Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-09-06, n. 201204736
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N. 04736/2012REG.PROV.COLL.
N. 07356/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7356 del 2010, proposto da O P, rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto presso Silvia Pezzulla in Roma, viale Mazzini 140/C;
contro
Provincia di Lecce, rappresentata e difesa dagli avv. M G C e F T, con domicilio eletto presso Rodolfo Franco in Roma, Circonvallazione Trionfale 34;
nei confronti di
C C e D L, rappresentati e difesi dall'avv. G. R M, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE, SEZIONE II, n. 1661/2010, resa tra le parti, concernente concorso per dirigenti amministrativi presso la Provincia - risarcimento danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Lecce, nonché di C C e D L;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2012 il Cons. N G e uditi per le parti gli avvocati Costantini, Testi e, per delega dell'avv. Marra, Scafarelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il dott. O P partecipava ad un concorso pubblico per esami indetto dalla Provincia di Lecce per la copertura di un posto di dirigente dell’Area economico- finanziaria, classificandosi come terzo degli idonei non vincitori nella graduatoria finale approvata con determinazione dirigenziale del 24 agosto 1999.
Dieci anni dopo, con ricorso al TAR per la Puglia – Sezione di Lecce notificato il 29 giugno 2009 il medesimo impugnava, per violazione dell’art. 34 bis del d.lgs. n. 165/2001, la determinazione dirigenziale n. 1737 del 24 marzo 2003, con la quale l’Amministrazione provinciale aveva indetto un nuovo concorso per tre posti di Dirigente – Area amministrativa – qualifica dirigenziale unica, ed altresì la deliberazione della Giunta provinciale n. 299 dell’11 maggio 2004, con la quale era stata disposta, all’esito, l’assunzione di quattro nuovi dirigenti a far data dal 1° luglio 2004 (così elevando il numero dei posti da ricoprire da tre a quattro, in relazione ad una carenza nel ruolo della dirigenza verificatasi durante lo svolgimento della procedura concorsuale).
Il ricorrente, sulla base della dedotta nullità degli atti impugnati, chiedeva anche la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno per la propria mancata assunzione, in misura pari alla mancata retribuzione a far data dal 1° luglio 2004, nonché, contestualmente, il risarcimento da perdita di chance (da determinarsi in via equitativa ex art. 1226 c.c.) e la reintegrazione in forma specifica.
Si costituivano in giudizio l’Amministrazione provinciale ed i controinteressati C C e D L, che eccepivano l’inammissibilità e contestavano la fondatezza del ricorso, chiedendone la reiezione.
Con motivi aggiunti notificati in data 11 febbraio 2010 il ricorrente impugnava altresì:
- la deliberazione di G.P. n. 272 del 19 ottobre 2009, con la quale l’Amministrazione aveva autorizzato il conferimento di un incarico di responsabile dei “Servizi finanziari – provveditorato ed economato” mediante contratto a termine ex art. 110, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000;
- l’avviso pubblico n. 82040 del 23 ottobre 2009, indetto per il conferimento del suddetto incarico;
- il decreto del Presidente della Provincia n. 1 del 5 gennaio 2010 che aveva conferito l’incarico al dott. P I.
Con ulteriori motivi aggiunti, notificati in data 1° marzo 2010, il ricorrente impugnava infine la deliberazione di G.P. n. 31 dell’11 febbraio 2010, con la quale l’Amministrazione aveva stabilito di affidare l’incarico di dirigente a tempo determinato del Servizio “Politiche sociali e di parità” attraverso una selezione interna, mediante comparazione di curricula tra i funzionari dell’Ente.
Con entrambi gli atti di motivi aggiunti il ricorrente, oltre alla domanda demolitoria, formulava anche in questo caso un’articolata domanda risarcitoria, chiedendo sia il risarcimento del danno derivante dalla mancata assunzione e da perdita di chance che la reintegrazione in forma specifica.
A conclusione del giudizio Il Tribunale adìto, con la sentenza n. 1661 del 2010 in epigrafe, dichiarava inammissibile il ricorso introduttivo, sul rilievo che le domande con esso spiegate rappresentavano la riproposizione di domande già azionate in sede di giurisdizione ordinaria, e non più riproponibili per effetto del giudicato ivi formatosi. Il Tribunale respingeva inoltre i motivi aggiunti, reputandoli infondati.
