Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2017-09-26, n. 201702058

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2017-09-26, n. 201702058
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201702058
Data del deposito : 26 settembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

<a data-decision-id="5af3df5f-c88c-582b-ad04-fe89dc7b35d1" href="/decisions/itcs0xfyj6thsz89kz">N. 01702/2015</a> AFFARE

Numero 02058/2017 e data 26/09/2017 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 20 settembre 2017




NUMERO AFFARE

01702/2015

OGGETTO:

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto, con presentazione diretta, ex art. 11 del d. P.R. n. 1199/1971, da Riserva Alpina n.04/Susegana, contro la Provincia di Treviso e l’Ispra, e nei confronti dell’Azienda Faunistica Venatoria Val Grande, avverso la concessione allo svolgimento dell'attività faunistica e venatoria.

LA SEZIONE

Visto il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in oggetto, depositato direttamente in data 8 ottobre 2015;

Visto l’art. 11, secondo comma, del d. P.R. 24 novembre 1971, n.1199;

Visto il parere interlocutorio n. 3009 del 2015, con il quale l’Amministrazione è stata invitata a trasmettere la relazione, previa comunicazione alla parte ricorrente;

Vista la nota prot. n. 0010594 del 10 maggio 2016, con la quale il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha trasmesso la relazione e richiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere A M.


Premesso e considerato:

La controversia riguarda l’istituzione, richiesta dal Sig. Gianni Fanti in rappresentanza dei proprietari dei fondi agricoli interessati per territorio, dell’azienda faunistico-venatoria Val Grande, ricadente nel territorio del Comune di Susegana (TV). Il procedimento costitutivo della stessa, peraltro caratterizzato dal mancato rispetto della tempistica per la sua conclusione proprio in ragione della complessità dell’istruttoria, prendeva l’avvio l’11 luglio 2013 con la presentazione dell’istanza relativa, e si sviluppava attraverso una serie coordinata di passaggi, previsti dall’ attuale normativa (tra cui, in particolare, figurava il parere che l’ISPRA - ex INFS – esprimeva in senso favorevole, superando i propri pareri precedenti, uno sfavorevole, il secondo, favorevole a condizioni), cui sovraintendevano gli Uffici provinciali competenti (Servizio protezione civile, caccia, pesca e agricoltura).

Il procedimento si concludeva con il riscontro positivo dei requisiti oggettivi e soggettivi, sulla base di quanto disposto in particolare dagli artt. 29 e dall’allegato B alla legge regionale 9 dicembre 1993, n.50, nonché 35 e seguenti del Regolamento di attuazione del Piano faunistico venatorio 2007/2012, pure approvato con legge regionale n. 1 del 5 gennaio 2007. Il provvedimento concessorio prot. n.1578/72724 dell’8 luglio 2014, con allegata la relativa convenzione, veniva notificato al Presidente della Riserva Alpina n.

4-Susegana in data 10 luglio 2014. All’esito di decisione assembleare si addiveniva alla proposizione dell’odierno ricorso straordinario da parte di quest’ultima.

La Riserva Alpina aveva già manifestato la propria contrarietà alla scelta, prendendo parte al procedimento di cui aveva ricevuto formale comunicazione di avvio: con nota inoltrata con raccomandata A.R. n.9563 del 4 settembre 2013, menzionata dalle parti, ma non versata in atti, otteneva l’attivazione di verifiche sul titolo di legittimazione dei proprietari aderenti al consorzio e, di fatto, un supplemento di istruttoria tecnica risoltosi nel sostanziale recepimento delle istanze dalla stessa avanzata ,con conseguente modifica della domanda originaria.

Su tale coinvolgimento nel procedimento, la Provincia di Treviso rappresenta che “ Ad ulteriore riscontro della possibilità di attiva e concreta partecipazione al procedimento in parola in capo al sig. Z G in qualità di Presidente pro tempore della RA 04 di Susegana, si evidenzia che la medesima riduzione di superficie deriva dalla rinuncia al conferimento dei fondi da parte di diversi proprietari inizialmente aderenti al Consorzio e che, per alcuni di essi (G M, B S, O M e R B) le formali rinunce alla prosecuzione del conferimento erano state raccolte a cura del medesimo sig. Z G e qui utilmente prodotte ai fini del procedimento in parola con note in data 11.2.2014 (prot. n. 0014856/2014 del 11.2.2014) e 4.3.2014 (prot. n. 0023393/2014 del 4.3.2014).” E ancora, in relazione al prosieguo del procedimento una volta risolta la questione di cui sopra: “ In riferimento a quanto contenuto nella predetta nota racc. a. r. n. 95563/2013 del 4.9.2013 ed entro i termini temporali con la stessa definiti, non è stata qui presentata, dai predetti soggetti

