Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-03-24, n. 202303018

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-03-24, n. 202303018
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202303018
Data del deposito : 24 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/03/2023

N. 03018/2023REG.PROV.COLL.

N. 04618/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4618 del 2020, proposto da
LINDE MEDICALE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G B, L Tffoletti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato G B in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 161;

contro

AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

AGENZIA DI TUTELA DELLA SALUTE DELLA CITTÀ METROPOLITANA DI MILANO, MEDICAIR SUD S.R.L., non costituiti in giudizio;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2020 n. 51;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2022 il Cons. D S e uditi per le parti l’avvocato L Tffoletti e gli avvocati dello Stato Verdiana Fedeli e Federica Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.‒ Con provvedimento n. 26316 del 21 dicembre 2016, pubblicato sul Bollettino n. 2 del 23 gennaio 2017, l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, per brevità, anche Autorità), a definizione del procedimento I792 – Gare ossigenoterapia (OTD) e ventiloterapia (VTD), ha deliberato:

a) di rigettare l’istanza istruttoria Vivisol e Vivisol Napoli;

b) che le società L, Medicair Italia, Medigas, S, Vitalaire e Vivisol avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza, contraria all’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), consistente nella concertazione delle strategie in occasione di quattro gare bandite tra il 2012 e il 2014 da o per conto di ASL Milano 1 per la fornitura del servizio di VTD a favore dei pazienti residenti nel territorio di competenza di tale ASL;

c) che le società L, Medicair Centro, S, Vitalaire e Vivisol avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), consistente nella concertazione delle proprie strategie commerciali in occasione della gara bandita già nel 2010 da

ASUR

Marche per la fornitura dei servizi di VTD e OTD a favore dei pazienti residenti nel territorio regionale, ostacolando un effettivo confronto concorrenziale tra le stesse fino a luglio 2014, quando sono state presentate offerte nell’ambito della successiva procedura negoziata;

d) che le società L, Medicair Sud, Magaldi, Oxy Live, Eubios, Ossigas, Tergas, Vitalaire e Vivisol Napoli avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), consistente in una strategia di coordinamento tesa a mantenere artificiosamente alto il prezzo del servizio di OTD in Campania, a ostacolare l’indizione di una gara ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di OTD in Campania, nonché a impedire lo svolgimento di un effettivo confronto concorrenziale in occasione della gara indetta da SORESA nel 2014;

e) che le società L, Medicair Italia, Medicair Centro, Medicair Sud, Medigas, Magaldi, S, Oxy Live, Eubios, Ossigas, Tergas, Vitalaire, Vivisol, e Vivisol Napoli si astenessero in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata di cui ai punti b), c) e d);

f) che, in ragione della gravità dell’infrazione di cui al punto b), venissero applicate le sanzioni amministrative di € 1.410.887 a carico di L, € 1.485.144 a carico di Medicair Italia, € 1.485.144 a carico di Medigas, € 1.410.887 a carico di S, € 1.410.887 a carico di Vitalaire ed € 1.485.144 a carico di Vivisol;

g) che, in ragione della gravità dell’infrazione di cui al punto c), venissero applicate alle società le sanzioni amministrative pecuniarie di € 5.909.212 a carico di L, € 1.669.996 a cario di Medicair Centro, € 8.192.963 a carico di S, € 7.248.524 a carico di Vitalaire ed € 8.624.172 a carico di Vivisol;

h) che, in ragione della gravità dell’infrazione di cui al punto d), venissero applicate le sanzioni amministrative pecuniarie di € 849.232 a carico di L, € 700.629 a carico di Eubios, € 1.252.869 a carico di Magaldi, € 512.870 a carico di Medicair Sud, € 269.171 a carico di Oxy Live, € 700.108 a carico di Ossigas, € 75.000 a carico di Tergas, € 927.906 a carico di Vitalaire e € 1.252.869 a carico di Vivisol Napoli.

2.‒ La società L Medicale s.r.l. (di seguito: ‘L’), per quanto riguardo il presente giudizio, ha impugnato il provvedimento sanzionatorio, nella parte in cui:

- ha ascritto a proprio carico la responsabilità ex art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) di una concertazione delle strategie in occasione di quattro gare bandite tra il 2012 e il 2014 da o per conto di ASL Milano 1 per la fornitura del servizio di VTD a favore dei pazienti residenti nel territorio di competenza di tale ASL;

- ha ingiunto nei propri confronti di astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;

- ha irrogato nei propri confronti la relativa sanzione amministrativa pecuniaria.

3.‒ Il T.a.r. del Lazio, sede di Roma, con sentenza n. 4481 del 2018, ha accolto la domanda di annullamento, rilevando che:

- il provvedimento sanzionatorio risultava basato su un’istruttoria incompleta, le cui carenze si riflettevano sull’intero impianto motivazionale dell’atto, il quale risultava in più passaggi, e complessivamente nel suo insieme, assertivo e non aderente ai principi normativi e giurisprudenziali in materia;

- sussistevano specifiche carenze dell’analisi economica sulla cui base l’Autorità aveva ritenuto la ricorrenza dell’intesa, con particolare riferimento alla profittabilità della gara;

- l’allineamento dei prezzi indicati nei primi due bandi (11 novembre 2012 e 16 maggio 2013) a quelli applicati in altre due gare coeve aventi il medesimo oggetto (rispettivamente bandite dalla ASL Como- Brianza e dalla ASL di Monza), risultava affermato nel provvedimento sulla base di circostanze più riferite che accertate, tant’è che i due bandi non risultavano citati tra le risultanze istruttorie;

- l’affermazione, inoltre, era formulata in termini assertivi, senza operare una pur minima comparazione tra le condizioni complessive delle due gare, attesa la non praticabilità, per carenza di omogeneità dei criteri, di un confronto limitato al solo prezzo di aggiudicazione, senza considerare gli ulteriori contenuti della prestazione contrattuale, particolarmente rilevanti in materia di appalti sanitari;

- l’Autorità, inoltre, non aveva neppure contestato, con la necessaria specificità derivante dall’avvenuta produzione documentale proveniente dalla ricorrente, l’analisi da questa compiuta per dimostrare, già in sede procedimentale, l’inaffidabilità, per eterogeneità dei criteri, del confronto tra i prezzi delle gare milanesi e quelli delle gare di Como e Monza;

