Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-10-17, n. 202309016
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Pubblicato il 17/10/2023
N. 09016/2023REG.PROV.COLL.
N. 04386/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4386 del 2021, proposto dal Ministero dell'interno e dalla Prefettura – UTG di Roma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi
ex lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
la -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati S M e M I L, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,
nei confronti
della -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato Salvatore Napolitano, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,
della -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Saverio Marini, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,
delle -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I ter , -OMISSIS-, che ha accolto il ricorso, proposto dalla -OMISSIS- per l’annullamento dell’informativa interdittiva antimafia ex d.lgs. n. 159 del 2011 della Prefettura di Roma del 27 febbraio 2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della -OMISSIS-;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della -OMISSIS-;
Viste le memorie depositate dalla -OMISSIS- in date 11 maggio, 10 marzo 2023, 2021 e 13 settembre 2023;
Vista la memoria depositata dalla -OMISSIS- in data 4 settembre 2023;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2023 il Cons. G F e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tar Lazio la -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento interdittivo antimafia n. -OMISSIS- della Prefettura di Roma, nonché la comunicazione di recesso del contratto con -OMISSIS- del 3 marzo 2020, la comunicazione di recesso del contratto -OMISSIS-, la comunicazione di sospensione contratti con -OMISSIS- dell’11 marzo 2020, la comunicazione di recesso/esclusione -OMISSIS-.
Il provvedimento impugnato è stato assunto a seguito di accertamenti istruttori svolti dalle forze di polizia, dai quali sarebbe emerso un quadro indiziario complessivo tale da far ritenere che la -OMISSIS-, sebbene attualmente di proprietà, nella misura del 50% del capitale sociale ciascuna, di-OMISSIS-, sarebbe di fatto riconducibile a -OMISSIS-, quest’ultimo vicino ad ambienti della criminalità organizzata di stampo mafioso e, per tali ragioni, sottoposto all’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari per il delitto ex art. 12 quinquies , comma 1, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni in l. 7 agosto 1992, n. 356, nell’ambito di un procedimento penale.
Il provvedimento interdittivo antimafia n. -OMISSIS- è stato emesso anche a carico della -OMISSIS-, di proprietà per il 99% di -OMISSIS- e per l’1% di -OMISSIS-.
2. La sez. I ter del Tar Lazio, con sentenza -OMISSIS-, ha accolto il ricorso, sul rilievo che dalla informativa del Gruppo Ispettivo Antimafia della Prefettura, acquisito in sede istruttoria, e dal provvedimento di interdittiva, si rileva che gli elementi posti alla base della determinazione prefettizia appaiono prevalentemente orientati verso la società -OMISSIS-con il suo legale rappresentante -OMISSIS-. In relazione alla società ricorrente, invece, si richiamano le contestuali partecipazioni tra i fratelli in una serie di società immobiliari, alcune delle quali hanno la medesima sede legale della -OMISSIS-. Ad avviso del Tar, nonostante il carattere preventivo, privo di connotazione sanzionatoria e che, proprio per questo, non richiede la prova di fatti penalmente rilevanti e nemmeno la “prova piena” (in senso penalistico) del collegamento con ambienti malavitosi, il quadro indiziario appare debole e, quanto meno, non idoneo, secondo il criterio del “più probabile che non”, a sostenere un giudizio di pericolo di infiltrazione mafiosa, in quanto esso si fonda sostanzialmente e principalmente sull’assunto che le sorelle proprietarie della -OMISSIS- non gestirebbero di fatto la società, che invece sarebbe condotta dal fratello.
3. La sentenza è stata impugnata dal Ministero dell’interno e dalla Prefettura di Roma con appello notificato in data 10 maggio 2021 e depositato il successivo 11 maggio, deducendo l’erroneità della pronuncia del Tar che non avrebbe colto il forte quadro indiziario a carico della società.