contro

-interessati e ad esclusione delle note 11.2.2014 e 4.3.2014 dianzi richiamate da parte del sig. Z G, nessuna ulteriore informazione, controdeduzione e/o integrazione in ordine all'emanazione del provvedimento di cui trattasi.”
In altre parole, una volta rettificato il procedimento in relazione alla corretta individuazione dei soggetti legittimamente rappresentati dal consorzio di proprietari, la Riserva, benché coinvolta, avrebbe tacitamente assentito – rectius , non avrebbe sollevato nuove questioni- al prosieguo dello stesso.

Ciò posto, a sostegno del gravame la ricorrente ha dedotto eccesso di potere e difetto di istruttoria, nonché violazione dell’art. 29 della legge 11 febbraio 1992, n.157 (poi rettificato in art. 29 della legge regionale n. 50 del 1993), nonché della legge regionale n. 1 del 2007, delle norme procedurali che impongono una valutazione di impatto (V.I.N.C.A.) da parte dell’Ente, difetto di motivazione in ordine all’avvenuta comparazione tra interessi con esplicitazione delle ragioni pubblicistiche della prevalenza del modello dell’azienda su quello della riserva.

La Sezione ritiene che le prospettazioni non meritino ingresso.

Per inquadrare correttamente la fattispecie, è d’uopo richiamare preliminarmente l’essenziale quadro normativo di riferimento.

La legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50, rubricata “ Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio ”, ha disciplinato all’art. 29 la finalità della azienda faunistico venatoria prevedendo che la stessa, che non ha fini di lucro, sia “ destinata al mantenimento, all'organizzazione ed al miglioramento degli ambienti naturali, anche ai fini dell'incremento della fauna con particolare riferimento alla tipica fauna alpina, alla grossa fauna europea e a quella acquatica .”(comma 1).

Quanto al procedimento di rilascio della relativa concessione, dispongono i commi 3, 4 e 5, primi periodi, che recitano:

La Provincia è delegata a rilasciare la concessione per l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, sulla base dei criteri definiti ai sensi del comma 2 dell'articolo 8, sentito l'INFS, secondo le procedure di cui all'Allegato B alla presente legge.

La concessione per l'istituzione di aziende faunistico-venatorie può essere rilasciata, previa richiesta, a proprietari, possessori o conduttori del fondo singoli o riuniti in consorzio o a terzi previo consenso dei proprietari. Il consorzio deve indicare la persona fisica che, nel provvedimento di concessione, è considerata ad ogni effetto di legge come concessionaria. La sua eventuale sostituzione va comunicata alla Provincia. La concessione è accordata per il periodo di validità del piano faunistico di cui all'articolo 8 ed è rinnovabile. Nelle aziende faunistico-venatorie comprese nel territorio lagunare e vallivo, almeno un terzo della loro superficie complessiva deve essere costituita in oasi di protezione;
nelle aziende faunistico-venatorie della zona faunistica delle Alpi, deve costituirsi in oasi di protezione non meno del 15 per cento del territorio agro-silvo-pastorale
”.

L’allegato B alla legge, recante “ Procedure per l'istituzione di Aziende faunistico-venatorie, agri-turistico-venatorie e centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ai sensi degli articoli 29, 30 e 31 ”, prevede che la richiesta di concessione sia corredata da:

a) carta topografica in scala 1:5.000, in triplice copia, della zona che si intende costituire in Azienda faunistico-venatoria, con gli estremi catastali;

b) gli atti comprovanti i titoli di proprietà o di possesso o di detenzione dei fondi interessati, che possono essere sostituiti dalla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà;

c) piano tecnico-economico per il funzionamento dell'Azienda, dal punto di vista tecnico ed economico.

Nel caso di richiesta inoltrata da un consorzio devono essere inoltre allegati gli atti da cui risulti il consenso dei proprietari, possessori e conduttori riuniti in consorzio. La norma prevede infine che “ Ai provvedimenti di concessione o di rinnovo devono essere allegati i piani di assestamento e di abbattimento ed il programma annuale e pluriennale di conservazione e ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico”.

