Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-18, n. 201205380

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-18, n. 201205380
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201205380
Data del deposito : 18 ottobre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02845/2004 REG.RIC.

N. 05380/2012REG.PROV.COLL.

N. 02845/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2845 del 2004, proposto da:
S S, rappresentato e difeso dall'avv. S S, con domicilio eletto presso Omnia Service Srl Agenzia in Roma, via Duilio 22;

contro

Presidente della Repubblica, Segretario Generale P.T. del Cs-Cpga;
Presidente P.T. del Consiglio dei Ministri, Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

T P, A M;

per la riforma

dell' ordinanza cautelare del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI n. 00104/2003, dell' ordinanza cautelare del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI n. 00105/2003, della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI n. 01088/2003, resa tra le parti, concernente nomina Presidente Tar Sardegna


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidente P.T. del Consiglio dei Ministri e di Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2012 il Cons. R P e uditi per le parti gli avvocati S S e Fabrizio Fedeli (avv. St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso al TAR Saredegna , l’avv. S S domandava l’annullamento:

a) della delibera del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa del 27/12/02, nella parte in cui ha dichiarato inammissibile l’istanza del ricorrente di essere nominato Presidente del T.A.R. Sardegna ed ha nominato alla stessa carica il dottor P T;

b) della ivi menzionata proposta della IV Commissione e degli atti alla stessa correlati;

c) del D.P.R. 13/1/03 di nomina del dottor P T a Presidente del T.A.R. Sardegna, nonché della presupposta proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri (atti impugnati con motivi aggiunti).

1.1.- Nel corso del giudizio, il TAR ha emesso due ordinanze (n. 104 e n.105/2003) con le quali rispettivamente ha respinto un’istanza del ricorrente tesa ad ottenere il differimento della trattazione del ricorso proposto e un’istanza di ricusazione di tutti i componenti del Collegio.

2. – Con la sentenza epigrafata, resa in forma semplificata (ai sensi dell’art. 219 L. 1034/71 (come novellato dall’art. 31 L. 205/00)), il TAR ha rigettato l’impugnativa.

Il giudice di prima istanza ha osservato, a motivazione della sentenza , che:

- “ è assorbente rilevare che, nel determinarsi in tal senso, il Consiglio si è limitato ad osservare che, all’epoca della decisione (ma, in realtà, anche della domanda), il ricorrente non faceva più parte della Magistratura amministrativa, giusta decreto di rimozione dall’ufficio adottato dal Presidente della Repubblica il 17.5.2002;

- la pronuncia del Consiglio, pertanto, si atteggia come atto dovuto, non essendo ravvisabile, in capo al detto consesso, alcun potere di disapplicare od ignorare un provvedimento di destituzione efficace - per altro emanato da altra autorità - anche nell’ipotesi in cui esso fosse stato affetto da vizi (cfr. T.A.R. Napoli, sez. IV, 8 giugno 1999 n. 1575);

- dalla natura vincolata dell’atto impugnato deriva, pertanto, il rigetto dei motivi di ricorso che postulano, invece, l’esistenza di una qualche discrezionalità;

- dalla ravvisata infondatezza della prima parte del ricorso, discende poi l’inammissibilità, per carenza d’interesse, della seconda parte del ricorso e dei successivi motivi aggiunti, laddove ad essere censurata è l’avvenuta nomina a Presidente del T.A.R. del dott. P T, in luogo del ricorrente, il quale non avrebbe titolo a ricoprire la carica”.

2.- La decisione è stata appellata dall’interessato, con il ricorso in esame, sostenuto da motivi riassunti nella parte in diritto della presente decisione.

2.1.- Con atto in data 9.11.2001, il ricorrente ha presentato istanza di astensione e, in mancanza, di ricusazione nei confronti del Presidente del Collegio (dott. G G) e dei componenti del presente collegio dottori R G, R P ed O F, confermandola a verbale dell’udienza fissata per la trattazione del ricorso in esame.

2.2.- L’appellante ha altresì chiesto al Collegio, con domanda in data 7.6.2012, di rimettere il ricorso in trattazione al Presidente della Sezione al fine di dichiarare sugli stessi la perenzione, che sarebbe intervenuta, ai sensi dell’art. 1, all.3 del CPA, per mancata presentazione di nuova domanda di parte tesa alla fissazione di udienza nel predetto termine.

DIRITTO

1.- Il Collegio deve preliminarmente procedere all’esame della istanza di ricusazione, precisandosi che – stante la conferma di tale istanza avvenuta in udienza - si intendono valutare tutte le istanze di ricusazione proposte nel presente giudizio (nei limiti in cui esse si riferiscono a magistrati attualmente componenti il Collegio).

Nel presente caso, occorre osservare che le ragioni della ricusazione proposta si fondano su ragioni processuali, afferenti alla fissazione di una pluralità di cause che vedono tutte come parte l’avv. S S.

