Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-02, n. 201906586

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-02, n. 201906586
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201906586
Data del deposito : 2 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/10/2019

N. 06586/2019REG.PROV.COLL.

N. 01732/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1732 del 2019, proposto dal Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante generale pro tempore , dal Ministero dell'Economia e delle Finanze in persona del Ministro pro tempore , e dal Comando Interregionale dell'Italia Nord-Occidentale Guardia di Finanza, in persona Comandante interregionale pro tempore , tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12.

contro

Il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Terza, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, in materia concernente l’impugnazione della determinazione di perdita del grado per rimozione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2019 il consigliere Daniela Di Carlo e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato Anna Collabolletta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso numero di registro generale -OMISSIS-(proposto davanti al Tar della Lombardia), il ricorrente, appuntato scelto della Guardia di Finanza, ha chiesto l’annullamento della determinazione con cui gli è stata inflitta la sanzione della perdita del grado per rimozione e la messa a disposizione del Centro documentale (già Distretto Militare) come soldato semplice a far data dal 14 gennaio 2015, ovverossia dalla data della sua sospensione cautelare dal servizio;
nonché, la condanna dell’Amministrazione di appartenenza alla ricostruzione della sua carriera e della sua retribuzione, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 921 e 1394 del D.lgs. n. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare), a far data dal medesimo 14 gennaio 2015.

2. Il Tar della Lombardia, con la sentenza di cui in epigrafe, ha accolto il ricorso e, per l’effetto ha annullato gli atti impugnati, ritenendo fondato il primo motivo di ricorso (incentrato sulla sostenuta decadenza in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione di appartenenza nell’esercitare l’azione disciplinare, a seguito del pronunciamento della sentenza penale da parte del Tribunale ordinario di primo grado), ed assorbendo gli altri motivi articolati dal ricorrente.

Il Tar ha liquidato le spese di lite in euro 4.000,00 oltre accessori di legge, ponendole a carico del Ministero dell’economia.

3. Le Amministrazioni appellanti hanno impugnato la sentenza, affidandosi ad un unico, complesso motivo.

3.1. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1392 e 1393 del D.LGS. n. 66/2010 – ART. 154-TER DISP. ATT. C.P.P. – ERRONEA VALUTAZIONE DEGLI ATTI DI CAUSA.

Il Tar avrebbe errato nel non ravvisare la correttezza e la tempestività dell’esercizio dell’azione disciplinare da parte dell’Amministrazione di appartenenza, giacché –secondo il disposto di cui all’art. 1392 del Codice dell’Ordinamento militare- il relativo termine decorre dall’acquisizione della copia integrale della sentenza di condanna, munita degli estremi dell’attestazione della irrevocabilità.

Inoltre, in ossequio al disposto di cui all’art. 154- ter delle disposizioni di attuazione del

codice di procedura penale, la medesima Amministrazione si sarebbe tempestivamente e più volte attivata per conoscere lo stato della pubblicazione della sentenza, promuovendo l’azione disciplinare in termini, rispetto alla conoscenza del testo integrale della sentenza, munita degli estremi dell’attestazione dell’irrevocabilità.

4. L’appellato si è costituito per resistere al gravame, riproponendo espressamente i motivi di censura assorbiti in prime cure, ed ha depositato un’ulteriore memoria difensiva in vista dell’udienza di discussione.

5. All’udienza pubblica del 4 luglio 2019, la causa è stata discussa dalle parti presenti ed è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

6. L’appello è fondato e va, pertanto, accolto, con la conseguente riforma della sentenza di primo grado.

7. La Sezione ritiene decisive, nel senso dell’accoglimento del gravame, le seguenti considerazioni.

a) L’art. 1392 del D.lgs. n. 66 del 2010, recante il “Codice dell’ordinamento militare”, dispone che “ il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, salvo il caso in cui l'amministrazione abbia già proceduto disciplinarmente ai sensi dell'articolo 1393, comma 1, deve essere instaurato, con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione ” (comma 1);
e che “ il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili, ovvero del provvedimento di archiviazione ” (comma terzo).