- analoga carenza istruttoria affliggeva l’affermazione contenuta nel provvedimento, secondo cui i prezzi delle prime due gare sarebbero stati sostanzialmente quelli delle forniture appena cessate;

- il bando della terza gara non aveva recepito in toto le indicazioni provenienti dal tavolo tecnico, operando un adattamento minimo proprio in punto di prezzi, che pure avevano costituito, oltre a dati più prettamente tecnici, oggetto delle richieste formulate nei tavoli tecnici convocati dall’amministrazione;

- la rimuneratività delle gare non poteva neppure essere dedotta dalla valutazione di redditività espressa da una delle società sanzionate;

- la comparazione dei prezzi di aggiudicazione all’esito della quarta gara con quelli originariamente previsti nei primi bandi era stata fatta senza considerare in maniera puntuale il modo in cui si era proceduto, nel passaggio da 18 a 9 lotti, ad accorpare gli stessi, non risultando in alcun modo indagato il meccanismo attraverso il quale la modifica del criterio di definizione dei lotti (con il passaggio dal solo criterio delle ore di utilizzo al criterio ore di utilizzo/tipologia di ventilazione) avesse inciso sulle diverse voci di prezzo;

- lo stesso provvedimento riconosceva che l’aumento dei prezzi nella quarta gara non aveva riguardato tutti i lotti, in ciò contraddicendo l’affermazione secondo cui la mancata partecipazione alle prime tre gare era funzionale all’aumento dei prezzi;

- le offerte di S riguardavano lotti in cui era prevista la vendita e non il noleggio degli apparecchi (oggetto, solo quest’ultimo, dei lotti andati deserti e a cui si riferivano le tre gare successive e, dunque, la presunta intesa), rilevando pure come i lotti per i quali aveva partecipato R (par. 78) erano quelli relativi ad apparecchiature a basso valore tecnologico, più confacenti alla politica del soggetto economico che deve entrare in un nuovo mercato, più disposto ad accettare corrispettivi meno appetibili;

- proprio in relazione ai lotti sui quali si era appuntata l’attenzione dell’Autorità ‒ e in ordine alla mancata partecipazione sui quali si sarebbe concretizzato l’accordo collusivo ‒ né S né R avevano formulato offerte, tenendo in sostanza il medesimo comportamento delle presunte parti dell’intesa la cui, asserita, intrinseca irragionevolezza risultava contraddetta per tabulas;

- la richiesta di L e Medicair di rimettere in discussione gli esiti della gara (citata al par. 76) descriveva una vicenda riconducibile ad iniziative individuali a mezzo delle quali due società avevano rappresentato, nelle sedi istituzionali, la non condivisione della procedura di gara seguita;

- altri documenti valorizzati dall’Autorità (quali quelli relativi alle attività di monitoraggio sul conto R o ai rapporti infragruppo) risultavano ascrivibili alle singole società cui si riferivano;

- la modalità di interlocuzione prescelta dall’amministrazione, tavolo tecnico al quale partecipavano la parte pubblica e le imprese del settore, mirava fisiologicamente a far emergere le posizioni contrapposte tra domanda e offerta di un certo servizio;

- i mancati ribassi nel corso della quarta gara riguardavano una fase del procedimento successiva alla presentazione delle offerte che avveniva alla presenza di tutti i partecipanti, circostanza, quest’ultima, che, eliminando l’incertezza in ordine al comportamento delle altre imprese, disincentivava la proposizione di ribassi;

- lo scambio di mail del 10 dicembre 2013 tra Medicair, Vivisol, S, Medigas, Vitalaire e L aveva un contenuto riepilogativo di quanto convenuto al tavolo tecnico del 17 ottobre 2013, promosso dalla stazione appaltante ed espressamente citato nella mail;

- la ricostruzione fattuale e logica posta a base del provvedimento ‒ secondo cui la coincidenza degli esiti di determinate gare sarebbe dipesa dalla concertazione di due tra le imprese presenti nel settore di riferimento ‒ non era l’unica plausibile;

- l’assenza di prove documentali dirette, la presenza di più d’una affermazione apodittica, la ritenuta neutralità di un comportamento identico tenuto da altri concorrenti, il ricorso allo strumento della presunzione pur in assenza della gravità degli indizi, le numerose carenze rilevate in punto di completezza dell’analisi economica, comportavano, in sintesi, che la ricostruzione proposta nel provvedimento impugnato non appariva l'unica plausibile, con la conseguente inconfigurabilità della fattispecie anticoncorrenziale contestata con l'impugnato provvedimento, neppure sotto il profilo della pratica concordata.

4.‒ L’Autorità, soccombente in primo grado, ha appellato la sentenza pronunciata dal T.a.r., deducendone l’erroneità con plurimi motivi di impugnazione.

5.‒ Questa Sezione, con la sentenza n. 51 del 2020, ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della pronuncia del T.a.r., ha rigettato il ricorso di primo grado.

6.‒ La società L Medicale s.r.l. ha chiesto, ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c. e dell’art. 106 c.p.a., la revocazione della sentenza di appello, in quanto inficiata da plurimi errori di fatto, in relazione all’elemento della non profittabilità delle gare.

Secondo la prospettazione attorea, la Sezione, nel valutare tale aspetto, avrebbe, al contempo, ritenuto di prescindere dalla comparazione delle gare e valutato il paragone tra i diversi bandi quale punto centrale al fine di operare l’enucleazione di un rapporto qualità-prezzo confrontabile, indipendentemente dalla diversa configurazione del servizio, in tale modo incorrendo in contraddizione.

Il giudice a quo avrebbe, inoltre, esaminato la questione della rimuneratività delle gare sulla base del confronto tra i diversi lotti e assumendolo come corretto nonostante le incontrovertibili risultanze documentali contrarie, con conseguente emersione di un errore di fatto.

In particolare, la sentenza sarebbe stata erronea:

- nella parte in cui è predicata la confrontabilità delle prime gare con quelle coeve di Como e Monza-Brianza, assumendosi erroneamente che i prezzi posti a base d’asta nella prima e nella seconda gara di Milano erano in linea con quelli delle gare di Como e Monza-Brianza, quando, invece, secondo quanto emergente dagli atti di causa, per 19 lotti su 22 il prezzo ponderato posto a base d’asta a Milano era più basso del corrispondente lotto della gara di Como e Monza-Brianza;

- nella parte in cui è predicata la confrontabilità dei prezzi della quarta gara a quelli della prima gara, quando, invece, sulla base di un corretto abbinamento dei lotti della prima emergerebbe che al lotto n. 25 della prima gara, cui era attribuito il prezzo di € 12, sarebbero corrisposti nella seconda gara il lotto n.1, sempre con prezzo di € 12, e nella quarta gara i lotti n. 1, con pari prezzo di € 12 e n. 3, con prezzo superiore di € 20;
al lotto n. 26 della prima gara, cui era attribuito il prezzo di € 15, sarebbero corrisposti nella seconda gara il lotto n. 2, con prezzo di € 27, e nella quarta gara i lotti n. 2, con prezzo di € 27 e n. 4, con prezzo superiore di € 35;

- nella parte in cui è predicata la confrontabilità dei prezzi delle gare andate deserte a quelli delle forniture uscenti.

7.‒ L’Autorità intimata si è costituita in giudizio, svolgendo argomentazioni in controdeduzione ai motivi di revocazione, di cui sono state eccepite l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza.

8.‒ Con sentenza non definitiva n. 1089 del 2022, questa Sezione ha ritenuto che la sentenza di appello è incorsa in un errore revocatorio, consistente nella mancata percezione che la ricorrente aveva (in primo grado e in appello) dettagliatamente indicato le ragioni per le quali i prezzi oggetto della gara bandita nel 2012 fossero inferiori rispetto a quelli delle forniture uscenti (dunque, da ritenere applicabili al momento dell’indizione delle nuove procedure).

In particolare, l’operatore economico aveva rilevato (pag. 17 e ss. ricorso in primo grado – pag. 21 memoria del 29 ottobre 2019 depositata in appello) che:

- l’Autorità aveva ritenuto che i prezzi posti a base delle prime due gare in contestazione fossero in linea con i corrispettivi previsti nei contratti di fornitura in quel momento vigenti, basandosi tuttavia sul doc. 835 del fascicolo istruttorio, ossia su una tabella redatta da ASL Milano 1 al fine di fornire all’Autorità un riepilogo dei prezzi delle forniture;

- tale tabella conteneva abbinamenti erronei, la cui correzione avrebbe condotto ad un unico risultato, ossia l’infondatezza dell’accusa dell’Autorità, in quanto i prezzi richiesti da ASL Milano 1 nella prima gara per tutti i lotti erano molto più bassi di quelli applicati nelle forniture uscenti;

- in particolare, il lotto In ExSufflator del 2010 risultava univocamente corrispondente al lotto 29 del 2012;
i 4 lotti “Bilevel Temporizzato”, per i quali nel 2010 L aveva offerto il ventilatore G, che non era un ventilatore ad Alte Prestazioni, non potevano oggettivamente essere abbinati ai lotti 27-28 della prima gara, che richiedevano proprio un “Ventilatore ad Alte Prestazioni”;
con la conseguenza che il corretto abbinamento avrebbe dovuto essere in relazione ai lotti 25-26, che avevano ad oggetto un “Ventilatore Volumetrico-Pressovolumetrico”, nella cui categoria rientrava il G;

- i corretti abbinamenti, come emergenti da apposita tabella sinottica predisposta dalla ricorrente (pag. 18 ricorso di primo grado), avrebbero valorizzato una riduzione dei prezzi alla base delle procedure di gara del 2012 rispetto a quelle affidate nel 2010.

Il giudice di appello, se avesse correttamente percepito le contestazioni svolte dalla parte privata, non avrebbe potuto dare come presupposta l’equivalenza dei prezzi delle procedure oggetto di boicottaggio collettivo e dei prezzi vigenti al momento della prima gara, bensì avrebbe dovuto verificare la relativa circostanza, senza potere, peraltro, ritenere sufficiente il riferimento alla mera rappresentazione dell’Autorità denunciante, in assenza dei relativi elementi documentali di supporto probatorio.

8.1.‒ La sentenza non definitiva n. 1089 del 2022, al fine di definire la controversia in sede rescissoria, ha chiesto all’Autorità di provvedere all’integrazione della documentazione in atti, producendo (ove esistenti) i documenti, acquisiti in sede procedimentale, attestanti le modalità di svolgimento del dialogo tecnico tra l’Amministrazione e le imprese sottoposte al procedimento antitrust (valorizzato, tra l’altro, ai paragrafi 76, 90 e ss., 353, 372 e ss. del provvedimento impugnato in primo grado).

Sempre in via istruttoria, la sentenza non definitiva ha invitato l’Autorità a chiarire gli elementi sulla cui base ha ritenuto che «la stazione appaltante ha depositato documentazione dalla quale emerge che i prezzi posti a base d’asta erano in linea con quelli vigenti» (par. 86 provvedimento;
cfr. anche par. 361), specificando se la documentazione a tali fini valutata sia rappresentata soltanto dal doc. 835 (prodotto sub 12 deposito primo grado) citato nelle note 45 e 305 recate nel provvedimento impugnato in prime cure, ovvero se vi siano altri documenti rilevanti acquisiti in sede procedimentale, all’uopo da depositare nell’odierno giudizio.

8.2.‒ In data 13 aprile 2022, l’Autorità ha ottemperato all’ordine istruttorio contenuto nella sentenza non definitiva, depositando memoria con la quale ha rilevato che:

- «[t]ra i documenti che sono confluiti nel fascicolo istruttorio non vi sono i verbali dei citati tavoli tecnici. Nel verbale di audizione di cui al doc. 9 allegato agli atti del giudizio di primo grado (doc. 639 del f.i.), l’ASL 1 ha affermato di non disporre di tali verbali. A conferma dell'assenza di questi documenti, nel corso del procedimento, nemmeno le Parti hanno depositato tali verbali. Quanto al verbale dell’incontro del 27.1.2014 prodotto dal ricorrente Vivisol S.r.l. in primo grado (sub doc. 22), si rileva che l’incontro in questione non rientra tra i tavoli tecnici svolti dinanzi all'ASL Milano 1, ente che ha indetto la gara oggetto del procedimento. Tale incontro, infatti, si è tenuto con l'ASL Milano. Sebbene le due ASL (ASL Milano e ASL Milano 1) in un primo momento avessero deciso di indire la gara insieme, il 30 dicembre 2013 (prima del tavolo tecnico in questione) ASL Milano 1 ha deciso di indire una gara in via autonoma»;

- «[l]’affermazione relativa al fatto che i prezzi posti a base d’asta della procedura aperta per la conclusione di un accordo quadro per un periodo di 24 mesi per la fornitura del servizio di VTD, indetta da ASL Milano con delibera n. 1543 del 22 novembre 2012, in qualità di capofila dell’unione d’acquisto con ASL Milano 1 e ASL Milano 2 nel 2012, fossero in linea con quelli vigenti risulta confermato anche da quanto dichiarato dalla ricorrente S Life S.r.l. (cfr. doc. 1080 del fascicolo istruttorio, punto 55). Si procede quindi a depositare tale documento come richiesto da codesto Ecc.mo Collegio (all. 1). Al riguardo si sottolinea che tutte le valutazioni inerenti il fatto che tali prezzi fossero in linea con quelli vigenti e con quelli di alcune altre gare sono riportate ai paragrafi 352 e seguenti del Provvedimento dell’Autorità n. 263126 del 21 dicembre 2016, già depositato agli atti del giudizio di primo grado (sub doc. 1), e a cui si rinvia dunque integralmente».

9.‒ In vista del giudizio rescissorio, L e l’Autorità hanno depositato ulteriori memorie.

10.‒ All’esito dell’udienza del 1 dicembre 2022 e delle ulteriori camere di consiglio del 12 gennaio 2023 e del 22 marzo 2023, la causa è stata decisa nei termini di seguito esposti.

DIRITTO

1.‒ L’accoglimento della domanda rescindente, con conseguente annullamento della sentenza revocanda, impone il passaggio alla fase rescissoria, al fine di svolgere un nuovo giudizio sul merito della controversia, emendato dall’errore di fatto rilevato dalla Sezione con la sentenza non definitiva, nel quale le parti si vengono a trovare nelle stesse condizioni in cui erano prima della sentenza revocata (l’Autorità nella veste di appellante e L nella veste di parte appellata).

2.‒ Oggetto del presente giudizio è l’impugnazione in origine proposta da L avverso la parte del provvedimento che ha accertato, nei di lei confronti, la partecipazione alla intesa riguardante l’affidamento del servizio di ventiloterapia domiciliare per i pazienti residenti nel territorio della ASL Milano 1, e che ha conseguentemente irrogato alla medesima una sanzione pari a € 1.410.887,00.

Con tale provvedimento l’Autorità deduce che, scaduti nel 2012 i contratti per la fornitura di servizi di ventiloterapia domiciliare per i pazienti residenti nel territorio di propria competenza, la ASL Milano 1 decideva di mettere a gara l’affidamento del servizio, che veniva suddiviso in 22 lotti, affidati nell’ambito di una più ampia procedura che riguardava anche le ASL Milano e Milano 2. Nell’ambito di tale prima gara venivano presentate offerte per soli sette lotti, da parte delle imprese S e R.

Stante questo esito negativo, ASL Milano 1 ha avviato un tavolo di confronto diretto con gli operatori economici, al fine di comprendere le criticità del settore e le motivazioni della mancata partecipazione alla gara e valutare, così, le più opportune e possibili azioni da intraprendere. A tale iniziativa hanno aderito L, Medicair Italia, Medigas, R, S, SICO, Vitalaire e Vivisol.

Secondo l’Autorità, nel corso del suddetto tavolo tecnico sarebbero state discusse sia le condizioni tecniche che quelle economiche: le prime avrebbero condotto ad una ridefinizione dei lotti ancora da assegnare;
quanto alle condizioni economiche, la discussione si sarebbe compendiata nella richiesta unanime, di tutti gli operatori economici partecipanti, di aumentare i prezzi posti a base d’asta al fine di allinearli con quelli ‘fissati’ nell’ambito della procedura che in quel periodo veniva svolta dall’ASL di Cremona, in qualità di capofila delle ASL di Mantova, Pavia e Lodi.

Nel provvedimento impugnato si riferisce che venivano quindi bandite nuove gare per i lotti andati deserti, rispettivamente nel maggio 2013 e dicembre 2013, in cui prezzi a base d’asta erano stati aumentati rispetto alla prima gara, e tuttavia non allineati con le richieste degli operatori economici. Anche la seconda e la terza gara si sono chiuse senza offerte ammissibili, essendo pervenute solo alcune offerte a prezzo superiore a quello indicato alla base d’asta.

Indetta una quarta gara le Parti vi partecipavano, presentando offerte di importo pari alla base d’asta, che era stata rivista al rialzo ed adeguata alle richieste espresse dalle Parti nel tavolo tecnico.

L’Autorità evidenzia ancora, nel provvedimento sanzionatorio, che nel corso del procedimento le Parti hanno giustificato la mancata presentazione di offerte, o di offerte valide, nelle prime tre gare, sulla base della asserita non remuneratività dei prezzi a base d’asta. Tuttavia sarebbero acquisiti agli atti documenti dai quali si evince che i prezzi posti a base d’asta erano in linea con quelli praticati in quel periodo nel settore di riferimento;
inoltre, agli atti del fascicolo sarebbero presenti anche alcune “schede di redditività” predisposte da alcune delle società indagate in previsione della gara: tali schede evidenzierebbero margini positivi in caso di accreditamento per la fornitura del servizio di VTD. A ulteriore conferma della redditività del prezzo indicato nella prima gara, l’Autorità sottolinea che per 7 dei 22 lotti oggetto della prima gara sono pervenute offerte dalle società SICO e R, che hanno offerto sconti significativi. Rileverebbe, infine, la circostanza fattuale per cui alcuni lotti andati deserti nella prima gara (lotti n. 1, 3, 6 e 9), nella seconda e nella terza gara, sono stati aggiudicati nella quarta gara ad un prezzo uguale o inferiore rispetto a quello originariamente previsto, come evidenziato nella tabella inserita a pag. 19 del provvedimento impugnato.

A ulteriore conferma della esistenza di una concertazione finalizzata a spingere la stazione appaltante ad aumentare i prezzi a base d’asta, l’Autorità cita anche documentazione interna, reperita presso alcune delle Parti, dalla quale si evince che esse si erano preparate a presentare una offerta di partecipazione alla terza gara, ma che hanno deciso di non presentare l’offerta solo pochi giorni prima della scadenza del termine.

La sussistenza di una concertazione sarebbe quindi dimostrata dal singolare parallelismo di condotte (tre gare sostanzialmente deserte, partecipazione alla quarta gara con presentazione di offerte in tutti i casi pari all’offerta base e accettazione della proroga della fornitura scaduta a costi superiori a quelli a suo tempo concordati), che non potrebbe essere spiegato se non sulla base della previa conoscenza del comportamento delle altre parti.

In sintesi il provvedimento evidenzia come il peculiare meccanismo di gara, al massimo ribasso e tale per cui un minimo sconto rispetto alla base d’asta avrebbe comportato l’aggiudicazione, rendeva palese l’irragionevolezza della mancata partecipazione alla gara, spiegabile solo supponendo la previa sicura consapevolezza della mancata partecipazione degli altri competitors. La decisione di non partecipare (o di presentare offerte inammissibili), poi, diversamente da quanto prospettato dalle società parti del procedimento, non potrebbe essere espressione di una lecita e autonoma determinazione.

In particolare, secondo l’Autorità non sarebbe ravvisabile, in ordine alle gare deserte, la non remuneratività della gara, atteso che: a) le gare sarebbero state bandite riproducendo i prezzi vigenti;
b) all’esito della quarta gara, alcuni lotti sarebbero stati assegnati ad un prezzo inferiore a quello proposto nelle gare deserte;
c) alcune società considerate parti dell’intesa avrebbero presentato offerte, ai medesimi prezzi proposti nelle prime tre gare dell’ASL Milano 1, per le gare bandite nel medesimo periodo da altre ASL lombarde (Como e Monza–Brianza);
d) altri operatori del settore (S o R) avrebbero partecipato alla prima gara con riferimento a sette lotti;
e) non vi sarebbe infungibilità tra le prestazioni, tale da giustificare una diversa reazione dei singoli competitors.

In tale contesto, si avrebbe evidenza di contatti tra le parti volti a concertare i contenuti delle lettere che ogni società avrebbe dovuto inviare alla stazione appaltante in risposta alla richiesta di proroga dei contratti di fornitura in essere, nelle more dell’aggiudicazione di una nuova gara, oltre a numerosi documenti, tali da far emergere una politica comune, perseguita anche mediante la partecipazione ai tavoli. Le parti, inoltre, avrebbero tenuto un comportamento aggressivo nei confronti delle società partecipanti alla prima gara, una delle quali, R, si era appena affacciata sul mercato.

In definitiva, l’intesa avrebbe riguardato l’intero periodo necessario allo svolgimento delle quattro gare, comportando, nelle more della aggiudicazione finale, lo svolgimento in proroga del servizio da parte delle società assegnatarie delle aggiudicazioni del 2009, anche questo a prezzi più alti di quelli originariamente pattuiti. L’illecito accertato apparterrebbe al novero delle intese per oggetto, essendo volto a mantenere artificiosamente elevato il prezzo di erogazione del servizio e a impedire il normale svolgimento delle dinamiche competitive nelle quattro gare d’appalto, esonerando l’Autorità dalla necessità di accertare più nel dettaglio gli effetti della intesa sul mercato.

2.1.‒ Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso di L, ritenendo che gli elementi probatori indicati dall’Autorità non integrassero un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti e, per l’effetto, ha annullato, per quanto di ragione, la delibera sanzionatoria n. 26316 del 21 dicembre 2016.

2.2.‒ L’Autorità, con il primo motivo di appello, contesta la decisione del T.a.r. per aver ritenuto che l’analisi dell’Autorità soffrisse della «assenza di prove documentali dirette», basandosi solo su elementi indiziari in sé non convincenti. Tale pronunciamento si caratterizzerebbe per una lettura incompleta ed atomistica delle evidenze, le quali, invece, sarebbero idonee (i) a comprovare contatti tra concorrenti dal contenuto anticompetitivo e/o ii) a confermare l’assoluta inattendibilità in concreto delle c.d. spiegazioni alternative all’intesa formulate dalle imprese parti.

Con il secondo motivo di appello, la difesa erariale ha evidenziato, anzitutto, che l’accertamento è partito dalla constatazione del marcato parallelismo delle condotte dalle imprese, denunciato dalla stazione appaltante ed effettivamente confermato dall’indagine condotta, tipicamente sintomatico di una concertazione anticompetitiva. Tale parallelismo non aveva riscontro nei comportamenti seguiti dagli altri operatori presenti nel mercato, i quali avevano seguito strategie del tutto diverse. L’anomalìa di tale parallelismo, dei comportamenti tenuti dalle varie Parti, si evidenziava ancor più a fronte del fatto che le procedure erano state concepite per assicurare la massima partecipazione: infatti, in luogo di una commessa unitaria, la stazione appaltante aveva suddiviso il servizio in diversi lotti, consentendo a ciascuna impresa di presentare offerte nonché di rendersi aggiudicatarie di un lotto anche in presenza di una sola offerta. Tutto ciò consentiva anche ad imprese con limitate capacità di partecipare alla gara, rendendosi aggiudicatarie anche solo di uno o di pochi lotti. Premesso, dunque, che l’accertamento è partito dal rilievo di un anomalo parallelismo tra le condotte delle Parti, l’istruttoria avrebbe consentito di raccogliere elementi probatori che confermano il movente anticompetitivo e, quindi, l’esistenza della concertazione. Tali elementi sono costituiti, secondo l’Autorità: (i) dalla mail del 10 dicembre 2013, circolata tra le parti tra la seconda e la terza gara, nella quale le stesse condividono tra di loro la risposta da dare alla ASL che chiedeva loro di prorogare le forniture in essere nelle more dell’aggiudicazione della nuova gara, che dimostra che le imprese si sentivano in modo ripetuto e costante;
(ii) dalla missiva del 13 marzo 2014, inviata da Medicaire alla ASL, in cui questa preconizzava che la terza gara non avrebbe consentito l’aggiudicazione dei lotti in ragione dell’esiguità del prezzo posto a base della gara;
(iii) dalla documentazione interna reperita presso L, la quale dimostra che le unità operative interne si erano preparate a partecipare alla gara, e proprio il 13 marzo 2014 hanno ricevuto la direttiva di lasciar perdere e di comunicare alla stazione appaltante che il motivo della non partecipazione risiedeva nei prezzi bassi posti a base d’asta e nell’impianto di gara, non corrispondente a quanto stabilito durante i dialoghi tecnici;
(iv) dalla risposta che le unità operative interne a L hanno dato il 17 marzo 2014, in cui si chiede di “eliminare la parte relativa ai prezzi troppo bassi”;
(v) dalle altre evidenze documentali che dimostrano come almeno S e L avessero intenzione di partecipare alla quarta gara formulando offerte leggermente inferiori alla base d’asta onde “evitare esclusione dalla gara”.

