Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-02-21, n. 201200912

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-02-21, n. 201200912
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201200912
Data del deposito : 21 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03915/2011 REG.RIC.

N. 00912/2012REG.PROV.COLL.

N. 03915/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3915 del 2011, proposto dai:
sigg. G A, L A, A A, S M B, G C, C C, N C, C O M D B, A M D, F F, C F, A G, M A G, G G, P L, M M, G M, A M, E M, L M, D M, A P, G M P, M T P, M P, P P, M P, F P, R R, S R, R S, A S, A S, L S, R S, M T, V Vitto, rappresentati e difesi dall'avv. Gabriella Deplano, con domicilio eletto presso l’avv. Stefano Pantalani in Roma, via E. Duse , n.35;

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso la sede di detta Avvocatura;
l’ Organizzazione Sindacale Cisl F.P. (Coordinamento Nazionale Giustizia), non costituita in giudizio;
l’ Organizzazione Sindacale Confsal-Unsa – Giustizia – non costituita in giudizio;

nei confronti di

i sigg. Angela Cillis, Giuseppina Amoroso, Francesca Fusco e Marzia Consuelo Lara Spadaio, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio - sede di Roma - Sezione I^ quater – n. 1421 del 5 febbraio 2011, resa tra le parti, concernente il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo con riferimento all’Accordo stralcio del C.C.N.L. Integrativo del personale non dirigenziale - quadriennio 2006/2009;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2011 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti l’avv. Gabriella Deplano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. - Gli attuali appellanti (che sono parte del più ampio numero di ricorrenti in prime cure come deducibile dal raffronto dell’epigrafe della sentenza con l’epigrafe dell’appello in esame) hanno impugnato innanzi al TAR del Lazio l'atto con il quale è stata approvata l'ipotesi di Accordo stralcio del Contratto collettivo nazionale integrativo del personale non dirigenziale del Ministero della giustizia (quadriennio 2006/2009), siglato il 15/12/09, e di conseguenza lo stesso Accordo stralcio del CCNL.

Gli stessi premesso, in punto di fatto, che, in forza dell’accordo sottoscritto il 5 febbraio 2002 a seguito del Contratto collettivo nazionale 16 febbraio 1999 (articolo 13, comma 5), essi, già Collaboratori di area B, posizioni economiche B2 e B3, sono ora inquadrati, a seguito di percorso formativo, nell’area C, posizione C1 - direttore, Settore della professionalità organizzativa e delle relazioni, in concomitanza con le varie procedure di inquadramento ai sensi della legge 27 luglio 2005, n. 154 e del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, hanno lamentato in primo grado che, a seguito del Contratto collettivo nazionale siglato il 15 dicembre 2009 (che ha definito il nuovo ordinamento professionale e i relativi profili professionali e ha classificato tre aree) si sono aggregate nella terza area un insieme di figure professionali eterogenee (ex bibliotecario, collaboratore, comunicatore, direttore, formatore, statistico) che provocano un appiattimento della figura di direttore d'istituto penitenziario (ex collaboratore di istituto) con quella di collaboratore amministrativo.

In punto di diritto, ritenuta in virtù di specifiche considerazioni la sussistenza della giurisdizione del Giudice amministrativo, hanno proposto due motivi di impugnazione, rispettivamente:

- di violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 della legge 27 luglio 2005, n. 154, del decreto legislativo 15 febbraio 2006 , n. 63 e degli articoli 6, 7 e 8 del C.C.N.L., Comparto Ministeri 2006/2009, dell'articolo 97 della Costituzione, dell'articolo 1 della legge 27 luglio 2005, n. 154, nonché del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63;

- di violazione dell'articolo 97 della Costituzione laddove le disposizioni del decreto legislativo, non avrebbero posto alcuna previsione per la figura di direttore C1.

Successivamente hanno proposto motivi aggiunti, attraverso la notifica di tre distinti mezzi processuali, così integrando le doglianze già svolte con l’atto introduttivo del giudizio

2. - Con sentenza n. 1421 del 5 febbraio 2011 il Giudice adito ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sulla base di motivazione che può essere così riassunta:

- la materia trattata con il ricorso attiene al rapporto di lavoro che lega i ricorrenti all’Amministrazione in virtù del quale essi sono inquadrati nell’area C, posizione C1, settore della professionalità organizzativa e delle relazioni;

- i ricorrenti, pertanto, rientrano fra le categorie di personale nei cui confronti, ai sensi dell’articolo 2, commi secondo e terzo, e degli articoli 3 (in particolare comma 1 ter , aggiunto dall'art. 2 della legge 27 luglio 2005, n. 154) e 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, applicabili ratione temporis alla fattispecie, ha giurisdizione il Giudice Ordinario e non il Giudice Amministrativo (cfr. per la disciplina attuale l’art. 7 del C.P.A.);

- ad inficiare detto avviso non sono utili le considerazioni dei ricorrenti (la domanda giudiziale proposta non porrebbe un problema di inquadramento per mansioni e, quindi, questioni di diritto soggettivo, bensì lamenterebbe l'illegittimità della rappresentazione delle linee guida dell'organizzazione degli uffici e delle carriere) tenuto conto che, essendo stato denunziato, in particolare, che per effetto delle norme vigenti vi è stato “…un appiattimento della figura di direttore di istituto penitenziario (ex collaboratore di istituto) con quella di collaboratore amministrativo…” , a ben vedere ci si duole dell’asserita illegittimità degli inquadramenti nella nuove qualifiche, come disposti in base alla contrattazione collettiva, e si affrontano, quindi, “…tematiche specifiche di un rapporto di lavoro che, ai sensi delle disposizioni sopra citate, rientra nella giurisdizione del Giudice Ordinario…” .

3. - Con l’appello indicato in epigrafe è stata chiesta la riforma di detta sentenza e cioè che il Giudice di appello, affermata la giurisdizione del Giudice Amministrativo, accolga la domanda giudiziale proposta in prime cure per l’annullamento dell’atto di approvazione dell’Accordo Integrativo del personale non dirigenziale del Ministero della Giustizia, considerato che con detto atto si sarebbe stravolto il processo di riforma del sistema di classificazione professionale già avviato dall’art. 26 del C.C.N.L. 5 aprile 2000 e proseguito con il C.C.N.L. 2006/2009, nonché si sarebbero violate le linee guida precedentemente determinate.

Con tre successivi ricorsi per motivi aggiunti hanno, altresì, impugnato tutti gli atti successivi, ivi compresi quelli di approvazione dei nuovi profili professionali, fino alla sottoscrizione del Contratto Collettivo Nazionale di lavoro.

4. - L’Amministrazione della Giustizia si è costituita in giudizio senza, però, rassegnare alcuna difesa scritta.

5. - Nella Camera di Consiglio fissata ex art. 105, comma 2, del C.P.A. l’appello è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1. - La sentenza impugnata ha dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo a conoscere delle questioni proposte con il ricorso di primo grado perché esse, seppur nominalmente riferite ai contratti nazionali di lavoro stipulati laddove hanno provocato un appiattimento dell’area nella quale i ricorrenti sono stati inquadrati (C- Direttori di istituti penitenziari) attraverso la previsione di inserimento nella stessa area di altre figure eterogenee rispetto ai Direttori di istituti penitenziari (bibliotecari, amministrativi etc…), a ben vedere riguarderebbero sostanzialmente gli inquadramenti conseguenti a tali contratti e, dunque, i concreti provvedimenti che li hanno attuati dipendente per dipendente.

2. - Gli appellanti sostengono, sostanzialmente, che la giurisdizione, nel caso in esame, sarebbe chiaramente attribuibile al Giudice Amministrativo, sia che si applichi l’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, nella sua stesura originaria, ovvero si applichi la stessa norma come modificata dalla legge n. 105 del 2009 (c.d. legge Brunetta), tenuto conto che, alla stregua della pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, il sistema di riparto non si fonderebbe più sulla distinzione tra atti di macro organizzazione ed atti di micro organizzazione perché la legge Brunetta, intervenuta prima che l’atto impugnato fosse emanato, avrebbe restituito alla sola competenza della P.A. gli atti di organizzazione che, prima, invece erano anch’essi oggetto di contrattazione. In ogni caso, quand’anche volesse ritenersi applicabile l’art. 40 citato nella sua stesura originaria, comunque troverebbe applicazione l’ordinario criterio di riparto di giurisdizione tra Giudice Amministrativo ed Autorità Giudiziaria ordinaria ancorato al c.d. petitum sostanziale, alla stregua del quale rileverebbe una posizione di interesse legittimo quale quella per la quale è stata richiesta tutela con il ricorso giurisdizionale proposto, investendo la domanda giudiziale concretamente proposta la corretta organizzazione delle figure professionali e non anche i provvedimenti di inquadramento in tali figure.

3. - La natura pregiudiziale del profilo della giurisdizione trattato dal primo Giudice e contestato dagli appellanti impone che la relativa questione sia esaminata con precedenza, avendo l’eventuale conferma della declinatoria resa dal primo giudice capacità di assorbire ogni altra pronunzia.

4. - Sussiste, a parere del Collegio, il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo per le seguenti considerazioni.