Secondo il ricusante, in particolare una pluralità di “anomalie tecniche” evidenziate nell’atto di ricusazione, “valgono ad evidenziare, fino a prova contraria, una costante e perseverante ostilità nei confronti del sottoscritto, sotto vari profili, integrante inimicizia in senso funzionale, rilevante nei sensi e in rapporto della previsione di cui all’art. 51, comma 1, n. 3 c.p.c.”. Con riferimento specifico ai consiglieri Greco e Forlenza, l’istanza di ricusazione è proposta “per inimicizia grave e documentale, per via della anomala pronuncia in data 21 febbraio 2012 sulla ricusazione a loro individuale carico, decisa con il loro contributo di ricusati”;
Il ricusante chiede quindi di “darsi atto dell’effetto sospensivo della presente ricusazione”.

Al riguardo questo Consesso ha già avuto modo di pronunciarsi in tema di ricusazione (sotto il vigore del nuovo Cpa) con ordinanza 6 giugno 2011 n. 3406, nonché con sentenze 28 febbraio 2012 n. 1162, 2 aprile 2012 nn. 1957 e 1958, nonché con una pluralità di sentenze riguardanti istanze di ricusazione proposte dall’attuale appellante (ex plurimis, v. Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2012 n. 3405);
dalle considerazioni espresse nelle decisioni citate non vi è ragione di discostarsi nella presente sede. In particolare viene in rilievo l’art. 18 del regolamento del CPGA, il quale prevede, in ordine alla decisione dell’istanza di ricusazione, tra l’altro che:

a) “il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l’istanza inammissibile o manifestamente infondata” (comma 4);

b) che “in ogni caso la decisione definitiva sull’istanza è adottata, entro trenta giorni dalla sua proposizione, dal collegio previa sostituzione del magistrato ricusato, che deve essere sentito” (comma 5).

Nel merito, il Collegio ritiene che l’istanza di ricusazione è manifestamente infondata, in quanto si individua il motivo di ricusazione dei componenti del Collegio in ragioni puramente afferenti all’andamento della causa ovvero ad aspetti specifici della dinamica processuale o a precedenti pronunce assunte in giudizi diversi da parte di Collegi da essi integrati;
motivi che di per sé non possono denotare alcun pregiudizio (tantomeno “inimicizia funzionale” o “inimicizia grave”), nei confronti di una delle parti .

2.- Deve poi trattarsi (ed è la seconda questione preliminare) della richiesta di rimettere i ricorsi in esame al Presidente della Sezione al fine di dichiarare sugli stessi la perenzione, che sarebbe intervenuta, ai sensi dell’art. 1, all.3 del CPA, per mancata presentazione di nuova domanda di parte tesa alla fissazione di udienza nel predetto termine. Anche su tale ulteriore questione preliminare la Sezione si è già pronunziata esprimendo un orientamento che deve qui essere confermato (v. Sez. IV, sent.n.2149/2012);
sul punto si è infatti rilevato che l’intervenuta fissazione dell’udienza di merito per il ricorso in esame risponde alla manifestata dichiarazione di interesse alla definizione del giudizio da parte del ricorrente “con ciò venendo meno la ratio stessa dell’istituto della perenzione che è proprio quella di accertare o meno interesse del ricorrente”. La domanda di remissione ai fini sopra indicati e di non procedere quindi all’esame dell’appello nel merito, è perciò inammissibile.

3.- Il ricorso deve quindi essere esaminato nel merito.

2.1.- A carico delle ordinanze surrichiamate l’appellante ha dedotto erroneità, inesistenza giuridica, ed abnormità tecnica. Il ricorso è in tale parte inammissibile poichè:

a) quanto all’ordinanza n. 104/2003, il Collegio ritiene che le ordinanze di diniego di differimento della trattazione del ricorso di primo grado non sono suscettibili di appello al Consiglio di Stato. Il mancato differimento dell’udienza può avere invece rilievo come motivo di appello della sentenza di primo grado, ove si prospetti che il medesimo abbia determinato una pregiudizio od ostacolo all’esercizio del diritto di difesa in quel processo.

b) con riferimento all’ordinanza n. 105/2003 ( decadenza dalla facoltà di proporre istanza di ricusazione) si rileva che ordinanze con la quale il TAR si pronunzia nel merito ad una domanda di ricusazione non possono ritenersi autonomamente censurabili con ricorso in appello al Consiglio di Stato, applicandosi in materia l’art.53 del c.p.c. (Cons. di Stato, sez. IV, n. 422 - 1 febbraio 2001), per il quale i provvedimenti resi sulla istanza non sono impugnabili.

