Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-08-21, n. 202307882
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Testo completo
Pubblicato il 21/08/2023
N. 07882/2023REG.PROV.COLL.
N. 06554/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6554 del 2019, proposto da Immobiliare Botta S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato D G D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, viale E. Caldara 43;
contro
Comune di Giussago, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;
nei confronti
G Ricotti, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 506/2019
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Giussago;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 luglio 2023 il Cons. S Z;
viste, altresì, le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso con cui la parte appellante ha domandato l'annullamento del provvedimento del 26 febbraio 2016 prot. 1619 recante convalida, ex art. 21-nonies L. 241/1990, dell’ordinanza di demolizione d'ufficio, disposta con atto sindacale prot. 6648/2012 del 26 settembre 2012 e degli atti connessi, conseguenti e presupposti relativamente ad abusi commessi dal sig. Ricotti, su fondo in sua proprietà.
Avverso la decisione sono sollevati i seguenti motivi di appello, così rubricati:
A – SULLA NULLITÀ DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO PER DIFETTO DEL CONTRADDITORIO
- Violazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a. in combinato disposto con l’art. 105, comma 1, c.p.a. - Violazione degli artt. 24, 103 e 111 Cost. e art. 6 Cedu - Violazione del diritto di difesa, del principio del contradditorio e del principio di effettività della tutela giurisdizionale - Violazione del diritto al doppio grado - Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato - Violazione del principio c.d. iura novit curia - Erronea, arbitraria e abnorme applicazione del potere giudiziale di riqualificazione giuridica dell’atto impugnato - Difetto di motivazione - Motivazione apparente
B – IN SUBORDINE: SULLA RIFORMA DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO PER ERRONEITÀ DELLA RIQUALIFICAZIONE DELL’ATTO IMPUGNATO
b) - Violazione degli artt. 24 e 103 Cost. - Erronea, arbitraria e abnorme applicazione del potere giudiziale di riqualificazione giuridica dell’atto impugnato - Difetto di motivazione - Motivazione apparente - Difetto dei presupposti - Errore di fatto
c) - Violazione dell’art 132 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 39 c.p.a. - Difetto di motivazione - Error in iudicando per errato inquadramento della fattispecie - Difetto dei presupposti - Contraddittorietà e perplessità - Irragionevolezza e ingiustizia manifesta
d) La parte ha infine riproposto i motivi già sollevati a supporto del ricorso di primo grado.
2. Si è costituito in giudizio il Comune di Giussago, in provincia di Pavia, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.
In via gradata, la parte appellata sollevava appello incidentale relativamente alla parte di sentenza nella quale il giudice di prime cure aveva riqualificato il provvedimento impugnato quale rinnovazione dell’esercizio del potere, invece che convalida, secondo la dicitura da esso riportata nell’intestazione.
3. Ai fini di una piena comprensione dei fatti di causa, va in premessa ricostruita la vicenda giuridico-amministrativa di cui alla controversia.
Il contenzioso di cui al processo inizia con l’ordinanza n.81 del 2008 con cui il Comune di Giussago diffidava il sig. G R a demolire opere abusive realizzate sul fondo identificato al fg.6, mappale 782 del catasto terreni, su di un’area in proprietà della parte appellante, ammonendolo che, in caso di mancata acquisizione, avrebbe acquisito l’area al patrimonio comunale.
Con il successivo provvedimento n.91 del 2008, l’ente locale emetteva analogo provvedimento nei confronti della proprietaria, odierna parte appellante, ritenendola responsabile in solido per la demolizione.
Entrambe le ordinanze venivano impugnate innanzi al TAR anche dalla parte appellante, oltre che, per quanto concerne la prima dal prefato Ricotti, il cui ricorso era rigettato.
Il ricorso proposto dalla parte appellante avverso il secondo provvedimento veniva invece accolto dal TAR Lombardia, sede di Milano, limitatamente alla parte in cui il provvedimento n.81 del 2008 (quello n.91 veniva ritenuto dal TAR una semplice ripetizione del primo, non avente efficacia costitutiva) aveva previsto l’acquisizione dell’area di sedime al patrimonio comunale, in caso di inottemperanza.