Da qui l’appello avverso tale decisione da parte dell’interessato, che ne domandava a questa Sezione la riforma nei limiti che verranno in seguito esposti.
Resistevano anche al nuovo gravame tanto la Provincia di Lecce quanto i controinteressati Calamia e Longo, che concludevano per la conferma della sentenza impugnata.
L’appellante sviluppava ulteriormente le proprie ragioni con due successivi scritti difensivi, con i quali eccepiva anche la tardività dello scritto di controricorso depositato dall’Amministrazione soltanto in data 14 giugno 2012.
Alla pubblica udienza del 13 luglio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
1a La Sezione deve rilevare in via preliminare che con il presente appello la sentenza in epigrafe, pur formalmente impugnata nella sua interezza, è stata fatta oggetto di effettiva contestazione -per lo meno nei termini di legge- solo limitatamente alla parte in cui aveva dichiarato inammissibile l’originario ricorso introduttivo del dott. Panarese, e non anche rispetto ai capi reiettivi dei due atti di motivi aggiunti dal medesimo pure proposti.
Tali motivi aggiunti si trovano richiamati nella narrativa che introduce il corrente atto di appello, ma questo non reca alcuna disamina critica delle ragioni a base dei pertinenti capi di decisione reiettiva;né le conclusioni dell’appello menzionano questi ultimi, ovvero gli atti che ne formano oggetto.
I capi della decisione, essendo rimasti immuni da censure, sono pertanto già divenuti definitivi.
1b Sempre in via preliminare, occorre dare atto, giusta eccezione dell’appellante, della tardività del deposito da parte della Provincia dell’atto denominato controricorso, in data 14 giugno 2012, e del contestuale materiale documentale, per il superamento dei termini all’uopo dettati dall’art. 73 CPA.
2 L’appello, nei limiti in cui esperito, è infondato.
Per quanto si è premesso, oggetto del presente grado di giudizio è la valutazione di inammissibilità espressa dal primo Giudice sull’impugnativa (con annessa domanda risarcitoria) che ha investito, in prime cure, sia la determina dirigenziale n. 1737 del 24 marzo 2003, con la quale l’Amministrazione aveva indetto, sei anni prima, un concorso per tre posti di dirigente, sia la delibera della G.P. n. 299 dell’11 maggio 2004, con cui la Giunta provinciale aveva disposto all’esito l’assunzione di quattro nuovi dirigenti a far data dal 1° luglio 2004, elevando di un’unità il numero dei posti da ricoprire.
Ciò posto, è il caso di ricordare le considerazioni che hanno indotto il Tribunale alla declaratoria appellata.
“ 1. Con il ricorso introduttivo del giudizio, il ricorrente deduce la nullità degli atti impugnati per violazione dell’art. 34bis del D. Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, rubricato “Disposizioni in materia di mobilità del personale”.
Dopo aver rappresentato il fondamento della propria legittimazione alla impugnativa dei provvedimenti sopra indicati, nella dedotta qualità di terzo idoneo non vincitore di un concorso indetto dalla Provincia di Lecce per la copertura di 1 posto di dirigente (qualifica dirigenziale unica) – Area economico finanziaria (la cui graduatoria finale è stata approvata con determinazione dirigenziale n. 2950 del 24 agosto 1999), il ricorrente si duole del fatto che l’amministrazione provinciale di Lecce, nel bandire nel 2003 un nuovo concorso per la copertura di n. 3 posti di dirigente – Area amministrativa (qualifica dirigenziale unica), non abbia rispettato le procedure di mobilità obbligatoria, previste dall’art. 34 bis del d.lgs. n. 165/2001, la cui inosservanza è sanzionata espressamente dal legislatore con la nullità delle assunzioni di nuovo personale.
A sostegno della fondatezza della sua tesi, il ricorrente richiama la categoria della nullità del provvedimento amministrativo, che ha trovato, recentemente, un espresso riconoscimento normativo nell’art. 21-septies, comma 1°, della legge n. 241/1990, introdotto dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15.