E ancora, secondo la difesa erariale sarebbero inattendibili le spiegazioni alternative fornite dalle parti. Queste hanno giustificato la non partecipazione alle prime tre gare con la assenza di redditività delle medesime, mentre nella quarta gara la decisione di fare offerte pari alla base d’asta senza concedere sconti migliorativi sarebbe spiegabile come intelligente adattamento alle scelte dei concorrenti. Tuttavia, sottolinea la difesa erariale, l’analisi della redditività effettuata negli uffici interni di S dimostrerebbe che un, seppur contenuto, margine di profitto sussisteva, ed anche documentazione interna di L attesta che la domanda di partecipazione alla terza gara era stata preparata in tempo utile. L’Autorità avrebbe inoltre dimostrato, al par. 352 del provvedimento, che i prezzi delle prime tre gare erano coerenti con quelli posti a base d’asta in gare coeve, esperite in vicine province lombarde, gare che avevano visto anche la partecipazione di alcune delle Parti;
che alcune delle offerte presentate per la quarta gara (lotti ex 27, lotto ex 31, lotto ex 39), pari alla base d’asta, in realtà erano inferiori ai prezzi posti a base a base d’asta in gare precedenti, oppure uguali (lotto ex 25);
e che non erano stati richiesti servizi aggiuntivi che potessero erodere l’utile effettivo. Infine, la mancanza di redditività non spiega il motivo per cui diverse tra le Parti hanno chiesto di rimettere in discussione i lotti assegnati a S e R all’esito della prima gara, comportamento, questo, che invece potrebbe spiegarsi con ciò che tali aggiudicazioni indicavano in ordine alla redditività della gara. Infine, anche la presentazione, nel corso della quarta gara, di offerte tutte pari alla base d’asta non si potrebbe spiegare, come pretendono le parti, con la mancanza di convenienza a presentare offerte al ribasso, atteso che la configurazione della gara (finalizzata alla individuazione dei soggetti idonei a fornire i vari servizi, stipula di accordo quadro con i medesimi e, tra più soggetti idonei, preferenza nella scelta accordata all’operatore che avesse offerto il prezzo più basso) stimolava gli operatori a offrire dei ribassi.

Con il terzo motivo di appello, l’Autorità contesta le statuizioni del T.a.r. secondo cui vi sarebbe difetto di istruttoria in ordine all’accertamento dei prezzi vigenti, nel periodo di riferimento, e applicati in gare coeve, anche in relazione al difetto di una seria analisi tra la confrontabilità delle gare in considerazione ed altre coeve, nonché tra le condizioni economiche fissate nelle differenti gare indette dalla ASL Milano 1. Gli obiettivi del boicottaggio sono comunque stati raggiunti nel complesso, essendosi indotta, la stazione appaltante, a indire una quarta gara a condizioni ben più elevate di quelle iniziali, e allineate con quelle praticate nella gara indetta a Cremona;
in ogni caso il confronto con i prezzi praticati in gare coeve è stato studiato dalla stessa ASL 1, da quest’ultima anche evidenziato nella denuncia all’Autorità, e comunque verificato anche da quest’ultima, come motivato al par. 73 del provvedimento.

Il T.a.r. avrebbe errato nell’affermare che la documentazione reperita presso la sede di alcune imprese non potrebbe riferirsi a tutte le Parti, e quindi non costituirebbe riscontro alle condotte parallele: si tratta di documentazione comunque significativa, se valutata nel contesto sopra descritto. Tra tali documenti dovrebbero includersi le c.d. schede di redditività degli investimenti reperite presso S e la già ricordata corrispondenza interna a L attestante la preparazione dei documenti da allegare alla domanda di partecipazione alla terza gara. Illogica e generica è, inoltre, l’argomentazione utilizzata dal giudice di primo grado per ritenere non probante la partecipazione di S e R alla prima gara.

Con il quarto motivo d’appello, l’Autorità ha dedotto l’erroneità della sentenza appellata, per non aver rettamente considerato il valore significativo di determinate evidenze documentali. In particolare la mail del 10 dicembre 2013: secondo la difesa erariale tale missiva ha tutte le caratteristiche di una tipica prova diretta di concertazione tra concorrenti: è infatti un documento scritto che tutte le imprese hanno condiviso;
i suoi contenuti sono quelli tipici della concertazione anticompetitiva, atteso che attestano un vero e proprio accordo («come da accordi») sul tipo di risposta da dare all’amministrazione, cui seguono ulteriori contenuti condivisi concernenti l’esortazione ad accettare aumenti di prezzo molto consistenti non solo per la proroga dei contratti in essere, ma anche per i futuri contratti. I toni e la terminologia del messaggio sono quelle tipici di un cartello che dura da tempo e nel quale sussiste una abitualità delle parti a discutere insieme contenuti di tenore analogo. Si tratta di una mail alla quale non può essere ascritto, come sostenuto dal T.a.r., un contenuto ‘riepilogativo’ di quanto avvenuto al tavolo tecnico, ma in ogni caso, in difetto di prove di sicuro senso contrario, tale documento non può essere ritenuto insignificante ai fini della dimostrazione di contatti tra le Parti, e dunque di una concertazione;
in ogni caso, i resoconti di quanto avvenuto nel corso dei tavoli tecnici dimostrano che non è mai stato raggiunto un accordo sulle condizioni economiche, e dunque non si comprende quale sarebbe il valore riepilogativo della mail in questione. La mail in esame dimostra che a valle dei tavoli l’Amministrazione ha infatti chiesto le proroghe dei contratti e le imprese non hanno deciso cosa rispondere autonomamente, ma si sono sentite tra loro appositamente per concordare cosa rispondere, ovvero che nessuna proroga sarebbe stata concessa se non previa accettazione di vistosi rincari (doc. 12);
nella medesima occasione le imprese hanno anche concordato di richiedere espressamente prezzi più alti non solo per le proroghe, ma anche per le forniture di prossima aggiudicazione. La concertazione è dunque un evento che nulla avrebbe a che vedere con eventuali discussioni ai tavoli tecnici, e questi ultimi non possono aver esplicato alcuna funzione di “sanatoria” delle condotte illecite a valle dei medesimi, tradottesi in contatti esterni alla sede del tavolo tecnico e nella espressione, da tutte le Parti, del consenso alla erogazione del servizio in proroga ai prezzi praticati nella gara indetta per la provincia di Cremona. Non rilevante, ai fini di sminuire il significato dei comportamenti paralleli, sarebbe la autonoma decisione di S di non continuare ad erogare il servizio in proroga, poiché tale condotta non esclude l’esistenza della intesa. Anche i documenti che hanno ad oggetto la decisione di L e Medicaire di non presentare domanda per la terza gara, che recano la stessa data, sono significativi di contatti tra le parti.

