Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-09-26, n. 202208263
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Testo completo
Pubblicato il 26/09/2022
N. 08263/2022REG.PROV.COLL.
N. 04997/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4997 del 2020, proposto da P A, rappresentato e difeso dall'avvocato M I L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 12608/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2022 il Cons. Maria Stella Boscarino e udita per l’appellante l’avv. M I L;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Sig. A ed altri ricorrenti presentarono nel 2009, avanti al T.A.R. per il Lazio, un ricorso collettivo esponendo di essere appartenenti al Corpo della Polizia di Stato impegnati come piloti di elicottero o “specialisti di elicottero” (componenti dell’equipaggio dell’elicottero), attività per la quale avevano sempre percepito specifiche indennità (di aeronavigazione ovvero di volo), determinate in base alla Tabella I allegata alla l.n. 78/1983, che si articolava su tre fasce.
Detta Tabella veniva sostituita con l’art. 5 del d.P.R. n. 394/1995 da altra Tabella, articolata in sedici fasce nell’ambito delle quali il calcolo delle indennità di cui sopra era rapportato solo ed esclusivamente alla qualifica (grado) da ciascuno posseduta, ciò che determinava la penalizzazione del personale sottordinato cui era attribuita un’indennità di gran lunga inferiore rispetto ai colleghi in possesso di grado superiore nonostante lo svolgimento di identiche attività ed a fronte di rischio, correlato all’attività di volo, identico (e del tutto indipendente dal grado e dalla qualifica posseduta dal singolo).
Con il proposto ricorso, quindi, i ricorrenti agirono per il riconoscimento e la declaratoria del loro diritto a percepire l’indennità di aeronavigazione e di volo in misura eguale a quella percepita dal Vice Questore Aggiunto o, comunque, a quella più elevata prevista dalle tabelle vigenti.
2. Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione eccepiva, in rito:
- il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
- l’inammissibilità del proposto ricorso collettivo, essendosi i ricorrenti limitati a dedurre a sostegno della loro pretesa di essere assegnati a vari uffici e reparti di rispettiva appartenenza, ma senza minimamente specificare, se non mediante riferimenti meramente generici e polivalenti anziché puntuali e personalizzati, in relazione ai diversi servizi, a quale anno risalisse detta assegnazione, a quale tipologia di servizi esterni essi fossero stati nel tempo addetti, in base a quale ordini e con quale periodicità;
- l’inammissibilità del ricorso poiché ciascuno degli istanti aveva azionato la medesima pretesa mediante ricorsi straordinari al Capo dello Stato;
- la mancata tempestiva impugnazione delle norme regolamentari (art. 5 del d.P.R. n. 394/1995, applicabile al personale della Polizia di Stato in virtù del rinvio operato dall’art. 11 del d.P.R. n. 395/1995) che, in tesi, avevano ingiustamente determinato l’indennità di aeronavigazione e di volo in misura inferiore.
3. Il Tribunale adito ha:
- disposto l’estromissione della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- ritenuto di prescindere dall’esame delle questioni in rito sollevate dalla difesa erariale (salvo l’eccezione di inammissibilità riferita alla proposizione di ricorso straordinario, che è stata respinta);
- rigettato il ricorso in quanto infondato nel merito, avendo ritenuto che la disciplina giuridica di regolamentazione della pretesa avanzata dai ricorrenti va rinvenuta nell’art. 5 del d.P.R. 31 luglio 1995, n. 394, per cui “la censura dell’eccesso di potere e, in particolare, l’ingiustificata differenziazione di importo dell’indennità di aeronavigazione in funzione delle diverse qualifiche si risolve - in definitiva – in una verifica del giudice amministrativo - non sulla violazione di legge, ma - sull’esercizio dell’autonomia contrattuale, sindacabile solo per manifesta irragionevolezza”, vizio non ravvisabile, avuto riguardo all’impianto normativo costituito dalla l.n. 78 del 1983.
4. La decisione viene appellata dal Sig. A, il quale lamenta l’erroneità della ricostruzione del giudice di primo grado in quanto, sostanzialmente, per effetto del combinato disposto degli artt. 5 del d.P.R. n. 394/95 e 11 del d.P.R. n. 395/1995, norme di natura regolamentare, sono stati introdotti trattamenti diversificati e deteriori in violazione di norme di legge preesistenti, in quanto tali di rango superiore, id est quelle di cui alla l.n. 78/1983 e Tabella I ad essa allegata, oltre che di fondamentali principi e precetti costituzionali, tra cui quelli portati dagli artt. 3, 36, 97 e 32 Cost., con conseguente ingiusta sperequazione tra i gradi apicali e la base, pur nello svolgimento della medesima attività operativa di aeronavigazione, avendo, in particolare, riguardo al personale della Polizia di Stato, che svolge attività di volo ed aeronavigazione indipendentemente dal ruolo e dalla qualifica posseduta, a differenza delle Forze Armate, ove l’attività aeronautica è espletata in concreto da Ufficiali e Sottufficiali.
L’appellante, inoltre, ripropone la questione di legittimità costituzionale della normativa di settore argomentata in primo grado e disattesa del giudice di prime cure.
5. Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione ha successivamente prodotto una memoria, con quale ripropone le eccezioni in rito non esaminate, sottolineando che i ricorrenti hanno proposto in primo grado un ricorso collettivo limitandosi a dedurre, a sostegno della loro pretesa, di essere assegnati a vari uffici e reparti di rispettiva appartenenza, ma senza minimamente specificare, né comprovare, a quale anno risalisse detta assegnazione, a quale tipologia di servizi esterni fossero stati nel tempo addetti, in base a quale ordini e con quale periodicità.