Dalla dedotta nullità del provvedimento impugnato il ricorrente passa poi ad analizzare il fondamento della sua pretesa allo scorrimento della graduatoria approvata nel 1999 per formulare una richiesta risarcitoria per equivalente, in relazione ai danni rivenienti dalla sua mancata assunzione, (danni) da quantificarsi in relazione alla mancato percepimento della retribuzione a far data dal 1° luglio 2004. Unitamente alla domanda di risarcimento per equivalente, il ricorrente formula una domanda di risarcimento del danno per perdita di chance (da quantificarsi in via equitativa, ex art. 1226 c.c.) nonché una domanda di reintegrazione in forma specifica.
Il ricorso introduttivo del giudizio è palesemente inammissibile.
Detto ricorso fa seguito ad altro azionato davanti al giudice ordinario e conclusosi con sentenza della Corte di Cassazione – Sezione Lavoro n. 5588/2009, con la quale la Suprema Corte ha definitivamente confermato le sentenze delle Corti di merito, che avevano respinto la domanda azionata dal ricorrente per l’accertamento del diritto alla assunzione con qualifica dirigenziale e la condanna dell’amministrazione provinciale al risarcimento del danno.
Nella sentenza sopra citata, la Suprema Corte, dopo aver evidenziato che in merito alla giurisdizione sulla controversia dedotta in giudizio si era formato giudicato implicito, avendo il giudice di primo grado ritenuto, implicitamente (con la decisione di rigetto nel merito della domanda), il proprio potere giurisdizionale, la cui statuizione (implicita) non era stata impugnata sul punto, pone in rilievo l’impossibilità di qualificare la posizione giuridica soggettiva azionata dal ricorrente come diritto soggettivo, dovendo essa essere piuttosto ricondotta all’alveo degli interessi legittimi.
La Suprema Corte così si esprime: “Conclusivamente, sebbene sia stato prospettato il diritto alla assunzione del ricorrente in forza dello scorrimento della graduatoria, di questo diritto si asserisce l’esistenza necessariamente consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione del nuovo concorso. Si chiede quindi, in realtà, tutela nei confronti dell’esercizio del potere amministrativo cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, restando escluso che possa essere concessa mediante disapplicazione della decisione di bandire il concorso- secondo la previsione dell’art. 63, comma 1 – d.lgs. n. 165 del 2001, siccome il potere di disapplicazione del giudice presuppone proprio che la controversia cada sopra un diritto soggettivo sul quale incide un atto amministrativo oggetto di cognizione incidenter tantum”.
In sostanza, la Suprema Corte fa rilevare che il provvedimento di indizione del nuovo concorso, dal quale il ricorrente inferisce la lesione del suo diritto allo scorrimento della precedente graduatoria, non può essere considerato come atto adottato in carenza di potere e che, conseguentemente, rispetto ad esso la posizione giuridica del ricorrente è qualificabile in termini di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
La Suprema Corte precisa altresì: “La peculiarità del caso di specie nasce dal fatto che, per effetto del giudicato interno, la causa resta radicata in ambito di giurisdizione ordinaria, non potendo essere rimessa al giudice amministrativo competente per la tutela dell’interesse legittimo contro le determinazioni autoritative dell’amministrazione (art. 103 Cost.)”.
Orbene, il petitum sostanziale del ricorso introduttivo del presente giudizio coincide con quello del giudizio avviato davanti al Tribunale di Lecce e conclusosi, in sede di giurisdizione di legittimità, con la sentenza della Corte di Cassazione- Sezione Lavoro n. 5588/09, essendo rappresentato dall’accertamento della illegittimità (rectius, nullità) dell’operato della amministrazione provinciale relativamente alla procedura concorsuale indetta dall’amministrazione provinciale nel 2003, ai fini del riconoscimento del danno asseritamente subito dal ricorrente per effetto del mancato scorrimento della graduatoria approvata nel 1999.
Né può essere attribuita alcuna rilevanza al fatto che nel ricorso in esame il ricorrente faccia valere vizi di legittimità (nel caso di specie, la violazione dell’art. 34 bis del d.lgs. n. 165/2001 in tema di mobilità obbligatoria) differenti da quelli dedotti in sede di giurisdizione ordinaria.