4. Si è costituita in giudizio la -OMISSIS-, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.
5. Si è costituita in giudizio della -OMISSIS-, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.
6. Con ordinanza -OMISSIS- l’istanza di sospensione della sentenza -OMISSIS- è stata accolta, con riferimento sia al periculum in mora - non potendo che assumere preminente valore l’interesse a prevenire il pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata – che al fumus , emergendo, dalla documentazione in atti, una serie di elementi idonei a corroborare la prognosi del ‘più probabile che non’ proprio in relazione non solo ai legami parentali, ma anche alle cointeressenze economiche.
7. All’udienza del 5 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, il Ministero dell’interno e la Prefettura di Roma hanno impugnato la sentenza della sez. I ter del Tar Lazio -OMISSIS-, che ha accolto il ricorso, proposto dalla -OMISSIS- (d’ora in poi, -OMISSIS-) per l’annullamento dell’informativa interdittiva antimafia ex d.lgs. n. 159 del 2011 della Prefettura di Roma del 27 febbraio 2020, emessa nei confronti sia della società -OMISSIS- che della -OMISSIS-.
Alla base della interdittiva è il collegamento della società -OMISSIS- – detenuta, nella misura del 50% del capitale sociale ciascuna dalle sorelle-OMISSIS- – con --OMISSIS- (fratello di-OMISSIS-), che a sua volta detiene il 99% delle quote sociali della società -OMISSIS-. Nel provvedimento interdittivo si dà atto che i fratelli -OMISSIS- intrattengono rapporti perché hanno compartecipazioni in società (-OMISSIS-), alcune delle quali hanno la stessa sede legale della -OMISSIS-.
Prima di passare all’esame dell’atto di appello il Collegio chiarisce che alcuna rilevanza può assumere, ai fini della permanenza dell’interesse ad una decisione di merito, la circostanza – evidenziata dall’appellata -OMISSIS- nella memoria depositata in data 13 settembre 2023 – che la Prefettura di Roma, con provvedimento del 7 luglio 2023, ha disposto la liberatoria nei confronti della -OMISSIS- con esito positivo dell’istanza di aggiornamento. È noto, infatti, che la legittimità di un provvedimento va verificata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, con la conseguenza che non è assecondabile l’assunto della -OMISSIS- secondo cui “se sono venuti meno i presupposti di controindicazione nei confronti della società -OMISSIS-e quindi del sig. -OMISSIS-, costituendo l’unico elemento di controindicazione presunto e contestato anche per la -OMISSIS-, sono necessariamente venuti meno i presupposti del provvedimento impugnato nei confronti di quest’ultima”.
2. Passando all’esame del merito, l’appello è fondato, alla luce della costante giurisprudenza della Sezione formatasi sul punto.
Giova premettere che non si discute della sufficienza o meno del rapporto di parentela con soggetto contiguo alla criminalità organizzata per fondare l’impugnata interdittiva (nella specie,-OMISSIS-, sorelle di -OMISSIS-, quest’ultimo vicino al clan -OMISSIS-) quanto, piuttosto, della configurabilità di una regia occulta di -OMISSIS- dietro la -OMISSIS-.
Ritiene il Collegio che dagli elementi richiamati dalla Prefettura possa trarsi la conclusione che sia “più probabile che non” la contiguità della -OMISSIS- alla criminalità organizzata del vibonese e, in particolare, al clan dei -OMISSIS-, in considerazione del giudizio meramente probabilistico che sottende la materia.
Da rilevare che ciò che connota la regola probatoria del “più probabile che non” non è un diverso procedimento logico, ma la (minore) forza dimostrativa dell’inferenza logica, sicché, in definitiva, l’interprete è sempre vincolato a sviluppare un’argomentazione rigorosa sul piano metodologico, “ancorché sia sufficiente accertare che l’ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la c.d. probabilità cruciale” (Cons. St., sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483). Ha aggiunto la Sezione (n. 758 del 2019) che lo stesso legislatore – art. 84, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011 – ha riconosciuto quale elemento fondante l’informazione antimafia la sussistenza di “eventuali tentativi” di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”. Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di questi ad influenzare la gestione dell’impresa sono nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzato, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.