b) La disposizione è chiara ed univoca nell’esigere la sussistenza (congiunta) di due elementi, ovverossia la conoscenza integrale della sentenza penale e l’attestazione della irrevocabilità della medesima, ed ha previsto che la data dalla quale decorre il termine dell’esercizio dell’azione disciplinare coincide con quella in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale del provvedimento giurisdizionale, e non già con la data in cui la pronuncia penale è divenuta irrevocabile ( ex multis , anche a valere quale precedente conforme ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) del cod. proc. amm., Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5700/2018).

c) Altrettanto chiaro e suscettibile di univoca interpretazione è l’art. 150-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (introdotto dall’art. 70 del D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150), per il quale “la cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un

lavoratore dipendente di un’amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all’amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento ”.

Nel ripartire gli oneri comunicativi, il legislatore è stato netto nel far gravare sulla cancelleria penale la comunicazione del solo dispositivo, e sull’Amministrazione interessata la richiesta di trasmissione del testo integrale della sentenza.

d) Contrariamente a quanto osservato dal primo giudice, la Sezione esclude che dal combinato disposto di cui agli artt. 1393 del Codice dell’ordinamento militare e 150- ter delle disposizioni di attuazione del cod. proc. pen., possa derivare il rischio di lasciare nella disponibilità/volontà dell’Amministrazione di appartenenza del dipendente, la determinazione “ ad libitum ” del termine di inizio del procedimento disciplinare ( dies a quo ), con le conseguenti ricadute anche sul piano della conclusione del procedimento medesimo ( dies a quem ).

e) A tanto ostano, ad avviso della Sezione:

- l’art. 1393 cit., il quale –nella parte in cui esige che l’Amministrazione disponga della copia integrale della sentenza munita dell’irrevocabilità- non introduce una previsione eccessivamente onerosa, irragionevole o sproporzionata rispetto al fine perseguito, ma anzi attua i principi di efficacia e di effettività dell’azione disciplinare. L’integrale conoscenza della sentenza penale è funzionale all’accertamento materiale del fatto, il quale verrà poi valutato, nella naturale sede disciplinare, secondo il parametro a questa proprio. L’attestazione dell’irrevocabilità è, invece, funzionale ad escludere la pendenza di un eventuale appello, rientrandosi nel novero di quei casi in cui l’azione disciplinare non si accompagna, bensì segue quella penale.

- L’art. 150- ter cit., invece, nella misura in cui pone a carico della cancelleria del giudice penale l’obbligo della (sola) comunicazione del dispositivo letto in udienza, ma non anche (quella) della copia integrale della sentenza, stabilendo tuttavia –al contempo- che la medesima cancelleria è tenuta alla sua trasmissione nell’ipotesi in cui le pervenga la richiesta da parte dell’Amministrazione dell’interessata, non rimette alla mera volontà di quest’ultima Amministrazione la disponibilità della decorrenza dell’azione disciplinare, ma attua il principio di proporzionalità nella suddivisione degli oneri connessi alla intercomunicazione tra le Amministrazioni dello Stato, nel rispetto –comunque- delle garanzie di tutela della persona.

- Il razionale e proporzionato contemperamento, da parte del legislatore ordinario, di tre diversi ordini di esigenze:

- quella del dipendente interessato, di vedersi sottoposto al procedimento disciplinare, a seguito di quello penale, con termini certi e prevedibili, nel suo inizio, nel suo svolgimento e nella sua fine;

- quella dell’Amministrazione della giustizia ordinaria penale, di vedersi onerata delle sole comunicazioni pertinenti al momento della pubblicazione delle pronunce (nel processo penale, i dispositivi delle pronunce sono letti in pubblica udienza);

- quella dell’Amministrazione di appartenenza del dipendente, di richiedere la sola trasmissione della copia integrale della sentenza, non potendo controllare (non rientrando nella sua disponibilità) la successiva attività di apposizione dell’attestazione della sopravvenuta irrevocabilità, in difetto di impugnazione.