Nelle more, considerato che la parte relativa alla diffida a demolire non era stata toccata dalla pronuncia giurisdizionale, l’Amministrazione concludeva il procedimento per l’accertamento dell’inottemperanza, conclusosi con il provvedimento n.6648 del 2012 con cui disponeva la demolizione d’ufficio delle opere.
Anche quest’ultimo provvedimento veniva impugnato dalla parte appellante, che contestava il vizio di incompetenza del Sindaco ad adottare l’atto impugnato, oltre che, nel merito, l’addebito dei costi per la demolizione, che le era stato – a suo dire – impropriamente posto a carico, sebbene in solido con il responsabile degli abusi.
Dopo la presentazione del ricorso, l’ente locale, riscontrando la sussistenza del denunciato vizio di incompetenza in capo al Sindaco, emetteva un nuovo provvedimento, quello n.2115/2013 col quale disponeva la convalida della precedente ordinanza n. 6648 del 2012.
Questo provvedimento era impugnato con motivi aggiunti dalla parte appellante dinanzi al TAR Milano che, avendo riscontrato il difetto di partecipazione al procedimento della società appellante, disponeva l’annullamento dell’ordinanza n.6648 del 2012, nonché della successiva ordinanza di convalida, seppure limitatamente alla parte in cui condannavano la ricorrente a pagare le spese di demolizione, congiuntamente al sig. Ricotti.
In attuazione di questa sentenza, il Comune avviava un nuovo procedimento, di cui dava comunicazione anche alla parte appellante, instaurando con essa il contraddittorio procedimentale, al fine di porre rimedio al vizio riscontrato in sentenza.
Alla fine del procedimento la parte appellata emetteva il provvedimento di convalida dell’ordinanza n.6648/2012, provv. prot.1619/2016 che è oggetto del ricorso ricordato in premessa, respinto dalla sentenza impugnata che, dopo aver riqualificato quale nuovo esercizio del potere la convalida impugnata, ha ritenuto che la società appellante, in quanto nella disponibilità dell’opera abusiva, fosse tenuta a provvedere al ripristino dello status quo ante nel caso in cui il responsabile dell’abuso resti inerte.
4. Tanto premesso, il primo motivo d’appello contesta alla sentenza impugnata di avere indebitamente riqualificato il provvedimento prot. 1619/2016 emesso dal Comune di Giussago, da atto di convalida a atto di rinnovazione dell’esercizio del potere.
In sostanza, il giudice avrebbe erroneamente reinterpretato, secondo la parte appellante, la volontà dell’amministrazione, ritenendo impropriamente tuttora sussistente il potere di porre a carico della parte appellante le spese di demolizione.
A parte l’improprietà di simile riqualificazione, che avrebbe arbitrariamente inciso su quella che era stata data all’atto dal suo autore, la parte appellante sottolinea il vulnus che questa re-interpretazione, peraltro non preceduta dall’avviso ex art.73 comma 3 c.p.a. avrebbe recato alle sue prerogative defensionali, facendola trovare di fronte ad un nuovo fatto giuridico, che non era prevedibile al momento in cui ebbe a rassegnare le sue conclusioni in primo grado.
4.1. Il secondo motivo di appello sottolinea che, nel caso di specie, la ridetta qualificazione sarebbe stata vieppiù interdetta al giudice amministrativo, perché i due poteri esercitati, quello in autotutela, secondo l’originaria qualificazione e quello di amministrazione attiva, secondo la riattribuzione del giudice, sarebbero del tutto diversi, basati su presupposti diversi. Questo avrebbe comportato la configurazione di un inedito potere di rinnovazione dell’atto da parte dell’amministrazione, che quest’ultima non aveva inteso esercitare.
4.2. Il terzo motivo di appello censura, poi, nel merito la detta riqualificazione, ritenendo che tutto il procedimento che aveva preceduto l’atto impugnato, aveva avuto ad oggetto una convalida, che ha, come detto, un contenuto decisamente differente da quello di rinnovazione di un procedimento annullato, che è quello per come ridefinito dal giudice di primo grado e che anche questo avrebbe “spiazzato” le prerogative procedimentali ed il diritto a