Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-29, n. 202102619

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-29, n. 202102619
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102619
Data del deposito : 29 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/03/2021

N. 02619/2021REG.PROV.COLL.

N. 03657/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3657 del 2016, proposto da
Era - Energia Rinnovabile Ambientale s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M R L L, S V, con domicilio eletto presso lo studio Michele Lioi in Roma, viale Bruno Buozzi,32;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Regione Molise non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) n. 00092/2016, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 ottobre 2020 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti l’avvocato M R L L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.1. Con l’appello in esame, la società E.R.A. Energia rinnovabile Ambientale s.r.l. impugna la sentenza 26 febbraio 2016 n. 92, con la quale il TAR per il Molise, sez. I, ha in parte respinto, in parte dichiarato irricevibile il ricorso instaurativo del giudizio ed il successivo ricorso per motivi aggiunti, rivolti, in particolare, avverso le note (di identico contenuto) 26 settembre 2014 nn. 0007292 e 0007306.

Con tali note la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise:

- ha dichiarato la persistente efficacia delle proposte (formulate in data 12 novembre 2001 e 20 giugno 2002) di dichiarazione di interesse pubblico di parte del territorio del Comune di Miranda, in Provincia di Isernia, ed il cui procedimento non si è mai concluso;

- ha disposto che “nelle more della definizione del decreto e della sua emanazione da parte della Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Molise, insieme con la relativa disciplina d’uso, vigono le norme di salvaguardia e gli obblighi di cui all’art. 146 d. lgs. n. 42/2004” nell’area interessata.

Tali note sopravvengono nel procedimento, avviato dalla società ERA, con istanza presentata alla Regione Molise in data 21 ottobre 2013, onde ottenere da questa il rilascio dell’autorizzazione unica, prevista dall’art. 12 d. lgs. n. 387/2003, per la costruzione ed esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte eolica, con potenza lorda massima di 32,2 MW, nel Comune di Miranda, loc. San Andrino e Serra Iapietro.

A tal fine, la società aveva anche interpellato la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise, richiedendo notizie circa la eventuale esistenza di procedimenti di tutela ovvero di procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici, in itinere alla data della presentazione della sua istanza.

La Soprintendenza, in un primo tempo, con nota 15 novembre 2013, ha riscontrato negativamente l’istanza, affermando l’insussistenza di vincoli nell’intero territorio del Comune di Miranda;
ma, in un secondo tempo, con nota 22 maggio 2014 n. 3788, informava la società che, “ a seguito di una più attenta ricerca di archivi . . . risultano vigenti i vincoli di tutela paesaggistica a seguito delle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico, di cui alla nota protocollo n. 19467 del 12 novembre 2001 ed alla nota protocollo n. 1381 del 20 giugno 2002”.

La società faceva quindi presente che, nel caso indicato dalla Soprintendenza, si trattava di mere proposte di vincolo, il cui procedimento non si era mai concluso, tant’è che lo stesso Comune di Miranda, accertato il superamento del termine di 210 giorni previsto dal DPR n. 495/1994 per la conclusione del procedimento, aveva preso atto della loro decadenza con delibera del Consiglio Comunale 30 dicembre 2004 n. 37.

Ciò nonostante la Soprintendenza, alla quale venivano inviate osservazioni anche dal Comune di Miranda, con nota del 27 settembre 2014 (inviata con le missive impugnate), riteneva di non accogliere le osservazioni, sulla scorta del parere 3 novembre 2009 n. 21909 dell’Ufficio legislativo del Ministero per i beni e le attività culturali, secondo il quale l’art. 157, co. 2, d. lgs., n. 42/2004 avrebbe la funzione di salvaguardare l’efficacia degli atti istruttori relativi ai procedimenti di dichiarazione di interesse paesaggistico anche se non perfezionati o privi di disciplina d’uso. Pertanto, la Soprintendenza affermava la perdurante efficacia del procedimento di apposizione del vincolo, con vigenza, nelle more di adozione del decreto, delle norme di salvaguardia previste dall’art. 146 d. lgs. n. 42/2004.

