Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-04-03, n. 201902195

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-04-03, n. 201902195
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902195
Data del deposito : 3 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/04/2019

N. 02195/2019REG.PROV.COLL.

N. 00356/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 356 del 2009, proposto da
Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M A L e S P, con domicilio eletto presso lo studio M A L in Roma, via Dora, n. 1;

contro

S R, rappresentata e difesa dagli avvocati V F e I R e E B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato I R in Roma, via Livio Andronico, n. 24;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, n. 02535/2008, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di S R;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2019 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Lorizio Maria Athena e Bertucci Emmanuela;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sez. III, con la sentenza 17 novembre 2008, n. 2535, ha accolto il ricorso proposto dalla signora Ristori Silvia, annullando la determinazione dirigenziale n. 2906-2007 del 23 marzo 2007 del Comune di Firenze, Distretto/Quartiere 4 - Servizi integrati di assistenza sociale territoriale.

Secondo il TAR, in sintesi:

- il computo della retta giornaliera a carico della ricorrente doveva fare riferimento solo al suo reddito, senza che nel calcolo potesse essere compresa la quota del nucleo familiare di cui faceva parte la signora S R, ciò in applicazione della disposizione di favore introdotta dall'art. 3, comma 2- ter , d.lgs. n.130 del 2000;

- l'amministrazione comunale aveva erroneamente considerato nella quota di compartecipazione posta a carico della ricorrente la situazione economico-reddituale del sig. Parisio Ristori (quale componente del nucleo familiare), dal cui computo deriva la quota di euro 18,36 giornalieri, quota che, invece, doveva essere esclusa.

Il Comune di Firenze ha contestato la sentenza, deducendone l’erroneità in relazione al mancato accoglimento della prima e della seconda eccezione di inammissibilità del ricorso ed in relazione alla censura di violazione di legge di cui al primo motivo d'impugnazione, inopinatamente accolto dal TAR.

Ha resistito al gravame la sig. S R chiedendone il rigetto.

All’udienza pubblica del 10 gennaio 2019 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Oggetto del giudizio è l’interpretazione dell'art. 3, comma 2- ter , d.lgs. n.130 del 2000, aggiunto all’art. 3 d.lgs. n. 109 del 1998, in virtù del quale, limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, le disposizioni del d.lgs. n. 109 del 1998 si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi al fine di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione.

Si sostiene dall’interessata e dal giudice di prime cure che, nonostante non sia stato adottato il decreto cui il legislatore ha rimesso l’individuazione dei limiti applicativi del d.lgs. n. 109 del 1998, la norma di rango primario sarebbe comunque immediatamente applicabile nella parte in cui, con previsione chiara e non bisognosa di provvedimenti attuativi, stabilendo che la prestazioni in questione vengano erogate sulla base della situazione economica del solo assistito.

2. Tale tesi non può essere condivisa.

Sotto il profilo letterale, infatti, il menzionato comma 2- ter presenta in realtà tutti i caratteri della norma di mero indirizzo, laddove rimette espressamente al decreto governativo di attuazione non solo l’individuazione dei limiti di applicabilità del d.lgs. n. 109 del 1998 alle prestazioni di natura assistenziale integrata, ma anche il perseguimento del duplice obiettivo di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, obiettivo che lo stesso legislatore mostra dunque di non aver voluto realizzare direttamente.

D’altro canto, il riferimento della norma alla situazione economica del solo assistito si accompagna al contestuale richiamo alla necessità di favorire la permanenza dell’assistito medesimo presso il nucleo familiare di origine, di modo che la realizzazione del primo risultato non può prescindere da quella del secondo, e viceversa, in una più ampia prospettiva di residualità della prestazione resa in ambiente residenziale assistito.

Detta prospettiva non può che trovare il suo assetto nella disciplina secondaria dei limiti applicativi del d.lgs. n. 109 del 1998, in mancanza della quale annettere immediata efficacia precettività alla previsione che valorizza la situazione economica del solo assistito ai fini del concorso ai costi delle prestazioni significherebbe dare vita ad una disciplina incompleta ed incoerente: basti pensare che, in via di eccezione rispetto alla regola generale ricavabile dall’art. 3, l’apporto reddituale e patrimoniale proveniente dai congiunti dell’assistito verrebbe escluso ai fini della valutazione dei requisiti patrimoniali occorrenti per fruire di determinate prestazioni, senza che al contempo il nucleo familiare recuperi quella centralità, sotto il profilo dell’accoglienza dell’anziano presso di sé, che costituisce l’altro fulcro della logica di redistribuzione degli oneri assistenziali introdotta dalla legge n. 130 del 2000.

3. Inoltre, l’art. 3,comma 2- ter , richiede che il decreto attuativo del Governo sia adottato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni unificata con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ex art. 8 d.lgs. n. 281 del 1997;
anche tale previsione è sintomatica della non immediata precettività della disposizione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 10 febbraio 2016, n. 564), che, ove fosse interpretata come auto-esecutiva, pur in mancanza del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e, soprattutto, dell’intesa ad esso accessiva, finirebbe per ledere le prerogative costituzionalmente riconosciute a Regioni ed autonomie locali, tanto più dopo la riforma del Titolo V della Costituzione e del nuovo complessivo assetto dei rapporti fra i diversi livelli di governo, improntato al principio della leale collaborazione (di cui l’intesa costituisce espressione, operando quale condizione di efficacia del decreto attuativo nei confronti degli enti riuniti nella Conferenza unificata (tra le altre, Corte Cost., 8 giugno 2005, n. 222 e 1° ottobre 2003, n. 303).

Nel mutato ordine delle competenze legislative, riconducibile alle modifiche apportate al Titolo V della Costituzione, la Regione Toscana è intervenuta nella materia delle prestazioni socio-assistenziali dapprima con la legge n. 41 del 2005, istitutiva del sistema integrato di interventi e servizi sociali e poi con la legge n. 66 del 2008, istitutiva del fondo regionale per la non autosufficienza, la quale all’art. 14 ha stabilito espressamente che, nel caso di prestazioni di tipo residenziale, ai fini della situazione reddituale e patrimoniale della persona assistita, determinata secondo il metodo ISEE, sono computate le indennità di natura previdenziale e assistenziale percepite per il soddisfacimento delle sue esigenze di accompagnamento e di assistenza e, comunque, che la quota di compartecipazione dovuta dalla persona assistita è calcolata tenendo conto altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado.

A tale criterio risponde anche il regolamento per l’accoglienza degli anziani presso le RSA, che nel calcolo della capacità dell’assistito di provvedere al pagamento della quota sociale coinvolge il nucleo familiare ristretto per la sola porzione non coperta dall’utente, e così il nucleo allargato, nei limiti della porzione di quota non coperta neppure dal nucleo ristretto.

E’ da aggiungere che la Corte Costituzionale, con sentenza 19 dicembre 2012, n. 296, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, lettera c), della L.R. Toscana n. 66 del 2008, rigettando la tesi della immediata applicabilità della richiamata norma, giacché detta disposizione “risulta carente proprio nell’individuazione specifica delle prestazioni da erogare, limitandosi a rinviare ad un successivo decreto le scelte in ordine al perseguimento delle finalità sopra indicate, tra le quali quella di “evidenziare”, per determinate prestazioni, la situazione economica del solo assistito”.

4. Il delineato quadro deve essere integrato anche dalla disposizione dell’art. 10 d.lgs. n. 130 del 2000 – norma transitoria – in forza della quale “le prestazioni sociali agevolate, in corso di erogazione sulla base delle disposizioni del d.lgs. n. 109-1998 continuano ad essere erogate secondo le disposizioni medesime, fino all’emanazione degli atti normativi che disciplinano l’erogazione in conformità con le disposizioni del presente decreto, nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati”. Ne deriva che nel calcolo della capacità contributiva del privato, per fare fronte ai costi della c.d. “quota sociale” della retta dovuta per prestazioni assistenziali, non può tenersi conto della situazione economica del solo assistito, ma occorre valutare quella complessiva della famiglia di cui l’assistito fa parte.

Nessun contrasto è poi ravvisabile tra il Regolamento adottato dal Comune di Firenze e le norme regionali di riferimento - art. 14 della L.R. n. 66 del 2008 - il quale stabilisce che nel caso di prestazioni assistenziali di tipo residenziale, la quota di compartecipazione dovuta dalla persona assistita è calcolata secondo il “metodo ISEE” e tenendo conto della situazione patrimoniale e reddituale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado;
neppure alcuna incompatibilità può inoltre rilevarsi tra il Regolamento indicato e il

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