Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-07-02, n. 201004235
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 04235/2010 REG.DEC.
N. 09199/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 9199 del 2008, proposto da:
T L, rappresentato e difeso dall'avv. M G S, con domicilio eletto presso Paolo Monte, in Roma, Lungotevere Vittoria N. 10;
contro
Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone-gia' Asl 5 Crotone;
per la riforma
della sentenza del TAR CALABRIA - CATANZARO -SEZ. II n. 01127/2007, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE DI SOMME PER SVOLGIMENTO DI MANSIONI SUPERIORI DI PRIMARIO.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2009 il Cons. Adolfo Metro e uditi per le parti l’avvocato M. G. Scola;;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso di primo grado l'appellante, aiuto medico di ruolo in servizio presso la sede di Crotone, espone che, con deliberazione dell'Ussl n. 16 di Crotone, n. 984 del 18 giugno 1990, veniva determinata la dotazione organica della Divisione di malattie infettive, con la previsione di un posto di primario;che dal 25 giugno 1990 e fino al 25 gennaio 1994 lo stesso ha svolto le mansioni superiori di primario presso tale Divisione in posto vacante e disponibile e che con deliberazione n. 596 del 6 dicembre 91 l'Ussl gli riconosceva con atto formale lo svolgimento delle funzioni di primario.
Pertanto, lo stesso, ritenendo di averne i requisiti, chiede le differenze retributive conseguenti allo svolgimento di tali funzioni.
Il giudice di primo grado, peraltro, sul presupposto che le rivendicazioni economiche riguardano un periodo antecedente al 31 dicembre 1994, ha affermato la carenza di legittimazione passiva dell’Azienda Sanitaria intimata, dovendo tali pretese essere assicurate dalle competenti gestioni liquidatorie, e pertanto, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.
Con l’appello in esame si sostengono i vizi di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, violazione del D.Lgs. 502/92 e dell’art. 6 della L. n. 724/94, degli artt. 36 e 111 della Costituzione, del principio di economia processuale e di tutela sostanziale, in quanto le norme richiamate devono essere interpretate nel senso che le Asl subentrano nella totalità dei rapporti giuridici pregressi, potendo ritenersi sottratto alla loro responsabilità solamente il profilo contabile riferibile all'effettiva erogazione di somme dovute;si insiste, inoltre, nella domanda di riconoscimento delle somme dovute per lo svolgimento di mansioni superiori.
DIRITTO
L’appello è fondato.
Viene in esame, ancora una volta, nel presente giudizio, il delicato problema della posizione dell'Azienda sanitaria locale, subentrata nel rapporto di impiego con il personale già alle dipendenze dell'Unità sanitaria locale estinta, in ordine alle vicende inerenti al rapporto di lavoro svoltosi alle dipendenze della cessata U.S.L.
“Sul punto la Sezione deve richiamare il pregresso orientamento, che, pur nella consapevolezza di una giurisprudenza non univoca, ha ritenuto preferibile la soluzione che vede nell’Azienda (che succede nel rapporto di impiego) il soggetto legittimato a resistere alla domanda del dipendente volta alla retribuzione delle mansioni superiori espletate, nel corso del rapporto con la cessata Unità Sanitaria Locale, ogni qual volta si tratti, innanzitutto, si accertare se vi sia stato espletamento di mansioni superiori retribuibili presso l'U.S.L., cui l'Azienda è subentrata, con continuazione, del rapporto di impiego, e, soltanto in via consequenziale, la sussistenza del debito e del suo ammontare (Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2004, n. 3811;18 marzo 2002 n. 1552;V Sez. 14 settembre 1999 n. 1056;Cass. civ., Sez. lav., 12 novembre 2001 n. 14010; contra , Cass. civ., Sez. lav., 12 novembre 2001 n. 14010).
