Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-11-22, n. 202309982

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-11-22, n. 202309982
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309982
Data del deposito : 22 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/11/2023

N. 09982/2023REG.PROV.COLL.

N. 09414/2019 REG.RIC.

N. 09422/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9414 del 2019, proposto dalla società -OMISSIS-, con sede legale a -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore Ing. -OMISSIS-, rappresentato e difeso, in forza di procura in calce al ricorso in appello, dall’Avv. A L del Foro di Ancona, elettivamente domiciliato, ai fini del presente procedimento, con il nominato procuratore, in Roma, Via di Villa Sacchetti n 11, presso lo studio dell’Avv. Prof. Aristide Police del Foro di Roma, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , e la Prefettura Ufficio territoriale del governo di Fermo, in persona del Prefetto pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, sono elettivamente domiciliati;

nei confronti

della società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro-tempore , non costituita;
del Consorzio -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito;
della società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro-tempore , non costituita;



sul ricorso numero di registro generale 9422 del 2019, proposto dalla società -OMISSIS-, con sede legale a -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore Ing. -OMISSIS-, rappresentata e difesa come sopra;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Fermo, in persona del Prefetto pro tempore, entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l'annullamento ovvero la riforma

quanto al ricorso R.G. n. 9414 del 2019:

della sentenza del T.A.R. Marche n. -OMISSIS-, depositata in data 13.04.2019 e non notificata, resa nel giudizio iscritto al Reg. Ric. n° -OMISSIS-, con cui il Collegio Giudicante “ definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge e compensa le spese del giudizio ”;

quanto al ricorso R.G. n. 9422 del 2019:

della sentenza n. -OMISSIS- dello stesso Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sez. I, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante, -OMISSIS-, avverso la nota prot. n. -OMISSIS-, con cui l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Fermo ha disposto la gestione straordinaria e temporanea di -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014, con riferimento alla prosecuzione del contratto di appalto per i servizi di igiene urbana nonché per la prosecuzione di tutti gli ulteriori contratti pubblici in corso di esecuzione.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo Fermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2023 il Cons. P C e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il primo dei ricorsi in epigrafe, notificato il 13 novembre 2019, la società -OMISSIS-, operante nel settore dello smaltimento dei rifiuti, ha proposto appello, con domanda cautelare di sospensione dell’efficacia, avverso la sentenza n. -OMISSIS- del 13 aprile 2019 con la quale il Tar delle Marche ha respinto il suo ricorso (n. di R.G. -OMISSIS-) diretto a ottenere l’annullamento dell’informazione antimafia interdittiva prot. n. -OMISSIS-del 22 gennaio 2018 adottata dal Prefetto di Fermo a seguito della rivalutazione della posizione della società (già colpita da un precedente provvedimento analogo n. -OMISSIS-), in uno agli atti e/o provvedimenti presupposti, connessi, collegati, precedenti e consequenziali, ed ha altresì respinto i motivi aggiunti depositati il 10 maggio 2018 e l’11 dicembre 2018, concernenti, rispettivamente, il primo, la nota prot. n. -OMISSIS-del 27 marzo 2018 adottata dal Prefetto di Fermo in adempimento alla ordinanza del Tar delle Marche n. -OMISSIS- e la nota prot. n. -OMISSIS-del 23 marzo 2018 del medesimo Prefetto, adottata anch’essa sulla base della predetta ordinanza del Tar Marche;
il secondo, il provvedimento della Prefettura di Fermo prot. n. -OMISSIS-del 1° ottobre 2018 denominato “ memoria avente ad oggetto le valutazioni della Prefettura di Fermo a seguito delle misure di rigenerazione compiute dalla -OMISSIS- ” e la “ Segnalazione per la proposta dell'irrogazione di misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale ex art. 6 del d.lgs. n. 159 del 2011 nei confronti ” di alcuni rappresentanti aziendali.

2. Nella sintesi proposta nelle “ Brevi note introduttive ” anteposte al ricorso in appello, la società appellante così delinea i punti essenziali delle contestazioni mosse alla pronuncia di primo grado: “1) in rito . . . [si] rilevi la contrarietà a diritto delle conclusioni di rigetto della istanza di sospensione del processo in primo grado in ragione della pendenza della procedura ex Art. 34 bis del D.Lgs. n° 159/11 e s.m.i., così come espressamente raggiunte dal Tribunale di Primo Grado a fronte dell’istanza formulata dalla parte ricorrente, annullando la sentenza oggi appellata e rimettendo il procedimento avanti al Giudice di Primo Grado;
2) nel merito . . .
[si rilevi] come risulti contraria a diritto l’informativa antimafia adottata con riguardo, da un lato, alla pendenza di un duplice procedimento penale a carico dell’incensurato legale rappresentante della Società, nell’ambito dei quali nessun contatto con organizzazioni criminali è stato accertato (ed invero neppure prospettato), nonché, dall’altro lato, alle affermazioni circa la dubbia onorabilità e condotta di varie unità di personale, tanto in regime di lavoro subordinato (passate appunto alle dipendenze dell’operatore economico odierno appellante in forza dell’apposita clausola di contratto collettivo), quanto parasubordinato, comunque pervenuto (quest’ultimo in numero di una sola unità) in seguito ad apposito passaggio di cantiere ed infine allontanato ”.

3. La società appellante ha dunque richiamato brevemente i presupposti sui quali risulta fondata l’avversata informativa antimafia (la presenza, tra i dipendenti impiegati in alcuni appalti della Sicilia e della Campania, di pregiudicati, anche aventi contatti con esponenti di organizzazioni criminali locali;
il procedimento penale a carico, tra gli altri, del suo legale rappresentante e proprietario, -OMISSIS-, all’epoca ancora pendente a Macerata - proc. n° -OMISSIS- e già posto a base di una precedente interdittiva - prot. n. -OMISSIS-del 14 luglio 2015 - successivamente annullata in via di autotutela dalla stessa Prefettura;
l’ordinanza del GIP di Catania - n° -OMISSIS- di custodia cautelare del predetto -OMISSIS-e di sequestro dell’azienda, con nomina di un amministratore giudiziario).

3.1. La ricorrente ha quindi ricordato le principali censure proposte dinanzi all’adito Tar delle Marche (la società avrebbe sempre ignorato i precedenti penali e/o le asserite vicinanze ad organizzazioni criminali di propri lavoratori, tutti assunti in virtù di un obbligo contrattuale di “passaggio di cantiere”, trattandosi, peraltro, di circostanza in sé inidonea a costituire automaticamente indice del tentativo di infiltrazione o permeabilità mafiosa;
il procedimento penale pendente a Macerata, già posto a base della interdittiva del 2015 e per il quale la Procura aveva richiesto per il -OMISSIS-la pronuncia di “non luogo a procedere”, era stato già considerato dalla stessa Prefettura inidoneo a sorreggere detta dichiarazione informativa antimafia, che l’aveva annullata in autotutela;
la società aveva in ogni caso adottato le misure di rigenerazione idonee a superare i “dubbi” della Prefettura eliminandoli in radice, con il licenziamento di tutti i dipendenti indicati nella riservata amministrativa ancora impiegati nei suoi appalti, con l’adozione di un nuovo M.O.G, con la nomina dell’O.d.V. e la sostituzione dell’intero vertice amministrativo dell’azienda;
l’ordinanza del GIP di Catania di restrizione cautelare in carcere e sequestro della Azienda, posta dalla Prefettura a base e giustificazione della terza interdittiva, era stata annullata in sede di riesame dal Tribunale del Riesame di Catania).

3.2. Parte appellante ha inoltre richiamato la complessa fase cautelare svoltasi in primo grado (ordinanza cautelare “propulsiva” n. -OMISSIS-, con la quale il Tribunale aveva invitato la Prefettura ad esaminare le misure di rigenerazione poste in essere dalla ricorrente a partire dalla fine del 2017;
ordinanze nn. -OMISSIS-e 122 del 2018 di accoglimento della domanda della ditta ricorrente di esecuzione della predetta ordinanza n. -OMISSIS-;
proposizione dei motivi aggiunti, sopra richiamati, avverso gli atti prodotti dalla Prefettura in asserita esecuzione dell’ordinanza di riesame;
successiva ordinanza n. -OMISSIS- di accoglimento della domanda cautelare).