1.2. La sentenza impugnata – pur preso atto che “a causa della non chiara formulazione delle disposizioni di cui agli artt. 140, 141 e 157 del d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e del mancato coordinamento tecnico tra il testo originario del d. lgs. n. 42 e le frammentarie modificazioni nel tempo sopravvenute, ad una prima lettura non mancano elementi che rendano plausibile anche l’interpretazione proposta dalle parti ricorrenti” (secondo le quali le proposte di vincolo risalenti al 2001 non devono ritenersi più efficaci) -, afferma che è “preferibile l’interpretazione secondo la quale la proposta di vincolo formulata dalla competente commissione prima della data di entrata in vigore del d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, conserva efficacia anche in assenza della approvazione mediante l’adozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico”.

Secondo la sentenza:

“alla data di entrata in vigore del Codice di cui al d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, ha continuato a trovare applicazione la medesima disciplina prevista dall’art. 2, ultimo comma, della legge 29 giugno 1939 n. 1497 (trasfuso nell’art. 140 del d. lgs. 29 ottobre 1999 n. 490), secondo la quale, relativamente alle cd. bellezze di insieme, la tutela dei valori paesaggistici (che si sostanzia nella necessità di ottenere l’autorizzazione paesaggistica per poter modificare i beni soggetti a tutela) si esplica fin dal momento la cui proposta è pubblicata nell’albo dei Comuni interessati . . . e la durata della misura cautelativa o anticipatoria dura fino all’approvazione del vincolo, al fine di impedire che il lasso di tempo necessario per l’approvazione definitiva degli elenchi possa rendere possibili manomissioni incontrollate dei beni immobili ricompresi nell’elenco delle bellezze di insieme e quindi compromettere il paesaggio, valore tutelato dall’art. 9 Cost.”.

Secondo il primo giudice, l’art. 157, co. 2 d. lgs. n. 42/2004 – il quale, nel prevedere che “le disposizioni della presente parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente Codice, sia stata formulate la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico”, non prevede altresì “forme di decadenza del vincolo, termini perentori per il perfezionamento della procedura o forme di silenzio” – non ha subito alcuna modificazione ad opera del d. lgs. 24 marzo 2006 n. 157 e del d. lgs. 26 marzo 2008 n. 63;
fonti queste ultime che, nel modificare gli artt.141, co. 3 e co. 5 del Codice, hanno introdotto una espressa decadenza per le proposte non approvate dal Ministro entro il termine di cui all’art. 140, co.

1. Da ciò consegue che le forme di decadenza successivamente introdotte non sono applicabili alle proposte di vincolo formulate antecedentemente alla entrata in vigore del Codice.

2.1. Avverso la sentenza del

TAR

Molise, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) erroneo inquadramento della vicenda concreta;
inconferenza dei principi e della giurisprudenza richiamata in sentenza;
ciò in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, “la nota del 15 novembre 2013, che affermava l’inesistenza di procedure di vincoli in itinere”, non può essere considerata “il frutto di una semplice svista (ma) rispecchiava fedelmente la condotta tenuta dalla Soprintendenza Regionale per oltre 10 anni, nel corso dei quali né Miranda, né il suo territorio sono stati oggetto di qualsivoglia intervento da parte dell’amministrazione dei BCA”;

b) decadenza della proposta di vincolo;
erronea interpretazione artt. 39, 140, 141, 157, 183 e 184 d. lgs. n. 42/2004;
violazione art. 13.3 Linee Guida Regione Molise per il procedimento unico ex art. 12 d. lgs. n. 387/2003;
violazione del principio tempus regit actum ;
ciò in quanto:

b1) “non può opporsi il divieto di retroattività della legge nel caso della applicazione di normative che siano intervenute quando il procedimento amministrativo sia ancora in corso”, poiché “se in pendenza di un procedimento interviene una nuova disposizione normativa/regolamentare, il provvedimento che ne è l’epilogo deve necessariamente adeguarsi a quest’ultima”;
e, nel caso di specie, dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 63/2008, che ha introdotto la norma sulla decadenza, il termine ivi previsto “avrebbe iniziato a decorrere integralmente anche per le proposte di vincolo già presentate”;

b2) “mentre esiste una norma di legge, appunto l’art. 157, che assoggetta alle norme del Codice anche le proposte di vincolo precedenti, non esiste una sola norma di diritto positivo che escluda l’applicabilità del termine di decadenza alle proposte di vincoli precedenti”;

b3) “del resto, che debbano necessariamente esistere dei termini certi per la conclusione dei procedimenti, è stato ulteriormente ribadito dal legislatore” con la legge n. 241/1990 e sue successive modificazioni;

c) erroneità della sentenza in punto di ritenuta tardività del ricorso avverso le proposte di vincolo del 2001 e 2002;
poiché la “riattualizzazione” delle proposte di vincolo del 2001 e 2002, rende ammissibile la proposizione, ora per allora, di motivi relativi alla legittimità di tali atti e relativi procedimenti, posto che non è oggi opponibile alla società ERA (interessata all’area solo dal 2013) una conoscenza derivante dalle formalità di pubblicazione delle proposte, che si affermano espletate;

d) omesso esame delle censure avverso le originarie proposte di vincolo;
riproposizione dei motivi di censura, in dipendenza della insussistente tardività del ricorso (v. pagg. 25 – 30 appello).

2.2. Si è costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali.

Si è altresì costituito in giudizio “ ad adiuvandum ” dell’appellante, il Comune di Miranda.

2.3. Con ordinanza 29 luglio 2016 n. 3097, questa Sezione ha accolto la domanda cautelare “nei limiti della fissazione dell’udienza pubblica per la decisione della causa nel merito”, e, successivamente, con ordinanza 14 ottobre 2016 n. 4612, ha dichiarato inammissibile una ulteriore domanda di pronuncia cautelare, volta ad ottenere la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

3. Con ordinanza 12 giugno 2017 n. 2838, questa Sezione ha, in parte, rigettato l’appello ed in parte ha disposto il deferimento del ricorso all’Adunanza Plenaria.

3.1. L’ordinanza ha rilevato come la società appellante, per il tramite dei motivi di impugnazione, abbia proposto censure di diverso ordine nei confronti della sentenza impugnata, ed infatti:

- con un primo ordine di censure (di cui al primo motivo di appello, sub lett. a) dell’esposizione in fatto), la società ritiene, in sostanza, che la Soprintendenza, con la propria nota del 15 novembre 2013, la quale attestava l’inesistenza di vincoli e di procedimenti ad essi finalizzati, abbia esattamente rappresentato lo stato di fatto e di diritto del territorio del comune di Miranda, di modo che avrebbe errato la sentenza impugnata nel ritenerla “una semplice svista”;

- con un secondo ordine di censure (di cui al motivo sub b) dell’esposizione in fatto), la società ritiene, per una pluralità di ragioni, che il termine di decadenza, previsto nel caso di procedimenti di vincolo non conclusi entro il termine previsto dall’art. 140, co. 1, d. lgs. n. 42/2004, come introdotto in particolare dal d. lgs. n. 63/2008, si applichi anche a quei procedimenti avviati prima dell’entrata in vigore del Codice dei beni culturali, e a tale conclusione non osterebbe (anzi, ne riceverebbe sostegno) l’art. 157, co. 2, del Codice;

- con un terzo ordine di censure (di cui ai motivi sub lett. c) e d), la società ritiene, preliminarmente (motivo sub c), che i motivi da lei proposti avverso gli atti relativi alle proposte di vincolo del 2001 e del 2002 non sono da considerare irricevibili per tardività, e che, dunque, tali motivi, ora riproposti in appello (mediante il motivo sub d), devono essere esaminati ed accolti.

L’ordinanza n. 2838/2017 ha rilevato come sussista una pregiudizialità logico-giuridica tra i vari motivi di appello, come innanzi riassunti, posto che l’esame del primo motivo di appello si pone come preliminare e, nel caso di suo accoglimento, risolutivo della controversia, venendosi ad attribuire un “valore dirimente” alla prima attestazione della Soprintendenza, circa l’assenza di vincoli o di procedimenti a questi finalizzati.

