Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-06-27, n. 202205254
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Pubblicato il 27/06/2022
N. 05254/2022REG.PROV.COLL.
N. 09024/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9024 del 2019, proposto da
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M S, F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M S in Roma, piazza di Spagna, n. 15;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 9289/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Telecom Italia S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2022 il Cons. Davide Ponte;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’appello in esame ha ad oggetto l’impugnazione della sentenza pronunciata dal Tar Lazio sez. I n. 9289/2019, con la quale il giudice di primo grado ha accolto il ricorso proposto da Telecom, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento n. 22451del 2011 adottato dall’AGCM e con il quale quest’ultima ha comminato una sanzione per pratica commerciale scorretta, in violazione degli artt. artt. 20, comma 2, 24, 25 e 26, lett. f), d.lgs. 206/2005, “Codice del Consumo”, vietandone l’ulteriore diffusione e comminando una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 400.000,00.
All’esito del giudizio di prime cure, il Tar ha accolto il ricorso per violazione del ne bis in idem in relazione a parallelo provvedimento dell’Agcom nonché per la violazione del legittimo affidamento derivante dal medesimo atto, con cui l’Autorità di settore ha disposto la parziale archiviazione e la condanna in parte qua.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, l’Autorità Agcm, odierna appellante, ha formulato i seguenti motivi di appello:
- i fatti accertati non sono identici, in quanto dall’analisi dei due provvedimenti emerge che sia i fatti sia la qualificazione giuridica che ne è stata data dalle due Autorità sono distinti;
- anche ove vi fosse stata una sovrapposizione tra i due provvedimenti sanzionatori, la corretta applicazione del principio del ne bis in idem al caso in esame avrebbe dovuto comunque comportare una valutazione della proporzionalità delle sanzioni complessivamente irrogate dalle due Autorità, trattandosi di discipline complementari;
- la valutazione sul legittimo affidamento, stante la diversità fattuale dei comportamenti, è errata.
La società appellata si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello. Inoltre, ha riproposto, ai sensi dell’art. 101 c.p.a., i motivi di ricorso formulati nel giudizio di primo grado e dichiarati assorbiti nella sentenza impugnata:
- violazione dell’art. 19, comma 3 del Codice del Consumo, degli artt. 70 e 98 del d. Igs. n. 259 del 2003, della Delibera AGCom n. 664/06/CONS e dell'art. 97 Cost., nonché dei principi di coerenza, non contraddizione, economia ed efficacia dell’azione amministrativa, violazione dei principi generali in materia di riparto di competenza tra autorità indipendenti, eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, e in particolare difetto di motivazione, contraddittorietà e illogicità manifesta, falsità dei presupposti e travisamento dei fatti, sviamento, in quanto il provvedimento è illegittimo per l’inapplicabilità della normativa in materia di PCS alle fattispecie nonché per l’incompetenza dell’AGCM;
- violazione dell’art.20, comma 2, del Codice del Consumo e dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere sotto tutti i profili, in quanto sono stati imputati a TIM i casi di frodi da sottoscrizione perpetrati – con artifizi e raggiri, in danno non solo dei consumatori finali, ma anche della stessa TIM – da soggetti terzi, con i quali la Società non aveva alcun rapporto, né contrattuale, né di fatto, erroneità della responsabilità in relazione ai dealers;
- violazione degli artt. 20, comma 2, 24, 25 e 26, lett. (f) del Codice del Consumo e 3 della legge n. 241 cit., eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, per l’insussistenza di una pratica commerciale aggressiva;
- violazione dell’art. 27, comma 9, del Codice del Consumo e dell’art. 11 della legge n. 989/1981, eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche ed in particolare difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà manifesta, violazione del principio di proporzionalità, in relazione alla determinazione della sanzione.
Con ordinanza collegiale n. 8618 del 2021 veniva disposo approfondimento istruttorio al fine di acquisire, dall’Autorità garante delle comunicazioni, la seguente documentazione: una relazione chiarificatrice in merito agli atti del procedimento confluito nella delibera 96/10, con particolare riferimento agli atti di avvio ivi citati, il verbale di accertamento n. 49/09/DIT ed il conseguente atto di contestazione della Direzione tutela dei consumatori n. 49/09/DIT del 17 novembre 2009, notificato in data 19 novembre 2009.
