Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-05-09, n. 201903031

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-05-09, n. 201903031
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903031
Data del deposito : 9 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/05/2019

N. 03031/2019REG.PROV.COLL.

N. 03756/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3756 del 2019, proposto dal -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato R L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la Sottocommissione Elettorale di Arienzo, la Commissione Elettorale Centrale, il Comune di -OMISSIS-, tutti non costituiti in giudizio;
il Ministero dell'Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo Caserta, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tar Campania, sede di Napoli, sez. II, n. -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso proposto avverso il verbale n. 38 della Sottocommissione elettorale di Arienzo con il quale è stata ricusata la candidatura dell’appellante.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella udienza speciale elettorale del giorno 9 maggio 2019 il Cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti l’avvocato R L e l'avvocato dello Stato Paola Zerman;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al Tar Campania, sede di Napoli, il -OMISSIS-, candidato alla carica di Sindaco del Comune di -OMISSIS- nella tornata elettorale del 26 maggio 2019 ha impugnato il verbale n. 38 della Sottocommissione elettorale di Arienzo con il quale è stata ricusata la sua candidatura (unitamente a cinque liste elettorali ad esso collegate) perché sarebbe incorso in una delle cause di incandidabilità previste dagli artt. 10, comma 1, lett. a), e 15, comma 1, e 16, comma 1, d.lgs. n. 235 del 31 dicembre 2012. In particolare, a carico del-OMISSIS-è risultata una sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta delle parti, divenuta irrevocabile il 19 luglio 2012, alla pena di reclusione di un anno e mesi 6, multa 700,00 euro per i reati di minaccia continuata in concorso;
porto illegale di armi continuato in concorso;
spari in luoghi abitati continuato in concorso;
minaccia continuata in concorso.

Ad avviso della Sottocommissione l’art.15, comma 1, d.lgs. n. 235 del 2012 prevede l’incandidabilità anche nel caso in cui la sentenza definitiva dispone l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p..

Avverso detta ricusazione il-OMISSIS-ha dedotto violazione degli artt. 16 e 10, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 235 del 2012 e l’erronea applicazione degli artt. 444 e 445 c.p.p.. La tesi svolta è che la sentenza di condanna a suo carico ex art. 444 c.p.p. è divenuta irrevocabile in data 19 luglio 2012 e la candidatura è stata presentata il 27 aprile 2019, con avvenuta decorrenza del termine di 5 anni senza che il -OMISSIS- sia incorso nella commissione di altri reati, con la conseguenza che i reati contestati si sarebbero estinti.

2. L’adito Tar Napoli, con sentenza n. -OMISSIS-, ha respinto il ricorso sul rilievo che l’art. 15, d.lgs. n. 235 del 2012 sancisce l'incandidabilità a una serie di cariche (tra cui quella di consigliere comunale) di "coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo" e che "la sentenza di riabilitazione, ai sensi degli artt. 178 ss. c.p., è l'unica causa di estinzione anticipata dell'incandidabilità". Il giudice di primo grado ha quindi concluso nel senso che è irrilevante la sopravvenuta estinzione del reato, ove non sia intervenuta la sentenza di riabilitazione ai sensi degli artt. 178 ss. c.p., non potendo conseguentemente essere equiparate alla citata riabilitazione - agli specifici fini della estinzione della incandidabilità - diverse ipotesi in cui si verifichi l'estinzione del reato o degli effetti penali della condanna, come avviene nei casi di estinzione del reato e dei relativi effetti ai sensi dell'art. 445 c.p.p..

3. Con appello depositato il 6 maggio 2019 il-OMISSIS-ha impugnato la sentenza del Tar Napoli n. -OMISSIS- affermando che, diversamente da quanto affermato dal giudice di primo grado, l’eliminazione di ogni effetto penale della condanna, che consegue alla riabilitazione, “è perfettamente equivalente a quell’estinzione di ogni effetto penale che consegue all’avvenuta estinzione del reato nel termine di legge in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti”. Ha aggiunto che la riabilitazione estingue altresì le pene accessorie, che peraltro non possono essere comminate con la sentenza applicativa della pena concordata (art. 445, comma 1, c.p.p.).

Una diversa interpretazione della norma sarebbe in palese contrasto con l’art. 51 Cost. per compressione del diritto di elettorato passivo.

L’appellante, in via gradata, ha chiesto la rimessione all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato a fronte del ritenuto contrasto giurisprudenziale tra l’orientamento insorto nella giurisprudenza del giudice amministrativo sul punto.

4. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’interno e l’Ufficio territoriale del governo di Caserta. Con memoria depositata in data 8 maggio 2019 il Ministero dell’interno ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, dell’appello.

5. Con memoria depositata il 6 maggio 2019 l’appellante ha insistito per la rimessione della questione all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato e alla Corte costituzionale ove non fosse ritenuto fondato il primo motivo di appello.