Come chiarito da una consolidata giurisprudenza della Sezione, gli elementi di fatto valorizzati dal provvedimento prefettizio devono essere valutati non atomisticamente, ma in chiave unitaria, secondo il canone inferenziale – che è alla base della teoria della prova indiziaria - quae singula non prosunt, collecta iuvant , al fine di valutare l’esistenza o meno di un pericolo di una permeabilità della -OMISSIS- a possibili tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, “secondo la valutazione di tipo induttivo che la norma attributiva rimette al potere cautelare dell’amministrazione, il cui esercizio va scrutinato alla stregua della pacifica giurisprudenza formatasi sul punto.
Il Collegio condivide altresì il principio, ormai granitico nella giurisprudenza della Sezione (tra le tante, 16 giugno 2023, n. 5964;22 maggio 2023, n. 5024;27 dicembre 2019, n. 8882;5 settembre 2019, n. 6105;20 febbraio 2019, n. 1182), che l’informativa antimafia implica una valutazione discrezionale da parte dell’autorità prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa.
Il giudice amministrativo è chiamato a valutare la gravità del quadro indiziario, posto a base della valutazione prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, e il suo sindacato sull’esercizio del potere prefettizio, con un pieno accesso ai fatti rivelatori del pericolo, consente non solo di sindacare l’esistenza o meno di questi fatti, che devono essere gravi, precisi e concordanti, ma di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l’autorità amministrativa trae da quei fatti secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva, e non sanzionatoria, della misura in esame.
Il sindacato per eccesso di potere sui vizi della motivazione del provvedimento amministrativo, anche quando questo rimandi per relationem agli atti istruttori, scongiura il rischio che la valutazione del Prefetto divenga, appunto, una “pena del sospetto” e che la portata della discrezionalità amministrativa in questa materia, necessaria per ponderare l’esistenza del pericolo infiltrativo in concreto, sconfini nel puro arbitrio.
3. Tutto ciò chiarito, nella fattispecie all’esame del Collegio sussistono gli elementi – visti nel loro insieme – tali da fondare un giudizio probabilistico della contiguità della -OMISSIS- agli ambienti della criminalità organizzata.
La vicinanza della -OMISSIS- alla -OMISSIS-, di proprietà per il 99% di -OMISSIS-, e alle altre società vicine a -OMISSIS- appare evidente, a nulla rilevando che alcune di dette società (-OMISSIS-, -OMISSIS--, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-) sono da tempo inattive. Per principio, infatti, l’inattività non toglie la circostanza che alcune di queste società erano compartecipate tra i fratelli -OMISSIS- e, dunque, la vicinanza di-OMISSIS- a -OMISSIS-, quest’ultimo vicino ad ambienti della criminalità organizzata di stampo mafioso. Vale ricordare che la vicinanza di -OMISSIS- alla criminalità organizzata di stampo mafioso (clan -OMISSIS-) non sia dubitabile ed è stata alla base dell’interdittiva antimafia n. -OMISSIS- della Prefettura di Roma, a carico di -OMISSIS-, confermata dalla sez. III del Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS-.
A confermare il quadro indiziario posto a base dell’interdittiva che ha colpito la -OMISSIS- è anche il richiamo ad un episodio raccontato in data 14 marzo 2016 da un collaboratore di giustizia, -OMISSIS-. Ha riferito di essersi recato, su incarico di -OMISSIS-), defunto boss dell’ndrangheta, alla sede della società -OMISSIS- per parlare con -OMISSIS- e ottenere l’assunzione presso la -OMISSIS- di -OMISSIS-. -OMISSIS- lo ha rassicurato dicendo di “ritenerlo già fatto” ed effettivamente l’assunzione è avvenuta il giorno seguente e il -OMISSIS-ha percepito reddito dalla -OMISSIS- dal 1998 fino al 2015.