f) Nel caso all’esame, in punto di fatto è accaduto che:

- il militare è stato sottoposto a procedimento penale ed è stato sospeso cautelarmente dal servizio;

- il 13 novembre 2015, è stata pronunciata la sentenza penale di primo grado, di condanna del militare;

- il 3 dicembre 2015, è stata depositata la motivazione della sentenza;

- fin dallo spirare del termine di 60 giorni previsto per l’impugnazione (3 febbraio 2016), l’Amministrazione di appartenenza si è tempestivamente attivata per sapere se la sentenza fosse stata impugnata o se –invece- fosse divenuta irrevocabile (ciò, in particolare, è confermato dalle comunicazioni intercorse tra la Sezione di polizia giudiziaria istituita presso la Procura della Repubblica ed il Comando della Guardia di Finanza, nelle date del 3 febbraio 2016, 17 febbraio 2016, 29 marzo 2016, 11 maggio 2016, del 9 giugno 2016, del 28 luglio 2016 - Allegato 15 al fascicolo d’appello);

- il 9 febbraio 2016, la pronuncia è divenuta irrevocabile di diritto, ma la relativa attestazione è stata apposta dalla cancelleria soltanto in data 29 luglio 2016;

- non può addebitarsi a fatto o colpa dell’Amministrazione appellante l’apposizione dell’irrevocabilità nella menzionata data, anche alla luce della riferita attività svolta dall’Amministrazione medesima;

- in ogni caso, è anche interesse proprio del dipendente il tempestivo accertamento dei fatti, anche eventualmente ai fini disciplinari, per la definitiva regolazione della propria posizione lavorativa nei rapporti con il datore di lavoro (cfr. Consiglio di Stato, sentenze n. 1344/2019;
n. 5700/2018;
n. 4349/2018);

- il 4 ottobre 2016, la pronuncia è stata formalmente trasmessa e conosciuta dall’Amministrazione nella sua integralità, munita dell’attestazione dell’irrevocabilità;

- il 20 dicembre 2016, è stato dato inizio al procedimento disciplinare (e dunque in termini, entro i prescritti 90 giorni dalla conoscenza della sentenza);

- il 6 giugno 2017, è stata irrogata la sanzione disciplinare (e dunque in termini, entro i prescritti 270 giorni dalla conoscenza della sentenza).

8. Quanto, invece, ai motivi di ricorso assorbiti in primo grado, con i quali l’originario ricorrente aveva contestato l’eccesso di potere in cui, a suo dire, era incorsa l’Amministrazione nell’irrogargli una sanzione tanto grave, rispetto alla materialità del fatto concretamente commesso, la Sezione ne rileva l’irricevibilità per tardività.

Ai sensi dell’art. 101, comma 2 del cod. proc. amm., per gli appelli depositati, come nel caso di specie, successivamente all’entrata in vigore del nuovo codice (art. 3 delle disp. att.), le parti diverse dall’appellante che intendono riproporre i motivi rimasti assorbiti in prime cure, hanno l’onere di farlo a pena di decadenza con memoria, entro il termine di costituzione in giudizio.

La ratio legis , è quella –acceleratoria- di delimitare con chiarezza la materia del contendere in appello, entro il termine di costituzione delle parti.

Nella specie, l’appello è stato notificato via pec il 5 febbraio 2019 ed è stato ricevuto in pari data.

La memoria di costituzione del 15 marzo 2019 non contiene i menzionati motivi (limitandosi, invece, a chiedere la conferma della sentenza di primo grado, anche con diversa motivazione, ma solo sotto l’aspetto dell’accoglimento del vizio formale), mentre li contiene la successiva memoria integrativa del 3 giugno 2019, ma tardivamente, ai fini che necessitano.

9. In definitiva, per le considerazioni esposte, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della pronuncia di primo grado, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio.

10. La complessità delle questioni trattate costituisce giusto motivo per l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite del doppio grado.

11. Il pagamento del contributo unificato del doppio grado è definitivamente posto a carico dell’originario ricorrente.

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