Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-03-01, n. 201801278

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-03-01, n. 201801278
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801278
Data del deposito : 1 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/03/2018

N. 01278/2018REG.PROV.COLL.

N. 07134/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7134 del 2017, proposto da:
Diem S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato F A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ugo Ojetti, n. 114;

contro

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato A M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S G in Roma, via Pietro della Valle;

nei confronti di

Gestione Servizi Integrati Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Czio Santuori, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Stefano Gattamelata in Roma, via di Monte Fiore, n. 22;
Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, Sezione Prima, n. 871 del 2017, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione dell’appalto avente ad oggetto Servizio di pulizia dell'Ospedale civile “San Giovanni di Dio" di Crotone.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Calabria e di Gestione Servizi Integrati Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2018 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati F A C, S G su delega di A M e Stefano Gattamelata su delega di Czio Santuori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Calabria, sede di Catanzaro, la società Diem S.r.l. agendo in proprio e come mandataria del costituendo RTI con la società Eporlux, ha impugnato il decreto dirigenziale n. 13423 del 7.11.16 dell’Autorità Regionale – Stazione Unica Appaltante (S.U.A.), con cui è stata aggiudicato in via definitiva «l’appalto avente ad oggetto Servizio di pulizia dell’Ospedale civile “San Giovanni di Dio” di Crotone alla società Gestione Servizi Integrati S.r.l. di Ivrea (TO)».

Unitamente al provvedimento di aggiudicazione, la ricorrente ha impugnato anche gli atti connessi, compresi quelli del sub-procedimento di anomalia dell’offerta, con richiesta di declaratoria del suo diritto ad assumere la posizione di primo graduato e di inefficacia del contratto eventualmente stipulato fra l’Ente appaltante e l’aggiudicataria della gara.

A seguito di accesso ha proposto motivi aggiunti censurando, in particolare, le valutazioni compiute dall’Amministrazione in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta per violazione dell’art. 72, comma 1 R.D. n. 827/24 e dell’art. 11, comma 6 D.lgs n. 163/2006.

2. - Con la sentenza impugnata il TAR ha respinto il ricorso.

3. - Avverso tale decisione la società Diem S.r.l. ha proposto appello, reiterando le censure già dedotte in primo grado.

3.1 - Si sono costituite in giudizio sia la Regione Calabria che la controinteressata società Gestioni Servizi Integrati S.r.l. che hanno concluso entrambe per il rigetto dell’impugnativa.

3.2 - Le parti hanno prodotto scritti difensivi a sostegno delle rispettive tesi.

4. - All’udienza pubblica del 16 gennaio 2018 l’appello è stato trattenuto in decisione.

5. - L’appello è infondato e va, dunque, respinto.

6. - Ritiene il Collegio di dover richiamare, in estrema sintesi, i presupposti sui quali si fonda la sentenza di primo grado.

6.1 - Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente aveva lamentato la violazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) e c) e comma 2, del d.lgs. n.163/06, ritenendo che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa per la mancata dichiarazione di cui all’art. 38 lett. b) e c) del d.lgs. 163/2006 da parte del socio unico dell’aggiudicataria, società Stella del Monte S.r.l.

Il TAR ha respinto tale doglianza rilevando che l’obbligo di dichiarazione sussistesse solo per il socio unico “persona fisica” e non anche nel caso di socio unico “persona giuridica”, come nel caso di specie.

Ha poi aggiunto che la parte controinteressata aveva precisato che la dichiarazione era stata resa dall’amministratore unico del socio unico, nonché dal revisore unico della società aggiudicataria.

Infine, ha sottolineato che la mancanza di tale dichiarazione non avrebbe comunque comportato l’esclusione dalla gara, ma semmai il ricorso al soccorso istruttorio.

6.2 - Con il primo motivo di appello l’appellante censura tale capo di sentenza insistendo nelle proprie argomentazioni già spese in primo grado.

7. - La doglianza non può essere accolta.

Correttamente il primo giudice ha rilevato che “la norma in questione nella versione applicabile ratione temporis (e cioè nella versione modificata dal D.L. n. 70 del 2011 , convertito in L. n. 106 del 2011 ), stabilisce che le dichiarazioni di cui all'art.38, comma 1, lett.'b' del D.Lgs. n. 163 del 2006 devono essere rese anche dal socio unico purchè trattasi di "persona fisica" e non anche quando, come nel caso di specie, si tratti di "persona giuridica" (Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 23/05/2017, n. 221;
così sembra anche Cons. St. 1373/2017). L’interpretazione letterale della norma consente di escludere la possibilità di accogliere il diverso risultato ermeneutico proposto da parte ricorrente che si pone in contrasto con il criterio letterale”.

Il TAR ha anche respinto la tesi del ricorrente fondata sui principi affermati dalla Sezione Quinta di questo Consiglio di Stato con la sentenza del 23 giugno 2016, n. 2813, rilevando che “la dichiarazione è stata resa dall’amministratore unico del socio unico, nonché dal revisore unico della società aggiudicataria”.

La tesi del primo giudice è pienamente condivisibile.

La tesi seguita dal TAR, basata sull’interpretazione letterale della norma, risulta condivisibile;
peraltro, nel caso di specie, l’eventuale mancanza della dichiarazione non avrebbe potuto comportare l’esclusione dalla gara: l’amministratore di entrambe le società è infatti il medesimo soggetto.

Il Sig. S G ha reso la dichiarazione in questione per conto della società aggiudicataria GSI;
la GSI, al momento della redazione delle dichiarazioni, era di proprietà esclusiva della Stella del Monte S.r.l., di proprietà del 99,70% dello stesso Sig. S G che detiene tutti i poteri di gestione e amministrazione di tale società.

La sig.ra R C, proprietaria delle quote di minoranza (pari allo 0,3%), non dispone di alcun potere gestorio e di impegno per la società, come pure il consigliere R G che non dispone di quote di proprietà, ma si limita a svolgere attività promozionale per la società.

Ne consegue che la asserita carenza avrebbe potuto costituire, esclusivamente, una mera violazione formale che non avrebbe potuto condurre all’esclusione, ma soltanto al soccorso istruttorio (cfr. delibera ANAC n. 1/2015).

La doglianza deve essere quindi respinta.

8. – Con il secondo e terzo motivo di appello, l’appellante ha censurato il capo di sentenza del TAR che ha respinto la doglianza relativa al giudizio di congruità all’esito del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

Lamenta l’appellante la genericità delle considerazioni svolte dal primo giudice fondate sulla base di principi generali affermati dalla giurisprudenza amministrativa: sostiene, in particolare, che l’omessa indicazione da parte della controinteressata dell’utile di impresa non sarebbe stata esaminata dal TAR.

Rileva, infatti, l’appellante che l’omessa indicazione dell’utile, elemento da ritenersi necessario in quanto connaturale allo svolgimento di un’attività economica, dimostrerebbe l’inattendibilità del giudizio di congruità dell’offerta reso dalla stazione appaltante anche facendo applicazione della prova di resistenza.

L’utile pari a zero o l’offerta in perdita, infatti, renderebbero ex sé inattendibile l’offerta.

L’utile non potrebbe desumersi neppure scomputando i costi evidenziati dal quantum complessivamente ricavabile in termini di corrispettivo.

9. - Le doglianze non possono essere condivise.

Innanzitutto la sentenza di primo grado è pienamente condivisibile in quanto ha richiamato – a sostegno della propria decisione - i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, dai quali il Collegio ritiene di non doversi discostare.

Il TAR ha infatti ritenuto che:

- la valutazione di congruità dell’offerta anomala consiste in un procedimento il cui esito è rimesso alla discrezionalità tecnica della stazione appaltante;

- la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente ed in modo parcellizzato sulle singole voci, dal momento che l'obiettivo dell'indagine è l'accertamento dell'affidabilità dell’offerta nel suo complesso e non già delle singole voci che la compongono (Ad.Pl. n. 36/2012 cit.;
V, 14 giugno 2013, n. 3314;
1 ottobre 2010, n. 7262;
11 marzo 2010 n. 1414;
IV, 22 marzo 2013, n. 1633;
III, 14 febbraio 2012, n. 710);

- ciò che interessa al fine dello svolgimento del giudizio successivo alla valutazione dell’anomalia dell’offerta è rappresentato dall’accertamento della serietà dell’offerta desumibile dalle giustificazioni fornite dalla concorrente;

- la valutazione sulla congruità dell’offerta reso dalla stazione appaltante, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, è sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o irragionevolezza, erroneità fattuale o difetto di istruttoria che rendano palese l'inattendibilità complessiva dell’offerta

(C.d.S., Ad.Pl., 29 novembre 2012, n. 36;
V, 26 settembre 2013, n. 4761;
18 agosto 2010, n. 5848;
23 novembre 2010, n. 8148;
22 febbraio 2011, n. 1090;
Consiglio di Stato, cit., 17 gennaio 2014, n. 162);

- il giudice amministrativo, infatti, non può operare autonomamente una verifica delle singole voci dell’offerta "sovrapponendo così la sua idea tecnica al giudizio - non erroneo né illogico - formulato dall'organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto, poiché, così facendo, il Giudice invaderebbe una sfera propria della P.A.” (C.d.S., IV, 27 giugno 2011, n. 3862;
V, 28 ottobre 2010, n. 7631;
Consiglio di Stato, Sezione V, 17 gennaio 2014, n. 162).

Ai principi espressi dal TAR può aggiungersi che:

- al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (Consiglio di Stato, sez. V, 27/09/2017, n. 4527;
Cons. St., sez. V, 29 maggio 2017, n. 2556;
Id., 13 febbraio 2017, n. 607;
Id., 25 gennaio 2016, n. 242;
Id., sez. III, 3 novembre 2016, n. 4671).

Nel caso di specie, sostiene l’appellante che l’aggiudicataria non avrebbe indicato alcun utile;
ha poi aggiunto che scomputando dal corrispettivo i costi evidenziati, si evincerebbe la sua sostanziale mancanza.

In particolare, ha allegato nell’atto di appello una tabella (pag. 10) quale emergerebbe che l’utile sarebbe pari a soli € 140,65 per ciascuna annualità (e dunque pari ad € 703,26 per il quinquennio).

Ha poi aggiunto che non sarebbero stati specificati alcuni valori da ascrivere alle voci relative alle spese generali.

Ha quindi indicato in una successiva tabella (pag. 11) le singole voci mancanti, rilevando che la somma indicata a titolo di spese generali sarebbe del tutto insufficiente: da ciò si evincerebbe l’erosione del “risicato” utile calcolato implicitamente.

La doglianza non può essere condivisa.

L’appellante ha focalizzato le sue censure sulla mancanza di talune voci di costo sottolineando la sostanziale mancanza di utile, a dimostrazione dell’incongruità dell’offerta.

Sotto il primo profilo è opportuno rilevare che l’offerta economica è stata presentata fornendo tutti gli elementi indispensabili di cui al paragrafo 18.1 del Disciplinare di gara.

Come ha correttamente rilevato la difesa dell’amministrazione appellata, in sede di giustificazioni, l’aggiudicataria ha precisato – a margine della tabella riassuntiva dei costi del personale -, un differenziale di costo, rispetto al valore prudenziale indicato in offerta, con conseguente margine operativo di € 64.691,16 al quale ha aggiunto, nei secondi giustificativi, un ulteriore risparmio di € 21.850,95 derivante dal minor costo del personale grazie al contenimento dei costi INAIL, in applicazione della legge n. 147/2013 (cfr. pag. 2 della relazione giustificativa di GSI del 24/6/2016). Tali rilievi non sono stati contestati dall’appellante.

Ne consegue che l’utile è ben più alto di quello calcolato presuntivamente dall’appellante, sicchè le doglianze svolte in merito alla carenza o l’incongruità di talune voci di costo non potrebbero incidere sulla correttezza del giudizio di congruità reso dall’Amministrazione, tenuto conto che la valutazione deve essere complessiva, come in precedenza ricordato.

In ogni caso, la controinteressata ha chiarito che le spese generali computate sono comprensive delle spese relative alla pubblicazione del bando e delle spese per esito gara: si tratta, comunque, di cifre modeste tali da non poter sovvertire la valutazione di remuneratività dell’appalto resa dalla stazione appaltante.

10. - In conclusione, l’appello va dunque respinto, e per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.

11. - Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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