Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-05-08, n. 202304577

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-05-08, n. 202304577
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304577
Data del deposito : 8 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/05/2023

N. 04577/2023REG.PROV.COLL.

N. 09971/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9971 del 2018, proposto da:
G G, rappresentato e difeso dall'avvocato U D B, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A T S in Roma, viale Libia, 25

contro

Comune di Lamezia Terme, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F C S, S L e C F R, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F M in Roma, via Camesena, 46

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 864/2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lamezia Terme;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. L M;

Udito, nell'udienza straordinaria del giorno 22 marzo 2023, l’avvocato U D B per parte appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’appellante ha impugnato la sentenza n. 864 del 13 aprile 2018 con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Seconda, ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del diniego della sanatoria, richiesta in data 27 febbraio 2014, di opere abusivamente realizzate su un fabbricato sito in Via Provinciale n. 60, adottato dal Comune di Lamezia Terme in data 24 novembre 2014.

Si tratta di un immobile sul quale, nel corso degli anni, sono stati accertati diversi abusi e sono state adottate ordinanze di demolizione.

In particolare, in data 7 maggio 2008, è stata contestata la costruzione di “un manufatto in muratura di mattoni avente una superficie di mq 9 circa e altezza di m 2,30 a servizio dell’unità immobiliare principale” e sono stati adottati l’ordinanza di demolizione in data 8 luglio 2008 e il successivo verbale di accertamento di inottemperanza in data 4 novembre 2008.

Tali atti non sono stati impugnati.

In data 4 giugno 2009, il ricorrente ha presentato istanza di sanatoria “per la chiusura del piano pilotis ad abitazione”, realizzata sull’unità immobiliare principale (originariamente assentita con concessione edilizia), che è stata respinta con provvedimento formatosi per silentium , non impugnato.

In data 17 settembre 2009 è stato accertato che, sullo stesso fabbricato, erano stati realizzati ulteriori lavori non assentiti quali “tamponatura per una superficie di mq 137,40 per un’altezza di m. 3,20 circa, comportando un aumento di volumetria pari a mc 439,68”.

A seguito di tale verifica è stata notificata ulteriore ordinanza di demolizione in data 13 novembre 2009;
atto non impugnato.

In data 27 febbraio 2014 l’appellante chiedeva il rilascio di permesso di costruire in sanatoria per la chiusura di un portico da adibire ad abitazione, realizzato sull’immobile in questione.

In data 24 novembre 2014 il Comune di Lamezia Terme, dopo aver inviato la comunicazione dei motivi ostativi, ha adottato il provvedimento di diniego di sanatoria, dando atto che la parte interessata non ha presentato nei termini né osservazioni né documentazione e motivandolo con le quattro argomentazioni di seguito schematizzate:

1) l’istanza di sanatoria è tardiva in quanto presentata oltre il termine di 90 giorni dall’ordine di demolizione;

2) il bene, al momento della presentazione dell’istanza, non era più di proprietà del ricorrente, stante l’accertata inottemperanza all’ordine di demolizione;

3) il tecnico di parte non ha dimostrato la sussistenza della cd. doppia conformità;

4) non sono previsti parcheggi di pertinenza obbligatori per legge e che le NTA prevedono che siano coperti e, se fuori terra, computati nel volume.

Il TAR ha respinto il ricorso avendo ritenuto fondate le prime due argomentazioni, quindi affermando che il bene non era più di proprietà del richiedente.

L’appellante censura la sentenza osservando che, invece, non essendo mai stato adottato un provvedimento di formale acquisizione, l’istanza di sanatoria sarebbe stata possibile. Aggiunge che, comunque, il provvedimento avrebbe fatto confusione fra i vari abusi.

Quindi ripropone gli ulteriori motivi non esaminati, censurando anche gli altri capi del diniego.

Il Comune si è costituito nel presente grado di giudizio sostenendo la correttezza sia del provvedimento di diniego sia della sentenza, della quale ha chiesto la conferma.