Alla pubblica udienza del 16 giugno 2021 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. L’appello in esame ha ad oggetto la sentenza resa dal Tar Lazio in merito alla controversia concernente la sanzione irrogata dall’Autorità avverso Telecom Italia in relazione alla pratica commerciale posta in essere da Telecom nell'ambito della vendita di prodotti c. d. ‘pregiati’, quali telefoni fissi, ‘Aladino Cordless', 'Syrio', e 'Symbio', computer, videotelefoni e notebook presso punti vendita fisici (c.d. dealer) e attraverso teleselling .
2. I fatti contestati fanno riferimento a un fenomeno, diffusosi principalmente in Campania, di forniture non richieste di prodotti di Telecom definiti “prodotti pregiati” (Pc, videofonini, notebook ecc.). Tale fenomeno è stato ricondotto: ad agenti commerciali partner di Telecom (Dealer) i quali avrebbero addebitato sul conto dei clienti Telecom il prezzo di tali prodotti senza autorizzazione all’acquisto da parte di questi clienti;nonché a soggetti estranei alla stessa società odierna appellante, i quali avrebbero contattato con telefoni cellulari gli operatori Telecom, effettuando ordini di prodotti pregiati all’insaputa degli effettivi titolari di telefonia fissa Telecom, con addebito dei relativi costi sui loro conti ( teleselling ).
3. All’esito del giudizio di prime cure il Tar ha accolto il ricorso per violazione del principio del ne bis in idem .
4. Come emerge dalla documentazione in atti, tali fatti sono stati oggetto di indagine e verifica da parte di AGCOM, la quale in data 25 marzo 2010 con la delibera n. 96/10/CONS ha accertato che le frodi tramite teleselling hanno costituito una “ attività fraudolenta consumata in danno sia degli utenti che di Telecom Italia ” (paragrafo 1 della delibera.). Viene indicato, inoltre, che Telecom, a fronte dei reclami sporti dagli utenti, ha stornato le partite di addebito fatturate per beni non richiesti rimborsando i clienti di quanto ingiustamente pagato (paragrafo 1). Invece, l’autorità ha accertato che in relazione alle forniture non richieste tramite dealer, Telecom non ha vigilato sull’operato del proprio agente in ‘outsourcing’, in quanto avrebbe dovuto effettuare, in maniera più puntuale, le opportune verifiche prima di emettere l’ordine di acquisto dei beni non desiderati (paragrafo 2).
4.1 Con riferimento alla prima condotta (frodi da sottoscrizione tramite teleselling ), l’AGCOM ha assolto Telecom. Con riferimento alla seconda condotta, AGCOM ha, invece, diffidato Telecom a porre termine all’illecito contestato e le ha comminato una sanzione di € 116.000 per violazione dell’art. 70 del d.lgs. 1.8.2003, n. 259 (di seguito, “CCE”) in combinato disposto con l’articolo 3(1), allegato A alla delibera 664/06/CONS. Nella delibera, AGCOM considera che “ Telecom ha provveduto, successivamente ai reclami da parte degli utenti a stornare gli importi oggetto di contestazione e a rimborsare quanto ingiustamente pagato dagli utenti stessi e che l’operatore ha adottato nelle proprie attività commerciali una serie di strumenti atti ad arginare il fenomeno delle cosiddette attivazioni di servizi o beni non richiesti ”.
4.2 Successivamente, l’AGCM in data 4 novembre 2011 ha avviato il procedimento PS4058, nel quale veniva preso in considerazione il comportamento posto in essere dal professionista, nell’ambito della vendita di prodotti pregiati (telefoni fissi, Pc, notebook ecc..), offerti congiuntamente alla fornitura dei servizi di telefonia fissa presso punti vendita (Dealer) e attraverso teleselling . Conclusosi il procedimento, con il provvedimento n. 22451 veniva sanzionata la Società per pratica commerciale scorretta ai sensi dell’artt. 20, comma 2, 24, 25, 26 lett. F del Codice del Consumo, irrogando una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 400.000. gli interventi riparativi dei Telecom non sono stati ritenuti idonei a rimuovere gli effetti pregiudizievoli di tale pratica (p. 66 e 67 del provvedimento).
4.3 Quest’ultimo provvedimento sanzionatorio adottato da AGCM è stato oggetto del ricorso dinanzi il Tar, che lo ha accolto ritenendo violato il principio del ne bis in idem in quanto, secondo la sentenza qui impugnata, le condotte conteste sono le stesse;veniva altresì accolto in parte il vizio dedotto in termini di violazione del legittimo affidamento in relazione alla pratica delle cd. “frodi da sottoscrizione”, stante la presenza di elementi positivi, idonei ad ingenerare nell'autore della violazione il convincimento della non imputabilità a sé di quella condotta.
5. In generale, come noto, il principio del ne bis in idem , garantito dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, conferisce ai soggetti dell'ordinamento un diritto direttamente applicabile nell'ambito di una controversia come quella oggetto del procedimento principale. Tale principio non è infatti accompagnato da alcuna condizione ed è perciò immediatamente applicabile (cfr. ad es. Corte giustizia UE , grande sezione , 20/03/2018 , n. 537).
Secondo la giurisprudenza europea, l’art. 50 predetto deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale in forza della quale è possibile avviare procedimenti penali a carico di una persona per omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta entro i termini di legge, qualora a tale persona sia già stata inflitta, per i medesimi fatti, una sanzione amministrativa definitiva di natura penale ai sensi del citato art. 50, purché siffatta normativa: a) sia volta ad un obiettivo di interesse generale tale da giustificare un simile cumulo di procedimenti e di sanzioni, vale a dire la lotta ai reati in materia di imposta sul valore aggiunto, fermo restando che detti procedimenti e dette sanzioni devono avere scopi complementari;b) contenga norme che garantiscano una coordinazione che limiti a quanto strettamente necessario l'onere supplementare che risulta, per gli interessati, da un cumulo di procedimenti;c) preveda norme che consentano di garantire che la severità del complesso delle sanzioni imposte sia limitata a quanto strettamente necessario rispetto alla gravità del reato di cui si tratti.
Spetta al giudice nazionale accertare, tenuto conto del complesso delle circostanze del procedimento principale, che l'onere risultante concretamente per l'interessato dall'applicazione della normativa nazionale in discussione nel procedimento principale e dal cumulo dei procedimenti e delle sanzioni che la medesima autorizza non sia eccessivo rispetto alla gravità del reato commesso.
6. Facendo applicazione delle predette coordinate ermeneutiche, l’appello principale è infondato, dovendo trovare conferma quanto posto a fondamento della sentenza impugnata.
6.1 Se, infatti, si comparano i due provvedimenti, i profili di congruenza dei fatti oggetto delle valutazioni, sono gli stessi.
6.2 Nel provvedimento AGCOM si fa riferimento da una parte alla condotta dei partner di Telecom, i quali hanno compiuto attività fraudolenta ai danni sia degli utenti della telefonia fissa sia di Telecom, consistente in procedure non regolari per l’acquisto di beni pregiati e per le quali la Società è stata ritenuta estranea. Dall’altra viene presa in considerazione l’altra fattispecie, relativa alla responsabilità di Telecom per i disservizi subiti dagli utenti, in quanto i partener in outsourcing (consistente cioè in una strategia commerciale mediante la quale le attività aziendali sono esternalizzate a contraenti o fornitori di servizi esterni) hanno agito in nome e per conto della società in virtù dei rapporti commerciali, con imputazione a quest’ultima degli effetti favorevoli e sfavorevoli delle azioni compiute. Su quest’ultima condotta è stata comminata la sanzione. Si evidenzia che nel determinare il quantum della sanzione l’AGCOM ha considerato le attività che Telecom ha posto in essere per eliminare o limitare la continuazione dell’attività, anche in termini di interruzioni contrattuale con i dealer coinvolti e degli storni effettuati.
6.3 Nel provvedimento dell’AGCM la condotta presa in considerazione è, come si evidenzia nel punto II del provvedimento, l’ingannevole prospettazione condizioni economiche di prodotti pregiati associati a servizi di telefonia fissa associata alla mancata adozione di sistemi di monitoraggio dei contratti stipulati dealer e teleselling che ha determinato la fornitura non richiesta. Dalla lettura dei successivi paragrafi (in particolare 65 e ss.) le condotte contestate sono, di fatto le medesime già valutate dall’AGCOM.
6.4 Sul punto è da evidenziare che l’AGCOM ha valutato e contestato i fatti sanzionati sulla base della normativa prevista dall’art. 70 d.lgs n. 259/2003 in combinato con l’art. 3 c. 1 allegato A della delibera 654/06/CONS, relativa all’adozione del regolamento recante disposizioni a tutela dell’utenza in materia di fornitura di servizi di comunicazione elettronica mediante contratti a distanza.
L’AGCM ha invece ricondotto le stesse ad una pratica commerciale scorretta sulla base della normativa prevista dal Codice del Consumo.
Espunta ogni differenza formale dal punto di vista giuridico e normativo, l’idem factum sostanziale, rilevato dal Tar, appare confermato.
6.5 A ciò si aggiungono due ulteriori profili che evidenziano tale sostanziale coincidenza, rilevante ai fini dell’applicato principio del ne bis in idem: dal punto di vista temporale, i fatti contestati dalle due autorità sono riconducibili al medesimo periodo (anni 2008-2009), dal punto di vista del bacino di utenza considerato le due autorità fanno riferimento tanto al bacino nazionale, quanto a quello locale: le autorità infatti, evidenziano come, sebbene il fenomeno sia stato di caratura nazionale, nella regione Campania esso ha trovato particolare diffusione. Inoltre, anche gli oggetti pregiati richiamati dalle due autorità, rientrano nella stessa categoria di prodotti (PC, Notebook, Videofonini, Aladino, Symbio).
Si tratta di profili che ragionevolmente possono fondare gli elementi oggettivi e sostanziali dell’ idem factum .
6.6 Nell’insieme dei profili ora evidenziati, bisogna inoltre considerare il contesto sanzionatorio sulla base dei presupposti del ne bis in idem, in particolare richiamando i criteri ermeneutici consolidati nella giurisprudenza europea: in primis , i criteri cc.dd. Engel (la qualificazione del diritto interno; la natura dell’infrazione; la severità della pena), nonché i principi espressi nelle sentenze Grande Stevens (Cedu 4 marzo 2014) e Menarini (Cedu 27 settembre 2011).
6.7 Facendo doverosa applicazione delle coordinate espresse in tali pronunce, è possibile constatare che nei provvedimenti delle due autorità il fine perseguito è quello della tutela degli utenti consumatori della linea mobile defraudati, e tale fine ultimo è perseguito sia da AGCOM, sia dall’AGCM.
La prima Autorità fa riferimento, tra gli impianti normativi richiamati, alla delibera n. 664/06/cons adozione del regolamento recante disposizioni a tutela dell’utenza in materia di fornitura di servizi di comunicazione elettronica mediante contratti a distanza, nel quale l’art. 3 prevede che “ Ai sensi dell’art. 57 del Codice del consumo, è vietata la fornitura di beni o servizi di comunicazione elettronica, anche solo supplementari rispetto ad un contratto già in esecuzione, in mancanza della loro previa ordinazione da parte dell’utente ”. L’AGCM fa egualmente riferimento alla pratica commerciale scorretta ai sensi del Codice del Consumo, il cui fine è l’interesse ultimo di tutela del consumatore/utente. Inoltre, entrambe le sanzioni comminate (sebbene quella AGCOM sia limitata alla sola responsabilità di controllo dei partner), hanno il fine di reprimere ulteriori continuazioni degli illeciti posti in essere, tant’è che il quantum della sanzione comminata da AGCM è quasi pari al massimo edittale, evidenziando anche la natura afflittiva.
6.8 Pertanto, se i profili appena evidenziati sono corretti, considerando che il fine di tutela dei consumatori/utenti della linea, vittime di tali pratiche, è stato perseguito, con la dovuta istruttoria, dall’AGCOM (la quale ha valutato la responsabilità della Società dal punto di vista dei controlli dei partener in outsourcing comminando la sanzione), il successivo intervento da parte della AGCM, che prende in considerazione fattispecie della stessa natura sostanziale, si scontra con il principio del ne bis in idem , in quanto si tratta di sanzionare i medesimi fatti già valutati e sanzionati da diversa Autorità, per altro aumentando la sanzione considerando che l’AGCM ha imputato alla Telecom anche quanto l’AGCOM non ha ad essa imputato (il teleselling ).
