Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2022-12-29, n. 202202186

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2022-12-29, n. 202202186
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202202186
Data del deposito : 29 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00169/2021 AFFARE

Numero 02186/2022 e data 29/12/2022 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 7 settembre 2022




NUMERO AFFARE

00169/2021

OGGETTO:

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da G A D M, avverso la nota del Parco Archeologico dell’Appia Antica prot. n. 40403 del 13 novembre 2019 relativo alla richiesta di parere archeologico per la ricostruzione di un fabbricato demolito;

LA SEZIONE

Vista la relazione n. 0021364-P del 16/07/20 depositata il giorno 01/02/2021 con la quale il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere S S;


Premesso:

1. - Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il ricorrente ha chiesto impugnato:

- la nota del Parco Archeologico dell'Appia Antica prot. 40403 del 13.11.2019, avente ad oggetto "Parco Archeologico dell'Appia Antica — Roma — Municipio IX — Località La Giostra — Via della Falcognana s.n.c. — Proprietà G A D M —

NCEU

Foglio 1169, particelle 1, 313,880,881,882, 879 — Area in parte dichiarata di interesse archeologico ai sensi degli artt. 1 e 3 della L. 1089/1939, oggi Dlgs 42/2004, art. 10 comma 3 lettera a (D.M. 19.03.1982);
Area sottoposta a tutela paesaggistica in quanto zona di interesse archeologico ai sensi della L.431/1985, oggi Dlgs 42/2004, art. 142, lettera m (D.M. 24.02.1986);
inserita nel P.T.P. 15/12 "Appia Antica, Valle della Caffarella e Acquedotti", grado di tutela TPa/90 e TPa/128, beni di interesse archeologico ai sensi dell'art.12, c. 5(tav. E3bis g 151) — Proprietà G A D M — Richiesta di parere archeologico per ricostruzione di fabbricato demolito — Parere di competenza";

- ogni altro atto precedente, contemporaneo e/o successivo, comunque connesso, tra cui, in particolare, la nota prot. Mibact PA-

APPIA

14/08/2019 /0001978-P cl. 34.43.04/37/2019 di "Comunicazione motivi ostativi all'accoglimento della proposta di autorizzazione, art. 10 bis L. n. 241/1990".

2. - Nel ricorso l’Arch. G A D M ha esposto:

- di essere proprietario del bene immobiliare sito in Roma, località Falcognana, località “La Giostra”, distinto in catasto al Fg.1169, part. n. 879 (ex particella 4 del medesimo Foglio 1169) in forza di atto di compravendita del 07.12.1999 a rogito del Notaio M T;

- di aver chiesto, con istanza raccomandata del 22.03.2019, al Parco Archeologico dell’Appia Antica (in seguito PAAA) il rilascio del parere archeologico per la ricostruzione del fabbricato a suo tempo esistente e poi crollato a seguito di un incendio.

Con nota del 14 agosto 2019 il PAAA aveva comunicato, ai sensi dell'art. 10 bis L.241/1990, i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di ricostruzione di edificio demolito;
era seguita l’interlocuzione tra il ricorrente e l’Ente Parco al fine di superare i rilievi espressi dall’autorità di tutela. In sede procedimentale aveva contestato la qualificazione dell’intervento in progetto - realizzazione di un fabbricato in sostituzione di quello preesistente, distrutto a causa di un incendio nel compendio immobiliare di sua proprietà – come “nuova costruzione” sostenendo che si sarebbe trattato di “ristrutturazione” di un manufatto legittimamente edificato.

3. - Con il provvedimento impugnato l’Amministrazione ha reso parere negativo, sostenendo che:

“L'edificio da ricostruire ricade in area sottoposto a tutela paesaggistica ai sensi del

PTP

15/12, in due sottozone distinte. La sottozona TPa/90 tutela la particolare morfologia dei luoghi, "acrocoro", mentre la sottozona TPa/128 prescrive che "sono consentiti ampliamenti sia delle abitazioni rurali che degli annessi agricoli inferiori al 20%, per i manufatti esistenti legittimamente edificati o legittimati, connessi all'attività agricola o con essa compatibile".

Dal punto di vista archeologico la zona è al centro di una complessa stratificazione con resti di epoche diverse: mura di epoca repubblicana, edifici, tracciato antico. Queste preesistenze sono riportate anche nel

PTP

15/12, dove nella tav. E3bis g si individua un percorso di interesse archeologico designato con il n. 151, per cui l'area ricade anche nella fascia di rispetto di tale tracciato antico.

Lo stesso toponimo "vicolo Tellene" fa riferimento alla presenza della città omonima, nota dalle fonti, situata dalla tradizione sulla sommità della piccola collina tuttora esistente, sulla quale gli scavi condotti hanno portato alla identificazione di un luogo fortificato datato al IV sec. a.C. Infatti l'insediamento sulla collina è circoscritto da un ampio recinto, realizzato in grossi blocchi di tufo locale, che racchiude un'area di m 260 x 90. Sulla sommità del pianoro sono presenti i resti di un edificio mentre lungo il lato est è stata rinvenuta una strada lastricata bordata da edifici rettangolari divisi da strade diritte. Tutti i lati della collina sono stati regolarizzati artificialmente in relazione alla costruzione delle mura tuttora visibili in superficie anche se ridotte alle fondamenta. Nel complesso l'insediamento costituisce un esempio unico di urbanizzazione risalente al periodo medio-repubblicano.

Per questo motivo una vasta area compresa tra Fioranello e il Divino Amore è stata vincolata con D.M. 19/03/1982, secondo il quale la località "la Giostra" è sottoposta a vincolo diretto al fine di garantire la conservazione del complesso sopra descritto;
al contempo tutta l'area tra il fosso di Fioranello e il fosso del Divino Amore, inclusa l'area con raggio di trecento metri dai resti archeologici, che interessa dunque la presente proprietà, è sottoposta a vincolo indiretto dal suddetto D.M.

Tale vincolo nasce con la finalità di tutelare la visibilità e la godibilità delle preesistenze archeologiche che sorgono su una lieve altura e conservano il loro assetto paesaggistico originario. Si fa divieto, dunque, di alterare tale zona di rispetto con manufatti, finanche alberi ad alto fusto, il decoro, la prospettiva e la visibilità dell'arca tutelata.

A tal proposito dunque le prescrizioni di Piano HP, così come le prescrizioni del D.M. 19/03/1982, rendono incompatibile dal punto di vista della tutela archeologica, l'intervento oggetto della richiesta. La presenza, del duplice vincolo, archeologico e paesaggistico, menzionati in oggetto, sono strettamente interrelati, per cui detti vincoli si configurano come strumenti le cui finalità di tutela sono orientate alla conservazione e alla inalterabilità dell'unità e dell'integrità dei quadri paesistici, il cui valore è dato sia dalla presenza di resti archeologici che dal loro perdurare all'interno dei contesti paesaggistici originari”.

4. - Avverso tale provvedimento il ricorrente ha dedotto i vizi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.

Nella relazione il Ministero ha richiamato le relazioni prodotte dal Parco Archeologico dell’Appia Antica e la documentazione ad esse allegata, concludendo per il rigetto del ricorso.

Considerato:

5. - Il ricorso è infondato e va, dunque, respinto.

Prima di esaminare le singole doglianze è opportuno sottolineare che il ricorrente è proprietario del bene immobiliare sito in Roma, località Falcognana, località La Giostra, distinto in catasto al Fg.1169, part. 879 (ex particella 4 del medesimo Foglio 1169) in forza di atto di compravendita del 07.12.1999 a rogito del Notaio M T.

La particella 4 del foglio 1169 è gravata da vincolo indiretto ex a D.M. 19/3/1982;
nell’atto notarile di acquisto del terreno si riporta puntualmente l’esistenza di tale vincolo ex art. 21 della L. 1089/1939, il quale dispone, per quanto di interesse, che “si fa divieto di innalzare nuove costruzioni anche a carattere provvisorio o di alterare esternamente quelle già esistenti”.

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l’area oggetto dell’intervento in progetto è sottoposta non solo a vincolo paesaggistico ex art. 142 lett. m) del d.lgs. n. 42/04, in quanto zona di interesse archeologico ai sensi della L. n. 431/1985 ex D.M. 24/2/1986, inserita nel P.T.P. 15/12 “Appia Antica, Valle della Caffarella e Acquedotti” (grado di tutela TPa/90 e TPa/128, beni di interesse archeologico), ma anche a vincolo archeologico indiretto in base al D.M. 19/3/1982, come si evince palesemente dalla disamina dell’atto di acquisto del bene, che vieta la realizzazione di nuove costruzioni (anche provvisorie) e di alterazione esterna di quelle già esistenti.

Svolte queste premesse può procedersi alla disamina delle censure.

6. - Va respinto il primo motivo, con il quale il ricorrente ha lamentato il vizio di incompetenza, sostenendo che la Soprintendenza Archeologica non avrebbe potuto esprimersi in via autonoma sulla compatibilità o meno dell’intervento in progetto rispetto a prescrizioni di natura paesaggistica, di competenza regionale ai sensi dell’art. 146, comma 6, d.lgs. n. 42/04.

La doglianza è infondata, in quanto il vincolo imposto sull’area è di tipo archeologico e non solo paesaggistico (ex art. 142, lett. m. del d.lgs. n 42/04) con la conseguenza che il Parco dell’Appia Antica può legittimamente pronunciarsi.

Peraltro è opportuno rilevare che il parere negativo del Parco Archeologico dell’Appia Antica, in precedenza richiamato, è piuttosto articolato, in quanto indica i presupposti (anche paesaggistici) sui quali si fonda il vincolo di tutela;
nondimeno il diniego si fonda essenzialmente sul provvedimento di vincolo indiretto imposto con il D.M. 19/3/1982, con la conseguenza che la prima doglianza, oltre ad essere infondata, non consentirebbe comunque di addivenire all’annullamento dell’atto, il che comporta anche l’inammissibilità della censura per difetto di interesse.

7. - Con il secondo profilo il ricorrente ha lamentato la censura di violazione dell’art. 3, comma 1, lett. d) del DPR n. 380/01 e di alcune disposizioni della L. 241/90: la pretesa del ricorrente, infatti, si fonda sul presupposto che l’opera in progetto non costituirebbe una “nuova costruzione” espressamente vietata dal vincolo, ma si tratterebbe della ristrutturazione di un manufatto già esistente.

Nel ricorso ha contestato l’affermazione della Soprintendenza, secondo cui non vi sarebbe prova della legittima realizzazione del vecchio fabbricato distrutto oltre 40 anni addietro.

A questo proposito ha dedotto il difetto di istruttoria, in quanto l’amministrazione non avrebbe tenuto conto della documentazione prodotta in sede procedimentale, ed in particolare, della perizia tecnica aerofotogrammetrica del 31/10/2018 della Sara Nistri S.r.l. e della relativa fotografia aerea dello stato dei luoghi a tergo dell’attestazione, dalle quali sarebbe stato possibile evincere la collocazione fisica e temporale dell’edificio in questione nonché la sua consistenza e sagoma.

Ha quindi aggiunto che nella perizia assevera integrativa dell’8/7/2019 dell’Ing. Marco Ursini sarebbe stato chiarito perché non sarebbe stato necessario assumere un titolo amministrativo per costruire il fabbricato, come precisato nella sentenza del

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