Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-06-05, n. 202405031

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-06-05, n. 202405031
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405031
Data del deposito : 5 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/06/2024

N. 05031/2024REG.PROV.COLL.

N. 02765/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2765 del 2017, proposto da
C B, E B, rappresentati e difesi dall'avvocato A P, con domicilio eletto presso lo studio A P in Roma, viale Liegi n. 32;
D B, S Bendinelli, R M C, A M A G, R M, N M, R C P, E R, A R, L S, M S, M T, D V, C Z, M B, in proprio e insieme a G B e E B quali eredi di G B e di A B, M C quale avente causa della S.I.IM. s.n.c., A R in qualità di legale rappresentante della Remondini S.r.l., rappresentati e difesi dagli avvocati A P, Ugo Franceschetti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Liegi n. 32, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Padenghe Sul Garda, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mauro Ballerini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Unione dei Comuni della Valtnesi, Provincia di Brescia, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Paolo Acquati, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) n. 00037/2017, resa tra le parti, avente ad oggetto:

(i) per quanto riguarda il ricorso principale, l'impugnazione previa sospensione:

- dell'ordinanza n. 2/2015 del 20.3.2015 del SUAP dell'Unione dei Comuni della Valtenesi, avente ad oggetto “ordinanza cessazione attività”, comunicata in data 2.4.2015;

- del provvedimento del Comune di Padenghe sul Garda – Ufficio Tecnico prot. n. 1560 del 31.3.2015, con il quale è stata contestata ai ricorrenti la lottizzazione abusiva ai sensi dell'art. 30 D.P.R. 380/2001, ordinando loro “di non utilizzare le unità immobiliari ad uso residenziale esclusivo, facendo obbligo agli stessi di garantirne l'uso turistico-alberghiero con affidamento a soggetto gestore [...]” e avvertendoli che “decorsi giorni novanta dalla notifica del presente provvedimento, qualora non maturino le condizioni per la revoca del presente provvedimento, si procederà alla acquisizione al patrimonio disponibile del Comune le sopra individuate unità immobiliari con riserva di demolirle”, successivamente conosciuta;

- in parte qua, della Deliberazione del Consiglio Comunale di Padenghe sul Garda n. 55 del 31.10.2014, avente ad oggetto “Piano di Governo del Territorio del Comune di Padenghe sul Garda – approvazione nuovo documento di Piano, nuovo Piano delle Regole, nuovo Piano dei Servizi ai sensi della L.R. 12/2005 – esame delle osservazioni presentate e relative controdeduzioni”, pubblicata sul B.U.R.L. Serie Avvisi e Concorsi n. 17 del 22.4.2015;

- nonché, in quanto occorrer possa, della Deliberazione della Giunta Comunale di Padenghe sul Garda del 9.3.1993, avente ad oggetto “Piano di lottizzazione S. Giulia – P.E. 25 – presentato da F.lli Andrei – vincolo di destinazione turistico alberghiera – integrazione Deliberazione C.C. n. 55/90”;

- di ogni altro provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, anche allo stato non conosciuto;

(ii) per quanto riguarda il ricorso per motivi aggiunti, l'annullamento:

- del parere del Comune di Padenghe sul Garda prot. n. 3857 del 11.8.2015, avente ad oggetto “SCIA prot. 566 del 23.2.2015”, conosciuto a seguito di istanza di accesso agli atti promossa in data 25.9.2015;

- della nota prot. n. 4200 del 17.8.2015 dell'Unione dei Comuni della Valtenesi, avente ad oggetto “Comunicazione di improcedibilità ai sensi dell'art. 19 comma 4 Legge 241/1990 – Attività di Cav – S.I.IM Società di Intermediazione Immobiliari di Vitali Dario snc”, notificata in data 1.9.2015;

- della nota dell'Unione dei Comuni della Valtenesi prot. n. 5522 del 21.10.2015, avente ad oggetto “istanza di accesso agli atti ex artt. 22 e ss. L. 241/1990 e contestuale diffida a provvedere in autotutela pervenuta in data 23.09.2015 prot. n. 4908”;

- di ogni altro provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, an-che allo stato non conosciuto.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Padenghe Sul Garda;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati A P per sè e per delega di Ugo Franceschetti