L’aspetto puramente formale circa la diversa rubricazione dei fatti non è sufficiente a evitare o scongiurare quella sostanziale coincidenza, delle contestazioni e dei fini perseguiti, che porta a rilevare la violazione del ne bis in idem nel caso di specie (fine perseguito, entità delle sanzioni, natura dei fatti, natura afflittiva delle sanzioni).
6.9 Quanto sin qui evidenziato ha trovato conferma all’esito dell’approfondimento istruttorio. Dal verbale di accertamento Agcom emerge che le risultanze istruttorie da cui origina la conseguente sanzione attengono alla fornitura di beni o servizi di comunicazione elettronica in mancanza della loro previa ordinazione da parte del titolare della linea, riscontrata in relazione a cinque utenze elencate nel suddetto verbale. Dallo schema che illustra le fattispecie segnalate dai titolari delle utenze emerge che: i prodotti oggetto della fornitura non richiesta sono proprio i cc.dd. Prodotti Pregiati;la data delle forniture si colloca nel periodo oggetto del provvedimento AGCM (novembre 2008 - dicembre 2009).
Pertanto la relazione istruttoria conferma che l’Agcom ha sanzionato la condotta posta in essere da Telecom rientrante nel fenomeno della fornitura non richiesta di “beni pregiati” (telefono cordless, computer Notebook), prendendo le mosse da vicende relative ad alcune utenze;anche tale Autorità ha quindi svolto una valutazione della complessiva condotta di Telecom in relazione al fenomeno “ a carattere continuativo della fornitura non richiesta dei Prodotti Pregiati verificatasi nel “corso degli anni 2009/2010 ”.
Dal suo canto, anche l’istruttoria dell’autorità odierna appellante prende le mosse da alcune segnalazioni pervenute da alcuni consumatori nel periodo maggio 2009-maggio 2010.anche in tale contesto la condotta si è manifestata nella fornitura dei predetti apparecchi sia in assenza di un preventivo ordine da parte del titolare della linea e in danno di quest’ultimo (c.d. frode da sottoscrizione) nell’ambito del canale telesale di Telecom, sia nella fornitura da parte di dealer del professionista, attivi principalmente in Campania, che ne prospettavano la gratuità o non avevano richiesto alcuna autorizzazione al titolare della linea.
6.10 Né a diverse conclusioni può giungersi sulla scorta di una diversa qualificazione, di valore sostanzialmente prospettico, secondo cui, da un lato Agcom avrebbe accertato esclusivamente la sussistenza di singoli episodi/criticità in relazione alle utenze di 5 consumatori residenti nella regione Campania, mentre il provvedimento Agcm avrebbe accertato la sussistenza di una pratica commerciale – dunque un comportamento suscettibile di reiterarsi nei confronti di una pluralità di utenti e non la sussistenza di 5 puntuali violazioni.
Tale prospettazione non è condivisibile, dovendo la pratica commerciale scorretta avere ad oggetto comportamenti appunto scorretti, che nel caso di specie coincidono con quanto contestato dalla diversa Autorità. Il rischio di reiterazione costituisce, oltre che oggetto della finalità perseguita di tutela dei consumatori, elemento insito in entrambe le contestazioni, le quali, partendo dai medesimi elementi ed avendo ad oggetto analoghe condotte, finiscono con lo scontrarsi con il principio del ne bis in idem, nei termini correttamente applicati dai Giudici di prime cure.
Appare dirimente sul punto il consolidato principio a mente del quale la nozione di stessi fatti, utile ai fini del divieto del bis in idem europeo, comprende un insieme di fatti collegati tra loro in maniera inscindibile, a prescindere dalla loro qualificazione giuridica (cfr. ad es. Cassazione penale, sez. I , 10/01/2020 , n. 11664 e Grande Sezione, Corte U.E. 16 novembre 2010, Mantello, p. 39, richiamata da Sez. 6, n. 47445 del 19/11/2019, Zarotti).
7. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va pertanto respinto, con conseguente assorbimento delle censure, di carattere subordinato, riproposte da parte appellata ai sensi dell’art. 102 cod proc amm.
Sussistono giusti motivi, stante la complessità delle questioni dedotte, per compensare le spese del presente grado di giudizio.