2.3.‒ L, che costituendosi ha anche riproposto ai sensi dell’art. 101 c.p.a. i motivi del suo originario ricorso di primo grado assorbiti dal Tar (concernenti la misura della sanzione), argomenta diffusamente nel senso dell’infondatezza dell’appello, deducendo in estrema sintesi che:

i) con riguardo al primo motivo di appello, le asserzioni ivi contenute sono affette da palesi errori, in quanto: nel provvedimento non è citato un solo documento da cui risulti una condivisione (sia pur parziale o episodica) delle strategie di gara tra le parti;
nessun incontro tra le imprese sanzionate ha mai avuto luogo, né prima né dopo il tavolo tecnico convocato dall’ASL;
non vi è prova che la condotta di L e delle altre società sanzionate abbiamo costretto l’ASL ad accettare «condizioni di acquisto estremamente onerose»;

ii) con riguardo al secondo motivo di appello:

- il fatto che i bandi prevedessero come criterio di scelta dei contraenti l’offerta economicamente più vantaggiosa, era di fatto ininfluente in tema di incentivi per le imprese, in quanto la gara prevedeva la conclusione di un accordo quadro e non l’assegnazione di forniture certe;
posto che per la prima tornata di gara non sussiste il minimo indizio di concertazione, nelle altre tornate R si è comportata oggettivamente come le imprese sanzionate (ovvero: non ha presentato offerte salvo che alla quarta gara, in cui ha fatto un’offerta pari alla base d’asta senza rilanci);
la tesi per cui la disciplina di gara, consentendo l’assegnazione anche di singoli lotti, avrebbe dovuto «assicurare la massima partecipazione», è fallace perché ignora il decisivo tema della rimuneratività (la questione non era se le imprese fossero astrattamente in grado di presentare offerte, ma se esse avessero convenienza a farlo in base alle caratteristiche del servizio richiesto, alle basi d’asta e ai propri vincoli di rimuneratività);

- le asserite prove documentali della concertazione anti-competitiva (l’email circolata tra tutte le imprese ritenute parti dell’intesa, la lettera inviata da Medicair alla ASL, la documentazione interna” a L e S) sono inconferenti, irrilevanti e prive di efficacia probatoria;

- gli argomenti utilizzati dall’Autorità (segnatamente: la scheda interna di redditività della prima gara redatta da S;
la circostanza che L abbia preparato parte dei documenti d’offerta per la terza gara, salvo poi decidere di non presentare offerta) per bollare come inattendibile la spiegazione della condotta di gara fornita da L (secondo cui essa non ha partecipato alle prime tre tornate di gara a causa della non rimuneratività dei prezzi posti a base d’asta) sono infondati;

- l’asserita conformità dei prezzi di gara a quelli delle gare Como e Monza è una affermazione falsa: L ha fornito, già in sede procedimentale, un confronto preciso e oggettivamente riscontrabile tra le basi d’asta dei lotti della gara ASL Milano 1 e quelle dei corrispondenti lotti delle gare di Como e Monza-Brianza, fondata sui dati dei documenti di gara, da cui si desume che, per 19 lotti su 22, il prezzo ponderato posto a base d’asta a Milano era più basso del corrispondente lotto della gara di Como e Monza-Brianza;

- anche la pretesa conformità dei prezzi della quarta gara a quelli delle prime gare è il frutto di alcuni clamorosi errori tecnici nell’abbinamento dei lotti delle tornate di gara: L ha fornito, anche in questo caso, un confronto preciso e oggettivamente riscontrabile tra le basi d’asta dei lotti della gara ASL Milano 1 e quelle dei corrispondenti lotti delle gare di Como e Monza-Brianza, fondata sui dati dei documenti, da cui si desume che i prezzi a base d’asta dei lotti della quarta gara sono stati tutti più elevati dei prezzi dei corrispondenti lotti delle prime gare (fa eccezione il solo lotto 39 relativo alla fornitura dell’HME Booster, il cui prezzo a base d’asta è rimasto invariato, ma che nell’ambito della fornitura aveva un’importanza minima, trattandosi di un accessorio dei ventilatori);

- l’asserita conformità dei prezzi delle gare andate deserte a quelli delle forniture uscenti, è anch’essa affermazione priva di fondamento: L ha fornito un’analisi oggettiva e riscontrabile, basata sui documenti di gara, da cui si evince che i prezzi richiesti da ASL Milano 1 nella prima gara per tutti i lotti erano molto più bassi di quelli delle forniture uscenti;

- l’asserita assenza di richiesta di servizi medicali aggiuntivi dell’ASL è lesiva dei diritti di difesa tenuto dall’Autorità: né nella CRI, né nel provvedimento, né in sede giurisdizionale, l’Autorità ha, addotto la benché minima analisi dei prezzi delle due gare, ponderata alla luce delle differenti richieste di servizi accessori e idonea a sostanziare tale accusa;
peraltro, sarebbe stato sufficiente leggere i disciplinari delle due gare per rendersi conto della quantità e qualità di servizi aggiuntivi richiesti nel 2012 rispetto al 2010;

- l’asserito rilievo dell’offerta di S e R nella prima gara è anch’esso errato: in primo luogo, trascura il fatto che le offerte di S erano relative agli unici 5 lotti con la formula dell’acquisto, che per gli operatori del settore sono tipicamente poco appetibili, in quanto prevedono solo la rivendita di macchinari, senza attività accessorie;
inoltre, omette di considerare che R, in quanto nuovo entrante sul mercato milanese, ben poteva avere interesse a presentare offerte aggressive per alcuni lotti;
in generale, perché muove dall’assunto indimostrato per cui certe condizioni di gara, se remunerative per due imprese, debbano necessariamente essere altrettanto remunerative per tutte le altre, in assenza di alcuna prova o analisi al riguardo;

- le contestazioni di L e Medicair sullo svolgimento della prima gara erano, prima ancora che comprensibili in ottica economico-industriale, pienamente motivate e giustificate nel merito, come confermato dalla prova dei fatti;