Il Supremo Consesso Amministrativo ha infatti precisato che <<ai sensi dell’art. 2909 c.c., il giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi ed aventi causa, nei limiti oggettivi costituiti dai suoi elementi costitutivi, ovvero “il titolo” dell’azione ed il “bene della vita” che ne forma oggetto: entro tali limiti, il giudicato copre il “dedotto ed il deducibile”, cioè non soltanto le questioni di fatto e di diritto fatte valere in via di azione o di eccezione, ma anche le questioni, che pur non dedotte in giudizio, costituiscano un presupposto logico ed indefettibile della decisione stessa>>(Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2010 n. 438;Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 giugno 2005 n. 2920).
In conclusione, il ricorso introduttivo del presente giudizio deve essere dichiarato inammissibile, in quanto la domanda ivi contenuta rappresenta la mera riproposizione di quella già azionata in sede di giurisdizione ordinaria e non più riproponibile per effetto del giudicato implicito formatosi sulla decisione di merito del giudice ordinario.”
3 La decisione del Giudice territoriale viene sottoposta a critica attraverso il presente appello, in sintesi, lungo le seguenti direttrici:
- i due giudizi, quello amministrativo e quello precedentemente celebrato dinanzi all’A.G.O. e culminato nella pronuncia della S.C. n. 5588 del 2009, non avrebbero avuto identici elementi costitutivi, con la conseguenza che il giudicato civile non sarebbe opponibile in questa sede;
- il T.A.R. avrebbe omesso di pronunziarsi sulla nuova e pregiudiziale domanda di declaratoria di nullità, ai sensi dell’art. 34 bis del d.lgs. n. 165/2001, della determina dirigenziale n. 1737/2003, domanda comunque sorretta da un interesse strumentale connesso alle successive attività da prestarsi da parte dell’Amministrazione;
- illegittimamente, infine, la Provincia aveva deciso, con la delibera n. 299/2004, di coprire il quarto posto resosi vacante mediante lo scorrimento della graduatoria del concorso indetto nel 2003, a vantaggio del dott. Calamia, in luogo di utilizzare per la bisogna quella precedente, del 1999, includente l’interessato, che sarebbe dovuta prevalere in base al criterio cronologico ( prior in tempore, potior in jure ).
4 Le critiche esposte non meritano accoglimento.
4a Non sembra possibile dubitare, innanzitutto, dell’avvenuta formazione di un giudicato sostanziale, sul rapporto controverso tra appellante ed Amministrazione provinciale, per effetto delle pronunzie rese in merito dal Giudice civile preventivamente adìto dall’interessato.
Il giudizio promosso dal dott. Panarese con ricorso al Tribunale di Lecce del 19 giugno 2002 e successivo atto di appello del 5 luglio 2004, entrambi respinti, si è infatti concluso a seguito della sentenza della Suprema Corte n. 5588 del 2009, che, respingendo anch’essa il ricorso spiegato dinanzi a sé, ha definitivamente confermato la sentenza reiettiva emessa dalla Corte d’Appello locale, sia pure integrandone e correggendone la motivazione (cfr. pag. 6 della sentenza n. 5588).
4b Tanto premesso, il T.A.R. per la Puglia ha rettamente posto in evidenza la coincidenza del petitum sostanziale del ricorso introduttivo del presente giudizio rispetto a quello del giudizio celebrato tra le stesse due parti davanti all’A.G.O. e sfociato nella predetta sentenza della Corte di Cassazione, petitum costituito dall’accertamento dell’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione consistito nel mancato scorrimento, in favore dell’interessato, della graduatoria concorsuale che lo comprendeva come idoneo, con la conseguente sua assunzione in ruolo in qualifica dirigenziale.
La stessa coincidenza si riscontra anche riguardo alla causa petendi dei due giudizi, che attiene alla posizione di idoneità rivestita dall’attuale appellante in forza di una graduatoria ancora efficace, e all’aspettativa giuridicamente qualificata da ciò discendente.