In assenza di ulteriori scritti difensivi, la causa è stata chiamata all’udienza straordinaria del 22 marzo 2023 e, all’esito, è stata decisa.

2. Come correttamente lo stesso appellante ha sottolineato fin dal ricorso introduttivo, il provvedimento impugnato è plurimotivato.

Il TAR ha arrestato la sua indagine ai primi due profili, che sono strettamente connessi.

Il Collegio ritiene di poter prescindere dai suddetti profili, essendo dirimenti, ai fini della reiezione del ricorso introduttivo e, quindi, dell’appello, gli ulteriori due capi motivazionali.

Il Comune ha posto in evidenza che né è stata dimostrata la conformità dell'intervento al momento della presentazione della domanda e al momento della realizzazione dell'opera, né sono stati previsti i parcheggi di pertinenza, obbligatori per legge.

Quanto al primo punto la parte si limita ad affermare che la doppia conformità sarebbe stata certificata e che il provvedimento di diniego sarebbe in contrasto sia con altro permesso in sanatoria rilasciato ad altri comproprietari, sia con il parere favorevole condizionato, rilasciato sulla precedente istanza di sanatoria presentata in data 4 giugno 2009, poi archiviata per mancata integrazione documentale.

Si tratta di censure infondate e non pertinenti atteso che: la certificazione della doppia conformità è solo affermata ma non è documentata;
l’eventuale permesso in sanatoria rilasciato ad altri comproprietari non è pertinente, non essendovene, peraltro, traccia in atti;
il parere favorevole condizionato rilasciato sulla precedente istanza non è dirimente atteso che tale istanza non è stata definita positivamente e, dunque, non rappresenta un tertium comparationis .

Quanto al secondo punto, l’appellante afferma che, in una tavola allegata all’istanza, sarebbero stati previsti i parcheggi e, comunque, anche su tale profilo ricorda che il Comune aveva espresso parere favorevole sulla precedente istanza del 4 giugno 2009.

Osserva il Collegio che valgono, anche in questo caso, le considerazioni innanzi svolte atteso che, da una parte la presenza dei parcheggi in progetto è un’affermazione rimasta tale e non documentata: si ricorda, in proposito, che l’istanza di sanatoria e gli allegati grafici sono atti nella disponibilità della parte, che la stessa è tenuta a versare in atti onde suffragare le proprie argomentazioni difensive, secondo il principio per cui onus probandi incumbit ei qui dicit .

Analogamente irrilevanti sono gli accadimenti, ivi compresi gli eventuali pareri favorevoli, asseritamente resi anche in ordine ai parcheggi, sulla precedente istanza di sanatoria, trattandosi di procedimenti diversi ed autonomi, anche tenuto conto del lungo tempo intercorso fra i due e delle ulteriori opere nelle more realizzate.

Ciò posto il Collegio ricorda che, qualora l'atto impugnato si basi su una pluralità di motivazioni autonome (c.d. atto plurimotivato), l’infondatezza delle censure formulate avverso anche un solo capo della motivazione fa sì che il provvedimento impugnato continua a produrre i suoi effetti perché mantenuto in vita dal motivo non attinto da vizi e da solo sufficiente a giustificare la determinazione in esso contenuta.

L'annullamento di un atto plurimotivato di segno negativo è, infatti, condizionato alla presentazione di censure in ordine a tutte le autonome motivazioni, in grado da sole di sostenere la decisione;
il mancato accoglimento anche di uno solo dei motivi determina, dunque, l'inammissibilità degli altri per difetto d'interesse in quanto il privato non potrebbe trovare alcuna soddisfazione dall'eventuale accoglimento di una delle restanti censure, reggendosi il provvedimento gravato su altro autonomo motivo passato indenne al vaglio di legittimità (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2022, n. 10643).

Conclusivamente l’appello deve essere respinto e la sentenza impugnata deve essere confermata con diversa motivazione.

3. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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