- gli assunti dell’Autorità relativi alla condotta tenuta dalle imprese sanzionate nella quarta tornata di gara derivano da una mancata analisi dei meccanismi di gara: il modello di gara ad accordo quadro con più fornitori scelto dall’ASL rendeva l’applicazione di sconti non necessaria per aggiudicarsi la gara o un maggior volume di forniture: la scelta dell’ASL di svolgere la fase di confronto competitivo alla presenza dei rappresentanti di tutte le imprese non poteva che portare all’esito verificatosi, poiché ha consentito a tutti di verificare le mosse degli altri in tempo reale;
anche R, ritenuta estranea all’intesa, ha offerto i prezzi a base d’asta e non ha poi offerto rilanci;

iii) il terzo motivo di appello non è in grado di inficiare le statuizioni della sentenza di primo grado, nella parte in cui stigmatizzano il grave difetto di istruttoria in cui è incorsa l’Autorità nell’apprezzare i fatti di causa (segnatamente con riguardo: alla conformità delle condizioni di gara adottate dall’ASL Milano 1 con quelle di Como e Monza;
alla conformità delle condizioni di gara adottate dall’ASL Milano 1 con quelle delle forniture uscenti;
al confronto tra le condizioni delle prime due gare e quelle della terza;
al confronto tra le condizioni della prima tornata di gara e quelle della quarta tornata di gara);

iv) alla luce dell’inidoneità degli elementi addotti a provare l’intesa, L insiste per il rigetto del quarto motivo di appello, costituito dalla riproposizione di argomenti già addotti in precedenza.

3.‒ In ragione della estrema complessità della materia controversa, è necessaria una previa digressione sulla ‘fattispecie’ normativa delle intese vietate e, soprattutto, sullo standard probatorio che deve essere osservato nello scrutinio delle sanzioni amministrative ‘punitive’ (riprendendo le conclusioni recentemente formulate dalla Sezione, con la sentenza n. 3570 del 2022).

3.1.‒ A sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno.

Secondo la consolidata giurisprudenza europea, «accordi» e «pratiche concordate» sono forme collusive che condividono la medesima natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme in cui esse si manifestano, e possono coesistere anche nell’ambito di una stessa intesa (Corte di Giustizia UE, 5 dicembre 2013, C-449/11P).

Mentre la fattispecie dell’accordo ricorre qualora le imprese abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo (Corte di Giustizia UE, 15 luglio 1970, C-41/69, punto 112), la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento che, senza essersi spinta fino alla stipulazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza (Corte di Giustizia UE, sentenza 26 gennaio 2017, C 609/13 P, punto 70).

Il testo normativo europeo ‒ così come il corrispondente testo nazionale, di cui all’art. 2 della legge n. 287 del 1990, con espressioni linguistiche sovrapponibili ‒ contempla alcune fattispecie tipiche aventi tuttavia valenza non tassativa. Viene esemplificato che sono vietati gli accordi e le pratiche consistenti nel: «a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione;
b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi».

L’individuazione delle condotte illecite ‘atipiche’ deve partire dalla concezione sottesa alle norme del TFUE in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve determinare autonomamente la condotta che intende seguire nel mercato interno, cosicché devono ritenersi vietati i contatti diretti o indiretti di qualsiasi genere che possano influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente, attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che essi hanno deciso o intendono seguire sul mercato quando tali contatti abbiano quale scopo o effetto una restrizione della concorrenza (cfr. ancora la sentenza 26 gennaio 2017, C 609/13 P, punto 72).

3.2.‒ La definizione normativa distingue tra intese restrittive per «oggetto» ‒ ovvero quello che, tenuto conto del tenore delle disposizioni collusive, degli obiettivi perseguiti, del contesto economico e giuridico nel quale si inseriscono, hanno ‘contenuto’ anticoncorrenziale ‒ e intese restrittive per «effetto», la cui dannosità può essere apprezzata soltanto sul terreno delle ripercussioni negative registratesi sulla struttura del mercato.

Tale distinzione ‒ che rileva già sul piano degli elementi costitutivi dell’illecito ‒ comporta un regime probatorio diverso.

Per le pratiche qualificate come restrizioni per «oggetto», non occorre dimostrarne gli effetti sulla concorrenza al fine di qualificarle come «restrizione della concorrenza», ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto ‒ secondo la valutazione prognostica del legislatore ‒ siffatti comportamenti sono di per sé dannosi per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, in quanto determinano riduzioni della produzione e aumenti dei prezzi, dando luogo ad una cattiva allocazione delle risorse a detrimento, in particolare, dei consumatori (Corte di Giustizia UE, sentenze 19 marzo 2015, C 286/13 P, punto 115;
26 novembre 2015, C 345/14, punto 20, e del 23 gennaio 2018, C 179/16, punti 78 e 79).

Per contro, qualora non sia dimostrato l’oggetto anticoncorrenziale di un accordo o di una pratica concordata, occorre esaminare i suoi effetti al fine di fornire elementi comprovanti che il gioco della concorrenza è stato, di fatto, impedito, ristretto o falsato in modo sensibile (Corte di Giustizia UE, sentenza del 26 novembre 2015, C 345/14, punto 17).

3.3.‒ Veniamo ora allo standard probatorio.

Secondo la constante giurisprudenza europea, il principio della presunzione d’innocenza, sancito dall’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, si applica alle procedure che possono concludersi con pesanti sanzioni afflittive (Corte di Giustizia UE, 10 novembre 2017, T-180/15).

La presunzione di innocenza risulta, del resto, anche dall’articolo 6, paragrafo 2, della CEDU che, come noto, costituiscono principi generali del diritto dell’Unione. La natura «penale» in senso convenzionale delle sanzioni irrogate dall’Autorità antitrust è indubbia, tenuto conto delle finalità repressive e preventive perseguite e del fatto che l’accertamento di antitrust infringement determina, oltre all’irrogazione di pesanti sanzioni amministrative pecuniarie e alla condanna al risarcimento del danno eventualmente cagionato, anche un significativo danno reputazionale (sulla natura sostanzialmente penale delle responsabilità per violazioni delle norme sulla concorrenza, Corte EDU, sentenza 27 settembre 2011, caso Menarini-Diagnostics s.r.l. c. Italia;
in generale sulla nozione di pena in senso convenzionale: Corte EDU, Engel e altri

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