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in esame gli appellanti impugnavano la sentenza n. 37 del 2017 del Tar Brescia, recante rigetto dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dagli stessi al fine di ottenere l’annullamento dei seguenti atti: dell’ordinanza n. 2/2015 del 20.3.2015 del SUAP dell’Unione dei Comuni della Valtenesi, avente ad oggetto “ordinanza cessazione attività”, comunicata in data 2.4.2015;
del provvedimento del Comune di Padenghe sul Garda – Ufficio Tecnico prot. n. 1560 del 31.3.2015, con il quale è stata contestata ai ricorrenti la lottizzazione abusiva ai sensi dell’art. 30 D.P.R. 380/2001;
in parte qua, della Deliberazione del Consiglio Comunale di Padenghe sul Garda n. 55 del 31.10.2014, avente ad oggetto “Piano di Governo del Territorio del Comune di Padenghe sul Garda – approvazione nuovo documento di Piano, nuovo Piano delle Regole, nuovo Piano dei Servizi ai sensi della L.R. 12/2005 – esame delle osservazioni presentate e relative controdeduzioni”, pubblicata sul B.U.R.L. Serie Avvisi e Concorsi n. 17 del 22.4.2015;
del parere del Comune di Padenghe sul Garda prot. n. 3857 del 11.8.2015, avente ad oggetto “SCIA prot. 566 del 23.2.2015”, conosciuto a seguito di istanza di accesso agli atti promossa in data 25.9.2015;
della nota prot. n. 4200 del 17.8.2015 dell’Unione dei Comuni della Valtenesi, avente ad oggetto “Comunicazione di improcedibilità ai sensi dell’art. 19 comma 4 Legge 241/1990 – Attività di Cav – S.I.IM Società di Intermediazione Immobiliari di Vitali Dario snc”, notificata in data 1.9.2015.

2. Ricostruendo in fatto e nei documenti la vicenda, la difesa appellante contestava la sentenza di rigetto formulando i seguenti motivi di appello:

- omessa pronuncia sull’ottavo motivo di ricorso, violazione dell’art. 112 c.p.c., violazione dell’art. 23-ter d.P.R. 380/2001 e degli artt. 23, 32, 44 l.r. 15/2007, eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità, illegittimità della deliberazione del Consiglio Comunale di Padenghe sul Garda n. 55/2014 per contrasto con l’art. 23-ter del D.P.R. 380/2001, in quanto l’impugnata previsione pianificatoria comunale, si pone in posizione di insanabile contrasto rispetto al principio generale statale di irrilevanza urbanistica dei mutamenti di destinazione all’interno della medesima categoria omogenea;

- error in iudicando, violazione degli artt. 16, c. 5, 17 e 28 l. 1150/1942, violazione del principio del legittimo affidamento, erronea ed insufficiente valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà e carenza di motivazione

- error in iudicando, violazione dell’art. 23-ter cit, violazione degli artt. 32 e 44, comma 2, l.r. 15/2007, erronea ed insufficiente valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, carenza di motivazione;

- omessa pronuncia sul v motivo di ricorso, violazione dell’art. 112 c.p.c., violazione degli artt. 30 e 32 d.p.r. 380/2001, violazione degli artt. 52, 53 e 54 l.r. 12/2005;

- omessa pronuncia sul ii motivo di ricorso e vii motivo aggiunto, violazione dell’art. 112 c.p.c., violazione del principio del contrarius actus;
violazione degli artt. 42 e 48 d.lgs. 267/2000, incompetenza e illegittimità derivata;

- omessa pronuncia sui motivi sei sette e otto di ricorso, violazione dell’art. 112 c.p.c., violazione dell’art. 30 d.PR 380 cit. e dell’art. 3 l. 241/1990, eccesso di potere per sviamento, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, disparità di trattamento;

- omessa pronuncia sul decimo motivo di ricorso, violazione dell’art. 112 c.p.c., violazione dell’art. 117 Cost. per contrasto con gli artt. 7, 6.2 Cedu e art. 1, prot. 1, Cedu;

- error in iudicando, violazione degli artt. 19, 21-octies e 21-nonies l. 241/1990, illegittimità derivata e nullità per violazione del giudicato formatosi sull’ordinanza cautelare, contraddittorietà intraprovvedimentale.

3. Il Comune parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

4. Alla pubblica udienza del 16 maggio 2024 la causa passava in decisione.

5. Preliminarmente, va dato atto dell’improcedibilità dell’appello in parte qua, relativamente alla parte appellante E B, che ha dichiarato da tempo di non avere più interesse al ricorso.

