Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-03-13, n. 202302586

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-03-13, n. 202302586
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302586
Data del deposito : 13 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/03/2023

N. 02586/2023REG.PROV.COLL.

N. 03414/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3414 del 2016, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F F, G F N e A N, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F F in Roma, via Panama 58;

contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Basilicata, Sezione I, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 dicembre 2022 il Cons. R S;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – La società cooperativa a responsabilità limitata -OMISSIS- ha appellato la sentenza del T.a.r. per la Basilicata, Sezione I, n. -OMISSIS-, che ha respinto il suo ricorso avverso il decreto del 31 marzo 2015 a mezzo del quale il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva annullato l’erogazione in suo favore dei contributi di cui alla legge n. 250 del 1990 per gli anni 2006-2010, ammontanti a un totale di € 281.088, 51) ed aveva inoltre disposto la parziale compensazione del relativo credito con i contributi spettanti alla medesima cooperativa per l’anno 2013 (€ 22.032, 35).

La Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita in giudizio per resistere alle censure dedotte.

In sede cautelare l’appellante ha rinunciato alla domanda cautelare ai fini della definizione nel merito. Entrambe le parti hanno argomentato le rispettive difese con scambio di memorie, concernenti anche le successive sorti del procedimento penale che aveva innescato la vicenda.

2 – L’impugnato annullamento era infatti intervenuto a seguito dell'ipotesi di reato di cui all'art. 640- bis c.p. formulata, all'esito di accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza, dalla Procura della Repubblica di -OMISSIS- nei confronti del legale rappresentante della Cooperativa, relativamente alla seguente condotta: “ avere artatamente emesso fatture per operazioni inesistenti negli anni dal 2006 al 2010 al fine di documentare vendite in blocco di giornali che consentivano alla società dallo stesso rappresentata, di raggiungere e di superare le percentuali relative alla tiratura e diffusione della testata giornalistica edita, permettendo alla stessa di ricevere per gli anni dal 2006 al 2010 contributi pubblici altrimenti non spettanti per un importo complessivo di euro 292.811, 85” In relazione alle somme ritenute indebitamente percepite, inoltre, il GIP del Tribunale di -OMISSIS- aveva emesso decreto di sequestro preventivo per la somma di € 155.762, 02, corrispondente al contributo percepito per gli anni 2008-2010.

3 – Il T.a.r. per la Basilicata, Sezione I, con l’appellata sentenza n. -OMISSIS- respingeva il ricorso rilevando che: -“ Nel merito, il ricorso è infondato. Non può essere accolto il primo motivo di impugnazione, con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990. Infatti, ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, primo periodo, L. n. 241/1990 “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ”.

4 – Con l’atto d’appello in epigrafe la ricorrente di primo grado argomenta l’erroneità della sentenza del T.A.R. per il mancato favorevole apprezzamento delle dedotte censure di violazione delle disposizioni di cui agli artt.7 e 21 novies della legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, di travisamento dei fatti e di carenza istruttoria.

4.1 - Secondo l’appellante l’Amministrazione in sede procedimentale avrebbe dovuto compiere un autonomo giudizio sul fatto, sia perché le rilevazioni della GDF avevano una diversa natura e funzione, sia perché erano unilaterali e non si erano formate in contraddittorio, né avevano trovato alcun conforto giudiziario essendosi il processo penale concluso con una sentenza di accertamento dell’estinzione del reato per prescrizione. Quindi, prosegue l’appellante, i fatti sottesi al procedimento amministrativo di autotutela non sono mai stati oggetto di contraddittorio e di verifica amministrativa, né in altra sede hanno costituito il presupposto fattuale di giudizi di responsabilità. 4.2 – Ancora secondo l’appellante, il giudice di primo grado con la sentenza appellata avrebbe a propria volta erroneamente conferito al provvedimento natura di atto vincolato, qualificando contraddittoriamente l’azione amministrativa come azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c.. sull’errato presupposto della falsità di alcune fatture, in realtà mai comprovata.

4.3 – Infatti, prosegue l’appellante, sebbene le fatture fossero state fatte oggetto di contestazione da parte della Guardia di Finanza, tale contestazione per il nostro ordinamento era assoggettata al vaglio del giudice penale, mancato a causa della intervenuta prescrizione, e in sede amministrativa avrebbe dovuto essere confermata dalla P.A. attraverso un procedimento amministrativo che avrebbe dovuto svolgersi secondo le regole dell’azione amministrativa, quindi nel rispetto delle regole del contraddittorio e dell’istruttoria procedimentale, né la falsità delle fatture avrebbe potuto essere affermata rifacendosi ad un provvedimento cautelare di sequestro, solo strumentalmente preordinato alla tutela patrimoniale della P.A. nelle more dell’accertamento della responsabilità.