Solo laddove tale motivo venga ritenuto infondato, è dunque necessario esaminare il secondo motivo;
ed ancora, solo nel caso in cui quest’ultimo (e le ragioni con esso prospettate dall’appellante) venga ritenuto infondato, sarà possibile esaminare gli ulteriori motivi (ponendosi il terzo motivo, con il quale si sostiene la tempestività dei motivi proposti avverso le proposte di vincolo del 2001-02 in posizione pregiudiziale, rispetto al quarto, con il quale vengono invece avanzate censure “di merito” avverso le predette proposte)

3.2. L’ordinanza (alla quale, per questo aspetto, occorre attribuire valore di sentenza) ha ritenuto infondato il primo motivo di appello.

Ed infatti, se è vero che effettivamente, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise, con propria nota del 15 novembre 2013 ha affermato l’insussistenza di vincoli nell’intero territorio del Comune di Miranda;
è altrettanto vero che la medesima Soprintendenza, a circa sei mesi dalla prima attestazione, con nota 22 maggio 2014 n. 3788, ha informato la società che, “ a seguito di una più attenta ricerca di archivi . . . risultano vigenti i vincoli di tutela paesaggistica a seguito delle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico, di cui alla nota protocollo n. 19467 del 12 novembre 2001 ed alla nota protocollo n. 1381 del 20 giugno 2002”.

La prima attestazione della Soprintendenza (15 novembre 2013) consegue, dunque, ad un errore di fatto, compiuto dalla medesima Soprintendenza, ed al quale la stessa ha posto prontamente rimedio, inviando la seconda nota del 22 maggio 2014. Peraltro, a fronte di ciò:

- per un verso non può certo parlarsi di consumazione del potere certificativo della Soprintendenza, poiché le certificazioni devono necessariamente corrispondere a fatti oggettivamente accaduti ovvero ad atti effettivamente adottati ovvero ancora alle risultante di pubblici archivi o registri, e, ove ciò non sia, non solo è consentito, ma è anzi doveroso l’intervento correttivo del soggetto titolare del potere certificativo;

- per altro verso, non è rinvenibile alcun “affidamento” del privato, insorto per effetto della errata certificazione. Né ciò sarebbe possibile, posto che una errata certificazione, se può (eventualmente sussistendone i presupposti), dar luogo a domande risarcitorie (ma, nel caso di specie, è prontamente intervenuta la rettifica), non è invece idonea a far maturare affidamenti in ordine al legittimo (e distinto) esercizio di poteri costitutivi, laddove si riscontri, invece, l’insussistenza dei presupposti per tale esercizio, ancorché la loro esistenza sia stata erroneamente certificata;

- per altro verso ancora, quanto (erroneamente) certificato dalla Soprintendenza - in disparte l’intervento correttivo da questa effettuato - non è comunque idoneo a dimostrare l’intervenuta decadenza delle proposte di vincolo, non potendo una interpretazione di un singolo organo dell’amministrazione imporsi al contenuto oggettivo delle norme, ed all’interpretazione di queste effettuata dal Giudice.

5. Quanto al secondo motivo di appello, l’ordinanza ha disposto il deferimento all’Adunanza Plenaria, rilevando che la questione riguarda quelle proposte di vincolo per le quali i relativi procedimenti non si sono conclusi con l’adozione del previsto decreto ministeriale, alla data di entrata in vigore del d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42.

5.1. A tal proposito, l’art. 157, co. 2 d. lgs. n. 42/2004 prevede che “le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente Codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico”.

Nel contesto antecedente al Codice dei beni culturali, la tutela dei valori paesaggistici si esplicava fin dal momento in cui la proposta è pubblicata nell’albo del o dei Comuni interessati e la durata della misura cautelativa o anticipatoria di tutela durava fino alla approvazione del vincolo, senza indicazione di termine di efficacia della misura ovvero di decadenza dal potere di emanazione del provvedimento finale.

Per effetto delle modifiche introdotte all’art. 141 d. lgs. n. 42/2004, dapprima con il d. lgs. 24 marzo 2006 n. 157, e poi, segnatamente, con il d. lgs. 26 marzo 2008 n. 63, il comma 5 del suddetto articolo prevede ora che “se il provvedimento ministeriale di dichiarazione non è adottato nei termini di cui all’art. 140, co. 1, allo scadere di detti termini, per le aree e gli immobili oggetto della proposta di dichiarazione, cessano gli effetti di cui all’art. 146, co. 1” (cioè i particolari limiti imposti ai proprietari, possessori o detentori dei beni che “non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione”).

In sostanza, il decreto deve essere emanato “entro sessanta giorni dalla data di scadenza dei termini di cui all’art. 139, co. 5”, data che coincide con quella in cui scade il termine di trenta giorni successivi al periodo di novanta giorni di pubblicazione della proposta di vincolo all’albo pretorio (un totale di 180 giorni).

5.2. A fronte delle disposizioni citate, e degli interventi di modifica sopravvenuti, un primo, prevalente orientamento (presente sia nella giurisprudenza amministrativa, sia in quella penale, ed al quale si richiama la sentenza impugnata nella presente sede), ritiene che le proposte di vincolo avanzate prima dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 42/2004, ancorché i relativi procedimenti non si siano conclusi (nel rispetto dei termini di cui alla Tabella A, allegata al D.M. 13 giugno 1994 n. 495), non risentono delle modifiche introdotte all’art. 141 dal d. lgs. n. 63/2008, di modo che, per un verso, vi è sempre la possibilità, per l’amministrazione, di emanare il provvedimento di dichiarazione;
per altro verso, perdurano gli effetti di tutela “anticipata”, di cui all’art. 146, co. 1 del Codice.

5.3. Di diverso orientamento è altra giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. VI, 16 dicembre 2016 n. 4746), la quale ha affermato come non possa sussistere una categoria di “proposte di vincolo”, alle quali non si applica il nuovo regime decadenziale.

Si è sostenuto che, in assenza di un riscontro di maggiore qualità nelle proposte di vincolo più antiche, “per esse valga piuttosto proprio l’assunto logico contrario, ossia che la mancata conclusione del provvedimento di trasformazione del vincolo da proposto a definitivo denoti invece l’affievolimento e poi lo svanire, col passar del tempo, dell’interesse pubblico che aveva inizialmente giustificato la misura precauzionale (connessa alla proposta di vincolo) tesa ad assicurare particolare protezione a determinati beni o loro insiemi”. Del resto – si è ancora sostenuto – “questi argomenti, che si giustificano e paiono sufficienti sul piano logico e del buon senso, ben possono poi incrociarsi col dato letterale della norma dal cui contenuto il dubbio interpretativo è maggiormente scaturito, ossia l’art. 157 del d.lgs. n. 42/2004.

Quest’ultimo afferma che “conservano efficacia a tutti gli effetti” una serie di atti (dichiarazioni, elenchi, provvedimenti) che, per come indicati dalla legge, sicuramente fanno riferimento ad atti formali e definitivi, non dunque a semplici loro proposte”.

5.4. L’ordinanza n.2838/2017, nel rimettere la questione, ha ulteriormente osservato in ordine ai due distinti orientamenti quanto segue.

“Quanto al primo di essi, occorre ricordare che la Corte Costituzionale, con la citata sentenza 23 luglio 1997 n. 262, ha affermato che “il mancato esercizio delle attribuzioni da parte dell'amministrazione entro il termine per provvedere non comporta ex se, in difetto di espressa previsione, la decadenza del potere, né il venir meno dell'efficacia dell'originario vincolo. In tali ipotesi, sempre che il legislatore non abbia attribuito un particolare significato all'inerzia-silenzio, si verifica un'illegittimità di comportamenti derivante da inadempimento di obblighi”.

