Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-11-02, n. 201705071
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N. 05071/2017REG.PROV.COLL.
N. 02105/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2105 del 2016, proposto da:
Enel Distribuzione s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati M C, C T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M C in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 51;
contro
Comune di Chiavari, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati G C, A G e M G, con domicilio eletto presso lo studio G C in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, n. 63;
nei confronti di
Ica - Imposte Comunali Affini s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
,
rappresentata e difesa dall’avvocato Alessio Foligno, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Torquato Taramelli, n. 11;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. 01032/2015, resa tra le parti, concernente l’approvazione del regolamento per l’applicazione dei canoni concessori non ricognitori;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Chiavari e di Ica - Imposte Comunali Affini s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati C T, G C e Alessio Foligno;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per la Liguria Enel Distribuzione s.p.a. (di seguito anche solo Enel) ha impugnato il regolamento comunale di Chiavari, recante “ Applicazione canoni concessori non ricognitori ”, approvato in data 23 maggio 2014, con deliberazione del Consiglio comunale n. 48/2014, nonché le note della Imposte Comunali Affini - I.c.a. s.r.l., ricevute in data 19 febbraio 2015 e 3 marzo 2015, con cui le è stato chiesto, in applicazione del suddetto regolamento, il pagamento del canone non ricognitorio per gli anni 2014 e 2015.
2. Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe l’adito tribunale ha: a ) dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo la domanda di annullamento delle note della società Ica s.r.l. in data 9 febbraio 2015 e 3 marzo 2015; b ) dichiarato irricevibile per tardività la domanda per l’annullamento del regolamento comunale.
3. Per ottenere la riforma di tale sentenza ha proposto appello Enel.
4. La società appellante, in particolare, ha contestato il capo della sentenza che ha dichiarato irricevibile la domanda di annullamento del regolamento comunale. Non è stato, invece, gravato il capo della sentenza che ha declinato la giurisdizione sulla domanda di annullamento delle due citate note della I.c.a. s.r.l. aventi ad oggetti l’intimazione al pagamento del canone.
5. Nel contestare la statuizione di irricevibilità della domanda di annullamento del regolamento, Enel ha evidenziato, in sintesi, che il dies a quo per impugnare il regolamento decorre soltanto quando quest’ultimo, con l’adozione dell’atto applicativo, manifesta la sua attuale attitudine lesiva, che prima di tale momento applicativo, deve, per contro, ritenersi ancora solo potenziale.
6. Enel, ha, quindi, riproposto i motivi del ricorso di primo grado che possono essere sintetizzati nei termini che seguono:
I) V iolazione degli articoli 25 e 27 d.lgs. n. 285 del 1992, nonché dell’art. 67 d.P.R. 495/1992 - Violazione del principio di irretroattività delle legge di cui all’art. 11 preleggi . Secondo Enel, in particolare, il canone richiesto dal Comune ai sensi dell’articolo 27 del codice della strada andrebbe determinato, di volta in volta, con specifico provvedimento all’atto del rilascio della singola concessione, non già retroattivamente con un provvedimento regolamentare destinato ad incidere in modo indifferenziato su tutte le fattispecie;esso dovrebbe riguardare le sole occupazioni relative alla sede stradale e relative pertinenze e non potrebbe, comunque, essere richiesto in mancanza del decreto del Ministri dei lavori pubblici, non ancora emanato, volto ad introdurre i limiti massimi del canone non ricognitorio.
II) Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 63 e 52 d.lgs. n. 446/1996 - Violazione e falsa applicazione dell’art. 67 del d.P.R. n. 495/19992 - Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 d.lg. n. 285/1992 - Violazione degli articoli 3, 23 e 97 Cost. Secondo Enel, per le occupazioni riferibili ad aziende erogatrici di servizi pubblici a rete, il legislatore (art. 63, comma 2, lett. f) d.lgs. n. 556/1997) ha previsto un criterio speciale di tassazione forfettaria basato sulla classe di appartenenza del Comune e sull’aumento complessivo delle rispettive utenze, che prevale - di fatto abrogandolo - sul quello generale presto dall’art. 7 del codice della strada. Ciò in quanto diversamente opinando, si porrebbe una questione di legittimità costituzionale dell’art. 27 cit. e dell’art. 63, ultimo comma, d.lgs. n. 446/1997, per la violazione degli articoli 3, 23 e 97 Cost,. giacché un medesimo fatto sarebbe irragionevolmente assunto a presupposto di due distinte prestazioni patrimoniali;inoltre l’importo dovuto a titolo di Tosap o Casap costituirebbe, ai sensi dell’art. 63, ultimo comma d.lgs. n. 446/1997, l’importo massimo del corrispettivo dovuto per l’occupazione del ruolo demaniale, con assorbimento di quanto dovuto ex art. 27 d.lgs. n. 285/1992.
III) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e ss della Legge n. 241/1990 e dei principi di partecipazione buon andamento dell’azione amministrativa : il Comune avrebbe illegittimamente omesso di coinvolgere nel procedimento di adozione del regolamento in discussione i destinatari dell’azione amministrativa.
7. Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello il Comune di Chiavari e la società I.C.A. s.r.l.
8. In vista della discussione del ricorso tutte le parti hanno depositato, nei termini di rito, memorie e repliche.
9. Alla pubblica udienza del 5 ottobre 2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.
10. Occorre anzitutto esaminare il motivo diretto a criticare il capo della sentenza impugnata che ha dichiarato irricevibile per tardività la domanda di annullamento del regolamento comunale n. 48/2014.
Il tribunale ha dichiarato il ricorso irricevibile perché ha considerato il regolamento immediatamente lesivo nella parte in cui ha assoggettato al canone concessorio non ricognitorio - tra le altre - le concessioni di suolo pubblico finalizzate alla distribuzione di energia elettrica: di conseguenza, la sentenza impugnata ha individuato il dies a quo del termine per proporre ricorso dalla scadenza del periodo di pubblicazione, nel caso di specie avvenuta, mediante affissione all’albo pretorio, dal 30 maggio 2014 al 16 giugno 2014.
10. La tesi della sentenza di primo grado non può essere condivisa.
Il regolamento comunale impugnato, coerentemente con il suo nomen iuris , ha indubbiamente contenuto normativo, in quanto individua, con previsioni generali e astratte, le tipologie di concessioni sottoposte al canone concessorio non ricognitorio, i relativi presupposti applicativi e i criteri di quantificazione del canone.
Come la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ripetutamente affermato, rispetto agli atti di contenuto normativo (tra i quali evidentemente rientra il regolamento oggetto del giudizio), è soltanto con il successivo atto applicativo che si viene a radicare tanto l’interesse al ricorso, quanto la legittimazione a ricorrere.
Tali principi debbono essere ribaditi ed applicati anche nel caso di specie.
A differenza di quanto ritenuto dai primi giudici, sebbene il regolamento preveda, in via generale ed astratta, che anche le concessioni di suolo pubblico finalizzate alla distribuzione di energia elettrica rientrino tra quelle soggette al canone concessorio non ricognitorio, tuttavia è solo l’adozione dell’atto applicativo che concretizza ed attualizza la lesione e, soprattutto, differenzia l’interesse del singolo concessionario rispetto a quello di tutti gli altri concessionari che, rispetto all’annullamento della previsione normativa generale e astratta, si trovano nella medesima indifferenziata posizione.
In senso contrario non puoÌ€ certo rilevare la circostanza che alcune disposizioni del regolamento possano prefigurare una incisione futura sulla sfera giuridica di chi ne risulteraÌ€ in concreto destinatario, atteso che la lesione che radica l’interesse deve essere attuale e non puoÌ€ discendere da un pregiudizio allo stato solo futuro ed eventuale.
L’atto applicativo, oltre a radicare l’interesse al ricorso, determina, inoltre, come si è accennato, anche la legittimazione a ricorrere.
L’interesse all’annullamento del regolamento, invero, all’interno della “categoria” o della “classe” dei suoi potenziali destinatari è un interesse indifferenziato, seriale, adesposta (nella sostanza un interesse diffuso): esso diventa interesse soggettivamente differenziato (e, quindi, interesse legittimo) solo nel momento in cui il regolamento è concretamente applicato nei confronti del singolo.
Fino al momento dell’adozione dell’atto applicativo, quindi, il termine per l’azione di annullamento non può decorrere, perché non sono ancora sorte, per il singolo concessionario, le (necessarie) condizioni dell’azione, ovvero l’interesse al ricorso e la legittimazione al ricorso.
Pertanto, considerato che la prima richiesta di pagamento è stata ricevuta da Enel in data 19 febbraio 2015, la domanda di annullamento del regolamento, proposta con ricorso notificato il 14 aprile 2015, deve ritenersi tempestiva.
11. Va aggiunto che nessuna preclusione può derivare dalla circostanza che, nel giudizio di primo grado, il ricorso avverso l’atto applicativo sia stato dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione (e sul relativo capo della sentenza si sia ormai formato il giudicato).