La circostanza che il -OMISSIS-si sia recato alla -OMISSIS- per parlare con -OMISSIS- conferma la vicinanza tra i -OMISSIS--.
Aggiungasi che la citata -OMISSIS- (che effettuava operazioni illecite in materia di smaltimento di rifiuti che, come noto, costituisce uno dei reati spia dell’infiltrazione mafiosa nel tessuto economico) è stata sotto indagini penali perché -OMISSIS-, già destinatario di provvedimenti interdittivi antimafia, al fine di salvaguardare beni personali e familiari da eventuali misure di prevenzione, così come affermato dallo stesso Pubblico Ministero, ha trasferito fittiziamente le quote societarie di detta società al figlio incensurato -OMISSIS--OMISSIS-, per il tramite di una società costituita ad hoc, la -OMISSIS-, sottoposta a sequestro preventivo, adottato con provvedimento del Tribunale di Reggio Calabria del 16 febbraio 2018.
Da tutti tali elementi visti nel loro insieme emerge il reale compendio motivatorio del provvedimento impugnato, che non si fonda solo sul mero legame di parentela, ma su una pluralità di considerazioni che vengono sviluppate a partire da un rapporto di parentela qualificato, e dunque di per sé significativo, quale quello che lega le socie della -OMISSIS- con il socio della -OMISSIS-.
3. Sebbene la vicinanza tra -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- appaia con un consistente grado di sicurezza, anche il fatto che sono fratelli non può essere sottaciuto.
Rileva infatti il Collegio che i rapporti di parentela possono supportare la misura preventiva ma a condizione – come insegna la Corte costituzionale n. 57 del 26 marzo 2020 – che assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”.
Proprio con riferimento ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, la Sezione (29 maggio 2023, n. 5227;7 febbraio 2018, n. 820) ha chiarito che l’Amministrazione può dare loro rilievo là dove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto con il proprio congiunto. Nei contesti sociali, in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una “influenza reciproca” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza;una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto, che non sia attinto da pregiudizio mafioso, può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione (Cons. St., sez. III, 29 maggio 2023, n. 5227). Hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l’Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza – su un’area più o meno estesa – del controllo di una ‘famiglia’ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti.
Questo presupposto pare al Collegio presente nel caso di specie, stante gli elementi seriamente indiziari a dimostrare la vicinanza tra i -OMISSIS---
Il rapporto parentale, infatti, connotato da particolare intensità, è sufficiente a “colorare” il dato familiare posto a fondamento del provvedimento interdittivo impugnato in primo grado con i tratti qualificanti che, secondo la citata giurisprudenza della Sezione, devono concorrere per legittimare la estrapolazione dallo stesso della valenza indiziaria necessaria alla dimostrazione, pur di taglio probabilistico, del pericolo di condizionamento mafioso nelle scelte e negli indirizzi dell’impresa attenzionata.
4. In conclusione, nella specie, correttamente il coacervo di elementi è stato ritenuto dal Prefetto di Roma sufficiente ad evidenziare il pericolo di contiguità con la mafia, con un giudizio – come si è detto sub 2 – connotato da ampia discrezionalità di apprezzamento, con conseguente sindacabilità in sede giurisdizionale delle conclusioni alle quali l’autorità perviene solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell'informativa antimafia rimane estraneo l'accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (Cons. St. n. 4724 del 2001). Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (Cons. St. n. 7260 del 2010).
5. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
6. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, riformata la sentenza del Tar per il Lazio, sede di Roma, sez. I ter , -OMISSIS-, e respinto il ricorso, proposto in primo grado dalla -OMISSIS- per l’annullamento dell’informativa interdittiva antimafia ex d.lgs. n. 159 del 2011 della Prefettura di Roma del 27 febbraio 2020.
7. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere compensate tra le parti in causa costituite;esonera dalla rifusione delle spese le società -OMISSIS-, non costituite in giudizio.