Secondo la Corte, dunque (che – è bene osservare – si pronuncia dopo l’entrata in vigore della l. n. 241/1990), il superamento del termine di conclusione del procedimento senza l’emanazione del provvedimento finale, nel caso di specie non solo non comporta (come è pacifico) la decadenza dall’esercizio del potere, ma non comporta nemmeno “il venir meno dell’efficacia dell’originario vincolo”, quel vincolo cioè che, applicato in via provvisoria fin dalla pubblicazione della proposta, diviene definitivo con l’adozione della dichiarazione di interesse

Quanto al secondo orientamento, occorre osservare, in via di integrazione alle argomentazioni già esposte, che il quadro normativo operante è stato profondamente modificato con gli interventi di cui ai decreti legislativi nn. 157/2006 e 63/2008, di modo che oggi la cessazione di efficacia del vincolo provvisorio per mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento (a differenza di quanto previsto dal quadro normativo vigente all’epoca della sentenza n. 262/1997 della Corte Costituzionale), costituisce la “regola”, a fronte della quale sempre meno si giustifica, con il passare del tempo, una “eccezione” relativa a proposte di vincolo formulate in epoca anteriore al 2004.

Né costituisce argomento ostativo alla estensione della nuova disciplina anche a tali proposte quello della non intervenuta modifica dell’art. 157, co. 2, del Codice, posto che tale modifica non si presenta necessaria al fine di ottenere la suddetta estensione. E ciò sia in quanto, sul piano formale, il dato letterale consente detta applicazione, sia in quanto appare dubbio sostenere la violazione del principio di irretroattività della legge nel caso di procedimenti non ancora conclusi, e dunque in assenza di situazioni e/o rapporti giuridici consolidati;
sia in quanto, infine, tra due possibili interpretazioni della norma, ed in assenza di specifiche indicazioni del legislatore, appare preferibile una interpretazione che tenda ad “uniformare” il sistema, in luogo di una interpretazione che produca differenti applicazioni dei poteri amministrativi (e dei loro effetti) e, dunque, possibili disparità di trattamento”.

5.5. In definitiva, l’ordinanza ha ritenuto opportuno rimettere il ricorso all’Adunanza Plenaria, “perché la stessa si pronunci sul ricorso medesimo e, segnatamente, sul punto di diritto relativo alla interpretazione dell’art. 157, co. 2 d. lgs. n. 42/2004 e, di conseguenza, in ordine alla applicabilità (o meno) di quanto previsto dall’art. 141, del citato d. lgs. n. 42/2004, anche alle proposte di vincolo formulate prima dell’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, e per le quali non vi sia stata conclusione del relativo procedimento con l’adozione del decreto ministeriale, recante la dichiarazione di notevole interesse pubblico”.

6. L’Adunanza Plenaria, con sentenza 22 dicembre 2017 n. 13, aderendo (con ulteriori implementazioni argomentative) alla tesi da essa definita della “discontinuità” - ha innanzi tutto distinto tra efficacia della proposta di vincolo ed efficacia del vincolo preliminare, affermando che la cessazione dell’effetto preliminare di vincolo non determina anche l’inefficacia della proposta;
inoltre, “la decadenza dell’effetto preliminare non è immediata, ma decorso il termine di 180 giorni”.

A tal fine ha aggiunto:

“È vero che, in base al combinato disposto dell’art. 140, comma 1 e dell’art. 139, comma 5 del Codice, tale termine decorre dalla pubblicazione della proposta (quindi, per le proposte anteriori al Codice, il vincolo preliminare sarebbe decaduto decorsi 180 giorni dall’entrata in vigore – ad opera del d.lgs. 63/2008 – dell’attuale testo dell’art. 141, comma 5, che tale decadenza commina, ovvero, ancor prima, per effetto del d.lgs. 157/2006, che l’ha introdotta), ma, in un quadro di incertezza normativa, ben può il Consiglio di Stato – in sede Plenaria – modulare la portata temporale della propria sentenza, facendone decorrere gli effetti solo per il futuro. . . .”

Ciò comporta “la praticabilità della prospective overruling , in forza della quale il principio di diritto, affermato in contrasto con l’orientamento prevalente in passato, non verrà applicato (con vari aggiustamenti) alle situazioni anteriori alla data della decisione. La prospective overruling si esplicita, dunque, nella possibilità per il giudice di modificare un precedente, ritenuto inadeguato, per tutti i casi che si presenteranno in futuro, decidendo però il caso alla sua immediata cognizione in base alla regola superata.

