pubblicazione in G.U. di tale aggiudicazione in data 6.2.2012, salvo poi doverla necessariamente rimuovere per le ragioni sopra riepilogate con la determinazione n. 405 del 28.3.2012, cui ha fatto seguito l’escussione della cauzione con atto del 27.4.2012.

L’obiettivo ribaltamento, in questa concreta fattispecie, della posizione tenuta dalla stazione appaltante (che, prima, aggiudica provvisoriamente, e, poco dopo, rende pubblico questo evento, e, solo a distanza di tempo, esprime formalmente l’inefficacia della aggiudicazione provvisoria) incrina obiettivamente la linearità logica sottostante al predicato giurisprudenziale – ricordato dalla sentenza impugnata – di cui all’Ad. plen. n. 8/2011, che in quanto tale qui non si smentisce.

E’ stato nell’occasione in pratica affermato che, ai fini dell’incameramento della cauzione, sussiste equivalenza tra volizione negativa alla stipulazione del contratto da parte della concorrente e il non potere sottoscrivere, da parte della stessa, per assenza di necessari requisiti.

Nella specie, tuttavia, questa piana equivalenza non pare sussistere.

Certamente non ricorre la prima alternativa, posto che la Fucci bene avrebbe voluto sottoscrivere il contratto di appalto per il quale aveva concorso;
non ricorre però con nettezza neppure la seconda giacché, se la stazione appaltante ha prima reso pubblico l’esito della gara favorevole alla parte ricorrente e solo dopo (e neppure immediatamente dopo) è tornata sui suoi passi, ciò denota margini di non assoluta ed immediata evidenza del fatto ostativo alla stipulazione del contratto.

Margini che, per quanto detto sopra, sono stati peraltro creati dalla stessa stazione appaltante nel momento in cui aveva chiesto alla platea dei possibili concorrenti di disvelare anche fattispecie di rilevanza penale conclusesi col beneficio della non menzione della pena. Cui può aggiungersi il dato che, nel caso in questione, detta fattispecie neppure si è conclusa con una tradizionale condanna penale sibbene nella forma dell’applicazione della pena su richiesta.

In altri termini, e conclusivamente, la locupletazione del corrispondente in denaro dell’ammontare della cauzione da parte dell’Università non risulta, in questo caso di specie, conseguenza di comportamento esclusivamente ascrivibile alla parte privata, al punto da metterlo su un piano di assoluta equivalenza al suo non volere assolutamente sottoscrivere il contrato di appalto.

9. Riepilogativamente, il ricorso in epigrafe va accolto in parte e, previo parziale annullamento della sentenza impugnata, ritenuti tempestivi i motivi aggiunti formulati in primo grado dalla ricorrente;
in loro accoglimento va annullata la nota dell’Università di escussione della cauzione sopra citata. Di conseguenza va altresì riformato in parte il capo della sentenza impugnata relativo alle spese, determinandosi in euro 1.500,00 quelle dovute dalla ricorrente alla parte controinteressata in primo grado e compensandosi le spese di lite fra la stessa ricorrente e l’università.

Nel resto, lo stesso ricorso va respinto.

Data la particolarità delle vicende esaminate, oggetto di giudizio, ricorrono giustificati motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi