Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-05, n. 202400224

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-05, n. 202400224
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400224
Data del deposito : 5 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/01/2024

N. 00224/2024REG.PROV.COLL.

N. 02161/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2161 del 2019, proposto da
Aemme Linea Ambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati R B, S C e G C, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via G.P. Da Palestrina;

contro

Comune di Robecco sul Naviglio, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G G, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

nei confronti

Olivares s.r.l., in prsona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 1912/2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Robecco sul Naviglio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il Cons. V P e viste le conclusioni come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Risulta dagli atti che la società Aemme Linea Ambiente s.r.l. aveva gestito, sino al 31 dicembre 2015, il servizio di igiene ambientale e di riscossione della tariffa rifiuti per il Comune di Robecco sul Naviglio, succedendo nella gestione, per effetto di operazioni societarie straordinarie, ad ASM s.r.l.

I rapporti fra le parti erano disciplinati da un contratto di servizio che disciplinava le modalità di espletamento del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, nonché da una convenzione che regolamentava invece il servizio di riscossione della tariffa.

Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Aemme s.r.l. impugnava la deliberazione di Consiglio comunale di Robecco sul Naviglio n. 18 del 22 luglio 2015 con la quale, nell’approvare il piano economico finanziario 2015 relativo al servizio suindicato, veniva stralciata la somma di euro 137.375,79 che, secondo la detta società, il Comune avrebbe dovuto corrisponderle per ripianare il mancato introito tariffario correlato agli insoluti verificatisi negli anni 2010, 2011 e 2012.

A seguito di atto di opposizione ex art. 10 d.P.R. n. 1199 del 1971 dell’amministrazione comunale, Aemme s.r.l. si costituiva innanzi al Tribunale amministrativo della Lombardia, insistendo per l’accoglimento delle proprie ragioni di doglianza;
l Comune di Robecco sul Naviglio, da parte sua, concludeva per l’infondatezza del gravame.

Con sentenza 1° agosto 2018, n. 1912, il giudice adito respingeva il ricorso, sul presupposto che non fosse applicabile al caso di specie la norma di cui all’art. 101 non pare applicabile alla fattispecie la norma contenuta nell’art. 101, comma 5, del d.lgs. n. 917 del 1986, per cui – ai fini della determinazione della base imponibile del reddito di impresa – vanno considerati inesigibili (e quindi non concorrono a formare la base imponibile) i crediti: a) il cui debitore sia sottoposto a

procedura concorsuale;
b) di modesta entità, qualora siano trascorsi più di sei mesi dalla scadenza.

In ragione di ciò il primo giudice concludeva nel senso che, al fine di stabilire quando un credito tariffario sia divenuto inesigibile (onde consentirne il ripiano tariffario), occorrerebbero elementi ben più significativi di quelli previsti dall’art. 101 cit.

Avverso tale decisione Aemme Linea Ambiente s.r.l. interponeva appello, affidato ai seguenti motivi di impugnazione:

1) Violazione dell’art. 101 comma 5 del d.P.R. 917/1986 – Violazione dell’art. 3 comma 10 del d.l. n. 16/2012 – Violazione delle “Linee guida per la redazione del piano finanziario e per l’elaborazione delle tariffe” del M.E.F. – Violazione dell’art. 17 del contratto di servizio nonché degli artt. 6, 11 e 12 della convenzione – Carenza di motivazione e difetto di attività istruttoria – Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ed illogicità – Violazione dei principi di economicità e proporzionalità .

2) Violazione degli artt. 6 e 12 della convenzione – Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ed illogicità – Violazione dei principi di economicità e proporzionalità .

Costituitosi in giudizio, il Comune di Robecco sul Naviglio deduceva l’infondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 16 novembre 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello viene censurata la decisione del Comune di Robecco sul Naviglio di non riconoscere ad Aemme s.r.l. una quota di pretesi insoluti in quanto “ non ancora dichiarati inesigibili e non supportati da documentazione necessarie per tale individuazione, corredato della relazione illustrativa ”: ad avviso dell’amministrazione, dunque, il gestore non avrebbe dimostrato che i crediti correlati agli insoluti fossero divenuti inesigibili.

Deduce l’appellante che il Comune non avrebbe in realtà chiarito (caso per caso, limitandosi invece ad apodittiche considerazioni di carattere generale) le ragioni per cui il materiale di riscontro fornito dalla concessionaria (solleciti, risultanze dell’attività posta in essere dalle società incaricare per recupere il credito, visure di società fallite, etc.) non era idoneo allo scopo, dovendosi piuttosto ritenere che per tali crediti fosse sopravvenuta una “certificazione” ex lege di inesigibilità.

In ogni caso, la conclusione del primo giudice di inapplicabilità alla fattispecie in esame della disciplina di cui all’art. 101, comma 5 d.P.R. n. 917 del 1986 non sarebbe condivisibile, sottovalutando la particolare natura non tributaria della tariffa, nell’ambito della quale la sola emissione delle fatture costituisce atto impositivo, ed altresì trascurando le “ Linee guida per la redazione del Piano Finanziario e per l’elaborazione delle tariffe ” elaborate dal M.E.F. (a supporto degli enti per la redazione del piano finanziario e per l’elaborazione delle tariffe), le quali invece fornirebbero una diversa interpretazione circa l’ambito di applicazione della norma in questione, che risulterebbe applicabile anche al caso di specie: “ Tali disposizioni debbono ritenersi valide, in linea di principio, anche per la TARES, per effetto del richiamo, per la redazione del PEF, delle norme di redazione del bilancio delle società per azioni, e comunque per la logica imprenditoriale con cui è costruito il piano finanziario del servizio rifiuti, che deve integralmente coprire tutti i costi, tra cui rientrano quindi anche i crediti inesigibili […] ”.

A dette Linee giuda andrebbe riconosciuta, secondo l’appellante, “ sicura valenza giuridica (o anche solo da intendersi quale atto di interpretazione autentica o di principio cui ispirarsi per l’interpretazione delle disposizioni vigenti) ”.

Inoltre, stante la natura privatistica della tariffa in esame, non avrebbero dovuto applicarsi le disposizioni relative alle modalità di recupero delle entrate di natura tributaria (ossia subordinare l’inesigibilità alla promozione di un’azione giudiziaria ed all’ottenimento di un titolo esecutivo), essendo sufficiente l’emissione di fatture e relativi solleciti, sia in proprio che per il tramite di società di recupero del credito.

Il motivo non può trovare positivo accoglimento.

Ai sensi dell’art. 101, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 ( Testo unico delle imposte sui redditi ),

Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell'articolo 106, sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato […] Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei princìpi contabili ”.

Trattasi, all’evidenza, di norma avente carattere speciale, dettata all’espresso e peculiare scopo di determinare – ai fini del calcolo delle imposte sui redditi (dunque, nell’ambito pubblicistico del rapporto tributario tra amministrazione erariale e contribuente) – la base imponibile del reddito d’impresa: in quanto tale non solo è insuscettibile di applicazione analogica a fattispecie diverse da quelle considerate, ma – in primis e soprattutto – da essa non può essere tratto un principio di carattere generale esorbitante il predetto rapporto (onde ad esempio individuare in astratto le ipotesi – anche relativamente a rapporti negoziali di diritto privato – nelle quali un qualsiasi credito tariffario possa considerarsi inesigibile, come ritenuto dall’appellante).

E’ la stessa appellante, del resto, a rappresentare che la tariffa di igiene ambientale non ha natura tributaria, bensì civilistica, trattandosi di un corrispettivo per il servizio di raccolta di rifiuti urbani, effettuato entro i confini della normativa di diritto privato, circostanza che ancor più l’estraneità della normativa richiamata alla fattispecie per cui è causa.

In ragione di quanto sopra, deve concludersi che spettasse alla concessionaria dimostrare – caso per caso e sulla base di fattivi riscontri – l’impossibilità di procedere al recupero della tariffa dovuta dai singoli obbligati, impossibilità che logicamente presupponeva l’onere – in capo alla medesima concessionaria – di aver almeno tentato il detto recupero, ossia – secondo le ordinarie regole di diritto civile – di aver iniziato l’esecuzione forzata del credito rimasto insoluto, dotandosi in primis di un titolo da portare ad esecuzione.

Con il secondo motivo di appello Aemme s.r.l. deduce poi che – a prescindere dall’applicabilità, al caso di specie, della disciplina di cui all’art. 101 comma 5 cit. – i crediti insoluti de quibus avrebbero dovuto comunque essere dichiarati inesigibili in ragione di altre circostanze ignorate dal primo giudice;
in particolare, l’appellante avrebbe dimostrato l’esistenza di:

- 35 posizioni, con debito inferiore a 30 euro, per un totale di euro 737,70: il presupposto per il riconoscimento della inesigibilità risiedeva nelle previsioni di cui all’art. 3, comma 10 del d.l. n. 16 del 2012 (convertito in l. n. 44 del 2012) che ha elevato, dal 1° luglio 2012, l’importo minimo iscrivibile a ruolo ad euro 30;

- 290 posizioni parcellizzate in posizioni con debito inferiore a euro 1.100, rispetto alle quali il costo di un recupero stragiudiziale era superiore al credito o comunque contrario al principio di proporzionalità ed economicità. Per le posizioni di importo compreso tra 555 e 963 euro l’allegata relazione Eurasia avrebbe inoltre documentato che si riferivano a soggetti falliti, irreperibili ed oggettivamente privi di risorse economiche per fare fronte al pagamento anche di somme esigue;

- 13 posizioni di importo superiore ad euro 1.100 (per complessivi euro 45.093).

La scelta dell’appellante avrebbe quindi scongiurato un aggravio dei costi alla tariffa da far pagare ai contribuenti, sui quali sarebbero stati riversati gli oneri necessari ad affrontare una riscossione di fatto inutile.

Aemme s.r.l. censura inoltre il capo della sentenza di primo grado nel quale si individua l’art. 6, lettera c) della convenzione in essere tra le parti quale fonte dell’obbligo in capo al gestore di provvedere anche alla riscossione coattiva nei confronti dell’utenza morosa, sì che in caso di mancata attivazione di queste procedure lo stesso gestore – oltre a violare uno specifico obbligo convenzionale – non avrebbe adempiuto all’onere minimo richiesto per essergli riconosciuto il ripiano tariffario degli insoluti.

Secondo l’appellante, la sentenza impugnata non avrebbe tenuto in debito conto il rapporto di specificazione che legherebbe il predetto art. 6 della convenzione con il successivo art. 12, che specificherebbe le modalità (“ economiche, efficaci ed efficienti ”) con le quali il concessionario dovrebbe provvedere alla riscossione della tariffa: in questi termini, parlandosi di economicità della gestione, la convenzione sposerebbe la tesi per cui avverso i crediti “ ex se inesigibili – o ai sensi del citato art. 101, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 ovvero per l’antieconomicità delle singole posizioni – non fosse opportuno intraprendere le procedure giudiziali in quanto, oggettivamente, antieconomiche e per niente efficaci o efficienti ”.

Neppure questi rilievi possono essere accolti, trattandosi nella sostanza di riproposizione degli argomenti difensivi già dedotti con il precedente motivo di gravame.

Ai sensi dell’art. 6 della convenzione, “ il soggetto gestore si obbliga ad organizzare e gestire il servizio nel pieno rispetto delle disposizioni recate dal capo IV del “Regolamento per l’applicazione della tariffa del servizio di gestione della tariffa rifiuti urbani e assimilati” nel territorio del Comune di Robecco sul Naviglio” ed in particolare: omissis […] c) provvederà alla riscossione, anche coattiva, della tariffa unitamente al tributo provinciale e all’I.V.A. con modalità economiche, efficaci ed efficienti, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 49 del D.Lgs. 22/97 ”;
a sua volta, il successivo art. 12 prevede che “ Il gestore si impegna nell’attività di recupero della tariffa dovuta, maggiorata di interessi e oneri aggiuntivi, mediante solleciti ed eventuale successivo affidamento del credito insoluto a istituti specializzati e autorizzati per il recupero della morosità. Gli importi insoluti relativi all’anno precedente, al netto degli eventuali recuperi effettuati, dopo opportune verifiche da parte del Comune, andranno a decurtare le retrocessioni di cui all’art. 11 dell’anno di riferimento ”.

Emerge evidente, dalla lettura delle due disposizioni, che l’art. 12 nulla indica in ordine ai presupposti perché possa parlarsi di “inesigibilità” degli eventuali insoluti relativi alla tariffa di igiene ambientale, né indicazioni al riguardo possono trarsi dall’art. 6 della convenzione, il quale anzi ribadisce l’obbligo generalizzato per il concessionario di provvedere anche alla riscossione coattiva del dovuto.

Né la generica precisazione che le modalità di riscossione debbano, tra l’altro, essere “ economiche ” consentirebbe di attribuire al concessionario il potere di decidere unilateralmente quali insoluti portare ad esecuzione forzata e quali no, tanto più a fronte della contestuale prescrizione che le stesse devono comunque essere “ efficaci ”, ossia consentire l’effettivo recupero delle somme dovute.

Va pertanto condivisa la conclusione cui è giunto il primo giudice, nello stabilire a quali oneri fosse in concreto tenuta la ricorrente: se infatti “ è vero che ” la convenzione “ all’art. 12, stabilisce che il gestore deve inviare all’utenza fatture e solleciti e, in caso di persistente morosità, affidarsi ad istituti specializzati di riscossione del credito (adempimenti assolti dalla ricorrente) ”, è però altresì vero “ che l’art. 6, lett. c), della stessa convenzione stabilisce che il gestore deve provvedere anche alla riscossione coattiva nei confronti dell’utenza morosa;
ne deriva che, in caso di mancata attivazione di queste procedure, lo stesso gestore – oltre a violare uno specifico obbligo convenzionale – non adempie all’onere minimo richiesto affinché possa essergli riconosciuto il ripiano tariffario degli insoluti
”.

Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va dunque respinto.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

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