In conclusione: all’Adunanza Plenaria è concessa la possibilità di limitare al futuro l’applicazione del principio di diritto al verificarsi delle seguenti condizioni:

a) l’obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare;

b) l’esistenza di un orientamento prevalente contrario all’interpretazione adottata;

c) la necessità di tutelare uno o più principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche.

Nella fattispecie in esame sussistono tutte le condizioni, poiché:

a) il dato letterale è equivoco;

b) la tesi della continuità è prevalente;

c) è necessario, a tutela del paesaggio, evitare la cessazione istantanea di tutti i vincoli preliminari attualmente esistenti su aree di interesse naturalistico o culturale.

Avendo ritenuto che le proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico anteriori al Codice conservino efficacia, mentre l’effetto preliminare di vincolo che ad esse si ricollega cessi decorso – senza che il relativo procedimento si sia concluso – il termine previsto dall’art. 140, comma 1 (180 giorni, che per tali proposte dovrebbe essere calcolato a partire dal d.lgs. 63/2008, ovvero dal d.lgs. 157/2006), la delimitazione al futuro di tale principio implica che l’effetto preliminare cessi decorsi 180 giorni dalla pubblicazione della sentenza”.

In conclusione, l’Adunanza Plenaria ha affermato i seguenti principi di diritto:

“Il combinato disposto – nell’ordine logico – dell’art. 157, comma 2, dell’art. 141, comma 5, dell’art. 140, comma 1 e dell’art. 139, comma 5 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, deve interpretarsi nel senso che il vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dell’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo – come modificato con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e con il d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63 – cessa qualora il relativo procedimento non si sia concluso entro 180 giorni”. (1)

“L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato può modulare la portata temporale delle proprie pronunce, in particolare limitandone gli effetti al futuro, al verificarsi delle seguenti condizioni:

a) un’obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare;

b) l’esistenza di un orientamento prevalente contrario all’interpretazione adottata;

c) la necessità di tutelare uno o più principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche”. (2)

“Il termine di efficacia di 180 giorni del vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 decorre dalla pubblicazione della presente sentenza”. (3)

7. La decisione dell’Adunanza Plenaria è stata impugnata innanzi alla Corte di Cassazione “per violazione dei limiti esterni della giurisdizione, ex art. 111 Cost.”.

Quest’ultima, con sentenza 30 ottobre 2019 n. 27842, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ciò in quanto:

“il giudizio di appello non è concluso ma in fieri, spettando alla sezione remittente del Consiglio di Stato, non solo l’attività di contestualizzazione e sussunzione del principio enunciato dall’Adunanza Plenaria, ai fini della decisione del motivo (nella specie il secondo) che ha dato causa alla rimessione, ma anche la decisione degli eventuali altri motivi di appello (nella specie il terzo e quarto, non esaminati sul presupposto che dovessero esserlo solo nel caso in cui il secondo motivo fosse ritenuto infondato), con esito in astratto potenzialmente favorevole al ricorrente . . .

L’assenza del carattere decisorio della sentenza impugnata risulta inoltre evidente se si considera che, nella specie, lo steso interesse della società ricorrente all’impugnazione potrebbe venir meno nel caso in cui il vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico venga (o sia venuto) a cessare qualora il relativo procedimento non si concluda neppure nel termine di 180 giorni decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza dell’Adunanza Plenaria”.

8.1. Con ricorso del 12 novembre 2019, la società appellante ha riassunto il giudizio innanzi a questa Sezione del Consiglio di Stato.

Nelle more, con decreti 31 maggio 2018 nn. 12/2018 e 13/2018 (pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale 29 giugno 2018 n. 149 e sul Bollettino Ufficiale della Regione Molise 16 luglio 2018 n. 43), il Ministero dei beni e delle attività culturali ha provveduto a dichiarare di notevole interesse pubblico due distinte aree del Comune di Miranda (rilevanti ai fini della presente decisione).

Da ultimo, con ulteriore memoria del 9 settembre 2020, la società appellante:

- ha affermato di avere impugnato i due nuovi provvedimenti di vincolo innanzi al

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