L’Amministrazione osserva che chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la causa petendi e il petitum , per cui la loro mancanza fa venir meno un requisito legale della domanda, impedendo così l'esame di merito del ricorso collettivo. La giurisprudenza ha infatti da tempo evidenziato l'inammissibilità del ricorso collettivo che nulla dica in ordine alle condizioni legittimanti e d'interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto tale situazione impedisce sia all'Amministrazione emanante sia al giudice di controllare il concreto e personale interesse dei ricorrenti e l'omogeneità e non confliggenza degli interessi dei singoli.
L’Amministrazione, poi, ripropone l’eccezione di inammissibilità per tardività dell’impugnazione del fonte regolamentare del rapporto.
Nel merito, controdeduce che la contrattazione collettiva ben può introdurre innovazioni rispetto alla disciplina legislativa vigente;e che l’estensione degli istituti contestati, già previsti per il personale delle Forze Armate, al personale della Polizia di Stato trova, comunque, supporto anche nella normativa primaria.
Si contesta, poi, la proposizione di censure nuove in appello, in quanto nel ricorso di primo grado la domanda di esatta determinazione dell’indennità di aeronavigazione era stata prospettata in relazione alla circostanza che fino all’entrata in vigore del d.P.R. n. 395/1995 l’attività correlata alle specializzazioni nell’ambito del Servizio Aereo era remunerata a prescindere dal grado rivestito;ma in appello si sviluppano argomentazioni del tutto diverse, essenzialmente incentrate sull’assunto che nel settore volo della Polizia di Stato, a partire 1986, lo svolgimento delle funzioni di Capo Equipaggio e Specialista di Volo non è più venuto a dipendere dal grado rivestito da ciascuno dei componenti dell’Equipaggio ma dalla specializzazione posseduta dal singolo.
In ogni caso, le indennità operative non rientrano tra le indennità di rischio "pure", e lo scopo della disciplina regolamentare, in coerenza con il d.lgs. n. 196/2005, è stato quello di ravvicinare il trattamento economico complessivo spettante ad appartenenti alle Forze Armate e alle Forze di Polizia (ad ordinamento militare e civile) impegnate nello svolgimento di attività di servizio simili.
6. Con memoria l’appellante rileva l’inammissibilità dell’eccezione in rito, dedotta dalla parte intimata nel processo di primo grado, espressamente respinta nella sentenza di primo grado e riproposta dalla stessa in sede di appello, in quanto devoluta al giudice di secondo grado mediante semplice memoria, in difetto del necessario appello incidentale.
Quanto alla riproposizione delle altre due questioni pregiudiziali, non esaminate dal primo giudice, si eccepisce la violazione dell’art. 101, co. 2, c.p.a., in virtù del quale le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado devono essere riproposte con memoria depositata, a pena di decadenza, entro il termine di costituzione in giudizio.
Nel merito, l’appellante difende l’ammissibilità del ricorso collettivo, data l’identità di situazioni sostanziali e processuali, essendo tutti i ricorrenti dipendenti della Polizia di Stato (piloti e specialisti) percettori dell'indennità di volo e aeronavigazione, quindi in situazioni assolutamente identiche tra loro.
7. All’udienza pubblica del 20 settembre 2022, esaurita la trattazione orale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
8. Preliminarmente si rileva la tempestività dell’appello, pur essendo stata la sentenza appellata depositata in data 4.11.2019 e l’appello notificato in data 15.6.2020, dovendosi tener conto sia della sospensione feriale dei termini (art. 1 della l.742/69) che dell’ulteriore sospensione dei termini processuali disposta dagli artt. 84 del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e 36, co. 3, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, in conseguenza dell’emergenza sanitaria da SARS-Cov-19 (cfr. C.G.A. n. 132/2021 del 22.2.2021)
9. Il Collegio ritiene il ricorso in primo grado inammissibile.
9.1. Preliminarmente, si deve rilevare l’irrilevanza della lamentata tardività della riproposizione, nel giudizio di appello, dell’eccezione pregiudiziale non esaminata in primo grado, in considerazione del fatto che trattasi di questioni rilevabili d’ufficio.
Per pacifica giurisprudenza (per tutte cfr. C.G.A., sez. giur., 27 ottobre 2021, n. 969, che richiama C.d.S., sez. V, 22 luglio 2019, n. 5116), sussiste il potere del giudice di appello di rilevare ex officio la esistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado, non potendo ritenersi che sul punto si possa formare un giudicato implicito;ben può, quindi, il giudice d'appello porre a fondamento della propria decisione questioni processuali e sostanziali rilevabili anche d'ufficio, quali quelle di irricevibilità, inammissibilità ovvero di improcedibilità.
La giurisprudenza (C.G.A., sez. giur., 6 maggio 2016, n. 134) ha infatti chiarito che, essendo rilevabile d'ufficio, il difetto di legittimazione sfugge all'onere di riproposizione in appello nel termine di cui all'art. 101, co. 2, c.p.a., perché la regola deve essere coordinata con la previsione dell'art. 104, co. 1, che, nel confermare il tradizionale divieto di nova in appello, ammette eccezioni nuove quando sussista l'estremo della rilevabilità d'ufficio. Se in presenza di quest'ultima condizione, infatti, la parte è ammessa a proporre in appello senza limiti di tempo anche un'eccezione del tutto nuova, allo stesso modo deve ammettersi che, ove la stessa eccezione in prime cure fosse stata invece sollevata, la sua riproposizione non soggiacerebbe al termine perentorio dell'art. 101, co.