4. Il Tar delle Marche, con la sentenza n. -OMISSIS- del 13 aprile 2019 qui appellata, ha ritenuto ammissibili i secondi motivi aggiunti proposti dalla ricorrente (poiché la relazione prefettizia avrebbe avuto la sostanza di un provvedimento di conferma) ed ha respinto il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti giudicando corrette le motivazioni addotte dal Prefetto nella nuova interdittiva del 2018, ritenuta sostitutiva di quella del novembre 2017, sia circa l’insufficienza delle misure di rigenerazione adottate dalla ditta ricorrente a far tempo dagli ultimi mesi del 2017, sia, più in generale, circa la sussistenza dei presupposti per l’adozione della misura interdittiva, in coerenza con “ i principi desumibili dalla normativa di settore e dalla giurisprudenza ormai consolidata del Consiglio di Stato, avendo ritenuto che il coinvolgimento del legale rappresentante della ditta ricorrente in più procedimenti penali relativi a c.d. reati spia, unito al fatto che le misure di rigenerazione ad oggi poste in essere non hanno ancora reciso il legame fra il sig. -OMISSIS-e la ditta -OMISSIS-, costituiscono sufficienti elementi ai fini dell’adozione e della conferma dell’interdittiva ”.

5. Con l’atto di appello la società -OMISSIS- ha dedotto 5 motivi di censura della sentenza appellata.

5.1. “ Erroneità della sentenza TAR Marche nel primo capo impugnato, nel quale rigetta la richiesta di sospensione del procedimento di primo grado per l’avvenuto deposito del ricorso ex art. 34bis comma 6° D.Lgs. n° 159/11, per violazione di legge per falsa applicazione degli artt. 34bis comma 7° D.Lgs. n° 159/11 in combinato disposto con l’Art. 79 C.P.A. e con l’art. 295 c.p.c. in esso richiamato – sull’erroneo presupposto che la richiesta fosse fondata sulla presenza del procedimento di sorveglianza speciale (peraltro non introdotto né introducibile ad istanza di parte) anziché, come effettivamente formulata, sull’avvenuto deposito del ricorso ex art. 34 bis comma 6° D.lgs. n° 159/11 ”.

5.2. “ Erroneità della sentenza di primo grado per violazione di legge per falsa applicazione degli artt. 84, commi 3° e 4°, nonché 91 commi 5° e 6°, nonché 93 del D. Lgs. 159 del 2011 (cd. “Codice Antimafia”) anche in combinato disposto con il punto 3 della Circolare dell’Ufficio II “Ordine e Sicurezza Pubblica” del Ministero dell’Interno 11001/119/20(6) dell’08.02.13, punto 3, pag. 5, in punto di onere di adeguata e rigorosa motivazione – Violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 93 comma 4°, D.Lgs. n° 159/11 nonché anche, in via generale, dell’art. 3 L. n° 241/90 s.m.i. e contestuale mancata rilevazione dell’eccesso di potere nella figura sintomatica del difetto di motivazione come conseguenza del difetto di attività istruttoria con specifico riferimento all’omessa verifica ed indicazione degli elementi esatti concreti ed oggettivamente significativi della ritenuta infiltrazione mafiosa. Richiesta di riforma della medesima nel senso dell’accertamento della mancanza di attività istruttoria nel merito della interdittiva, a dispetto della mole documentale versata agli atti ”: sarebbe errata la tesi svolta nella sentenza di primo grado secondo la quale la prova della completezza dell’istruttoria svolta dal Prefetto sarebbe data dal “ semplice fatto che la Prefettura ha versato in atti una gran mole di documentazione ”;
tutte le produzioni documentali effettuate dalla Prefettura nel corso del giudizio di primo grado costituirebbero “ un tentativo inammissibile di integrare il provvedimento originario, che si configura come provvedimento “in divenire”, “aggiustato”, nel corso del tempo a seconda degli sviluppi del procedimento al TAR ”.

5.3. “ Erroneità della sentenza di primo grado nel capo in cui travisa la portata della censura relativa alla erroneità del procedimento seguito in mera eccezione di incompetenza per territorio del Prefetto – Violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 93 commi 1°, 4° e 7° del D.Lgs. n° 159/11 e contestuale mancata rilevazione dell’eccesso di potere nelle figure sintomatiche del difetto di motivazione anche per difetto di attività istruttoria e dello sviamento ”: in base al comma 5 dell’art. 94 del codice delle leggi antimafia, gli accessi sui cantieri – ritenuti dall’appellante necessari - dovevano essere effettuati, su richiesta della Prefettura procedente, dal Prefetto del territorio in cui sono svolti i lavori o i servizi pubblici ed in cui si sospetta l’infiltrazione;
il Prefetto avrebbe dovuto effettuare una previa audizione dei vertici aziendali, nel caso di specie non effettuata.

5.4. “ Erroneità della sentenza di primo grado nel capo in cui conferma la legittimità del provvedimento di “conferma della interdittiva” impugnato con i secondi motivi aggiunti affermando che la stessa ha effettuato una corretta valutazione delle misure di rigenerazione della ricorrente e confermando la legittimità dell’atto – Violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 93 commi 1°, 4° e 7° del D.Lgs. n° 159/11 e contestuale mancata rilevazione dell’eccesso potere (a) nella figura sintomatica del difetto di attività istruttoria in relazione alle misure di rigenerazione adottate dalla -OMISSIS- nonché (b) nella figura sintomatica del travisamento del dato istruttorio e degli elementi di fatto ed infine (c) nella ulteriore figura sintomatica dello sviamento dell’azione Amministrativa ”: erroneamente il Tar avrebbe ritenuto che il sig. -OMISSIS-fosse stato individuato come il trait d’union con le organizzazioni criminali di stampo mafioso;
la Prefettura non avrebbe mai effettivamente valutato la portata delle misure di rigenerazione adottate dalla azienda;
il -OMISSIS-sarebbe rimasto mero responsabile tecnico al solo scopo di non far perdere i requisiti all’azienda, ma non avrebbe mantenuto ruoli decisionali nelle scelte operative;
la costituzione dell’usufrutto sulle azioni sociali in favore del commercialista dott. R, consulente dell’azienda, esperto professionista ritenuto dallo stesso Gruppo Interforze “privo di controindicazioni”, avrebbe trasferito in capo all’usufruttuario la completa disponibilità delle azioni e la piena autonomia gestionale;
la rilevanza della posizione del -OMISSIS-per quanto riguarda il consorzio -OMISSIS- sarebbe esclusa dal provvedimento di ammissione della Ecocar al controllo giudiziale ex art. 34- bis , comma 6, del d.lgs. n. 159 del 2011;

5.5. “ Erroneità della sentenza di primo grado nel capo in cui confermando la legittimità delle interdittive impugnate afferma che la interdittiva del 22.01.18 avrebbe tra le motivazioni la valutazione negativa delle misure di rigenerazione adottate dalla azienda, valutazione invece contenuta nell’ultimo provvedimento del Prefetto, depositato in udienza sub specie di memoria ed impugnato con i secondi motivi aggiunti – Violazione e falsa applicazione degli Artt. 84, commi 3° e 4°, nonché 91 commi 5° e 6°, nonché 93 del D. Lgs. 159 del 2011 (cd. “Codice Antimafia”) anche in combinato disposto con il punto 3 della Circolare dell’Ufficio II “Ordine e Sicurezza Pubblica” del Ministero dell’Interno n°1101/119/20(6) in data 08.02.2013 rubricato “Valutazione delle situazioni indizianti” in ordine alla radicale insussistenza dei presupposti tipizzati dalla legge da cui sia dato desumersi i c.d. “tentativi di infiltrazione mafiosa” suscettibili di dar luogo all’adozione dell’informazione antimafia interdittiva nonché ulteriore violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 93 commi 1°, 4° e 7° del D.Lgs. n° 159/11 e contestuale mancata rilevazione dell’eccesso di potere nella figura sintomatica del difetto di motivazione come conseguenza del difetto di attività istruttoria ”: sarebbero insufficienti l’istruttoria e la motivazione del provvedimento impugnato sulla presenza, tra i dipendenti, di “ diverse persone ” a carico delle quali sarebbero risultati “ gravi e molteplici pregiudizi penali e/o frequentazioni con persone collegate ad ambienti della criminalità organizzata ” o comunque “ gravi e significativi pregiudizi penali sia per la loro valenza oggettiva sia per il contesto ambientale in cui sono maturati ”: si tratterebbe di non più di quattro ex dipendenti con ruoli marginali, assunti obbligatoriamente per passaggio di cantiere ex art. 6 CCNL;
la Prefettura, richiamando nella motivazione la pendenza di un procedimento penale a Catania di cui nelle more era venuta a conoscenza, non ha considerato che l’ordinanza del GIP di Catania di restrizione cautelare in carcere e sequestro della Azienda, posta dalla Prefettura a base e giustificazione della terza interdittiva (la n. 00-OMISSIS-del 22 gennaio 2018), era stata annullata in sede di riesame;
i provvedimenti impugnati avrebbero infine disatteso le indicazioni contenute nella circolare ministeriale n° 11001/119/2 dell’8 febbraio 2013 circa i requisiti istruttori e motivazionali necessari in presenza delle situazioni di cui all’art. 91, comma 6, del codice delle leggi antimafia aventi “ una valenza indiziante più attenuata ”, o quando si è in presenza delle ipotesi di cui all’art. 93 stesso codice;
sarebbero mancate una verifica della significatività e concretezza degli indizi, una qualunque verifica istruttoria in merito alle modalità di assunzione e cessazione dei dipendenti da parte della -OMISSIS-, una qualunque indicazione concreta delle modalità con cui i dipendenti in questione, tutti impiegati ai margini dell’azienda, potessero influire sui processi decisionali della stessa;
il risalto dato alla figura di tale -OMISSIS-, dipendente cessato dal 31 luglio 2016, circa un’asserita collaborazione -OMISSIS-con il -OMISSIS-, non sarebbe supportata da elementi probatori adeguati, poiché, in realtà, l’Agrifoglio avrebbe rivestito ruoli marginali (poco più di un operatore ecologico);
il rinvio a giudizio a Macerata, nuovamente addotto dall’Amministrazione, era già stato a suo tempo giudicato dalla stessa Prefettura inidoneo a giustificare il mantenimento della pronuncia interdittiva del 2015.

6. Con il secondo dei ricorsi in epigrafe, notificato anch’esso il 13 novembre 2019, la società -OMISSIS- ha proposto appello, con domanda cautelare avverso la sentenza n. 208/2019 del 13 aprile 2019 con la quale il Tar delle Marche ha respinto il suo ricorso (n. di R.G. -OMISSIS-) diretto a ottenere l’annullamento dei provvedimenti del 19 febbraio e del 19 aprile 2018 con in quali il Prefetto di Fermo aveva disposto, ai sensi dell’art. 32, comma 10, del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, la straordinaria e temporanea gestione di essa società esponente e la nomina di tre commissari incaricati della gestione di alcuni contratti di appalto in corso di esecuzione in varie località del Sud Italia.

7. Con la qui appellata sentenza n. -OMISSIS-, il Tar ha respinto tale ricorso giudicando, in sintesi: infondato il primo motivo di censura (di invalidità derivata) avendo il medesimo Tribunale, con la sentenza n. --OMISSIS-, già respinto tutte le censure proposte contro il provvedimento interdittivo antimafia;
infondato anche il secondo motivo di ricorso, nei suoi diversi profili (carenza, nella fattispecie, nonostante l’interdittiva, dei più stringenti presupposti, in termini di prova e di gravità di fatti accertati, richiesti dall’art. 32, commi 1 e 10, del decreto-legge n. 90 del 2014, per l’adozione delle misure ivi previste, come da linee guida ANAC del 15 luglio 2014;
assenza di graduazione degli interventi ammissibili, giusta le linee guida ANAC del 27 gennaio 2015;
indebita estensione della misura ad un numero elevato di contratti di appalto in esecuzione), stante la proporzionalità delle misure adottate rispetto alla natura dell’impresa ricorrente, caratterizzata dalla concentrazione nella medesima persona fisica del ruolo di azionista unico, presidente e amministratore delegato della società, e tenuto conto altresì della peculiarità applicativa dell’art. 32 in presenza di un’interdittiva antimafia rispetto ai casi di mera, possibile commissione di singoli reati o a singole condotte che appaiano illecite;
ha giudicato non accoglibile anche il terzo motivo del ricorso di primo grado, dovendosi escludere che la Prefettura fosse tenuta a sospendere ogni atto, quanto meno fino all’esito della fase cautelare del ricorso proposto avverso l’interdittiva fatta presupposto dei provvedimenti impugnati, secondo l’assunto di parte ricorrente.

8. Con l’atto di appello (R.G. n. 9422/2019) la società -OMISSIS- ha dedotto, in sintesi, le seguenti contestazioni avverso la sentenza appellata:

8.1. Con il primo motivo (pp.

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