Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-06-21, n. 202104759

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-06-21, n. 202104759
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104759
Data del deposito : 21 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/06/2021

N. 04759/2021REG.PROV.COLL.

N. 07603/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7603 del 2013, proposto da
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. S S e con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Comunale, in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21

contro

sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Ornella D’Amato e con domicilio eletto presso lo studio della stessa, in Roma, via Bertarelli, n. 29

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il -OMISSIS-, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso R.G. n. -OMISSIS-, proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. -OMISSIS-, avente ad oggetto la sospensione cautelare della licenza taxi n. -OMISSIS- intestata al ricorrente, e per la condanna di Roma Capitale al risarcimento del danno.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Vista la memoria di costituzione e difensiva dell’appellato;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176;

Visto l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;

Dato atto della presenza ai sensi di legge degli avvocati delle parti;

Relatore nell’udienza del giorno 27 aprile 2021 il Cons. P D B, in collegamento da remoto in videoconferenza;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe Roma Capitale ha impugnato la sentenza del T.A.R. -OMISSIS-, chiedendone l’annullamento e/o la riforma.

1.1. La sentenza appellata ha accolto il ricorso proposto dal sig. -OMISSIS-, titolare di licenza taxi n. -OMISSIS-, per l’annullamento della determinazione dirigenziale dell’U.O. Gestione Contratti di Servizio Mobilità Privata e TPL non di Linea di Roma Capitale n. -OMISSIS-, con cui era stata disposta la sospensione cautelare della predetta licenza taxi, e per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.

1.1.1. In particolare, il T.A.R. ha annullato la sospensione impugnata ed ha altresì condannato Roma Capitale al risarcimento del danno in favore del ricorrente per il periodo in cui la sospensione ha avuto efficacia (dal 16 luglio 2012 fino alla ripresa dell’attività per effetto della sentenza).

1.2. La sospensione è stata disposta dalla P.A. a seguito di una vicenda che ha avuto anche ricadute in ambito penale, consistita nel rilascio, ad opera di un funzionario infedele dell’Amministrazione capitolina, di autorizzazioni contraffatte per “ esonero dei turni ” a favore di un gruppo di tassisti (tra cui l’appellato), i quali hanno così potuto svolgere il servizio in orario notturno, o (se già addetti al turno di notte) in semi-notturno, in modo da conciliare il servizio con talune loro necessità personali o familiari (ad es. per assistere congiunti).

1.2.1. L’Amministrazione capitolina, una volta emersa la falsità delle autorizzazioni (contraffatte dal funzionario infedele, sul cui P.C. , sequestrato presso la sua abitazione, sono stati rinvenuti i modelli delle autorizzazioni), ha emesso, a carico dei tassisti beneficiari delle stesse, altrettanti provvedimenti di sospensione della licenza taxi.

1.3. Deve osservarsi sin da subito che nel giudizio penale (in cui l’odierno appellato figurava tra gli imputati) la posizione del sig. -OMISSIS-è stata separata, essendo stata avanzata per lui richiesta di sospensione del procedimento per la messa alla prova (v. la sentenza del Tribunale -OMISSIS- in composizione monocratica n. -OMISSIS-, prodotta nel parallelo giudizio R.G. n. -OMISSIS-, chiamato in decisione anch’esso all’udienza odierna).

2. Come detto, il giudizio promosso innanzi al T.A.R. -OMISSIS- dal citato ricorrente avverso la sospensione della licenza taxi si è concluso con sentenza di accoglimento, motivata con il richiamo alla disciplina in tema di sospensione cautelare ex art. 21- quater della l. n. 241/1990 ed al sottordinato art. 35 del Regolamento comunale per la disciplina degli autoservizi pubblici non di linea, approvato con delibera dell’Assemblea capitolina n. -OMISSIS-. Da tale normativa emerge, in particolare, che il potere di sospensione della licenza può essere esercitato per “ gravi ragioni ” (le quali devono essere puntualmente indicate), ovvero nei casi dei reati individuati da un’apposita delibera della Giunta Comunale (a cui rinvia l’art. 35 del Regolamento).

2.1. Senonché – sottolineano i giudici di prime cure – non risulta che la Giunta Comunale di Roma abbia mai individuato, ai sensi dell’art. 35 cit., i reati per i quali può essere disposta la sospensione della licenza e, quindi, la legittimità del provvedimento impugnato va scrutinata esclusivamente alla stregua dell’assolvimento, da parte della P.A., dell’obbligo di motivazione ex art. 21- quater cit., cioè dell’obbligo d’indicare le gravi ragioni che hanno giustificato la sospensione: obbligo che, tuttavia, nel caso di specie non è stato adempiuto, in quanto Roma Capitale ha motivato la sospensione con il pericolo che il ricorrente ponesse in essere, in pendenza del procedimento penale in cui è rimasto coinvolto, ulteriori attività illecite durante lo svolgimento del servizio, ma non ha indicato gli elementi concreti su cui era basato un pericolo del genere, né ha considerato la circostanza che in sede penale non sia stata disposta alcuna misura cautelare a suo carico.

2.2. Il primo giudice, una volta acclarata l’illegittimità del provvedimento avversato, ha accolto anche la domanda di risarcimento del danno presentata dal ricorrente, non rinvenendo, nella fattispecie, gli estremi dell’errore scusabile nell’operato dell’Amministrazione capitolina. Il danno è stato liquidato, per il periodo in cui la sospensione ha avuto efficacia, nell’importo giornaliero di € 37,53, abbattuto del 30% in virtù del fatto che ai minori introiti per il mancato esercizio dell’attività si è contrapposto l’azzeramento delle spese sostenute per l’attività stessa.

3. Nell’appello Roma Capitale ha dedotto i seguenti motivi di gravame:

a) difetto di motivazione della decisione, violazione di legge per violazione dell’art. 21- quater della l. n. 241/1990 e dell’art. 35 della deliberazione dell’Assemblea capitolina n. -OMISSIS-, legittimità della determinazione comunale impugnata;

b) difetto di motivazione della decisione, violazione di legge per violazione degli artt. 1227 e 2043 c.c., anche in relazione alla ritenuta violazione dell’art. 21- quater , comma 2, della l. n. 241/1990 e dell’art. 35 della deliberazione dell’Assemblea capitolina n. -OMISSIS-, legittimità della determinazione comunale impugnata, insussistenza dei presupposti per la declaratoria di responsabilità della Pubblica Amministrazione.

3.1. In sintesi, con il primo motivo d’appello Roma Capitale censura il capo della sentenza gravata recante l’annullamento della determinazione di sospensione cautelare della licenza taxi, lamentando, sul punto, come sia incontestabile che, di fatto, il -OMISSIS-(al pari degli altri tassisti coinvolti) abbia svolto illegittimamente la sua attività in turni di servizio non autorizzati in virtù di un’autorizzazione contraffatta. Per tale ragione, perciò, sarebbe stato indiscutibile l’interesse pubblico alla sospensione della licenza taxi, al fine di impedire condotte sleali, tali da penalizzare la qualità del servizio fornito all’utenza e l’interesse commerciale degli altri tassisti. Relativamente, poi, al termine di durata della sospensione (elemento dedotto quale motivo n. 1) nel ricorso in primo grado), questo sussisterebbe, avendo il provvedimento impugnato correlato la sospensione stessa alla durata dell’indagine penale: e ciò ben si spiegherebbe perché, avendo il provvedimento finalità cautelari e preventive, dette finalità verrebbero vanificate, ove la sospensione non si ponesse in stretta correlazione con il procedimento penale.

3.2. L’Amministrazione censura, inoltre, il capo della sentenza che l’ha condannata al risarcimento dei danni, sia perché essa, una volta emersa la connessione tra la contraffazione dell’autorizzazione e l’uso dell’atto contraffatto ai fini del servizio, non avrebbe agito con imperizia, né con negligenza, sia per il contegno processuale serbato dal ricorrente, il quale ha rinunciato all’istanza cautelare (sul punto l’appellante richiama l’art. 30, comma 3, c.p.a.), sia, infine, perché sarebbe del tutto mancata la prova del danno subito dal sig. -OMISSIS-.

3.3. Si è costituito in giudizio l’appellato, replicando all’appello di controparte e concludendo per la sua reiezione, in quanto infondato nel merito.

3.4. All’udienza del 27 aprile 2021 – tenutasi tramite collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, convertito con l. n. 176/2020 – la causa è stata trattenuta in decisione.

4. L’appello è fondato.

4.1. La determinazione dirigenziale n. -OMISSIS-, impugnata in primo grado, ha disposto la sospensione cautelativa della licenza taxi n. -OMISSIS-, di cui l’appellato era titolare, in attesa della conclusione del procedimento penale avviato nei suoi confronti dall’autorità giudiziaria per i reati di cui agli artt. 489 c.p. (“ Uso di atto falso ”) e 648 c.p. (“ Ricettazione ”).

4.1.1. In particolare, la determinazione impugnata ha rilevato: a) che con note della Polizia di Stato – -OMISSIS-, acquisite al protocollo comunale, è stato segnalato il possesso da parte del sig. -OMISSIS-di documenti falsi, i quali gli avevano consentito “ di effettuare impropriamente il turno di servizio pubblico ”, e la sua iscrizione nel registro notizie di reato presso la Procura della -OMISSIS- nell’ambito del procedimento penale -OMISSIS- per i suddetti reati di cui agli artt. 489 e 648 c.p.;
b) che l’utilizzo della documentazione falsa era avvenuto durante lo svolgimento del servizio taxi.

4.1.2. Sulla base di tali elementi, il provvedimento impugnato ha disposto la sospensione cautelativa della licenza taxi dell’appellato, richiamando l’art. 35 del “ Regolamento Capitolino per la disciplina degli autoservizi pubblici non di linea ”, approvato con deliberazione n. -OMISSIS- (a tenor del quale “ Fermo restando il potere della pubblica Amministrazione di sospendere cautelativamente la licenza o l’autorizzazione in tutti i casi in cui vi sia da tutelare l’interesse pubblico, è demandata alla Giunta capitolina l’individuazione dei reati per i quali potrà essere sospesa la licenza o l’autorizzazione in via cautelare ”: nel caso di specie ricorre la prima ipotesi prevista dall’art. 35, non avendo la Giunta Comunale provveduto alla succitata individuazione).

4.1.3. Nella motivazione del provvedimento si evidenzia come l’Amministrazione capitolina abbia ritenuto “ opportuno provvedere alla sospensione cautelare della licenza in attesa della conclusione del procedimento penale, sussistendo un prevalente interesse pubblico ad impedire che, nelle more della conclusione del procedimento summenzionato, possano essere poste in essere ulteriori attività illecite durante l’espletamento del servizio di trasporto pubblico non di linea ”.

4.2. Il primo giudice ha richiamato la disciplina generale relativa al potere cautelare della P.A., posta dall’art. 21- quater , comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (il quale, nel testo vigente alla data del provvedimento impugnato, prevedeva: “ 2. L’efficacia ovvero l’esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa, per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell’atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze ”): ciò, giacché, in ossequio al principio di gerarchia delle fonti, il citato art. 35 del Regolamento va interpretato in conformità all’ora visto art. 21- quater , quest’ultimo essendo norma di rango superiore.

4.2.1. A tal proposito, il T.A.R. ha sottolineato che il potere della P.A. di sospendere in via cautelare la licenza o autorizzazione, esercitabile ai sensi dell’art. 35 cit. “ in tutti i casi in cui vi sia da tutelare l’interesse pubblico ”, comporta l’assolvimento dell’obbligo di motivazione rafforzata di cui all’art. 21- quater , comma 2, della l. n. 241/1990: diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, tuttavia, nel caso de quo detto obbligo deve ritenersi assolto dal provvedimento impugnato, avendo lo stesso rappresentato le “ gravi ragioni ” che, per la costante giurisprudenza, legittimano la P.A. all’esercizio del potere di sospensione ex art. 21- quater cit. (cfr., ex plurimis , C.d.S., Sez. III, 28 marzo 2019, n. 2075, con i precedenti ivi richiamati).

4.3. Deve premettersi che, in base al principio “ tempus regit actum ”, la legittimità del provvedimento amministrativo va valutata con riguardo allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, con conseguente irrilevanza delle circostanze successive, le quali non possono incidere ex post su precedenti atti amministrativi (cfr., ex plurimis , C.d.S., Sez. II, 8 marzo 2021, n. 1908;
Sez. III, 18 aprile 2011, n. 2384). Nel caso di specie, dunque, la legittimità della sospensione deve essere valutata ex ante , con riguardo alla data della sua adozione, sì da non potersi considerare in proposito gli ulteriori sviluppi del procedimento in corso a quella data.

4.4. Ciò premesso, ritiene il Collegio che la palese gravità degli addebiti emersi a carico dell’appellato (nonché, come risultante dagli atti citati nel provvedimento impugnato, di altri soggetti, anche tassisti, coinvolti nella medesima vicenda con rilevanza penale) da atti di polizia giudiziaria ed oggetto di procedimento penale, mostrasse con chiarezza, alla data dell’impugnata sospensione, quegli elementi concreti di pericolo di reiterazione di condotte illecite che, invece, la sentenza appellata ha ritenuto non adeguatamente descritti dal provvedimento. E la circostanza – pure rilevata dal primo giudice – che nei confronti dell’interessato non siano state adottate in sede penale misure cautelari, non è tale da privare la vicenda della gravità e del pericolo di reiterazione di condotte illecite, evidenziati dal provvedimento di sospensione.

5. Esaurita, dunque, la trattazione della doglianza di difetto di motivazione dedotta dal ricorrente in primo grado ed accolta – erroneamente, per quanto appena visto – dal T.A.R., occorre ora procedere alla disamina delle altre doglianze contenute nel ricorso di primo grado ed assorbite dalla sentenza appellata (o comunque da questa superate).

5.1. Ciò che si è poc’anzi detto circa la gravità della condotta illecita (utilizzo di un’autorizzazione contraffatta per la guida in orario notturno) vale a confutare, altresì, la doglianza di sproporzione della misura adottata, perché non limitata alla suddetta autorizzazione, ma estesa alla licenza taxi. Prive di consistenza sono, inoltre, le doglianze del sig. -OMISSIS-imperniate sull’errore del presupposto (per avere la P.A. erroneamente ritenuto pendente il procedimento penale, in realtà non ancora avviato) e sull’omissione delle garanzie partecipative. Alla prima, infatti, si può replicare che Roma Capitale ha collegato la sospensione adottata all’iscrizione del tassista nel registro notizie di reato per i delitti di “ uso di atto falso ” e “ ricettazione ”, mentre per l’infondatezza della seconda depongono l’esigenza di far cessare immediatamente la condotta illecita, precludendone la reiterazione, e le finalità cautelari della misura: ciò, in disparte la circostanza che l’interessato aveva ricevuto dall’Amministrazione una comunicazione di preventiva contestazione degli addebiti la quale, seppur relativa al procedimento disciplinare (come si lamenta nel ricorso di primo grado), lo aveva comunque posto in condizione di conoscere i fatti ascrittigli.

5.2. In merito, poi, alle doglianze rivolte in primo grado dal ricorrente all’art. 35 del “ Regolamento Capitolino per la disciplina degli autoservizi pubblici non di linea ”, va ribadito che la sentenza di prime cure ha correttamente sottolineato l’esigenza di interpretare detta previsione in conformità al sovraordinato art. 21- quater della l. n. 241/1990 e che nella fattispecie in esame, come già visto, il provvedimento impugnato ha esplicitato le “ gravi ragioni ” a cui il comma 2 del citato art. 21- quater àncora l’esercizio da parte della P.A. del potere di sospensione.

6. Con il primo motivo del ricorso di primo grado il sig. -OMISSIS-ha censurato il provvedimento impugnato per non avere esso – a suo dire – predeterminato la durata della sospensione, che sarebbe sine die , stante la variabilità di durata del procedimento penale.

6.1. In argomento si osserva, però, che lo specifico profilo della durata della sospensione è stato ritenuto superabile dalla sentenza appellata dal riferimento all’obbligo di un’adeguata motivazione: adeguata motivazione che si è detto sussistere nella vicenda in esame.

6.2. Come esposto in precedenza, infatti, il primo giudice ha richiamato la distinzione, contenuta nel citato art. 35 del Regolamento comunale per la disciplina degli autoservizi pubblici non di linea: a) tra il potere dell’Amministrazione di “ sospendere cautelativamente la licenza o l’autorizzazione in tutti i casi in cui vi sia da tutelare l’interesse pubblico ” (prima parte dell’art. 35);
b) e il potere della Giunta capitolina di individuare i “ reati per i quali potrà essere sospesa la licenza o l’autorizzazione in via cautelare ” (seconda parte dell’art. 35). Il T.A.R. ha quindi ritenuto che nell’ipotesi sub b) (la quale, come detto, è rimasta inattuata) si realizzi una sorta di attenuazione dell’obbligo di motivazione rafforzata, atteso che in questa ipotesi è agevole per la P.A. dimostrare, tra l’altro, “ la necessità di ancorare il termine di durata della sospensione della licenza all’intera durata del procedimento penale, facendo riferimento alla gravità dei reati individuati dalla Giunta capitolina ”. Ma, allora, si deve ritenere che, nell’ipotesi sub a) – quella che rileva nella presente vicenda –, ove la P.A. adempia all’obbligo di motivazione rafforzata in punto di gravità della condotta emersa, penalmente rilevante, tale motivazione rafforzata coprirà anche l’ancoraggio della sospensione alla durata del procedimento penale. Di tal ché, nella fattispecie in esame Roma Capitale, avendo dato adeguatamente conto della gravità della condotta riscontrata, tale da condurre all’iscrizione dell’interessato nel registro notizie di reato in relazione ai delitti di cui agli artt. 489 c.p. e 648 c.p., ha altresì adeguatamente correlato la durata della sospensione al procedimento penale.

6.3. Sotto diverso e concorrente profilo, deve ritenersi alla luce della più recente giurisprudenza ( arg. ex C.d.S., Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6531) che il riferimento alla conclusione del procedimento penale rappresenti un’idonea indicazione del dies ad quem del provvedimento di sospensione, non in contrasto con l’art. 21- quater , comma 2, della l. n. 241/1990 (nel testo ratione temporis applicabile alla fattispecie). Ciò, considerata la finalità cautelare della sospensione, in presenza di un’ipotesi di reato riconnessa proprio allo svolgimento del servizio taxi: il tutto, quindi, tenuto conto dell’esigenza, da un lato, di evitare che tale finalità cautelare fosse frustrata in presenza di un termine diverso e più breve, dall’altro della sussistenza, nel caso di specie, di un termine finale implicitamente deducibile (cfr. C.d.S., Sez. V, 30 aprile 2018, n. 2591).

6.4. Al riguardo è necessario infatti precisare che il vigente codice di procedura penale distingue una fase procedimentale, affidata alla direzione del pubblico ministero, ed una fase processuale, aperta al contraddittorio delle parti dinanzi al giudice e che, quando non sia richiesta l’archiviazione, la fase procedimentale si chiude con la comunicazione all’indagato dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari ex art. 415- bis c.p.p., mentre la fase processuale si apre con l’esercizio dell’azione penale, cioè con la domanda rivolta dal pubblico ministero al giudice di decidere in conformità all’ipotesi di colpevolezza sintetizzata nell’imputazione. Se ne evince che il riferimento, nella sospensione gravata, alla conclusione del “ procedimento penale ” va inteso nel senso dell’individuazione dell’avviso ex art. 415- bis c.p.p. quale termine finale di durata implicitamente deducibile (fatte salve le ulteriori misure adottabili dalla P.A. in caso di rinvio a giudizio dell’interessato).

7. L’insussistenza dell’illegittimità, ravvisata invece dal T.A.R., della determinazione dirigenziale impugnata esclude anche la fondatezza della domanda risarcitoria parimenti accolta dalla sentenza di prime cure.

7.1. In proposito va aggiunto, peraltro, che il capo della sentenza che ha condannato Roma Capitale al risarcimento dei danni risulta viziato anche sotto il profilo dell’omessa considerazione del concorso del ricorrente alla produzione del pregiudizio lamentato, alla luce della condotta processuale da lui tenuta.

7.1.1. Invero, nel giudizio innanzi al T.A.R. il sig. -OMISSIS-ha dapprima presentato un’istanza di decreto cautelare, respinta;
poi, nella camera di consiglio del 12 settembre 2012, ha rinunciato alla decisione collegiale sull’istanza cautelare;
quindi ha ancora proposto istanza cautelare, rinunciandovi nuovamente nella camera di consiglio del 21 novembre 2012. Alla fattispecie si applica, pertanto, il principio di autoresponsabilità di cui agli artt. 1227, secondo comma, c.c., e 30, comma 3, c.p.a., che porta ad escludere almeno in parte la risarcibilità del danno patito (C.d.S., A.P., 23 marzo 2011, n. 3).

8. In conclusione, l’appello è fondato e deve, dunque, essere accolto.

8.1. Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.

9. Sussistono comunque giusti motivi per compensare le spese dei due gradi di giudizio.

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