Sono contestati dai ricorrenti atti di contrattazione collettiva quali l’ipotesi di Accordo stralcio del Contratto Collettivo Nazionale Integrativo del personale non dirigenziale del Ministero della giustizia ( quadriennio 2006/2009 ), siglato il 15 dicembre 2009, e lo stesso Accordo stralcio del CCNL, tenuto conto dell’accordo sottoscritto il 5 febbraio 2002 a seguito del Contratto Collettivo Nazionale del 16 febbraio 1999 ( articolo 13, comma 5 ).

Sono impugnati, dunque, atti di epoca successiva alla modifica normativa che ha fatto venir meno la necessità di un atto amministrativo di autorizzazione alla sottoscrizione.

La giurisprudenza di questo Consiglio, che la Sezione condivide ( cfr., sez. VI^, n. 5099 del 4 settembre 2006 ), ha già avuto modo di precisare che il contratto collettivo nazionale di lavoro dei pubblici dipendenti non costituisce più atto amministrativo, ma atto privatistico, che esula dalla giurisdizione del Giudice Amministrativo.

Consegue che, pur aderendo alla tesi degli appellanti che non verrebbero in evidenza nella specie questioni connesse agli specifici atti di loro inquadramento nelle nuove aree, come invece ritenmuto dal primo Giudice, spetta comunque alla giurisdizione ordinaria del Giudice del Lavoro la controversia relativa al contenuto di un contratto collettivo nazionale emanato in epoca successiva al d.lgs. 4 novembre 1997 n. 396, che ha sostituito la precedente autorizzazione alla sottoscrizione del Presidente del Consiglio dei Ministri (ritenuta impugnabile davanti al Giudice Amministrativo per la sua natura di atto amministrativo) con un parere reso direttamente dalle singole amministrazioni attraverso comitati di settore ( cfr. sul punto anche TAR Lazio, sez. I^, 20 gennaio 2003, n. 202 ).

Concorda in tale avviso anche la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la quale ha avuto modo di precisare, con argomenti che il Collegio condivide ( Cfr. ordinanza n. 3145 del 3 marzo 2003 ), che, in relazione all’impugnazione di contratti collettivi relativi al pubblico impiego, difettano momenti di rilievo pubblicistico, come è reso evidente anche dal disposto dall’art. 63, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, che devolve alla giurisdizione del giudice ordinario (3° comma) le controversie “…relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all’art. 40…” .

Né a diverso avviso può indurre l’obiezione, fondata sul mero dato letterale della norma, che il richiamo non opererebbe le quante volte non vengono in contestazione le “…procedure contrattuali…” , ma la validità o l’efficacia di determinate clausole, poiché è agevole osservare, sul piano sistematico, in ciò consonando ancora una volta il Collegio con la già citata giurisprudenza di questo Consiglio, che “…la ratio della devoluzione alla giurisdizione ordinaria si ricollega al tipo di situazioni giuridiche soggettive implicate dalle vicende dell’autonomia contrattuale, la cui natura, a questi fini, come rileva nella fase procedimentale e precontrattuale, così si impone, ed a maggior ragione, una volta che il contratto sia stato effettivamente concluso, di guisa che la menzione delle “…procedure…”, presente nel citato 3° comma dell’art. 63 d.lgs. n. 165 del 2001, è solo un’espressione ellittica per fare riferimento a qualsivoglia controversia inerente alle vicende suddette, dal momento delle trattative a quello del perfezionamento e dell’applicazione del contratto collettivo di qualsiasi livello…” .

Inoltre, il Collegio osserva che non v’é spazio per un’interpretazione in senso restrittivo del termine “…procedure…” poiché vi osta l’espressa devoluzione alla giurisdizione ordinaria ( art. 64 d.lgs. n. 165 del 2001 ) anche delle controversie in tema di accertamento sull’efficacia, la validità e l’interpretazione dei contratti collettivi.

In conclusione, pur aderendo alla tesi degli appellanti che oggetto della loro impugnazione sia il contratto collettivo e tutti gli atti che lo hanno integrato, tuttavia deve confermarsi, ancorché con diversa motivazione, la declinatoria di giurisdizione comunque operata dal primo Giudice, con rinvio, quindi, dell’affare alla giurisdizione del Giudice Ordinario, Sezione Lavoro, e salvezza di quanto disposto dal secondo comma dell’art. 11 del codice del processo amministrativo.

5. - L’onere delle spese relative al presente grado di giudizio può essere integralmente compensato tra le parti, in deroga ai principi ricavabili dall’art. 26 del C.P.A., tenuto conto che l’Amministrazione si è solo formalmente costituita in giudizio.

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