6. Per la restante parte l’appello è fondato sotto gli assorbenti profili, qui riproposti con il terzo motivo dell’appello, della violazione della disciplina statale in tema di mutamento di destinazione d’uso e del conseguente difetto di istruttoria e di motivazione rilevato negli atti comunali impugnati.

7. In linea di diritto, In generale, il mutamento di destinazione d'uso di un immobile deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all'ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con l'ovvia conseguenza che il mutamento non autorizzato della destinazione d'uso che alteri il carico urbanistico, integra una situazione di illiceità a vario titolo, che può e anzi deve essere rilevata dall'Amministrazione nell'esercizio del suo potere di vigilanza (cfr. ad es. Cons. Stato Sez. VI, 18 gennaio 2021, n. 534).

7.1 La giurisprudenza di questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che "anche un mutamento di destinazione d'uso meramente funzionale, ovvero senza la realizzazione di opere edilizie, può determinare una variazione degli standard urbanistici ed è in grado di incidere sul tessuto urbanistico della zona" (Cons. Stato, sez. VI, .18 luglio 2019, n. 5041 e 12 dicembre 2019 n. 8454).

7.2 L'art. 17, comma 1, lett. n), del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha introdotto l'art. 23-ter del d.lgs. n. 380 del 2001 (rubricato ""), il quale, recependo l'indirizzo interpretativo sopra riportato, ha statuito che " salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale
".

8. Nel caso di specie, agli odierni appellanti è stata contestata la fattispecie sanzionatoria della lottizzazione abusiva per aver modificato la destinazione urbanistica del complesso per la realizzazione del quale la convenzione sottoscritta nel 1993 prevedeva la destinazione a struttura ricettiva alberghiera, ritenuta dal Comune incompatibile la destinazione a casa albergo-vacanza.

8.1 Come emerge dalla documentazione in atti, e correttamente ricostruito dal Tar, gli appellanti sono proprietari di appartamenti presenti all’interno del complesso residenziale e turistico denominato “Santa Giulia”, posto nel territorio comunale di Padenghe sul Garda;
tale complesso è composto da molti appartamenti, la metà dei quali con destinazione residenziale e l’altra metà inizialmente destinati a turistico-ricettivo. Proprio nell’area originariamente turistico-ricettiva del complesso ricadono tutti gli appartamenti di proprietà dei ricorrenti, oggetto della contestazione.

8.2 In dettaglio, il Comune appellato ha proceduto alla “revoca” della SCIA con nota prot n. 1114 del 18.2.2013 sulla scorta del presupposto che gli immobili in questione sarebbero sorti su area a destinazione alberghiera e che l’attività accertata di casa vacanza non rientrerebbe nella categoria di attività consentita in assenza di una attività imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi comuni).

8.3 Tale presupposto non è condivisibile, sia normativamente che alla luce dell’evoluzione conosciuta dall’ordinamento in termini di attività ricettiva, né peraltro appare essere stato sottoposto ad una adeguata attività istruttoria e motivazionale.

8.4 In generale, la trasformazione in casa vacanza è da valutarsi come svolta all’interno della stessa destinazione turistico ricettiva, come peraltro confermato dalla disciplina regionale (l’attività di “case e appartamenti per vacanze” rientrava ratione temporis, ai sensi dell’art. 32 della L.R. 16 luglio 2007 n. 15 vigente all’epoca, nella destinazione d’uso “turistico ricettiva”).

8.5 Peraltro, assume rilievo dirimente il difetto di istruttoria e di motivazione degli atti impugnati in ordine a tale fondamentale aspetto, inerente la qualificazione dell’utilizzo effettivo nell’ambito della ampia destinazione turistico ricettiva;
in quanto, sulla scorta dei principi predetti e della normativa richiamata, l’attività contestata rientra nella destinazione d’uso turistico ricettiva.

9. Oltre ai profili appena evidenziati, come si è rilevato decidendo anche altre cause sempre dello stesso oggetto (il provvedimento del 31.3.2015) discusse e decise insieme nella stessa udienza pubblica del 16 maggio 2024, la qui contestata lottizzazione abusiva presente altresì ulteriori due punti critici, che la rendono illegittima.

