Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-04-14, n. 202303779
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Testo completo
Pubblicato il 14/04/2023
N. 03779/2023REG.PROV.COLL.
N. 08901/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8901 del 2022, proposto da L A, B D M, G F, M N, A S, A D S, rappresentati e difesi dall'avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Salandra 18
contro
Ministero dell'istruzione e del merito, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione Terza, n. 12972/2022, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'istruzione e del merito;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2023 il Cons. Daniela Di Carlo e uditi per le parti l’avvocato G M e l'avvocato dello Stato Giovanni Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso collettivo, gli odierni appellanti impugnavano l’ordinanza ministeriale 6 maggio 2022, n. 112, recante la disciplina delle operazioni di costituzione e aggiornamento delle graduatorie provinciali per le supplenze (GPS), nella parte in cui impediva loro di inserirsi nella prima fascia, riservata ai docenti muniti di abilitazione all’insegnamento, e, conseguentemente,
precludeva loro il conferimento di incarichi di docenza.
In particolare, essi censuravano la clausola dettata dall’art. 7, comma 4, lett. e), che, in modo a loro dire assolutamente discriminatorio ed irragionevole, consentiva l’inserimento “con riserva” dei docenti che, sprovvisti della qualifica al momento della presentazione dell’istanza di ammissione, avrebbero conseguito il titolo di abilitazione sulla classe comune o di specializzazione sul sostegno entro il 20 luglio 2022, venendo così posticipato solo per alcuni candidati il termine di integrazione dei requisiti di partecipazione.
A tale proposito, essi rappresentavano di essere iscritti ai percorsi formativi per il conseguimento della qualifica professionale in altro Paese comunitario, ormai prossimi alla conclusione, sicché essi avrebbero completato l’attività formativa entro il 20 luglio 2022, al pari della categoria di docenti inseriti “con riserva”.
2. Con la sentenza in epigrafe il TAR del Lazio, Roma, declinava la propria giurisdizione, con la motivazione che “ Il petitum formale consiste, dunque, in una domanda di annullamento di un atto amministrativo generale, quale deve essere inteso l’ordinanza ministeriale che disciplina le modalità di formazione delle GPS, che, prima facie, parrebbe radicare la giurisdizione in capo a questo giudice.
Tuttavia, a una più attenta analisi da condursi in applicazione del richiamato criterio del petitum sostanziale, intesa a svelare la reale situazione giuridica soggettiva di cui si chiede tutela in giudizio (causa petendi), emerge come la pretesa attorea miri, in verità, non a preservare l’interesse di parte ricorrente all’inserimento nella prima fascia delle GPS (comunque consentito, pur con riserva, dall’ordinanza in parola), quanto piuttosto il suo diritto alla stipula del contratto di lavoro, la cui venuta a esistenza in concreto, peraltro, è strettamente correlata al previo utile collocamento nelle graduatorie di interesse. Il censurato effetto lesivo promanante dall’ordinanza gravata, dunque, finisce per riverberarsi non sulla facoltà dell’odierno ricorrente di essere iscritto negli elenchi graduati in commento, ma sul successivo iato temporale ricompreso tra la pubblicazione delle graduatorie e la stipula del contratto di lavoro, nel quale costituisce jus receptum che non residuino posizioni giuridiche di interesse legittimo, bensì veri e propri diritti soggettivi all’assunzione, posto che, in tale fase l’amministrazione agisce mediante la spendita di poteri di natura privatistica, riconducibili a prerogative riservate al datore di lavoro (cfr. ex multis Cass., SS. UU., sent. nn. 29916/2017, 24878/2017, 10404/2013 e 3170/2011).
In altri termini, superando lo specchio rappresentato dalla domanda di annullamento di un atto amministrativo generale, così come prospettata nell’odierno giudizio e facendo applicazione del criterio del petitum sostanziale, è possibile scorgere la reale situazione giuridica soggettiva vantata dal ricorrente. Quest’ultima, essendo riconducibile alla fase di costituzione del rapporto di lavoro
e non a quella di formazione delle graduatorie e non avendo, dunque, consistenza di interesse legittimo quanto, piuttosto, di diritto soggettivo, postula che l’odierna controversia debba essere conosciuta dal g.o., spettando a quest’ultimo il potere di accertare la sussistenza, o meno, del diritto di parte ricorrente, ove utilmente collocata nelle graduatorie di interesse, alla stipula del contratto di lavoro, rendendolo effettivo mediante la disapplicazione della clausola lesiva contenuta nell’ordinanza presupposta, così come anche indicato dal richiamato art. 63, co. 1 T.U.P.I ”.