Il Regolamento approvato col Piano faunistico venatorio 2007/2012, infine, che disciplina la materia agli artt. 35 e seguenti, non aggiunge nulla di rilevante in ordine al corredo istruttorio necessario per la positiva valutazione dell’istanza.

Nel caso di specie, la Sezione ritiene sia stato pedissequamente seguito l’ iter sopra descritto, di cui peraltro si dà ampio conto sia in parte dispositiva che motiva del provvedimento impugnato, a dimostrazione che si è esercitata quella discrezionalità tecnica sottesa al rilascio del provvedimento, cui ampio spazio dà il ricorrente nell’ambito delle proprie doglianze per lamentare la carente ponderazione degli interessi pubblici in gioco.

A ben guardare, infatti, suddette doglianze sono permeate dalla contestazione dei contenuti dei documenti istruttori prodotti a corredo della domanda – id est, la relazione tecnica e la relazione supplementare a firma degli agronomi incaricati- delle quali si intende svilire la valenza formale, non attribuendo loro la fede privilegiata dell’atto pubblico proprio allo scopo di confutarne le risultanze, contestando in particolare la correttezza dei dati relativi al censimento delle componenti faunistiche, che l’Amministrazione avrebbe dovuto ignorare.

Per contro, ritiene la Sezione, ammesso e non concesso che i contenuti del censimento siano sindacabili nel merito in questa sede, con ciò sovrapponendo il proprio giudizio a quello dell’organismo tecnico a ciò preposto, è proprio l’evoluzione dei pareri dell’ISPRA la prova provata della correttezza dell’operato dell’Amministrazione: come già ricordato, infatti, l’Istituto approda al rilascio del parere finale favorevole dopo una complessa ed articolata istruttoria, che dimostra un vaglio tutt’affatto formale della documentazione prodotta, tanto da passare da una prima valutazione negativa, ad una seconda “condizionata”, fino al già ricordato esito finale. L’ISPRA, infatti, che ha sostituito l’INFS nella relativa competenza, costituisce, come noto, la struttura scientifica e tecnica unica di riferimento per tutto il contesto nazionale, cui è rimessa la valutazione della documentazione allegata all’istanza, peraltro nel caso di specie più corposa di quanto espressamente previsto dalla richiamata normativa che, ad esempio, prevede il piano di assestamento e di abbattimento quale allegato alla concessione, non alla richiesta del suo rilascio.

D’altro canto, le numerose eccezioni di merito mosse alla rendicontazione del censimento effettuato e riportato nelle menzionate relazioni, costituiscono per il ricorrente chiaro indizio di sviamento dalla funzione tipica dell’atto de quo , che finirebbe per pretermettere la già ricordata finalità di miglioramento degli ambienti naturali, anche per l’incremento della fauna, che deve caratterizzare la costituzione delle aziende faunistico venatorie. La sovrapposizione/sostituzione del nuovo modello gestionale in un ambito territoriale già valorizzato in maniera ottimale dalla Riserva ricorrente dimostrerebbe ex se la carenza di istruttoria e di motivazione del provvedimento. Quanto detto alla luce di precedente giurisprudenza del Consiglio di Stato, in particolare l’invocata sentenza n. 2335 del 2009 che, nel ribadire la –indiscussa- discrezionalità del provvedimento de quo , ne ricorda la sottesa e doverosa valutazione comparatistica delle istanze in gioco al fine di optare per quella maggiormente rispondente all’interesse pubblico da perseguire.

