Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-06-03, n. 202404953
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Testo completo
Pubblicato il 03/06/2024
N. 04953/2024REG.PROV.COLL.
N. 08570/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8570 del 2021, proposto dal Comune di Rimini, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. F B, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio del medesimo, sito in Bologna, strada Maggiore 31;
contro
F P, rappresentata e difesa dall’avv. N G, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
M D, rappresentata e difesa dall’avv. F F, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
per la parziale riforma
della sentenza del T.a.r. per l’Emilia Romagna (Sezione seconda) n. 368/2021.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di F P e di M D;
Visto l’appello incidentale di F P;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il cons. Giuseppe La Greca;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2024 gli avvocati Marco Esposito in sostituzione dell'avv. F B e Vincenzo Cellamare in sostituzione degli avv.ti F F e N G;
Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- I fatti che hanno condotto all’odierno giudizio d’appello possono essere così ricostruiti.
1.1.- Con nota nm. 224550 del 27 novembre 2015 (oggetto del ricorso introduttivo di primo grado) il Comune di Rimini accertava in capo a P F e G Davide l’inottemperanza dell’ingiunzione di demolire prot. n. 51469 del 20 marzo 2014 e dichiarava l’intervenuta acquisizione del bene al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 31 d. P.R. n. 380 del 2001. Le opere abusive, nella descrizione che ne recava il predetto accertamento, consistevano in un « manufatto in muratura di mq 31,48 copertura rigida a due falde inclinate altezza minima mt 2,05 massima mt 2,20 utilizzato come civile abitazione; roulotte di mq 37, copertura piana altezza mt 2,50, utilizzata come civile abitazione; realizzazione di un piazzale con betonelle in pietra per una superficie di mq 444 circa ». Il provvedimento dava atto del dissequestro del manufatto disposto dalla Procura della Repubblica di Rimini e consegna al Comune stante l’effetto traslativo della proprietà ex art. 31 d. P.R. n. 380 del 2001; precisava anche che l’accertamento di inottemperanza non riguardava la roulotte, frattanto rimossa.
1.2.- A sostegno della domanda caducatoria del predetto provvedimento, oggetto del ricorso introduttivo di prime cure, la signora P F, dichiaratasi proprietaria del terreno e delle opere, deduceva i vizi come di seguito sinteticamente compendiabili:
- omessa valutazione delle memorie e documenti versati agli atti del procedimento;
- nel caso di specie si sarebbe trattato di fabbricato preesistente e non di nuova costruzione e l’intervento avrebbe integrato la fattispecie della ristrutturazione edilizia e non della nuova costruzione (potrebbe considerarsi tale soltanto l’ampliamento del fabbricato rurale preesistente da mq 31,48 a mq 69,00); ai sensi dell’art. 33 d. P.R. n. 380 del 2001 non avrebbe potuto, dunque, procedersi all’acquisizione;
- quanto alla parte inerente all’ampliamento del fabbricato rurale non avrebbe potuto disporsi l’acquisizione, considerata l’asserita carenza di dolo e colpa: la signora P F non sarebbe né committente, né esecutrice delle opere abusive, realizzate, in tesi, dal sig. G;
- sarebbe stata rappresentata al Comune l’impossibilità di ottemperare all’esecuzione della demolizione da giugno 2014 a luglio 2015 e nel mese di agosto 2015 stante il sequestro penale e la presenza di un pignoramento (così come sarebbe stato richiesto il dissequestro al giudice penale): in altre parole, poiché la (ex) proprietaria non era più in possesso del bene né lo deteneva, non poteva eseguire l’ordinanza (fermo restando che sarebbe stata estranea all’abuso);
- il mancato accesso all’immobile non consentirebbe le attività prodromiche alla presentazione di un’istanza di sanatoria;
- il Comune avrebbe omesso la verifica della possibilità di legittimare una parte dell’abuso;
- l’atto acquisitivo mancherebbe dell’indicazione dei dati catastali;
- l’acquisizione dell’ulteriore area non risulta motivata.
1.3.- Il Comune di Rimini si opponeva all’accoglimento del ricorso.
1.4.- Interveniva ad adiuvandum Di V M, creditore procedente, pignorante e ipotecario.
2.1.- Il T.a.r. accoglieva il ricorso sulla base della fondatezza del solo sesto motivo e annullava l’impugnato provvedimento sul rilievo che: « L’atto impugnato in questa sede si limita a stabilire che “l’area di pertinenza dell’opera abusiva è determinata nell’intera estensione della particella 616 di mq. 537 in applicazione dei criteri stabiliti con determina … 130/2015”, che è maggiore di quella abusivamente realizzata secondo quanto risulta dalla documentazione, senza alcuna specificazione in ordine alle ragioni dell’acquisizione ulteriore rispetto all'immobile e alla relativa area di sedime. Né è sufficiente il rinvio per relationem alla deliberazione n. 130/2015, la quale dispone l’applicazione di 4 criteri, impartisce alcuni indirizzi da rispettare e a sua volta evoca la deliberazione consiliare n. 8/2014 e l’atto regionale n. 279/2010, rendendo pertanto imprescindibile una valutazione ponderata caso per caso. Ne deriva che le censure afferenti al difetto di motivazione e alla sproporzione sono fondate e vanno accolte ».
2.2.- Le ulteriori doglianze erano respinte.
3.- Il Comune di Rimini ha interposto appello ed ha chiesto la riforma della sentenza sulla base delle seguenti doglianze:
- in rito, il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per difetto di natura provvedimentale del provvedimento impugnato e infondatezza dei vizi propri e di quelli derivati, questi ultimi discendenti dall’ordinanza di demolizione (la cui impugnazione in sede giustiziale è stata però rigettata);
- nel merito non sussisterebbe il difetto di motivazione inerente all’acquisizione gratuita dell’area di pertinenza delle opere abusive, ulteriore alle opere stesse ed al relativo sedime, stante il richiamo, per relationem , alla determinazione n. 130/2015 (non impugnata) di determinazione dei criteri acquisitivi.
4.- Si è costituita in giudizio F P la quale ha concluso per l’infondatezza del gravame del Comune di Rimini ed ha proposto appello incidentale, così articolando le proprie doglianze:
1) Violazione artt. 3 e art. 10- bis l. n. 241 del 1990, violazione del principio del giusto procedimento e del principio di partecipazione. Il provvedimento finale avrebbe omesso di considerare le osservazioni svolte dalla parte a seguito della comunicazione di avvio del procedimento involgenti l’impossibilità di dar seguito alla ingiunta demolizione;
2) Violazione artt. 10, 31, 33 d. P.R. n. 380 del 2001; art. 13 l.r. Em.rom. n. 23 del 2004. Nel caso di specie si sarebbe determinata una frattura tra l’accertamento originario e lo stato dell’immobile al momento della « confisca », atteso che, nelle more del procedimento per motivi di necessità connessi al mantenimento del nucleo familiare, il marito della proprietaria aveva eseguito lavori di ampliamento privi di autorizzazione e pertanto soltanto su quella parte poteva, in tesi, sollevarsi censura, fermo restando che la (addotta) natura di ristrutturazione dell’intervento così connotato, cioè l’ampliamento di una stanza rispetto al fabbricato originario, ne avrebbe consentito la regolarizzazione ovvero la rimozione ma non già la confisca dell’intero fabbricato e del terreno. La decisione del giudice di prime cure non può perciò essere, in tesi, condivisa nella parte in cui afferma che l’intervento successivo all’accertamento non farebbe venir meno l’illiceità dell’intervento originario: una volta acclarata la legittimità del fabbricato rurale originario, per le opere successive poteva, al più, essere ordinata la demolizione ma non già la complessiva « confisca » in ragione di quanto previsto dall’art. 31 d.P.R. 380 del 2001;
3) Violazione art. 31 d. P.R. n. 380 del 2001; carenza di dolo e colpa in capo alla ricorrente; eccesso di potere sotto diversi profili; error in iudicando per traviamento dei presupposti. Dalla natura ripristinatoria dell’ordine di demolizione, discenderebbe che la sanzione demolitoria può essere legittimamente irrogata nei confronti del proprietario del bene, anche se diverso dal responsabile dell’abuso e anche se estraneo alla commissione dell'abuso stesso (ciò in quanto l'abusività dell'opera avrebbe una connotazione di natura reale e seguirebbe l'immobile anche nei successivi trasferimenti del medesimo), ma l’ulteriore sanzione della acquisizione al patrimonio comunale dell’area di sedime e degli altri beni previsti dall’art. 31, in caso di inottemperanza alla sanzione demolitoria stessa, non sarebbe applicabile al proprietario incolpevole; sotto altro profilo, al momento dell’ordine di demolizione, ed anche successivamente, la ricorrente non avrebbe avuto la disponibilità materiale e giuridica del bene perché sottoposto ad un sequestro penale, cui si sarebbe sovrapposto un sequestro civile tuttora valido ed efficace (e la parte privata si sarebbe adoperata per intervenire sull’immobile che però era sottoposto a pignoramento);
4) Violazione artt. 33, comma 2, e 34, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, errore di fatto e di diritto sui presupposti del provvedimento impugnato. Il