3. Nell’appellare la sentenza, gli originari ricorrenti sostengono che la giurisdizione apparterrebbe al giudice amministrativo in quanto la controversia ha ad oggetto la contestazione di un provvedimento generale, nella parte in cui determina le condizioni soggettive di inserimento
in graduatoria.
4. L’Amministrazione si è costituita in resistenza.
5. All’udienza in camera di consiglio del 7 marzo 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. L’appello è fondato.
7. Più in particolare, si osserva che il giudice amministrativo ha giurisdizione sulla presente controversia alla luce delle seguenti considerazioni.
La controversia ha ad oggetto la contestazione di un provvedimento generale, nella parte in cui determina le condizioni soggettive di inserimento in graduatoria.
Il motivo di discriminazione lamentato dai ricorrenti riguarda il fatto che essi, siccome risultano soltanto iscritti al percorso formativo estero entro il termine di presentazione delle domande di ammissione (31 maggio 2022), non sono stati considerati legittimati ad essere inseriti “con riserva” in prima fascia, a differenza dei docenti muniti di qualifica già conseguita in altro Paese comunitario e in attesa di riconoscimento.
L’ordinanza ministeriale impugnata ha previsto l’articolazione in fasce distinte e i relativi requisiti
di inserimento, nonché le modalità di utilizzazione di detti elenchi ai fini della copertura del fabbisogno, nell’esercizio di un potere autoritativo a contenuto ampiamente discrezionale, senza che alcuna previsione di legge abbia dettato i parametri sulla base dei quali effettuare la formazione delle graduatorie.
L’art. 4, co. 6- bis della L. 3 maggio 1999 n. 124 non definisce a priori l’articolazione delle graduatorie in fasce ovvero i rispettivi requisiti di inserimento, né stabilisce le modalità di copertura
del fabbisogno tramite tali elenchi.
Si tratta di scelte organizzative interamente rimandate alla fonte regolamentare che, pertanto, rispondono a valutazioni discrezionali, a fronte delle quali la posizione giuridica dei docenti richiedenti si qualifica in termini di interesse legittimo.
Il primo giudice ha errato nel motivare la declinatoria di giurisdizione sul rilievo che « oggetto dell’odierno giudizio è costituito dall’impugnazione della clausola di cui all’art. 7, co. 4 dell’ordinanza ministeriale n. 112/2022 che, nel prevedere l’iscrizione con riserva nella prima fascia delle GPS di parte ricorrente, in qualità di soggetto abilitato all’estero ma ancora in attesa di ottenere il prescritto riconoscimento in Italia, gli inibisce la possibilità di stipulare contratti di lavoro nelle more dello scioglimento della riserva », in quanto la pronuncia si basa sul falso presupposto di fatto che gli odierni appellanti rivestano la « qualità di soggetto abilitato all’estero ma ancora in attesa di ottenere il prescritto riconoscimento in Italia ».
Nella vicenda viene in contestazione, invece, la stessa legittimazione all’inserimento in prima fascia e, solo subordinatamente all’accoglimento delle censure in merito, la preclusione al conferimento degli incarichi.
Secondo il criterio di riparto elaborato dalla Corte di cassazione e condiviso dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con riferimento alle graduatorie scolastiche, la valutazione circa la sussistenza della giurisdizione va condotta tenendo conto del petitum sostanziale dedotto in giudizio, e quindi della qualificazione giuridica della pretesa azionata (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. Un., 13 settembre 2017 n. 21198;Cons. Stato, Ad. Plen., 12 luglio 2011 n. 11).
In questo senso, costituisce ius receptum che «Ai fini della individuazione di quale sia il giudice munito di giurisdizione in relazione alle controversie concernenti il diritto dei docenti della scuola pubblica all’inserimento in una graduatoria ad esaurimento (già permanente), occorre avere riguardo al petitum sostanziale dedotto in giudizio.