La Sezione ritiene che la puntuale esplicitazione della valenza attribuita a ciascun documento istruttorio a supporto della istanza di concessione riportata ne testo del provvedimento stesso, esprima pienamente la motivazione anche in ordine all’interesse pubblico ritenuto prevalente. Diversamente opinando, l’Amministrazione si vedrebbe esposta ad una sorta di probatio diabolica di fatto ostativa di qualunque scelta alternativa alla gestione pubblicistica tramite Riserva, se non adducendo criticità della stessa, con conseguente menomazione del riconoscimento dell’interesse del privato che il legislatore ha inteso tutelare, pur bilanciandolo con indicazioni gestionali precise a tutela dell’ambiente, oltre che della fauna. Se è vero, infatti, che “ la ponderazione tra gli interessi coinvolti nella scelta è, dunque, dovere dell’Amministrazione, anche in ossequio all’art. 1 comma 11 legge n. 241 del 1990, che codifica il concetto della c.d. funzionalizzazione del potere amministrativo per il raggiungimento dell’interesse pubblico nella concreta situazione di fatto e alla luce della natura concessoria del provvedimento di cui si discute, evidenziata dalla qualificazione della fauna come patrimonio indisponibile dello Stato, contenuta nella legge n. 157 del 1992 ” (cfr. al riguardo Cons. Stato, n. 2335/2009, cit. supra );
è altrettanto vero che per orientare suddetta comparazione il legislatore regionale ha chiarito come debba essere effettuata l’istruttoria relativa, quale percentuale vada riservata alle oasi paesistiche e quale debba essere il corredo ( il già ricordato programma di abbattimento, che di fatto costituisce una forma di programmazione dell’attività) condizionante la validità della concessione rilasciata. Ove ciò non fosse ritenuto sufficiente, l’interesse sotteso alla sottrazione alla gestione pubblicistica della caccia, risulterebbe sempre soccombente e il ricorso al modello dell’azienda faunistico venatoria inattuabile anche laddove vi sia stata attenta ponderazione della domanda da parte degli enti preposti per competenza alla stessa. Non è casuale, infatti, che tra i profili di illegittimità riscontrati dalla menzionata sentenza del 2009 nel provvedimento oggetto del ricorso esaminato, peraltro inserito in un procedimento ben più articolato anche sotto il profilo del contenzioso conseguitone, c’è sì la asserita mancata adeguata considerazione del territorio interessato e della fauna che vi si trova, ma in relazione all’omesso coinvolgimento – rectius , più propriamente, alla mancata considerazione dell’avverso parere - degli altri enti istituzionalmente competenti in materia di caccia (in particolare Comunità montana e Provincia, che per contro aveva espresso parere contrario all’istituzione dell’azienda).

Non è chi non veda, ritiene la Sezione, come nel caso in esame la situazione si presenti in senso diametralmente opposto e si voglia di fatto contestare la correttezza delle valutazioni effettuate proprio dalla Provincia, cui “ compete provvedere alla pianificazione mediante la destinazione differenziata del territorio ”.

Per quanto attiene infine all’asserita mancata acquisizione della V.I.N.C.A., ovvero alla sua predisposizione d’ufficio, è sufficiente, ad avviso della Sezione, richiamare la motivazione, esaustiva in fatto e in diritto, riportata nel provvedimento ed opportunamente richiamata anche dall’Amministrazione riferente. Proprio all’esito, infatti, della già ricordata istruttoria tecnica suppletiva sollecitata dall’odierna ricorrente a seguito della comunicazione di avvio procedimento, si è addivenuti alla limitazione dell’area interessata dalla richiesta di concessione, cosicché “ il SIC IT 3240030 risulta essere del tutto esterno al perimetro dell' istituenda Azienda faunistica venatoria ”. Pertanto, come esplicitato nella –pure richiamata- delibera della Giunta regionale n. 3173 del 2006, allegato Al, contenente la " Guida metodologica alla valutazione di incidenza riferita a piani di tipo faunistico venatorio ", la redazione dell’apposito studio per la valutazione di incidenza, non ricadendo l’Azienda, anche solo in parte, nel perimetro di un sito Natura 2000, prevedendo altresì un buffer pari a zero all'esterno del perimetro del sito stesso, non è stato riconosciuto necessario. In tale contesto, la documentazione prodotta diviene ultronea e della stessa, valutata originariamente dall’ISPRA senza rilievi, ma nel già ricordato contesto di superficie diverso e più ampio, la Provincia di limita a prendere atto “ delle conclusioni dello Studio in parola contestualmente ad una formale presa d'atto dell'esclusione, per le motivazioni dianzi esposte, della necessità di sottoporre a procedura VINCA la richiesta in parola, e ciò al fine da un lato di non gravare ulteriormente il procedimento in parola con l'acquisizione di ulteriore documentazione - i cui, contenuti, di fatto, sono integralmente ricompresi nelle risultanze dello studio in parola- dall'altro di poter disporre comunque, nel fascicolo aziendale, di una valutazione di carattere ambientale che, seppur non necessaria, concorre positivamente a sostenere, motivare e qualificare la richiesta di istituzione della Azienda faunistico venatoria in parola ”.

Alla luce delle considerazioni esposte, la Sezione ritiene il ricorso in esame privo di fondamento.

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