5 - L’Amministrazione, costituitasi in giudizio, argomenta l’infondatezza delle predette censure chiedendone il rigetto.

6 – Ai fini della decisione, considera il Collegio che la normativa applicabile alla fattispecie in esame (art. 3 legge n. 250/1990, DPR n. 525/1997, art. 2, comma 62, legge n. 191/2009) prevede, ai fini della concessione del contributo: a) la presentazione in termini di una domanda regolare di ammissione al beneficio;
b) il possesso dei requisiti tassativamente prescritti dalla legge, fra i quali, per quanto qui rileva, la percentuale minima di diffusione della testata (intesa come insieme delle vendite e degli abbonamenti ceduti a titolo oneroso) rispetto alla sua tiratura complessiva, che deve essere pari al 25% per le testate nazionali ad al 40% per quelle locali.

6.1 – Il predetto requisito era stato quindi dichiarato dall’appellante, ma dalla citata indagine è viceversa emerso che alcune fatture emesse negli anni 2006 e 2007 concernenti, rispettivamente, la vendita di 19.800 copie, 15.600 copie, 12.000 copie, 11.000 copie, essenziali al fine di comprovare il possesso del predetto requisito della percentuale di diffusione delle testate locali, erano state espressamente disconosciute dai soggetti che in esse figuravano come acquirenti, essendo state formalmente poi annullate con note a credito per ripristinare la verità dei fatti oppure pagate con bonifici dai soci della cooperativa -OMISSIS-.

6.2 - Nel caso in esame, dunque, così come esattamente rilevato dal T.a.r. l’adozione di provvedimenti volti all’annullamento degli atti che avevano concesso l’erogazione di un contributo ad una azienda editoriale per la pubblicazione di un giornale che non aveva dimostrato di aver raggiunto la diffusione minima prevista costituiva, al pari dei conseguenti atti volti al recupero delle somme anche a conguaglio sul contributo legittimamente spettante per altri periodi, un’attività dovuta ed a contenuto vincolato, che non lasciava alcun margine di apprezzamento tecnico o discrezionale all’Amministrazione.

6.3 - In tal senso deponeva, infatti, non solo la espressa previsione legislativa circa i requisiti necessari, della legge, ma anche la stessa ratio del contributo, in quanto volto a favorire la libertà di stampa sancita dall’art. 21 della Costituzione non solo quale necessario strumento per l’attuazione del diritto inviolabile di espressione del pensiero ai sensi dell’art. 2 della Costituzione, ma anche quale indefettibile presupposto per la reale espansione del principio di democrazia previsto dall’articolo 1 mediante l’attiva ed informata partecipazione di tutti i cittadini, di modo che l’elargizione di fondi pubblici non legati alla effettiva diffusione della testata giornalistica avrebbe inevitabilmente comportato, oltre alla violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e imparzialità, anche una non consentita alterazione delle regole della partecipazione democratica.

6.4 – Ne discende il carattere non decisivo delle plurime censure procedurali e di difetto di istruttoria dedotte, posto che l’onere di dedurre il conseguente possibile diverso esito del procedimento, richiesto “quantomeno in termini di allegazione processuale” (così Cons. Stato, Sez. V, n. 2257/2012), ricade sul destinatario del provvedimento finale, che in questo caso, viceversa, non allega alle censure di ordine formale e procedurale alcuna indicazione circa la fondatezza delle proprie pretese in termini di percentuale di diffusione della pubblicazione rispetto alla tiratura ammessa a contributo.

6.5 - La predetta ricostruzione dei fatti risultante dalla indagine penale, non contraddetta in termini dalla parte appellante, impedisce infatti di dare credito alla documentazione esibita a comprova della diffusione del giornale indipendentemente dagli esiti della vicenda penale, che restano estranea all’oggetto del presente giudizio.

10 – In conclusione l’appello deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo, comunque congrua rispetto ai valori medi previsti dal D.M. 10 marzo 2014 n.55 per una causa di valore pari all’importo dei contributi controversi sopra riportato.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi