Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-22, n. 202211260

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-22, n. 202211260
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202211260
Data del deposito : 22 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/12/2022

N. 11260/2022REG.PROV.COLL.

N. 08416/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8416 del 2018, proposto dall’INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A C, M S, V T e V S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A C in Roma, via Cesare Beccaria n. 29,



contro

l’Impresa Edile Cirella Rinaldo & Nazario S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A Scafa in Roma, via Cicerone, 44,



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Seconda) n. 434/2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Impresa Edile Cirella Rinaldo & Nazario S.n.c.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022, il Cons. F M e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

1. Con sentenza n. 434/2018 del 31 maggio 2018 il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Seconda) accoglieva il ricorso proposto dalla Impresa Edile “Cirella Rinaldo & Nazario S.n.c.” contro l’Istituto nazionale per la Previdenza Sociale, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Comitato amministratore della gestione prestazioni temporanee, inteso ad ottenere l’annullamento del provvedimento di reiezione della domanda di integrazione salariale, emesso in data 28 settembre 2011 dalla Commissione provinciale per la Cassa integrazione guadagni.

2. In particolare, il giudice di primo grado, previa declaratoria del difetto di legittimazione passiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, annullava il suddetto provvedimento in ragione della difettosità della motivazione resa dall’Amministrazione; evidenziando, in particolare, che esso, individuando isolatamente le difficoltà finanziarie quale ipotesi non contemplata dall’ordinamento per accedere alla cassa integrazione guadagni, conteneva una motivazione “ distonica rispetto all’assetto complessivo ed alla concretezza delle ragioni che hanno mosso la ricorrente nel chiedere l’accesso al beneficio ”.

La decisione faceva comunque salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

3. Avverso la prefata sentenza l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, deducendone l’erroneità e chiedendone l’integrale riforma, con il conseguente rigetto del ricorso di primo grado.

Con unico ed articolato mezzo di gravame esso ha lamentato: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della legge n. 77/1963, così come modificato ed integrato dall’articolo 1 della legge n. 427/1975 – vizio di motivazione.

4. Si è costituita in giudizio l’Impresa Edile “Cirella Rinaldo & Nazario S.n.c.”, deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

5. L’INPS ha prodotto memoria ex art. 73 c.p.a., insistendo per l’accoglimento del gravame.

6. La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza pubblica del 6 dicembre 2022.



DIRITTO

1. Con unico ed articolato motivo di appello l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale- INPS lamenta: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della legge n. 77/1963, così come modificato ed integrato dall’articolo 1 della legge n. 427/1975 - vizio di motivazione.

Esso deduce l’erroneità della gravata sentenza di primo grado in quanto il provvedimento del Comitato Amministratore ha fatto corretta applicazione dell’articolo 1 della legge 3 febbraio 1963 n. 77, come modificato ed integrato dalla successiva legge n. 427/1975.

In base a tale normativa, infatti, il trattamento ordinario di integrazione salariale può essere riconosciuto ai lavoratori edili soltanto nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa subisca un arresto o un rallentamento per cause temporanee e transitorie non imputabili all’impresa.

Ulteriore requisito per ottenerlo è costituito dalla transitorietà della causa che determina la sospensione dell’attività e, dunque, l’integrazione spetta solo ove risulti certa la riammissione, entro breve periodo, degli operai stessi nell’attività produttiva dell’impresa.

Nella specie, il Comitato aveva respinto legittimamente la domanda proprio perché motivata sulla base di difficoltà finanziarie, le quali, ricondotte dalla stessa impresa a difficoltà di mercato, rendevano imprevedibile la ripresa dell’attività lavorativa, come del resto indicato dalla stessa nel quadro D della domanda.

In modo del tutto ineccepibile l’Amministrazione aveva, pertanto, ritenuto che la situazione aziendale era tale da far ragionevolmente escludere la ripresa dell’attività lavorativa, sia perché esclusa nella istanza dalla stessa ditta sia perché collegata, nella successiva nota di chiarimenti, a un evento del tutto ipotetico ed indeterminato (“ non appena sarà possibile realizzare la vendita di almeno un’unità immobiliare del cantiere suddetto ”).

Il giudizio prognostico ex ante reso dal Comitato è stato, pertanto, svolto in modo legittimo, nella piena realizzazione dell’interesse pubblico di erogare il trattamento previdenziale solo per salvaguardare la possibilità della ripresa produttiva entro breve periodo.

Non vi sarebbe, quindi, il lamentato difetto motivazionale individuato dalla sentenza del Tribunale Amministrativo.

2. L’appello non è meritevole di accoglimento.

3. La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna ha fondato l’accoglimento del ricorso di primo grado nella considerazione che “ la stringata motivazione del provvedimento di rigetto ha travisato il senso della domanda di parte ricorrente la quale è vero che nella relazione ha evidenziato la sussistenza di problematiche di ordine finanziario, ma è altrettanto vero, per altro verso, che essa risulta aver correlato siffatta situazione di difficoltà alla crisi di mercato. In tal senso la motivazione del provvedimento, la quale, come si è detto, individua isolatamente le difficoltà finanziarie quale ipotesi non contemplata dall’ordinamento per accedere alla cassa integrazione guadagni, è del tutto distonica rispetto all’assetto complessivo ed alla concretezza delle ragioni che hanno mosso la ricorrente nel chiedere l’accesso al beneficio ”.

4. La Sezione condivide la statuizione in proposito resa dal giudice di primo grado, rilevando effettivamente nel provvedimento impugnato una motivazione insufficiente, non conforme agli obblighi in proposito posti dall’articolo 3 della legge n. 241 del 1990.

4.1. Va, invero, rilevato che nella domanda di integrazione salariale del 18 febbraio 2011 viene indicata, nel quadro C (Causale della sospensione di attività) la “ Mancanza di ordini, commesse e lavoro ”, mentre nel quadro D, riferito alla “ Ripresa dell’attività ” è barrata la casella “ Non è prevedibile ”.

4.2. Vi è, peraltro, che, a seguito di specifica richiesta di integrazione documentale dell’Istituto del 25 maggio 2011, la società ricorrente in primo grado ed odierna appellata specificava che “ Le cause che hanno determinato la mancanza di lavoro sono essenzialmente riconducibili alla crisi di liquidità dell’azienda, conseguente le difficoltà di collocare sul mercato immobiliare le abitazioni realizzate ed in corso di costruzione ”; evidenziando, altresì, che nel periodo 23/27 maggio 2011, vi era stata una ripresa del lavoro e che “ è prevista la ripresa dell’attività lavorativa non appena sarà possibile realizzare la vendita di almeno unità immobiliare del cantiere suddetto, che consenta il minimo di liquidità necessaria ”.

4.3. Ciò posto, è evidente che le ragioni della sospensione dell’attività lavorativa, nella complessiva considerazione della documentazione prodotta dall’impresa, vengono in ultima analisi

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