L’atto applicativo, nel caso di specie, rileva soltanto come condicio sine qua non al fine di differenziare l’interesse e concretizzarne la lesione, radicando in capo al singolo concessionario (nella specie Enel) interesse e legittimazione al ricorso contro il regolamento.
L’ammissibilità (o la procedibilità) del ricorso avverso il regolamento non può, tuttavia, essere subordinata all’ulteriore condizione che l’impugnazione dell’atto applicativo rientri anch’essa nella giurisdizione del giudice amministrativo. Un simile assunto (che il Comune di Chiavari sembra prospettare nelle sue difese) porterebbe all’inaccettabile risultato di escludere l’azione di annullamento contro quei regolamenti che (come quello oggetto del presente giudizio) regolano canoni, corrispettivi, indennità o che, comunque, incidono, a valle, su rapporti paritetici, rispetto ai quali la giurisdizione sull’atto applicativo non appartiene di regola al giudice amministrativo. Una simile conclusione, oltre che palesemente irragionevole, solleverebbe profili di significativo contrasto con i principi costituzionali che garantiscono l’effettività diritto di azione contro gli atti della pubblica amministrazione (artt. 24, 103 e 113), non consentendo che esso sia limitato o escluso “per determinate categorie di atti” (art. 113, comma 2, Cost.)
La domanda di annullamento del regolamento è, quindi, ricevibile e va, di conseguenza, esaminata nel merito.
12. Venendo all’esame del merito, è opportuno richiamare preliminarmente il consolidato orientamento di questa Sezione (cfr., ex multis , Cons. Stato, V, 6 ottobre 2016, n. 4130, 22 settembre 2016, n. 3921;12 maggio 2016, n. 1926;30 maggio 2016 n. 2294;7giugno 2016 n. 2427;13 giugno 2016 n. 2518) che, occupandosi dei diversi regolamenti comunali che hanno disciplinato l’applicazione del canone concessorio non ricognitorio, ha affermato una serie di principi che possono essere sintetizzati nei seguenti termini:
a ) ai sensi degli artt. 25 e 27 d.lgs. n. 285 del 1992, la condizione a un tempo necessaria e sufficiente per giustificare l’imposizione del canone ricognitorio è rappresentata dal rilascio di un titolo che abilita a un uso singolare della risorsa pubblica, limitandone o, comunque, condizionandone in modo apprezzabile il pieno utilizzo;
b ) non vi è un divieto di cumulo con la COSAP (o con la TOSAP), ma solo una diversità di titolo giuridico, avendo la prima un fondamento di carattere tributario connesso con l’occupazione permanente di uno spazio pubblico in analogia con l’indennizzo dovuto per le servitù prediali senza un nesso di collegamento con impedimenti all’uso generale, mentre il canone non ricognitorio rappresenta un corrispettivo correlato ad una limitazione o modulazione della possibilità dell’utilizzo pubblico tipico del bene che ne precluda l’ordinaria generale fruizione;
c ) le disposizioni settoriali (che interessano soprattutto la materia delle infrastrutture a rete funzionali allo svolgimento di servizi pubblici: servizio idrico, comunicazione elettronica, distribuzione e trasporto di energia) nel sancire, con diverse sfumature, il principio di tendenziale gratuità degli interventi finalizzati alla posa e al mantenimento delle reti infrastrutturali, non presentano un carattere derogatorio rispetto alla generale e indistinta pretesa alla corresponsione del canone concessorio non ricognitorio, ma costituiscono soltanto un argomento ulteriore a sostegno del già richiamato principio volto a negare la generalizzata applicazione dell’articolo 27 del codice della strada e, in ogni caso, ad escluderne la cogenza nelle ipotesi in cui non sussistano puntuali ragioni giustificative connesse all’uso esclusivo della strada (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2016, n. 2920, sez. V, 12 maggio 2016, n. 1926).
13. Nel condividere e ribadire tale indirizzo interpretativo la Sezione deve tuttavia evidenziare che nel caso in esame non viene in rilievo (perché non è stata dedotta come specifica censura nel ricorso introduttivo proposto da Enel) la questione dell’esigibilità, sulla base del regolamento impugnato, del canone concessorio non ricognitorio pure in situazioni in cui non ricorre il sopra richiamato presupposto applicativo rappresentato del c.d. “uso singolare” da parte del concessionario, consistente appunto nel sottrarre in tutto in parte, in conseguenza della concessione ottenuta, la strada all’uso pubblico.
In altri termini, Enel, in nessun motivo del ricorso, ha dedotto, come specifico vizio di illegittimità del regolamento, che esso imponga il canone concessorio non ricognitorio pure in fattispecie caratterizzate dall’assenza di un utilizzo singolare da parte del concessionario tale da impedire o limitare l’uso generale da parte della collettività.