In particolare, con la prima delle decisioni citate (Cons. Stato, Sez. V, n. 3811 del 2004) é stato sufficientemente chiarito che:
a) dall'esame della normativa che disciplina la successione alle cessate aziende, ed in particolare dalla invocata legge finanziaria 23 dicembre 1994 n. 724 non può ricavarsi una regola specifica dalla quale possa con sicurezza evincersi che le nuove aziende non rispondano nei confronti del personale passato alle loro dipendenze per i crediti di lavoro facenti carico alle passate gestioni e che la successione nei rapporti di lavoro operi con esclusione delle responsabilità patrimoniali assunte nei confronti dei dipendenti dal precedente datore di lavoro;
b) al contrario, la costruzione normativa è nel senso di una successione a titolo universale, rispetto alla quale la successione nel debito della Regione e delle Gestioni stralcio dalle stesse costituite si configura come una successione a titolo particolare che non esclude la diretta legittimazione dell'Azienda allorché si tratti prima di tutto di accertare la sussistenza del presupposto, sulla base di elementi che ineriscono agli aspetti organizzativi dell'Ente, come si verifica nel caso del dipendente il quale pretenda di essere remunerato per le prestazioni espletate in mansioni diverse e superiori rispetto a quelle derivanti dalla qualifica;
c) tale interpretazione non elude la norma che impone alle Regioni di sollevare le Aziende dalla responsabilità patrimoniale facente capo alle passate aziende (art. 6 della legge finanziaria n. 724 del 1994);
d) infatti, a parte la sedes materiae (comma 1 penultimo inciso dell'art. 6 intitolato « Pagamento a tariffa e acquisto di beni e servizi »), che dovrebbe già porre il problema della eccezionalità della disposizione e della effettiva possibilità di una sua estensione anche ai rapporti di lavoro non cessati prima dell'attuazione della riforma, resta comunque salva la garanzia patrimoniale della Regione e delle Sezioni stralcio appositamente costituite, che consente comunque all'Azienda di rivalersi di quanto dovuto al dipendente per effetto del rapporto intercorso con la USL e non interrotto nel passaggio alle dipendenze dell’Azienda medesima.” (C.S., V n. 5724/06)
L’eccezione, pertanto, deve essere respinta.
Con riferimento alla pretesa dedotta in via sostanziale “questa sezione ha avuto modo di puntualizzare che, in presenza di un posto vacante, lo svolgimento delle mansioni primariali da parte di chi si trovi in posizione funzionale intermedia (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2005, n. 1640;20 ottobre 2004 n. 6784;16 settembre 2004 n. 6009;2 settembre 2004 n. 5740;12 maggio 2003 n. 2507;5 novembre 2002 n. 6017;20 ottobre 2000 n. 5650;18 agosto 1998 n. 1270), comporta il riconoscimento del relativo trattamento economico, indipendentemente da ogni atto organizzativo da parte dell’Amministrazione, in quanto non è configurabile l’ipotesi di una struttura sanitaria che rimanga priva dell’organo di vertice responsabile dell’attività esercitata nel suo ambito.
Ciò precisato, deve osservarsi che, come affermato dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, VI, n. 356 del 31 gennaio 2006), l’obbligo della retribuzione delle mansioni svolte dall’aiuto ospedaliero sul posto vacante e disponibile di primario, discende: dall’art. 7, quinto comma, del d.p.r. n. 128/1969, che fa obbligo all’aiuto di svolgere le funzioni del primario, in caso di assenza, di impedimento o di urgenza, con la conseguenza che, in ipotesi di posto vacante, non è esercitata una temporanea funzione vicaria, ma si ha una stabile esplicazione di una mansione superiore a quella della posizione rivestita;dall’art. 29 del d.p.r. n. 761/1979, il quale dispone che, in caso di esigenze di servizio, il dipendente “può eccezionalmente essere adibito a mansioni superiori”, l’assegnazione non può eccedere i sessanta giorni nell’anno solare e non costituisce esercizio di mansioni superiori la sostituzione di personale in posizione funzionale più elevata, quando la sostituzione rientri fra i compiti ordinari di quella sottostante;dall’art. 121, settimo comma, del d.p.r. n. 384/1990, il quale dispone nel senso che l’incarico di mansioni superiori comporta il compenso, eccetto che per i primi sessanta giorni, per un periodo fino a sei mesi.
Anche in relazione a quest’ultima regola, il superamento del termine di sei mesi, come fatto riconducibile ad attività e ad obblighi imposti all’Amministrazione, e da questa non osservati, non fa venir meno lo svolgimento di mansioni superiori, la quali vanno, perciò, riconosciute sul piano economico, sempre in dipendenza dell’obbligo di prestazione gravante sul medico (Consiglio di Stato, V, n. 3234 del 29 maggio 2006;V, n. 5436 del 18 settembre 2006;V, n. 6342 del 24 ottobre 2006).
Deriva, da ciò, sulla base dei criteri sopra indicati, l’accoglimento dell’appello con conseguente spettanza della retribuzione delle mansioni superiori svolte nel periodo sopra indicato.
In considerazione della peculiarità delle questioni trattate le spese del giudizio possono essere compensate.