Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-03-01, n. 201201192
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Testo completo
N. 01192/2012REG.PROV.COLL.
N. 05095/2008 REG.RIC.
N. 05431/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5095 del 2008, proposto da:
Eni spa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati M S e C O, elettivamente domiciliata presso l’avvocato M S in Roma, viale Parioli, 180;
contro
Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, non costituita in giudizio;
nei confronti
Curatela del Fallimento Eurozolfi, non costituita in giudizio;
Zolfital spa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Gian Luigi Tosato e Filippo Satta, elettivamente domiciliata presso l’avvocato Filippo Satta in Roma, Foro Traiano, 1/A;
sul ricorso numero di registro generale 5431 del 2008, proposto da:
Esso Italiana srl, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Gian Paolo Zanchini, Mario Siragusa, Francesca Maria Moretti, elettivamente domiciliata presso l’avvocato Gian Paolo Zanchini in Roma, piazza Venezia, 11;
contro
Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, non costituita in giudizio;
nei confronti
Curatela del Fallimento Eurozolfi, Eni spa, Erg Petroli spa, non costituite in giudizio,
Zolfital spa, rappresentata e difesa dagli avvocati Gian Luigi Tosato e Filippo Satta, elettivamente domiciliata presso l’avvocato Filippo Satta in Roma, Foro Traiano 1/A;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I n. -OMISSIS-/2008, resa tra le parti, concernente VIOLAZIONE DELLA CONCORRENZA MERCATO DELLA DISTRIBUZIONE DELLO ZOLFO GREZZO.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in entrambi i giudizi di Zolfital spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2012 il consigliere R V e uditi per le parti gli avvocati Osti, Sanino, Siragusa e Satta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con distinti ricorsi in appello le società Esso Italiana e Eni (già Agip Petroli spa) chiedono la riforma della sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il Tar del Lazio ha respinto i ricorsi proposti avverso la deliberazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in avanti: Autorità) n. 3/816 del 29 ottobre 1998, avente ad oggetto addebito di violazione dell’art. 2, comma 2, lett. b), l. 10 ottobre 1990, n. 287.
I) Il procedimento sfociato nel provvedimento oggetto del ricorso di primo grado ha preso le mosse dalla segnalazione in data 19 dicembre 1996, con la quale la società Eurozolfi ha denunciato all’Autorità l’esistenza di rapporti di fornitura in esclusiva tra la società Zolfital e alcuni produttori di zolfo grezzo, che si sarebbero ripetutamente rifiutati di fornire direttamente, senza l’intermediazione di Zolfital, gli utilizzatori finali, i quali sarebbero così stati costretti a rifornirsi all’estero, con connessi maggiori oneri.
A seguito dell’istruttoria avviata il 16 ottobre 1997 ai sensi dell’art. 14 della legge citata, l’Autorità ha accertato l’esistenza di intese restrittrici della concorrenza tra Zolfital ed Esseco (che governano il settore della distribuzione dello zolfo grezzo nel mercato nazionale), e i produttori Erg, Agip Petroli ed Esso, che rappresentano più del 70% della produzione nazionale di zolfo. A causa di tali accordi, la Zolfital, in virtù del complesso meccanismo di determinazione del prezzo finale, è in grado di alterare i diversi costi sopportati per favorire la società capo gruppo Esseco, con la quale costituisce un unico centro di distribuzione nazionale, e fare in modo che tale società acquisti lo zolfo ad un prezzo nettamente inferiore a tutte le altre imprese consumatrici, committenti della stessa Zolfital. L’Autorità ha pertanto accertato la violazione dell’art. 2, comma 2, l. n. 287 del 1990 da parte delle società Agip Petroli (ora Eni spa), Esso Italiana., Erg, Esseco e Zolfital in relazione al loro coinvolgimento in un “fascio di intese verticali” che avevano arrecato pregiudizio alla concorrenza nei mercati dell’approvvigionamento e della distribuzione dello zolfo grezzo.
Ritenendo, peraltro, che la proposta presentata da Zolfital ed Esseco nel corso del procedimento, consistente nella loro separazione societaria, fosse sufficiente a rimuovere le infrazioni così accertate, l’Autorità non applicava alcuna sanzione né provvedeva alla diffida prevista dall’art. 15 della suddetta legge.
Avverso la determinazione conclusiva del procedimento hanno proposto distinti ricorsi le società Eni ed Esso, respinti dal Tar del Lazio con la sentenza oggi in esame.
II) In quanto proposti avverso la medesima sentenza, va disposta la riunione degli appelli, alla definizione dei quali le ricorrenti hanno interesse, in relazione alle domande risarcitorie spettanti al fallimento Eurozolfi.