2.2.- In merito alla sentenza, l’appello è infondato, per le ragioni che seguono.

a) Con la prima censura (punto D del ricorso) , si argomenta che la decisione sarebbe afflitta da inesistenza giuridica, erroneità, abnormità tecnica e nullità, in quanto resa da un collegio ricusato, quindi carente di potere giurisdizionale e basata su presupposti falsi e su una mancata considerazione e confutazione delle difese del ricusante

In contrario rileva il Collegio che la reiezione della istanza ricusatoria mantiene i giudici di primo grado nel pieno del proprio potere giurisdizionale

Quanto alla sostenuta mancata considerazione e confutazione delle difese del ricusante, va evidenziato che la sentenza ha rigettato il ricorso sulla base dell’assorbente rilievo che il ricorrente, all’epoca della domanda di assegnazione alle funzioni presidenziali, non faceva più parte della. magistratura amministrativa. Si tratta, in sostanza, di un rilievo che elimina la condizione dell’azione costituita dalla posizione legittimante , di talchè non può accedersi all’esame di alcuna delle ragioni sostanziali in merito addotte dal ricorrente.

b)- La decisione gravata sarebbe stata assunta in assenza di istanza di trattazione. Il Collegio deve tuttavia ribattere che la decisione è stata adottato a seguito di conversione del giudizio cautelare (che per legge deve trattarsi alla prima camera di consiglio utile), al quale era onere della parte ricorrente, quale istante della misura cautelare presenziare;
in presenza della completezza del contraddittorio era facoltà del Tribunale convertire il rito e decidere nel merito il ricorso.

c) - Il ricorso sarebbe stato deciso nel merito illegittimamente con sentenza breve, non sussistendo la completezza istruttoria della causa, secondo il ricorrente attestata falsamente dalla sentenza. In disparte quest’ultima affermazione (atteso che non è stata presentata alcuna querela di falso), l’appellante non indica quali documenti non acquisiti fossero indispensabili ai fini della decisione;
agli atti erano comunque allegati i provvedimenti impugnati, e che erano sufficienti ad una verifica della posizione legittimante del ricorrente, questione assorbente della controversia.

d)- Conseguentemente non sussiste alcuno dei sostenuti profili di determinanti nullità, indicati dall’appellante trattati ai precedenti punti.

e)- il Consiglio di Presidenza era incompatibile a trattare la questione (nomina del Presidente del TAR Sardegna ed istanza del ricorrente), per la proposizione della ricusazione dei suoi componenti. Ma in contrario va rilevato che detta incompatibilità per tale causa non può sussistere;
ed invero

L’istituto della ricusazione trova applicazione in una attività di natura giurisdizionale , costituita dal processo la cui decisione è affidata ai giudici ricusati. Il CPGA, nel procedere alla individuazione e dall’invio in missione dei magistrati in sostituzione dei colleghi astenuti, esercita invece un’attribuzione amministrativa verso la quale non può trovare alcuna applicazione o riferimento l’istituto della ricusazione. Peraltro ove si accogliesse al tesi in esame sarebbe agevole paralizzare l’attività del CPGA, tenuto conto che la legge non ne permette la sostituzione dei componenti con magistrati diversi dai componenti di diritto e da quelli elettivi. Diversa è l’ipotesi di impugnazione giurisdizionale di un atto del CPGA, emesso con la partecipazione di componenti che si dimostrino abbiano un interesse in conflitto , con ciò ponendo in dubbio la necessaria imparzialità nell’assumere le determinazioni del caso.

f)- Sarebbe poi irrilevante la ragione, ritenuta assorbente dal TAR, per rigettare il ricorso e costituta dal non far più parte della Magistratura amministrativa, essendo stato rimosso dal servizio con provvedimento disciplinare (dpr 17.5.2002). In particolare in quanto:

- la cessazione dal servizio in forza di provvedimento disciplinare soggetto ad impugnazione non fa venire meno il rapporto organico;

- il decreto sarebbe comunque “ tamquam non esset”, e comunque emanato da autorità incompetente.

Anche questi rilievi, quand’anche fossero giuridicamente fondati, non possono avere ingresso nella controversia , poiché il ricorrente non ha dal canto suo dimostrato alcuno dei presupposti per essere nominato al posto in questione, sicchè la proposizione dei cennati motivi equivale ad una inammissibile richiesta al TAR di un oggettivo controllo di legittimità sui requisiti per nominare il controinteressato, dott. T.

g).- Sono conseguentemente inammissibili tutte le censure, qui riproposte, avverso la nomina del dott. P T;
esse sono infatti preclusa dall’assoluta carenza di legittimazione del dott. Stara alla proposizione di ricorso contro il diniego opposto alla propria istanza di nomina al posto in questione.

3.- Conclusivamente , l’appello deve essere respinto, meritando conferma la sentenza impugnata.

Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c), tra le parti costituite.

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