6. Alla pubblica udienza del 9 maggio 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, oggetto dell’appello è la ricusazione del -OMISSIS-, candidato alla carica di Sindaco del Comune di -OMISSIS- nella tornata elettorale del 26 maggio 2019, disposta, con verbale n. 38, dalla Sottocommissione elettorale di Arienzo con il quale è stata ricusata la sua candidatura perché sarebbe incorso in una delle cause di incandidabilità previste dagli artt. 10, comma 1, lett. a), e 15, comma 1, e 16, comma 1, d.lgs. n. 235 del 31 dicembre 2012. In particolare, a carico del-OMISSIS-è risultata una sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta delle parti, divenuta irrevocabile il 19 luglio 2012, alla pena di reclusione di un anno e mesi 6, multa 700,00 euro per i reati di minaccia continuata in concorso;
porto illegale di armi continuato in concorso;
spari in luoghi abitati continuato in concorso;
minaccia continuata in concorso.

La questione sottesa all’appello è se l’estinzione del reato e dei relativi effetti ai sensi dell'art. 445 c.p.p. costituisce estinzione anticipata dell'incandidabilità.

L’appello è infondato.

Il Collegio richiama, condividendoli, i principi espressi da recenti precedenti della Sezione (7 maggio 2019, n. 294;
22 maggio 2018, n. 3067), secondo cui il comma 3 dell’art. 15, d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 ha previsto che “la sentenza di riabilitazione, ai sensi dell’art. 178 e seguenti del codice penale, è l’unica causa di estinzione anticipata dell’incandidabilità”: la norma non reca un’analoga previsione con riferimento all’estinzione del reato ex art. 445 c.p.p., ma anzi il riferimento all’aggettivo “unica” depone nel senso di ritenere che soltanto la riabilitazione sia stata considerata dal legislatore idonea a far venir meno l’incandidabilità.

Ha quindi affermato la Sezione che la riabilitazione ex art. 178 c.p. ed estinzione conseguente al patteggiamento ai sensi dell’art. 445 c.p.p. non sono equivalenti.

Ed invero, ai fini della riabilitazione non è sufficiente la mancata commissione di altri reati, come nel caso dell’estinzione conseguente al patteggiamento ai sensi dell’art. 445 c.p.p., ma occorre l’accertamento del “completo ravvedimento dispiegato nel tempo e mantenuto sino al momento della decisione, e tradotto anche nella eliminazione (ove possibile) delle conseguenze civili del reato” (Cass. pen., sez. I, 18 giugno 2009, n. 31089).

La Cassazione ha precisato, infatti, che “mentre l’estinzione della pena patteggiata si produce con il solo mancato avveramento della condizione risolutiva nel previsto arco temporale …. la riabilitazione viene pronunziata all’esito di un effettivo approdo rieducativo del reo”. Ha inoltre riconosciuto al condannato, la cui pena sia stata medio tempore estinta ex art. 445, comma 2, c.p.p., l’interesse a chiedere la riabilitazione, in quanto correlato ad una completa valutazione post factum, non irrilevante sul piano dei diritti della persona.

Da tale premessa consegue, come corollario obbligato, che sebbene entrambi gli istituti assicurino al condannato la cessazione degli effetti penali della condanna, non possono però ritenersi sovrapponibili, in quanto solo con la riabilitazione si acquista la certezza dell’effettiva rieducazione del reo, poiché l’estinzione ex art. 445 c.p.p. deriva dal solo dato fattuale del mero decorso del tempo.

Come si è detto, ai fini del venir meno della incandidabilità il Legislatore ha previsto che rilevi solo la sentenza di riabilitazione ex art. 178 c.p.: è dunque necessaria la prova dell’effettiva rieducazione del reo per il riacquisto dei requisiti di onorabilità richiesti dall’art. 54, comma 2, Cost. per l’accesso alle funzioni pubbliche;
prova che peraltro può essere chiesta anche dal condannato con sentenza di patteggiamento dopo il decorso del termine quinquennale di estinzione del reato, facendo così venire meno la condizione di incandidabilità.

2. Quanto alle richieste, gradate, di rimessione all’Adunanza plenaria e alla Corte costituzionale, ricorda il Collegio che la giurisprudenza consolidata del giudice amministrative ha affermato che la procedura dettata dall’art. 129 c.p.a. per i giudizi avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali è incompatibile, in ragione delle esigenze di certezza e di celerità da essa coltivate, con qualsiasi tipo di fase incidentale che possa comportare il differimento dell'udienza o la sospensione del giudizio, quale la rimessione di una questione di legittimità costituzionale, con la conseguenza che la fruizione delle garanzie connesse ad eventuali fasi incidentali resta riservata alle impugnazioni dei risultati delle competizioni, secondo il rito disciplinato dagli artt. 130 ss. dello stesso c.p.a. (Cons. St., sez. III, 29 maggio 2017, n. 2551;
18 maggio 2016, n. 2067).

In ogni caso, la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata.

Come chiarito dalla Sezione (7 maggio 2019, n. 2943) l’art. 15, comma 3, d.lgs. n. 235 del 2012 non presenta profili di incostituzionalità, fondandosi sulla previsione recata dall’art. 54, comma 2, Cost., che richiede i requisiti di onorabilità per l’accesso alle funzioni pubbliche, né appare eccessivamente gravosa per la parte interessata, tenuto conto che il destinatario della sentenza di patteggiamento può ottenere la declaratoria di riabilitazione anche dopo il decorso del termine quinquennale di estinzione del reato, facendo così venire meno la condizione di incandidabilità.

3. L’appello deve dunque essere respinto.

Sussistono giusti motivi, in ragione della complessità della vicenda contenziosa, per compensare tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

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