III) Un primo gruppo di censure riguarda il procedimento seguito dall’Autorità; Eni, in particolare, deduce la violazione del principio di contestazione dell’infrazione, poiché l’esatta violazione non sarebbe contenuta nella comunicazione di avvio del procedimento, datata 16 ottobre 1997, ma solo nella comunicazione delle risultanze istruttorie del 12 agosto 1998, intervenuta in periodo estivo, con vanificazione del diritto di difesa.
La censura non è fondata.
Come ha rilevato questo Consiglio di Stato, anche nella sentenza ricordata dall’appellante (sez. VI, 2 ottobre 2007, n. 5085), nel sistema delineato dalla legge 287 del 90 la fase istruttoria serve proprio a individuare la corretta imputazione degli addebiti, e l’imputazione (o se si vuole la contestazione degli addebiti) si cristallizza appunto con la comunicazione delle risultanze istruttorie, alla quale segue il termine di cinque giorni previsto dall’art. 14 dpr n. 217 del 1998 per l’audizione degli interessati che ne facciano richiesta. Anche tale fase si situa all’interno del sub procedimento istruttorio, al cui esito soltanto viene adottato il provvedimento finale.
Le parti, pertanto, dopo la comunicazione delle risultanze istruttorie hanno ampio margine per esercitare il diritto di difesa, contestando l’imputazione e fornendo prove a discarico, ed è ovvio che il provvedimento finale non può contenere imputazioni diverse da quelle contestate con tale comunicazione, che costituisce la definitiva delimitazione dell’imputazione: ove emergessero ulteriori elementi nella fase procedimentale successiva, sarebbe necessario, per modificare l’imputazione, procedere a nuova contestazione, in quanto la decisione finale deve riferirsi alle imputazioni contestate, in analogia a quanto si verifica nel processo penale.
Le conclusioni qui raggiunte sono coerenti con quanto affermato dalla sezione nella sentenza 2 ottobre 2007, n. 5085, in cui si legge che “la contestazione iniziale in base alla quale sia stata portata a termine una corrispondente istruttoria, non consente di pervenire, all’interno dello stesso procedimento, e dopo la conclusione dell’istruttoria stessa, alla legittima contestazione di ulteriori fatti ipotizzati come autonomi illeciti, assumendoli come rilevanti nell’unico procedimento già instaurato ed inserendoli in tale procedimento nello stato in cui esso si trova in relazione alla prima contestazione” (in termini, Cons. St., sez. VI, 20 maggio 2011 n. 3013).
Nella fattispecie in esame, il principio del contraddittorio e la garanzia del diritto di difesa non risultano conculcati dall’invio della comunicazione nel periodo estivo (che non può essere preclusa, dato che ai procedimenti amministrativi non è applicabile la sospensione dei termini prevista per i procedimenti giurisdizionali), atteso che, comunque, tra la comunicazione (12 agosto 1998) e l’audizione finale (16 settembre 1998) è trascorso oltre un mese di tempo, sufficiente per il dispiegarsi dell’attività difensiva.
IV) Entrambe le società appellanti ripropongono la contestazione, disattesa dal Tar, della definizione del mercato rilevante operata dal provvedimento dell’Autorità; in particolare, sostenendo che l’identificazione del mercato dovrebbe precedere la definizione dell’intesa, mentre, secondo il Tar, in caso di intese la individuazione del mercato rilevante sarebbe un posterius rispetto alla individuazione delle intese stesse, anziché un prius . In ogni caso la definizione del mercato rilevante operata dall’Autorità sarebbe affetta da vizi logici, poiché prende in considerazione un settore che consiste nella autoproduzione dello zolfo e quindi è estraneo al mercato. Contrariamente a quanto ritenuto dall’Autorità, Agip (ora Eni) non sarebbe e non vuole essere attiva nel mercato della commercializzazione dello zolfo.
Sarebbero inoltre stati mal disegnati dall’Autorità i confini geografici del mercato rilevante, come mercato nazionale, trattandosi invece di un mercato internazionale, anche considerato l’allineamento dei prezzi dello zolfo prodotto in Italia e di quello importato dall’estero.
La stessa Commissione europea avrebbe ravvisato la dimensione europea del mercato dello zolfo.
Sarebbe inoltre dimostrato che i piccoli-medi consumatori non avrebbero avuto difficoltà a importare lo zolfo dall’estero e che inoltre una percentuale del 30% dello zolfo grezzo consumato in Italia sarebbe di importazione.
Neppure tali censure meritano accoglimento.
L’art. 2 l. n. 287 del 1990, nell’occuparsi delle intese restrittive