Se oggetto di tale domanda è la richiesta di annullamento dell’atto amministrativo generale o normativo, e solo quale effetto della rimozione di tale atto, di per sé preclusivo del soddisfacimento della pretesa del docente all’inserimento in una determinata graduatoria, l’accertamento del diritto del ricorrente all’inserimento in quella graduatoria, la giurisdizione non potrà che essere devoluta
al giudice amministrativo, essendo proposta in via diretta una domanda di annullamento di un atto amministrativo.
Se, viceversa, la domanda giudiziale è specificamente volta all’accertamento del diritto del singolo docente all’inserimento nella graduatoria, sull’assunto secondo cui tale diritto scaturisca direttamente dalla normazione primaria, eventualmente previa disapplicazione dell’atto
amministrativo che detto inserimento potrebbe precludere, la giurisdizione va attribuita al giudice ordinario» (Cass. civ., Sez. Un., 23 aprile 2020 n. 8098).
Le censure mosse alla ordinanza ministeriale quale provvedimento generale presupposto, espressione di ampia discrezionalità amministrativa, sono attratte alla cognizione del giudice amministrativo quante volte, come nel caso all’esame, vengono definiti i requisiti di ammissione in senso preclusivo alla partecipazione di docenti richiedenti, di modo che l’esercizio del potere incide sulla formazione di graduatorie inerenti a procedure concorsuali per l'assunzione.
Secondo la richiamata Plenaria n. 11 del 2011, l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo riguarda le procedure che iniziano con l'emanazione di un bando e sono caratterizzate dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria, la cui approvazione, individuando i "vincitori", rappresenta l'atto terminale del procedimento (d.lgs. n.165 del 2001, art. 63, comma 4).
L’assunto da cui muove il giudice di prime cure, secondo il quale le contestazioni inciderebbero sul segmento temporale successivo all’approvazione della graduatoria, non è decisivo, in quanto trascura la circostanza fondamentale che le modalità di scorrimento delle graduatorie sono determinate “a monte” da un atto avente una chiara natura provvedimentale e, quindi, non disapplicabile dal giudice ordinario incidenter tantum .
La giurisdizione del giudice ordinario in materia di lavoro pubblico contrattualizzato è recessiva in favore di quella generale di legittimità del giudice amministrativo in caso di impugnazione di atti organizzativi a contenuto generale con cui le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici ovvero individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi o determinano le dotazioni organiche complessive ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1 (cfr. Cass., S.U., n. 22779 del 2010), a maggior ragione sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo ove l'oggetto del giudizio sia l'impugnazione di un atto regolamentare di normazione subprimaria;in tal senso, vedi Corte Cost. n. 41 del 2011, che, adita con incidente di costituzionalità dal TAR Lazio nel corso di un contenzioso analogo, ha osservato che il remittente giudica della legittimità degli atti amministrativi che fissano i criteri di formazione delle graduatorie (quelle permanenti della scuola).
Espressamente, poi, il d.lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 1, prevede che le pubbliche amministrazioni agiscono sì con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro ma nel rispetto delle leggi e nell'ambito degli atti organizzativi di cui all'art. 2, comma 1, che sono a monte degli atti di gestione del rapporto. Questi ultimi sono espressione del potere di organizzazione della pubblica amministrazione quale datrice di lavoro, al pari del potere direttivo del datore di lavoro privato;mentre i primi sono riconducibili al potere regolamentare governativo o ministeriale ovvero alla potestà di emanare atti amministrativi generali di natura non regolamentare ed aventi un contenuto riconducibile all'art. 2, comma 1, cit. Ove si tratti di veri e propri atti di normazione subprimaria, quindi regolamentare, sussiste la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo in caso di azione diretta al loro annullamento proposta da chi sia legittimato perché in situazione di interesse legittimo. Ove si tratti di atti amministrativi a contenuto generale ed astratto, ma privi di natura regolamentare, come talora espressamente previsto, parimenti sussiste la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo in caso di azione diretta al loro annullamento ove il contenuto degli stessi sia riconducibile al d.lgs. n. 165 del 2001, cit. art. 2, comma 1» (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 15 dicembre 2016 n. 25836. In termini, cfr. Cass. civ., Sez. Un., 16 dicembre 2013 n. 27991).
8. Pertanto, in accoglimento dell'appello, la sentenza appellata va annullata con rinvio al medesimo TAR, il quale deciderà anche sulla regolazione complessiva delle spese del giudizio.