Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-06-11, n. 201803550

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-06-11, n. 201803550
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201803550
Data del deposito : 11 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/06/2018

N. 03550/2018REG.PROV.COLL.

N. 06056/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6056 del 2017, proposto dal:
Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

i signori G L, F M, A A, E M, N M, A P, A F B, L G, rappresentati e difesi dagli avv.ti. M D e Barbara Schiadà, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Discepolo in Roma, via Conca d’ Oro 184/190;

per la riforma, previa sospensione

della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, sezione III bis , 26 luglio 2017 n.8968, resa fra le parti, nella parte in cui ha accolto il ricorso n.3630/2017, proposto per l’accertamento dell’obbligo del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca – MIUR di emanare il regolamento di cui all’art. 2 comma 7 lettera e) della l. 21 dicembre 1999 n.508 e dell’obbligo di adottare tutti i provvedimenti necessari per inserire i ricorrenti in coda alla graduatoria nazionale di cui al d.l. 12 settembre 2013 n.104 convertito nella l. 8 novembre 2013 n.128, per l’attribuzione di incarichi di insegnamento a tempo determinato;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di G L, F M, A A, E M, N M, A P, A F B e L G;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2018 il Cons. F G S e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti, e l’avv. Martire in delega dell’avv. Discepolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti appellanti sono docenti delle istituzioni di Alta formazione artistica e musicale, cd docenti AFAM, i quali hanno agito a tutela del loro interesse ad essere inclusi nelle relative graduatorie utili per l’assunzione in ruolo, nei termini che seguono.

2. Per chiarezza, vanno ricostruite le norme applicabili alla fattispecie.

Con la l. 21 dicembre 1999 n.508, il legislatore ha inteso attuare una complessiva riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati, appunto le istituzioni AFAM di cui si è detto.

In particolare, all’art. 2 comma 7 della legge, ha previsto la successiva emanazione di una serie di regolamenti per disciplinare aspetti di dettaglio della riforma, e in particolare, alla lettera e), “ le procedure di reclutamento del personale ”.

Il regolamento in questione non è stato successivamente emanato;

3. Il legislatore è quindi intervenuto sul punto con l’art. 19 del d.l. 12 settembre 2013 n.104 convertito nella l. 8 novembre 2013 n.128.

3.1 Il comma 01 dell’articolo citato dispone: “ Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è emanato il regolamento previsto dall’ articolo 2, comma 7, lettera e), della legge 21 dicembre 1999, n. 508, al fine di consentire le relative procedure di assunzione in tempi utili per l'avvio dell'anno accademico 2015/2016 ”.

3.2 Il comma 1 dello stesso articolo dispone poi che “ Al fine di consentire il regolare svolgimento delle attività per l'anno accademico 2013-2014 e per gli anni accademici 2014-2015, 2015-2016 e 2016-2017 … le graduatorie nazionali di cui all'articolo 2- bis del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n.143, sono trasformate in graduatorie nazionali a esaurimento, utili per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento con contratto a tempo indeterminato e determinato ”.

3.3 Secondo il citato art. 2 bis del d.l. 97/2004, infatti, “ I docenti precari che hanno prestato servizio per 360 giorni nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale (AFAM) sono inseriti in apposite e specifiche graduatorie, previa valutazione dei titoli artistico-professionali e culturali da svolgersi secondo modalità definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ”.

3.4 Inoltre, il comma 2 del citato art. 19 ha previsto che “ Il personale docente che non sia già titolare di contratto a tempo indeterminato nelle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, che abbia superato un concorso selettivo ai fini dell'inclusione nelle graduatorie di istituto e abbia maturato almeno tre anni accademici di insegnamento presso le suddette istituzioni alla data di entrata in vigore del presente decreto è inserito, fino all'emanazione del regolamento di cui all’articolo 2, comma 7, lettera e), della legge 21 dicembre 1999 n. 508, in apposite graduatorie nazionali utili per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo determinato in subordine alle graduatorie di cui al comma 1 del presente articolo, nei limiti dei posti vacanti disponibili. L'inserimento è disposto con modalità definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ”.

3.5 L’art. 19 d.l. 104/2013 ha così creato una “graduatoria tampone” per assumere i docenti AFAM, destinata a servire, nelle intenzioni, in via provvisoria, ovvero nel breve termine previsto per emanare il regolamento attuativo della l. 508/1999, e quindi per emanare la disciplina definitiva.

Per conseguenza, dato che il regolamento non è stato successivamente ancora emanato, la graduatoria provvisoria di cui all’art. 19 del d.l. 104/2013 è divenuta lo strumento ordinario per assumere i docenti AFAM.

4. Tutto ciò posto, i ricorrenti appellati sono docenti AFAM i quali alla data di entrata in vigore del d.l. 104/2013 non disponevano del requisito del servizio triennale richiesto dal comma 2 dell’art. 19 per essere inclusi nella graduatoria provvisoria;
lo hanno però maturato in seguito.

Pertanto, pur disponendo di titoli professionali identici a quelli dei docenti ivi iscritti, si trovano nell’impossibilità di ottenere a loro l’iscrizione, trattandosi di graduatoria chiusa, e quindi si trovano ad essi posposti nell’assegnazione degli incarichi (fatti pacifici in causa).

Hanno quindi adito il TAR, in sintesi estrema, allo scopo di sentir condannare il MIUR ad emanare il regolamento attuativo della l. 508/1999, necessario per instaurare il regime ordinario delle assunzioni e quindi per superare la graduatoria che li esclude, rendendola inefficace perché sostituita da quello che, nell’intenzione del legislatore, doveva essere il regime ordinario.

5. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha accolto il ricorso e imposto all’amministrazione di provvedere,

6. Contro tale sentenza, ha proposto impugnazione il MIUR, con appello che contiene un unico motivo, nel quale sostiene in sintesi estrema che il regolamento in questione sarebbe un atto politico, di cui non si potrebbe imporre l’emanazione.

7. I ricorrenti appellati hanno resistito, con memoria 1 settembre 2017, in cui hanno chiesto che l’appello sia respinto,

8. Con ordinanza 18 settembre 2017 n.3934, la Sezione ha accolto la domanda cautelare nel senso di una sollecita fissazione dell’udienza di merito, che con istanza 7 dicembre 2017 i ricorrenti appellati hanno chiesto di anticipare.

9. Con la replica 30 aprile 2018, i ricorrenti appellanti hanno infine ribadito le loro asserite ragioni e alla successiva udienza del giorno 10 maggio 2018, fissata di conseguenza, la Sezione ha infine trattenuto il ricorso in decisione.

10. L’appello, nell’unico motivo che come si è detto esso contiene, è infondato e va respinto.

11. L’art. 7 c.p.a. comma 1 ultima parte, riproduttivo di una norma di principio già contenuta nell’art. 31 del T.U. 26 giugno 1924 n.1054, stabilisce che “ Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico ”, potere che la norma non definisce esplicitamente.

11.1 Ciò posto, per costante giurisprudenza – nei termini, per tutte, C.d.S. sez. IV 29 febbraio 2016 n.808, 18 novembre 2011 n.6083 e 29 febbraio 1996 n.217- l’atto politico è tale soltanto se risponde a due requisiti entrambi necessari, l’uno soggettivo e l’altro oggettivo.

Sotto il profilo soggettivo, esso deve provenire da un organo preposto all'indirizzo e alla direzione della cosa pubblica al massimo livello, quale è anzitutto il Governo menzionato dalla norma.

Sotto il profilo oggettivo, esso si caratterizza per essere libero nei fini, perché riconducibile alle supreme scelte in materia di costituzione, salvaguardia e funzionamento dei pubblici poteri.

11.2 La giurisprudenza costituzionale – fra le molte, C. cost. 5 aprile 2012 n.81 e 19 marzo 1993 n.103, ha poi precisato, seguita dalle sentenze citate, in particolare da C.d.S. 808/2016, che il relativo concetto è di stretta interpretazione, e va confinato entro limiti rigorosi, poiché diversamente si svuoterebbe di contenuto la tutela giurisdizionale, che la Costituzione garantisce come principio supremo, in generale all’art. 24 e in particolare all’art. 113 contro “ tutti ” gli atti della pubblica amministrazione. Le sentenze della Corte hanno infatti osservato che in uno Stato di diritto il potere politico deve comunque rispettare i canoni di legalità che il legislatore abbia ritenuto di predeterminare, anche nell’esercizio dell’amplissimo potere discrezionale che caratterizza l’azione di governo. Concorde sul punto, nel senso che l’area della immunità dalla giurisdizione debba essere contenuta entro limiti ristretti, anche la Cassazione, per tutte SS. UU: 28 giugno 2013 n.16305.

12. Applicando i principi appena delineati al caso di specie, la configurabilità di un atto politico va esclusa.

Secondo la prospettazione dell’Avvocatura, l’atto insindacabile nel caso di specie sarebbe rappresentato dalla decisione del Governo di non emanare ancora, ovvero di non emanare del tutto, il regolamento attuativo della l. 508/1999 di cui s’è detto.

Già in questi termini, peraltro, ravvisare un “ atto ” di un qualche tipo, al quale riferire la qualifica di atto non impugnabile, non è immediato, dal momento che ci si trova di fronte piuttosto ad un silenzio, che nei congrui casi può essere equiparabile ad un atto per valutazione normativa, ma riveste essenzialmente una natura diversa, trattandosi di una mera inerzia. E’ allora contestabile che la logica la quale presiede alla immunità da giurisdizione degli atti politici, che è di salvaguardia delle scelte di massimo livello compiute dal Governo, si possa ravvisare di fronte all’inerzia stessa, che come tale non esprime di regola scelte di indirizzo in qualche modo consapevoli.

13. Anche a prescindere da tale rilievo, e quindi equiparando in via di ipotesi all’atto politico il “silenzio politico” che nella specie si configurerebbe, esso dell’atto politico avrebbe soltanto il requisito soggettivo, in quanto condotta che promana dal Governo.

Mancherebbe però il requisito oggettivo della libertà nei fini, perché nel caso in esame esiste un vincolo ben preciso all’azione del Governo posto dal legislatore, il quale ha affermato all’art. 2 comma 7 della l. 508/1999, e ribadito all’art. 19 comma 01 del d.l. 104/2013, che tale regolamento deve essere emanato, ed ha anche stabilito, nella seconda norma, un termine preciso per il relativo adempimento.

Esiste pertanto, nei termini usati dalla Corte costituzionale, un “canone di legalità”, al quale il potere discrezionale del Governo deve attenersi.

Da altro punto di vista, si può poi anche osservare che tale interpretazione risponde anche al criterio per cui alle norme giuridiche, ove possibile, deve essere attribuita una qualche efficacia: interpretare il comma 01 dell’art. 19 citato nel senso che il Governo non abbia in realtà alcun vincolo in proposito significherebbe darne un’interpretazione abrogatrice, che invece è evitata se si afferma che l’inutile decorso del termine ivi previsto consenta per lo meno di attivare la procedura di silenzio rifiuto.

14. Le considerazioni svolte, lo si aggiunge per chiarezza, riguardano soltanto l’obbligo di emanare il regolamento in quanto tale, e non toccano in alcun modo il contenuto che il Governo intenderà darvi, entro il principio costituzionale per cui i regolamenti sono subordinati alle norme primarie.

15. La particolarità della fattispecie, sulla quale non constano precedenti editi negli esatti termini, è giusto motivo per compensare le spese.

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