Detta questione, pertanto, è estranea al thema decidendum del presente giudizio di impugnazione, quale necessariamente delimitato dai motivo di ricorso.
Non rileva, in senso contrario, la natura regolamentare dell’atto impugnato e, dunque, la possibilità che esso sia, anche d’ufficio e a prescindere dai motivi di ricorso, disapplicato dal giudice amministrativo. Nel caso di specie, infatti, non si fa questione della disapplicabilità del regolamento, che non viene in considerazione come atto presupposto nell’ambito di un giudizio di annullamento che investe l’atto applicativo. La ricorrente, al contrario, ha direttamente domandato l’annullamento del regolamento: rispetto al rimedio impugnatorio esperito, i poteri cognitori e decisori del giudice amministrativo sono condizionati dai motivi di ricorso formulati e non possono estendersi allo scrutinio di motivi di illegittimità non specificamente dedotti.
Ciò non toglie, naturalmente, che in sede applicativa, a fronte di una eventuale atto impositivo che dovesse esigere il canone in questione pure in situazioni illegittimamente caratterizzate dall’assenza di sottrazione della strada all’uso generale, l’odierna ricorrente ben potrà, in sede di ricorso innanzi al giudice ordinario avverso l’ingiunzione di pagamento, invocare l’illegittimità (con conseguente disapplicazione) dell’eventuale previsione regolamentare che fornisca, illegittimamente, base normativa a quell’atto impositivo.
L’impugnato regolamento, peraltro, sembrerebbe escludere tale eventualità, atteso che prevede, tra i parametri di determinazione della tariffa, il c.d. parametro di interferenza (articolo 4, sub e), “ determinato in relazione al grado di interferenza sulla viabilitaÌ€ e/o su ogni altro servizio pubblico comunale ” e “ definito sulla base di una apposita relazione tecnica predisposta dai competenti servizi comunali ”. In base al c.d. parametro di interferenza sembra, quindi, che pretesa alla riscossione possa essere vantata non a fronte di un qualunque utilizzo della strada, ma soltanto a fronte di un utilizzo singolare che ne impedisca in tutto o in parte la pubblica fruizione
Nel presente giudizio, tuttavia, come ricordato la questione non rileva perché non specificamente sollevata mediante i motivi di ricorso.
14. Così delimitato il t hema decidendum – e ciò anche allo scopo di compendiare i principi elaborati dalla giurisprudenza della Sezione e di prevenire l’insorgere di contrasti interpretativi interni anche solo apparenti – si può passare allo scrutinio dei motivi di ricorso.
15. Con un primo motivo di ricorso Enel sostiene che in base all’articolo 27, il canone andrebbe determinato - di volta in volta - con specifico provvedimento all’atto del rilascio della singola concessione, non già retroattivamente con un atto regolamentare destinato ad incidere su tutte le fattispecie;esso, inoltre, dovrebbe riguardare solo le occupazioni relative alla sede stradale e relativa pertinenze e non potrebbe essere richiesto in mancanza del decreto del Ministro dei lavori pubblici, non ancora emanato, volto a introdurre i limiti massimi del canone non ricognitorio.
16. Il motivo è infondato.
Erroneamente Enel ritiene illegittima la scelta del Comune di disciplinare il canone tramite un regolamento, reputando invece necessario il preventivo rilascio di specifici provvedimenti amministrativi (atteso che solo quest’ultimi istituirebbero il rapporto concessorio e legittimerebbero il concessionario ad occupare il suolo e l’ente proprietario a pretendere il corrispettivo economico). L’argomentazione sostenuta dalla ricorrente poggia su una non condivisibile lettura del dato normativo. L’art. 27 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nei commi 5, 6 e 7, stabilisce, invero, che: “5. I provvedimenti di concessione ed autorizzazione di cui al presente titolo, che sono rinnovabili alla loro scadenza, indicano le condizioni e le prescrizioni di carattere tecnico o amministrativo alle quali esse sono assoggettate, la somma dovuta per l’occupazione o per l’uso concesso, nonché la durata, che non potrà comunque eccedere gli anni ventinove. L’autorità competente può revocarli o modificarli in qualsiasi momento per sopravvenuti motivi di pubblico interesse o di tutela della sicurezza stradale, senza essere tenuta a corrispondere alcun indennizzo. 6 . La durata dell’occupazione di suolo stradale per l’impianto di pubblici servizi è fissata in relazione al previsto o comunque stabilito termine per l’ultimazione dei relativi lavori.