9.1 Il primo di essi è che non appare convincente il rilievo del Comune volto a differenziare la posizione di coloro che avrebbero “confermato la volontà di destinare le proprie unità immobiliari a destinazione turistico-alberghiera conferendone la gestione a soggetto qualificato”. Invero, tale discrimine, che tra l’altro non oblitera l’originaria violazione posta in essere da coloro che hanno fruito delle unità immobiliare a scopo abitativo in violazione della disciplina dell’area, non appare idoneo a giustificare l’evidenziata anomalia. La contestazione, diretta solo ad alcuni proprietari, si rivela invece contraddittoria, riflettendosi, per l’effetto, sulla tenuta dei presupposti del provvedimento, che avrebbe dovuto interessare - nel momento in cui si accerta la violazione di cui all’art. 30 cit., da ritenersi riferita alla struttura globalmente intesa, e non un singolo abuso relativo a ciascuna unità abitativa - tutti i soggetti proprietari delle unità immobiliari del complesso turistico nelle medesime condizioni degli appellanti.

9.2 Oltre all’aspetto che precede, anche la considerazione globale dei fatti che caratterizzano la fattispecie in esame e di seguito illustrati portano ad incrinare in modo decisivo la prospettazione comunale facente leva sull’art. 30 cit, ferma l’eventuale integrazione di singole violazioni alla stregua degli art. 31 e ss. del TU Edilizia.

In particolare, deve essere posto in evidenza che la stessa amministrazione negli anni 2000, 2005 e 2010 ha rilasciato ai soggetti gestori dell’albergo licenze alberghiere incompatibili con la gestione unitaria a RTA di tutto il complesso, segnatamente per otto camere doppie, sedici suites e diciotto appartamenti, a fronte di una pretesa destinazione alberghiera che avrebbe dovuto coinvolgere la totalità delle novantasette unità (vedasi al riguardo anche la relazione comunale da ultimo depositata in giudizio, che conferma tale circostanza e dove si dà atto del fatto che le licenze sono state “rimodulate” dalla medesima Amministrazione Comunale, con il rilascio di titoli per 8 camere doppie, 16 suite e 18 appartamenti).

In definitiva, risulta confermato che, da anni, il complesso Santa Giulia non è stato gestito come RTA unitaria.

Non solo, risulta che il Comune di Padenghe ha percepito per anni ICI e IMU sul presupposto della natura di “appartamenti residenziali” delle unità abitative;
ha applicato la tassa per lo smaltimento dei rifiuti come “residenze”;
ha addirittura concesso la residenza a taluni proprietari negli appartamenti.

Tali circostanze stridono in modo insuperabile con la successiva contestazione per cui l’utilizzo residenziale di talune unità immobiliare – ma, inspiegabilmente, non di tutte, come innanzi già sottolineato – integrerebbe un’ipotesi di lottizzazione abusiva. Non solo, in base alle circostanze innanzi riferite è possibile finanche ipotizzare che il mancato funzionamento della struttura turistica nella sua consistenza originaria sia stato, negli anni, indirettamente incoraggiato dalla stessa amministrazione.

In tale prospettiva deve anche osservarsi che, a monte delle predette circostanze, non appare in sintonia con la destinazione recettiva del complesso, unitariamente considerato, l’avvenuto frazionamento in singole unità intestate a distinti proprietari, anche in tal caso avallato dal Comune, tenuto conto della giurisprudenza per cui “l’unitarietà della struttura e dell’attività gestionale delle residenze turistico-alberghiere appare del tutto incompatibile con qualsiasi ipotesi di frazionamento della proprietà del complesso immobiliare in cui esse operano (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29 maggio 2008, n. 2584)” (Cons. St. 998 del 7.2.2020).

9.3 Le circostanze che precedono fanno emergere, sotto i diversi profili innanzi delineati, l’ambiguità dell’atteggiamento comunale in riferimento alla struttura per cui è causa, minando i presupposti della contestazione portata dal provvedimento impugnato.

Questa appare invece contraddittoria e, in ogni caso, sorretta da una motivazione deficitaria, siccome non spiega, in concreto, le ragioni della contestazione mossa ai sensi dell’art. 30 cit., non potendosi a tal fine ritenere sufficiente il mero richiamo a precedenti giurisprudenziali, stanti le peculiarità del caso di specie innanzi evidenziate.

10. L’appello va pertanto accolto sotto tutti i profili predetti;
per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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