4c Approfondendo la disamina dei contenuti del pregresso contenzioso svolto in sede civile, giova ricordare che la determina dirigenziale n. 1737/2003 (che aveva indetto il nuovo concorso per tre posti di dirigente) aveva formato oggetto di doglianza in tale contenzioso sin dal primo grado, come ricordato dall’interessato nel proprio ricorso per cassazione del 2005. Del resto, proprio nell’atto introduttivo del presente giudizio di appello è dato leggere (alla pag. 4) che “ L’appellante insorgeva avverso tale decisione presso il Tribunale di Lecce ”, laddove la decisione così menzionata era proprio la determinazione n. 1737 del 2003, citata nel periodo immediatamente precedente dell’appello.
Il Giudice civile era stato reso edotto anche della deliberazione della Giunta provinciale n. 299 del 2004 (che aveva disposto la copertura di un ulteriore posto dirigenziale sulla base della nuova graduatoria), quantomeno in sede di appello (pag. 6 della sentenza della Corte leccese).
L’interessato, in particolare, nell’adire la Suprema Corte, con il proprio terzo motivo di ricorso aveva denunciato (giusta l’esposizione che si legge nella sentenza della stessa Corte n. 5588/2009, pag. 5) “ l’illegittimità del bando di concorso pubblicato nella G.U. n. 37 del 13.5.2003 per la copertura di posti di qualifica dirigenziale … . L’illegittimità è dedotta sotto il profilo della violazione delle norme relative all’efficacia delle precedenti graduatorie e della mancanza di motivazione ”.
Onde la Corte di legittimità aveva rilevato che la relativa domanda giudiziale “ esplicitamente assume a suo fondamento la contestazione della conformità a legge del potere dell’amministrazione di avviare procedimenti concorsuali … in presenza di graduatoria di precedente concorso munita di perdurante efficacia ” (sentenza cit., pag. 9).
Nel pronunciarsi al riguardo, quindi, la Suprema Corte aveva osservato che “ sebbene sia stato prospettato il diritto alla assunzione del ricorrente in forza dello scorrimento della graduatoria, di questo diritto si asserisce l’esistenza necessariamente consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione del nuovo concorso. Si chiede quindi, in realtà, tutela nei confronti dell’esercizio del potere amministrativo cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, restando escluso che possa essere concessa mediante disapplicazione della decisione di bandire il concorso … ”.
Il Giudice civile, nello svolgimento del proprio sindacato, ha dunque avuto indubbio riguardo anche all’indizione della procedura concorsuale del 2003.
Come ha già notato il T.A.R., invero, “ In sostanza, la Suprema Corte fa rilevare che il provvedimento di indizione del nuovo concorso, dal quale il ricorrente inferisce la lesione del suo diritto allo scorrimento della precedente graduatoria, non può essere considerato come atto adottato in carenza di potere e che, conseguentemente, rispetto ad esso la posizione giuridica del ricorrente è qualificabile in termini di interesse legittimo e non di diritto soggettivo .”
4d Quanto precede conferma la sovrapponibilità dei due contenziosi a confronto.
D’altra parte, non sembra dubbio che la sentenza n. 5588/2009, con la quale la Suprema Corte ha ritenuto necessario integrare e correggere la motivazione del giudice di secondo grado, concorra a definire i contenuti del relativo giudicato (che non potrebbe certo essere conformato dalle statuizioni d’appello reputate bisognevoli di correzione, a dispetto di quest’ultima).
Né la decisiva corrispondenza degli elementi essenziali già illustrati dei due contenziosi ( petitum sostanziale, causa petendi ), che comprova l’identità sostanziale del thema decidendum , potrebbe essere posta nel nulla dal fatto che nei relativi giudizi, al di là della comune presenza del soggetto ricorrente e della Provincia di Lecce, non vi fosse una coincidenza assoluta di parti, per essere stati convenuti dall’interessato nella sola sede giurisdizionale amministrativa dei controinteressati ulteriori, in coerenza con la formale prospettazione conferita alle proprie nuove argomentazioni ricorsuali, e fosse stato, di riflesso, parzialmente differenziato il relativo petitum formale.
Diversamente, sarebbe quanto mai agevole sottrarsi all’effetto preclusivo di un giudicato sfavorevole e ricominciare sempre nuovi cicli di giudizi sullo stesso thema , sol che si abbia l’accortezza di mutarne di volta in volta la prospettazione.
4e La decisione del Tribunale è condivisibile anche nella parte in cui è stata esclusa la rilevanza del fatto che nel ricorso in esame il ricorrente facesse valere anche dei vizi di legittimità differenti -segnatamente, la violazione dell’art. 34 bis del d.lgs. n. 165/2001- da quelli già dedotti in sede di giurisdizione ordinaria.
In proposito è stato fatto pertinente richiamo ai noti principi giurisprudenziali per cui, “ ai sensi dell’art. 2909 c.c., il giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi ed aventi causa, nei limiti oggettivi costituiti dai suoi elementi costitutivi, ovvero “il titolo” dell’azione ed il “bene della vita” che ne forma oggetto: entro tali limiti, il giudicato copre il “dedotto ed il deducibile”, cioè non soltanto le questioni di fatto e di diritto fatte valere in via di azione o di eccezione, ma anche le questioni, che pur non dedotte in giudizio, costituiscano un presupposto logico ed indefettibile della decisione stessa (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2010 n. 438;Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 giugno 2005 n. 2920) .”
L’assunto della pretesa nullità dei provvedimenti in contestazione ai sensi dell’art. 34 bis del d.lgs. n. 165/2001 avrebbe potuto essere invero già sollevato nel precedente contenzioso, dove era deducibile in quanto pur sempre inerente al rapporto controverso.
Vale poi notare che la Corte di legittimità, come è già emerso, ha escluso espressamente che la determina dirigenziale n. 1737/2003 potesse essere giudicata nulla per effetto delle ragioni di invalidità allora dedotte, ed ha osservato che tale atto, a tutto concedere, avrebbe potuto considerarsi unicamente illegittimo, e quindi annullabile, secondo le regole generali.
Da ciò la sua conclusione che senza la rimozione dell’atto che aveva indetto il concorso non sarebbe potuto sorgere nell’interessato alcun diritto.
Se ne desume, allora, che, avendo la pronuncia della Corte quale proprio presupposto l’efficacia autoritativa dell’atto di indizione del concorso, l’odierno rilievo di parte della presunta nullità dello stesso atto ai sensi dell’art. 34 bis , comma 5, del d.lgs. n. 165/2001 (rilievo deducibile già nel contesto di tale precedente contenzioso) risulta oggettivamente incompatibile con il relativo decisum .
Anche tale rilievo deve dunque essere ritenuto precluso dal precedente giudicato.
Ne consegue che il T.A.R. legittimamente si è astenuto dal pronunziarsi al riguardo.
4f La riscontrata violazione del divieto del bis in idem investe, infine, anche la pretesa risarcitoria azionata dall’interessato nei confronti della Provincia. Una domanda analoga, sempre imperniata sull’avvenuto disconoscimento del titolo del dott. Panarese all’assunzione quale dirigente in forza della sua idoneità concorsuale del 1999, era stata infatti già formulata nell’ambito del precedente contenzioso, dove pure era stato chiesto il risarcimento dei danni da mancata assunzione. L’unica differenza registrabile, ed anche in questo caso ininfluente, attiene alla diversa decorrenza conferita alla pretesa risarcitoria, che nella più recente occasione è stata limitata a partire dal 1° luglio 2004.
4g Venendo, infine, alla contestazione da parte del dott. Panarese della delibera n. 299 dell’11 maggio 2004, va osservato che, anche a voler prescindere dal precedente giudicato, tale contestazione sarebbe comunque palesemente tardiva, giusta l’eccezione riproposta dagli appellati, in quanto mossa con gravame notificato solo, inescusabilmente, a distanza di ben cinque anni dalla delibera.
Né a tale tardività sarebbe possibile ovviare invocando anche qui, come fa l’interessato, la sanzione di nullità comminata dall’art. 34 bis , comma 5, del d.lgs. n. 165/2001 per il mancato rispetto delle prescrizioni in tema di mobilità dettate dai commi precedenti, atteso che la relativa sanzione è riferita dal legislatore unicamente all’atto di assunzione, e non anche alla scelta organizzativa che ne sta a monte, che risulta quindi impugnabile dai terzi eventualmente lesi solo con le modalità e nei termini ordinari.
5 Per le ragioni esposte l’appello deve essere respinto.
Si ravvisano, tuttavia, ragioni tali da giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali del presente grado di giudizio.